Corte di Giustizia (Seconda Sezione)29 marzo 2012
«Impugnazione – Ambiente – Direttiva 2003/87/CE – Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra – Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione per la Repubblica di Polonia relativamente al periodo 2008‑2012 – Articoli 9, paragrafi 1 e 3, e 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87 – Competenze rispettive della Commissione e degli Stati membri – Parità di trattamento»
Nella causa C‑504/09 P, avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 4 dicembre 2009, Commissione europea, rappresentata da E. Kružíková e K. Herrmann nonché da E. White, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente, sostenuta da: Regno di Danimarca, rappresentato da C. Vang, in qualità di agente, interveniente in sede d’impugnazione, causa in cui le altre parti sono: Repubblica di Polonia, rappresentata da M. Szpunar, M. Nowacki e B. Majczyna, in qualità di agenti, ricorrente in primo grado, sostenuta da: Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek e D. Hadroušek, in qualità di agenti, Romania, rappresentata da V. Angelescu e A. Cazacioc, conseillers, intervenienti in sede d’impugnazione, Ungheria, Repubblica di Lituania, Repubblica slovacca, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da H. Walker, in qualità di agente, assistita da J. Maurici, barrister, intervenienti in primo grado, LA CORTE (Seconda Sezione), composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus, A. Rosas (relatore), A. Ó Caoimh e A. Arabadjiev, giudici, avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 settembre 2011, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 novembre 2011, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 Con la sua impugnazione la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee del 23 settembre 2009, Polonia/Commissione (T‑183/07, Racc. pag. II‑3395; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha annullato la decisione C (2007) 1295 def. della Commissione, del 26 marzo 2007, concernente il piano nazionale di assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra notificato dalla Repubblica di Polonia per il periodo dal 2008 al 2012, conformemente alla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (in prosieguo: la «decisione controversa»). Contesto normativo 2 L’articolo 1 della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32), come modificata dalla direttiva 2004/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004 (GU L 338, pag. 18; in prosieguo: la «direttiva 2003/87»), dispone quanto segue: «La presente direttiva istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità (...) al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica». 3 L’articolo 9 di detta direttiva così recita: «1. Per ciascun periodo di cui all’articolo 11, paragrafi 1 e 2, ciascuno Stato membro elabora un piano nazionale che determina le quote totali di emissioni che intende assegnare per tale periodo e le modalità di tale assegnazione. Il piano si fonda su criteri obiettivi e trasparenti, compresi i criteri elencati nell’allegato III, e tiene nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico. Fatto salvo il trattato [CE], la Commissione elabora entro il 31 dicembre 2003 gli orientamenti per l’attuazione dei criteri elencati nell’allegato III. Per il periodo di cui all’articolo 11, paragrafo 1, il piano è pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri entro il 31 marzo 2004. Per i periodi successivi, il piano è pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri almeno diciotto mesi prima dell’inizio del periodo in questione. 2. I piani nazionali di assegnazione sono esaminati in seno al comitato di cui all’articolo 23, paragrafo 1. 3. Nei tre mesi successivi alla notificazione da parte di uno Stato membro di un piano nazionale di cui al paragrafo 1, la Commissione può respingerlo, in tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con l’articolo 10 o con i criteri elencati nell’allegato III. Lo Stato membro prende una decisione a norma dell’articolo 11, paragrafo 1 o paragrafo 2, solo previa accettazione da parte della Commissione delle modifiche che esso propone. La Commissione giustifica ogni decisione di rigetto». 4 L’articolo 10 della medesima direttiva prevede che, «per il triennio che ha inizio il 1° gennaio 2005, gli Stati membri assegnano almeno il 95% delle quote di emissioni a titolo gratuito. Per il quinquennio che inizia il 1° gennaio 2008, gli Stati membri assegnano almeno il 90% delle quote di emissioni a titolo gratuito». 