Cass. Sez. III n. 40676 del 29 settembre 2016 (Cc 20 mag 2016)
Pres. Fiale Est.Aceto Imp. Armenante
Beni Ambientali,Area sottoposta a vincolo paesaggistico e applicabilità del condono ex art. 32 D.L. n. 269 del 2003

In tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall'art. 32 del D.L. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.



 RITENUTO IN FATTO

1. I sigg.ri Carmine, Annamaria e Massimo Armenante  ricorrono per l'annullamento dell'ordinanza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Salerno ha respinto l'istanza di revoca/sospensione dell'ordine di demolizione delle opere edilizie ingiunto dal Procuratore generale della Repubblica presso quella Corte il 26/05/2008 in esecuzione della sentenza di condanna per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, del 18/04/2006.

1.1. Con il primo motivo eccepiscono la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illegittimità della motivazione, nonchè la violazione dell'art. 349 c.p. e art. 665 c.p.p..

Sulla premessa che la Corte di appello ha respinto l'istanza sul rilievo che uno dei ricorrenti è stato denunciato all'AG per il reato di violazione dei sigilli di cui all'art. 349 c.p., deducono la totale irrilevanza, ai fini del decidere, di un fatto la cui cognizione esula dalla competenza del giudice dell'esecuzione, che non è nemmeno oggetto di accertamento irrevocabile e che è estraneo al tema devoluto con l'opposizione all'ingiunzione a demolire.

1.2. Con il secondo motivo eccepiscono, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. a), l'esercizio, da parte del giudice penale, di una potestà riservata all'autorità amministrativa, la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illegittimità della motivazione, nonchè la violazione del D.L. n. 263 del 2003, art. 32, L.R. Campania n. 16 del 2014, art. 1, comma 72 e L.R. Campania n. 10 del 2014, art. 9

Deducono al riguardo che:

- la Corte di appello, arrogandosi poteri che non le competono, ha stabilito la non condonabilità delle opere, peraltro senza nemmeno aver acquisito elementi di giudizio sul punto;

- in ogni caso la conclusione che le opere non sono condonabili, oltre a esser supportata da una motivazione lapidaria, non è giuridicamente corretta poichè i vincoli, paesaggistico e idrogeologico, che gravano sull'area di intervento non ne comportano l'inedificabilità assoluta ma solo relativa;

- il vincolo di inedificabilità relativa consente di sanare l'opera abusiva che sia conforme alla normativa urbanistica, previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo;

- il ritenuto contrasto delle leggi regionali campane L.R. n. 16 del 2014 e L.R. n. 10 del 2014 con la normativa statale e con gli artt. 9 e 117 Cost. avrebbe imposto alla Corte di appello la rimessione della questione di legittimità alla Corte costituzionale, invece di una mera presa d'atto;

- tra l'altro - proseguono - la Corte costituzionale, con sentenza n. 117 del 25/06/2015, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale della L.R. Campania n. 16 del 2014, art. 1, comma 72, (che ha modificato la L.R. Campania, n. 10 del 2014, art. 9).

1.3. Con il terzo ed il quarto motivo eccepiscono la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illegittimità della motivazione, nonchè la violazione dell'art. 665 c.p.p., e segg., del D.L. n. 263 del 2003 e della L. n. 38 del 2004, art. 37, e segg..

Richiamate le condizioni ritenute necessarie affinchè il giudice dell'esecuzione possa adottare una decisione informata e motivata sulla sospensione dell'ordine di demolizione, allegano:

- la pendenza e procedibilità delle istanze di condono edilizio da loro tempestivamente presentate quali soggetti legittimati e aventi titolo;

- la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta delle opere;

- la insuscettibilità dei ritardi con cui il Comune di Cava dè Tirreni ha trasmesso le istanze alla Soprintendenza e di quest'ultima a pronunciarsi a tradursi in un pregiudizio nei loro confronti, men che meno ad essere interpretati alla stregua di una tattica dilatoria ad essi attribuibile;

- la conseguente sussistenza delle condizioni per la sospensione dell'ordine di demolizione su cui la Corte territoriale ha omesso di motivare.

1.4. Con il quinto motivo, riallacciandosi ai temi già introdotti con il secondo, lamentano che la Corte di appello non ha svolto alcuna indagine sui procedimenti di sanatoria pendenti ed eccepiscono, di conseguenza, la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illegittimità della motivazione, nonchè la violazione e l'erronea applicazione dell'art. 666 c.p.p., comma 5.

1.5. Con il sesto motivo eccepiscono, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), l'inosservanza e comunque l'erronea applicazione degli artt. 7 e 53, della Convenzione e.d.u., e dell'art. 173 c.p..