5 A termini dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/87: «Per il quinquennio che ha inizio il 1° gennaio 2008 e per ciascun periodo successivo di 5 anni, ciascuno Stato membro decide in merito alle quote totali di emissioni che assegnerà in tale periodo, nonché inizia il processo di assegnazione di tali quote al gestore di ciascun impianto. Tale decisione è presa almeno dodici mesi prima dell’inizio del periodo in oggetto, sulla base del piano nazionale di assegnazione di cui all’articolo 9 e nel rispetto dell’articolo 10, tenendo nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico». 6 L’allegato III della stessa direttiva elenca dodici criteri applicabili ai piani nazionali di assegnazione. I criteri nn. 1‑3, 5, 6, 10 e 12 di detto allegato dispongono rispettivamente quanto segue: «1. La quantità totale delle quote da assegnare per il periodo interessato è coerente con l’obbligo degli Stati membri di limitare le proprie emissioni ai sensi della decisione 2002/358/CE [del Consiglio, del 25 aprile 2002, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1)] e del Protocollo di Kyoto, tenendo conto, da un lato, della percentuale delle emissioni complessive che tali quote rappresentano rispetto alle emissioni prodotte da fonti che non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva e, dall’altro, delle politiche energetiche nazionali, e dovrebbe essere coerente con il programma nazionale sui cambiamenti climatici. La quantità totale delle quote da assegnare non deve superare le minime esigenze per la rigorosa applicazione dei criteri del presente allegato. Fino al 2008, la quantità deve essere conforme ad un orientamento mirato al raggiungimento o al superamento dell’obiettivo di ciascuno Stato membro, come previsto dalla decisione 2002/358/CE e dal Protocollo di Kyoto. 2. La quantità totale delle quote da assegnare è coerente con le valutazioni dei progressi già realizzati o da realizzare per rispettare i contributi degli Stati membri agli impegni assunti dalla Comunità ai sensi della decisione 93/389/CEE [del Consiglio, del 24 giugno 1993, su un meccanismo di controllo delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra nella Comunità (GU L 167, pag. 31)]. 3. La quantità delle quote da assegnare è coerente con il potenziale, compreso il potenziale tecnologico, di riduzione delle emissioni delle attività contemplate dal presente sistema. Gli Stati membri possono basare la ripartizione delle quote sulla media delle emissioni dei gas ad effetto serra relative ai prodotti di ciascuna attività e sui progressi realizzabili in ciascuna attività. (…) 5. Il piano non opera discriminazioni tra imprese o settori per favorire indebitamente talune imprese o attività, conformemente alle prescrizioni del trattato, in particolare agli articoli 87 [CE] e 88[CE]. 6. Il piano contiene informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario in ciascuno Stato membro. (…) 10. Il piano include un elenco degli impianti disciplinati dalla presente direttiva con i valori delle quote che saranno assegnate a ciascuno. (…) 12. Il piano specifica l’importo massimo di [riduzioni delle emissioni certificate] e di [unità di riduzione delle emissioni] che può essere utilizzato dai gestori nell’ambito del sistema comunitario e inteso come percentuale delle quote di emissioni assegnate a ciascun impianto. La percentuale è coerente con gli obblighi di supplementarità assunti dallo Stato membro ai sensi del Protocollo di Kyoto e delle decisioni adottate a norma della [Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici adottata a New York il 9 maggio 1992] e del Protocollo di Kyoto». I fatti e la decisione controversa 7 I fatti all’origine della lite e la decisione controversa sono esposti ai punti 9‑15 della sentenza impugnata nei seguenti termini: «9 Con lettera del 30 giugno 2006 la Repubblica di Polonia ha notificato alla Commissione delle Comunità europee, conformemente al disposto dell’art. 9, n. 1, della direttiva [2003/87], il proprio piano nazionale di assegnazione per il periodo 2008‑2012 (in prosieguo: il “PNA [polacco]”). In base a detto PNA [polacco] la Repubblica di Polonia si proponeva di assegnare alla propria industria nazionale contemplata dalla direttiva [di cui trattasi] una media annuale complessiva di 284,648332 milioni di tonnellate di biossido di carbonio equivalente (MteCO2). 10 Al PNA [polacco] era acclusa una lettera datata 29 giugno 2006, del Ministro dell’Ambiente polacco, indirizzata all’attenzione della Commissione, in cui si segnalava che “le tabelle in cui comparivano i dati precedenti nonché le previsioni di emissioni di cui all’allegato 10 delle summenzionate linee guida, saranno trasmesse alla Commissione non appena ricevuti i dati aggiornati indispensabili” e che “[l]a versione definitiva dell’elenco nominativo dei gestori di impianti e la cifra delle quote loro assegnate saranno comunicate alla Commissione dopo l’adozione in Consiglio dei Ministri”. 11 Con lettera del 30 agosto 2006 indirizzata alla Repubblica di Polonia la Commissione, dopo un primo esame del PNA [polacco], segnalava l’incompletezza di quest’ultimo e che, a tale stadio, non era compatibile con i criteri nn. 2 e 5 dell’allegato III della direttiva [2003/87]. Essa invitava quindi la Repubblica di Polonia a rispondere, nel termine di dieci giorni lavorativi, a vari quesiti e richieste di informazioni complementari. La Commissione aggiungeva che avrebbe potuto esprimersi in merito al PNA [polacco] al più tardi entro tre mesi dalla ricezione delle informazioni complete. 12 Con lettera del 30 ottobre 2006 il sottosegretario di Stato del Ministero dell’Ambiente polacco chiedeva alla Commissione di posporre il termine impartito per presentare la risposta alla lettera del 30 agosto 2006 alla fine della terza settimana del novembre 2006, facendo segnatamente valere che tale periodo addizionale gli avrebbe consentito di approntare informazioni esatte e di precisare aspetti essenziali, il che avrebbe di conseguenza posto la Commissione in grado di procedere ad una valutazione corretta ed effettivamente completa del documento presentato. 13 La Repubblica di Polonia rispondeva alla lettera del 30 agosto 2006 con lettera del 29 dicembre 2006 e successivamente, con lettera del 9 gennaio 2007, comunicava informazioni supplementari. 14 Il 26 marzo 2007 la Commissione, ai sensi del disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva [2003/87], ha adottato [la decisione controversa]. Nella decisione [in questione] la Commissione conclude, sostanzialmente, per la violazione di vari criteri dell’allegato III della [suddetta] direttiva e, pertanto, riduce di 76,132937 MteCO2 la quantità totale annuale di quote di emissioni indicata nel PNA [polacco], stabilendone il livello massimo a 208,515395 MteCO2. 15 Il dispositivo della decisione [controversa] è così formulato: “Articolo 1 I seguenti aspetti del [PNA polacco] per il primo periodo di cinque anni considerato dall’art. 11, n. 2, della direttiva [2003/87] sono incompatibili, rispettivamente, con: 1. i criteri [nn.] 1[‑]3 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: la frazione della quantità totale di quote da assegnare – pari alla somma del volume annuale di emissioni di 76,132937 [MteCO2], del livello di adeguamento conseguente alle riduzioni del numero di impianti e di un quinto della quantità totale di quote assegnata dalla [Repubblica di] Polonia ex art. 13, n. 2, della direttiva [2003/87] – non è conforme alle stime effettuate in applicazione della decisione [n.] 280/2004/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto (GU L 49, pag. 1)] e non è compatibile con il potenziale, compreso quello tecnologico, di riduzione delle emissioni delle attività contemplate dal sistema comunitario; tale frazione è ricondotta al tetto delle quote assegnate relativamente ai progetti riguardanti gli impianti contemplati dalla direttiva [2003/87], in corso di realizzazione nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o di moderare le loro emissioni, nel limite dei dati verificati e comprovati; inoltre, la frazione della quantità totale di quote, potenzialmente pari a 6,2884 [MteCO2] per anno corrispondente alle emissioni supplementari degli impianti di combustione, nella misura in cui tali emissioni non siano esclusivamente connesse allo sviluppo, da parte degli impianti in parola, di nuove attività e non si basino su dati verificati e comprovati, secondo i metodi generali del [PNA polacco]; 2. il criterio [n.] 5 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: l’assegnazione a taluni impianti di quote superiori alle necessità stimate, tenuto conto del riconoscimento delle misure adottate in uno stadio precoce, dell’utilizzo della biomassa o della cogenerazione; 3. il criterio [n.] 6 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: le informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario; 4. il criterio [n.] 10 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: l’intenzione della [Repubblica di] Polonia di trasferire le quote inizialmente assegnate agli impianti del settore della produzione di coke verso le centrali elettriche in caso di vendita, da parte di tali impianti, di gas di coke alle centrali elettriche; 5. il criterio [n.] 12 dell’allegato III della direttiva [2003/87]: l’importo massimo di riduzione di emissioni certificate e di unità di riduzione delle emissioni che può essere utilizzato dai gestori nell’ambito del sistema comunitario, come percentuale delle quote assegnate a ciascun impianto, fissata al 25%, non è conforme agli obblighi di supplementarità della [Repubblica di] Polonia derivanti dal Protocollo di Kyoto né alle decisioni adottate a norma della UNFCC o del Protocollo di Kyoto, dato che oltrepassa la soglia del 10%. Articolo 2 Il [PNA polacco] non sarà oggetto di obiezioni purché le modifiche seguenti vi siano apportate in modo non discriminatorio e siano notificate alla Commissione il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione dei procedimenti nazionali senza indebito ritardo: 1. la quantità totale di quote da assegnare nell’ambito del sistema comunitario sarà diminuita fino ad essere pari alla somma: del volume annuale di emissioni di 76,132937 [MteCO2], del livello di adeguamento conseguente ad ogni riduzione del numero di impianti e di un quinto della quantità totale di quote assegnata dalla [Repubblica di] Polonia ai sensi dell’art. 13, n. 2, della direttiva [2003/87]; le quote assegnate agli impianti di combustione supplementari sono determinate secondo i metodi generali descritti nel [PNA polacco], sulla base di dati verificati e comprovati sulle emissioni, riguardanti soltanto le nuove attività, mentre la quantità totale è ridotta fino alla differenza tra le quote assegnate agli impianti menzionati ed i 6,2884 [MteCO2] corrispondenti alla riserva annuale per tali impianti; la quantità totale è maggiorata delle quote assegnate relativamente ai progetti riguardanti gli impianti contemplati dalla direttiva [2003/87], già operativi nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o limitare le loro emissioni, nella misura in cui le riduzioni o limitazioni in parola siano corroborate da dati verificati e comprovati; 2. le quote assegnate agli impianti non saranno superiori alle necessità stimate, tenuto conto del riconoscimento delle misure adottate in uno stadio precoce, dell’utilizzo della biomassa o della cogenerazione; 3. saranno fornite informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario, in modo conforme ai criteri dell’allegato III della [direttiva 2003/87] e al disposto dell’art. 10 di quest’ultima; 4. la quantità di quote assegnata ad uno degli impianti menzionati nel [PNA polacco] ed operanti su tutto il territorio nazionale non è adeguata alla chiusura di altri impianti presenti su tale territorio; 5. il tetto massimo di riduzione di emissioni certificate e di unità di riduzione di emissioni che i gestori possono utilizzare nell’ambito del sistema comunitario, come di percentuale delle quote assegnate a ciascun impianto, sarà ridotto in modo da non oltrepassare la soglia del 10%. Articolo 3 1. La quantità totale annuale media di quote che deve essere assegnata dalla [Repubblica di Polonia] in applicazione [del PNA polacco] agli impianti menzionati in tale piano ed ai nuovi entranti – diminuita, da un lato, fino alla somma del livello di adeguamento conseguente ad ogni riduzione del numero di impianti e di un quinto della quantità totale di quote assegnata dalla [Repubblica di] Polonia a norma dell’art. 13, n. 2, della direttiva [2003/87] e, dall’altro, fino alla differenza tra le quote assegnate agli impianti di combustione supplementari ed i 6,2884 milioni di tonnellate corrispondenti alla riserva annuale per i suddetti impianti, in seguito maggiorata delle quote assegnate relativamente ai progetti riguardanti gli impianti contemplati dalla direttiva [2003/87], già operativi nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o limitare le loro emissioni, nella misura in cui tali riduzioni o limitazioni provengano esclusivamente dall’ampliamento della gamma delle loro attività e siano corroborate da dati verificati e comprovati – è pari a 208,515395 [MteCO2] e non è oltrepassata. 2. Il [PNA polacco] può essere modificato senza previa autorizzazione della Commissione se la modifica concerne le quote assegnate a taluni impianti, nei limiti della quantità totale di quote da assegnare agli impianti menzionati nel piano, in seguito a miglioramenti della qualità dei dati, o se consiste nel ridurre la percentuale delle quote da assegnare gratuitamente nei limiti fissati all’art. 10 della direttiva [2003/87]. 3. Qualsivoglia modifica del [PNA polacco] richiesta al fine di correggere le incompatibilità indicate all’art. 1 della decisione in parola, ma che si discosti da quelle menzionate all’art. 2, deve essere notificata il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione delle procedure nazionali senza indebito ritardo, e necessita il previo consenso della Commissione conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva [2003/87]. Ogni altra modifica del [PNA polacco], eccetto quelle richieste all’art. 2 della presente decisione, è irricevibile. Articolo 4 La Repubblica di Polonia è destinataria della presente decisione”». Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata 8 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 maggio 2007, la Repubblica di Polonia ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. 9 Con ordinanza del 5 ottobre 2007, il presidente della seconda sezione del Tribunale ha ammesso il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanze rispettivamente del 19 novembre 2007 e del 10 aprile 2008, la Repubblica di Lituania, da un lato, e la Repubblica slovacca nonché l’Ungheria, dall’altro, sono state ammesse a intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Polonia nel corso della fase orale del procedimento. 