Richiamata, alla luce della giurisprudenza della Corte e.d.u., la natura di vera e propria sanzione penale della demolizione e non di sanzione amministrativa accessoria alla pena principale, ne eccepiscono la prescrizione. Deducono, al riguardo, che, a fronte di un abuso edilizio consumato nel 2004, l'ordine è stato notificato nel maggio del 2008 e che i suoi effetti sono perenti certamente nel 2013.

1.6. Con il settimo ed ultimo motivo eccepiscono, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha totalmente omesso di valutare la possibile sospensione dell'ordine di demolizione alla luce della legge ragionale Campania n. 16 del 2014, ritenuta conforme a Costituzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. I ricorsi sono inammissibili perchè generici e manifestamente infondati.

3. Tutti i motivi di doglianza, ad esclusione del sesto eterogeneo per l'oggetto e di cui oltre si dirà, si fondano su una lettura palesemente errata del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, comma 26, lett. a), e comma 27, lett. d), convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, e dell'allegato 1.

3.1. Secondo quanto infatti prevedono le suddette norme, non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell'allegato 1 alla citata legge (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti a vincoli (per quanto qui rileva) idrogeologici e paesaggistici, a prescindere dal fatto che (ad anche se) si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l'inedificabilità assoluta dell'area. Sono invece sanabili, se conformi a detti strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori di cui ai nn. 4, 5 e 6, dell'allegato 1 al D.L. n. 326, cit. (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere della autorità preposta alla tutela del vincolo (Sez. 3, n. 37865 del 04/05/2004, Musio, Rv. 230030; Sez. 3, n. 35222 del 11/04/2007, Manfredi, Rv. 237373; Sez. 3, n. 24451 del 26/04/2007, Micolucci, Rv. 236911; Sez. 3, n. 28517 del 29/05/2007, Marzano, Rv. 237140; Sez. 3, n. 45253 del 22/11/2007, Russo, Rv. 238575; Sez. 3, n. 14990 del 05/12/2007, Arestia, Rv. 239682; Sez. 3, n. 24647 del 24/03/2009, Marra, Rv. 244025; Sez. 3, n. 23429 del 28/04/2011, Esposito, Rv. 250964; Corte cost. sent. n. 54 del 2009, n. 150 del 2009 e 290 del 2009; Cons. St. Sez. 6, n. 1664 del 02/05/2016 che, inserendosi nel solco di consolidata e conforme giurisprudenza amministrativa, ha anche ricordato come "non si può giungere a diversa conclusione richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 196 del 2004 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 26, nella parte in cui non consentiva alle leggi regionali di determinare le condizioni e le modalità di ammissibilità a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio di cui all'Allegato 1 della stessa legge. Infatti, la Corte Costituzionale con tale decisione non ha inciso anche sulla disciplina dettata dalla citata L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d) che, come si è detto, non consente la sanatoria di opere - delle tipologie indicate nei nn. 1, 2 e 3 di cui all'All. 1 - realizzate in aree sottoposte a vincolo paesaggistico". Sul punto si veda altresì la Relazione governativa al decreto legge che si esprime nei seguenti termini: "è fissata la tipologia di opere assolutamente insanabili tra le quali si evidenziano... quelle realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio nelle aree sottoposte ai vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici... Per gli interventi di minore rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si ammette la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili soggetti a vincolo previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela. Per i medesimi interventi, nelle aree diverse da quelle soggetto a vincolo, l'ammissibilità alla sanatoria è rimessa ad uno specifico provvedimento regionale").

3.2. La L.R. Campania 28 novembre 2004, n. 10, art. 3, comma 2, lett. a), estendeva la possibilità del condono a tutte le tipologie di abuso (anche quelle cd. maggiori) eseguite su immobili soggetti a vincoli di tutela, se conformi alle norme urbanistiche e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data di esecuzione delle stesse. Tale norma è però stata dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza n. 49 del 6 febbraio 2006 della Corte costituzionale, sicchè anche in Campania si applica solo ed esclusivamente il più rigoroso regime previsto dal D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d).

3.3. L'art. 9, della citata L.R. Campania, più volte richiamato dai ricorrenti a sostegno delle proprie doglianze, ha ad oggetto esclusivamente il termine di definizione (spostato, con L.R. Campania n. 16 del 2014, al 31/12/2016) delle domande di sanatoria presentate ai sensi e nei termini previsti dalle disposizioni di cui alla L. n. 47 del 1985, capo 4^ ed alla L. n. 724 del 1994, art. 39, ancora pendenti alla data di entrata in vigore della legge stessa.

3.4. Nel rigettare, per infondatezza, la questione di legittimità costituzionale della norma, come modificata dalla citata L.R. Campania n. 16 del 2014, la Corte costituzionale, oltre a ricordare che non spetta alla legge regionale allargare l'area del condono edilizio rispetto a quanto stabilito dalla legge dello Stato (sentenza n. 196 del 24/06/2004), ha anche espressamente affermato che "la L.R. n. 10 del 2004, art. 9, e perciò la norma impugnata che lo ha modificato, non ha per oggetto il cosiddetto terzo condono, ma esclusivamente i precedenti, di cui intende sollecitare la definizione. Ne consegue che la disposizione censurata, inapplicabile alle domande presentate ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, si limita a recepire quanto previsto dalla L. n. 47 del 1985, art. 33, con riguardo al carattere assoluto della inedificabilità" (sentenza n. 117 del 25/06/2015).