10 A sostegno del suo ricorso, detto Stato membro deduceva nove motivi. Essi erano sostanzialmente relativi, da un lato, alla violazione delle disposizioni della direttiva 2003/87, vale a dire dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, dei criteri nn. 1‑3 e 12 dell’allegato III e dell’articolo 13, paragrafo 2, della stessa direttiva e, dall’altro, alla violazione del diritto di prendere conoscenza, nel corso del procedimento, degli elementi di fatto sulla base dei quali la decisione controversa è stata adottata ed al pregiudizio della sicurezza energetica nazionale. 11 La Commissione ha chiesto al Tribunale di respingere il ricorso. 12 Con la sentenza impugnata il Tribunale ha annullato la decisione controversa. 13 Innanzi tutto, ai punti 32‑46 della sentenza in discorso, il Tribunale ha esaminato il primo motivo di ricorso, relativo all’illegittima adozione della decisione controversa dopo la scadenza del termine di tre mesi previsto all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. Esso ha dichiarato che detto termine di tre mesi aveva cominciato a decorrere a partire dalla notifica del PNA polacco, ossia il 30 giugno 2006, malgrado il carattere incompleto di tale piano. Il Tribunale ha peraltro ritenuto che le obiezioni sollevate dalla Commissione con lettera del 30 agosto 2006 relativamente a taluni aspetti di esso avessero avuto l’effetto di sospendere detto termine. In tali condizioni esso, al punto 47 della sentenza impugnata, ha respinto il motivo in esame in quanto infondato. 14 Poi, ai punti 70-162 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato il secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e sulla violazione dell’articolo 9 della direttiva 2003/87. 15 Ai punti 70-78 della sentenza impugnata, il Tribunale ha valutato la fondatezza dell’affermazione della Commissione secondo cui la Repubblica di Polonia avrebbe presentato un motivo nuovo nella fase della replica, afferente ad una violazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. Secondo la Commissione il secondo motivo del ricorso avrebbe riguardato soltanto il modo in cui essa ha trattato i dati riportati nel PNA polacco nella fase della valutazione di quest’ultimo. Al punto 79 della sentenza di cui trattasi il Tribunale ha negato l’esistenza di un simile motivo nuovo. 16 I punti 80-98 della sentenza impugnata sono dedicati a osservazioni preliminari concernenti la valutazione della fondatezza del secondo motivo. Nell’ambito di tali punti il Tribunale ha ricordato gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2003/87, la ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri in forza delle disposizioni di quest’ultima e, infine, la portata del controllo giurisdizionale operato dal giudice comunitario su una decisione come la decisione controversa. 17 Ai punti 99‑133 della sentenza impugnata il Tribunale ha esaminato la seconda parte del secondo motivo, mediante la quale la Repubblica di Polonia lamentava che la Commissione avrebbe violato l’articolo 9, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2003/87. Ad avviso del Tribunale, la Commissione sarebbe andata al di là dei suoi poteri di controllo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, di tale direttiva. In primo luogo, esso ha addebitato alla Commissione di non essersi limitata ad un controllo di conformità del PNA polacco e di aver sostituito i dati utilizzati dalla Repubblica di Polonia con i propri dati, ricavati a partire dal suo metodo di valutazione. In secondo luogo, esso ha ritenuto che la Commissione avesse oltrepassato le competenze conferitele in forza della medesima disposizione, fissando essa stessa il livello massimo per la quantità totale di quote da assegnare nel dispositivo della decisione controversa. 18 Ai punti 134‑152 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato ad abundantiam la fondatezza della prima parte del secondo motivo, relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione. Tenuto conto dell’onere della prova ad essa incombente, la Commissione non avrebbe fornito, nella decisione controversa, alcun elemento tale da consentire di comprendere in modo sufficiente i motivi per cui il metodo di analisi economica e i dati presentati dalla Repubblica di Polonia fossero contrari al diritto dell’Unione. Pertanto, al punto 153 della sentenza impugnata il Tribunale ha considerato tale parte del secondo motivo fondata. 