3.5. Correttamente, pertanto, la Corte di appello ha respinto la richiesta di sospensione/revoca dell'ordine di demolizione sul decisivo (e sufficiente) rilievo della non condonabilità delle opere (sulla cui consistenza, peraltro, i ricorrenti nulla deducono).

4. E' manifestamente infondato anche il sesto motivo di ricorso.

4.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito dal giudice ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, con la sentenza di condanna per il reato di costruzione abusiva, ha natura amministrativa e non si estingue per il decorso del tempo ex art. 173 c.p., atteso che quest'ultima disposizione si riferisce esclusivamente alle sole pene principali (così già Sez. 3, n. 39705 del 30/4/2003, Pasquale, Rv. 226573; più recentemente, nello stesso senso, Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, La Mela, Rv. 248670; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, Mercurio, Rv. 250336; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Formisano, Rv. 264736).

4.2. Tale orientamento è stato ancor più recentemente ribadito sul rilievo espresso che le caratteristiche dell'ordine di demolizione escludono la sua riconducibilità anche alla nozione convenzionale di "pena" come elaborata dalla giurisprudenza della Corte EDU (così, Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540).

4.3. Il Collegio condivide e fa proprie le articolate considerazioni sviluppate, con il supporto di ampia giurisprudenza anche amministrativa, nella motivazione della sentenza n. 49331 del 2015 (alla quale rimanda), non mancando di rimarcare, in questa sede, la decisiva osservazione che l'ordine demolitorio, diversamente dalla pena, non si estingue per morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza (Sez. 3, n. 3861 del 18/1/2011, Baldinucci, Rv. 249317; Sez. 3, n. 3720 del 24/11/1999 - dep. 2000, Barbadoro, Rv. 215601), ma si trasmette agli eredi del responsabile (v., ad es., Consiglio di Stato, Sez. 6, n. 3206 del 30/5/2011) e dei suoi aventi causa che a lui subentrino nella disponibilità del bene (v., ad es. Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 2266 del 12/4/2011; Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 6554 del 24/12/2008).

4.4. Peraltro, come ricorda anche Sez. 3, n. 49331 del 2015, già con la sentenza Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti e altri, Rv. 245918, questa Corte, in base alle argomentazioni sviluppate dalla stessa Corte e.d.u. (in essa richiamate), aveva chiaramente affermato che "la demolizione, a differenza della confisca, non può considerarsi una "pena" nemmeno ai sensi dell'art. 7 della CEDU, perchè "essa tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge". Si osservava, inoltre, che la sentenza "nel mentre ha ritenuto ingiustificata rispetto allo scopo perseguito dalla norma, ossia mettere i terreni interessati in una situazione di conformità rispetto alle disposizioni urbanistiche, la confisca (anche di terreni non edificati) in assenza di qualsiasi risarcimento, ha invece espressamente ritenuto giustificato e conforme anche alle norme CEDU un ordine di demolizione delle opere abusive incompatibili con le disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente accompagnato da una dichiarazione di inefficacia dei titoli abilitativi illegittimi. Sembra quindi confermato che la invocata sentenza della Corte di Strasburgo non solo non ha escluso un sequestro o un ordine di demolizione dell'opera contrastante con le norme urbanistiche nei confronti di chiunque ne sia in possesso, anche qualora si tratti di terzo acquirente estraneo al reato, ma ha addirittura implicitamente ritenuto che una tale sanzione ripristinatoria può considerarsi giustificata rispetto allo scopo perseguito dalle norme interne di assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi e non contrastante con le norme CEDU richiamate dai ricorrenti"".

4.5. Va inoltre ribadito, richiamando quanto sul punto già affermato dalla citata Sez. 3, n. 49331 del 2015, che la demolizione ordinata dal giudice penale costituisce atto dovuto, "esplicazione di un potere autonomo e non alternativo al quello dell'autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione (cfr. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013 (dep. 2014), Russo, Rv. 258518; Sez.3, n.37906 del 22/5/2012, Mascia ed altro, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, Sorrentino Rv. 198511 ed altre prec. conf. Ma si vedano anche Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, RM. in proc. Monterisi, Rv. 205336; Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep.1997), Luongo, Rv. 206659)" (così in motivazione), un potere che si pone a chiusura del sistema sanzionatorio amministrativo (cfr. Corte Cost. ord. 33 del 18/1/1990; ord. 308 del 9/7/1998; Cass. Sez. F, n. 14665 del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699).

5. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2016.