19 In simili condizioni il Tribunale, al punto 154 della sentenza impugnata, ha accolto il secondo motivo in entrambe le parti ed ha annullato gli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa. 20 Da ultimo, ai punti 155‑162 della sentenza impugnata, il Tribunale si è pronunciato sulle conseguenze dell’annullamento delle disposizioni menzionate della decisione controversa rispetto alle altre disposizioni della stessa. Ritenendo che le disposizioni annullate non fossero separabili dal resto di tale decisione, ai sensi della giurisprudenza della Corte, al punto 163 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso per l’annullamento della decisione di cui trattasi nella sua totalità, senza esaminare gli altri motivi dedotti a sostegno del ricorso. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti 21 Con ordinanza del presidente della Corte del 28 giugno 2010, il Regno di Danimarca è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione e la Repubblica ceca nonché la Romania sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Polonia. 22 Con la sua impugnazione la Commissione chiede che la Corte voglia: – annullare la sentenza impugnata, e – condannare la Repubblica di Polonia alle spese. 23 Il Regno di Danimarca chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata. 24 Il Regno Unito chiede alla Corte di accogliere l’impugnazione e di annullare la sentenza impugnata, fatta eccezione per il primo motivo. 25 La Repubblica di Polonia chiede che la Corte voglia: – respingere l’impugnazione nella sua totalità sul fondamento dell’articolo 116, paragrafo 1, primo trattino, del regolamento di procedura della Corte; – nel caso in cui la Corte non respinga l’impugnazione nella sua totalità, esaminare e statuire sulla totalità delle conclusioni presentate in primo grado e, in particolare, esaminare e statuire sul primo motivo dell’atto introduttivo di giudizio, conformemente all’articolo 116, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento di procedura della Corte; – nel caso in cui la Corte non respinga l’impugnazione nella sua totalità e non si pronunci sulle conclusioni presentate in via subordinata, statuire sulle conclusioni presentate in primo grado nei motivi dal terzo al nono, dopo esame della causa da parte della Corte o del Tribunale, secondo valutazione discrezionale della Corte, e – condannare la Commissione alle spese. 26 La Repubblica ceca chiede che la Corte voglia: – respingere l’impugnazione, e – condannare la Commissione alle spese. 27 La Romania aderisce alle conclusioni della Repubblica di Polonia. Sull’impugnazione 28 A sostegno della propria impugnazione la Commissione solleva quattro motivi. Innanzi tutto, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 48, paragrafo 2, del proprio regolamento di procedura, statuito ultra petita ed esorbitato dalle proprie competenze di controllo. In secondo luogo, esso avrebbe commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. In terzo luogo, esso avrebbe operato un’interpretazione erronea dell’obbligo di motivazione ai sensi dell’articolo 253 CE e dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva in questione. Infine, il Tribunale avrebbe commesso un errore nella qualificazione giuridica degli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, nonché 3, paragrafo 1, della decisione controversa, ritenendo che tali disposizioni non fossero separabili dalle altre disposizioni della stessa decisione. Sul primo motivo, vertente su una violazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 48, paragrafo 2, del proprio regolamento di procedura e del divieto di statuire ultra petita nonché su un superamento, da parte dello stesso, dei limiti dei propri poteri di controllo Argomenti delle parti 29 Secondo la Commissione il Tribunale ha violato l’articolo 48, paragrafo 2, del proprio regolamento di procedura e il divieto di statuire ultra petita. Esso avrebbe altresì superato i limiti del proprio potere di controllo, dal momento che ha esaminato, quale seconda parte del secondo motivo di ricorso di annullamento, l’asserita violazione dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2003/87. Orbene, un simile motivo sarebbe irricevibile, in quanto non risulterebbe dall’argomentazione addotta dalla Repubblica di Polonia nel suo atto di ricorso. Pertanto, il Tribunale avrebbe determinato, di propria iniziativa, il senso di detto secondo motivo e le disposizioni di diritto dell’Unione che essa avrebbe violato. Non potrebbe neppure ritenersi che gli argomenti presentati dalla Repubblica di Polonia nella sua replica costituissero un ampliamento di un motivo enunciato precedentemente nell’atto di ricorso. 30 La Repubblica di Polonia conclude per il rigetto di tale motivo. La seconda parte del secondo motivo sarebbe stata sviluppata, conformemente alla giurisprudenza della Corte, già nella fase dell’atto introduttivo di giudizio. Sebbene tale parte sia stata formulata in modo generico, essa era sufficientemente chiara. Le affermazioni presentate da tale Stato membro nella fase della replica avrebbero costituito soltanto un ampliamento e un chiarimento di un motivo precedentemente esposto. 31 Inoltre, la direttiva 2003/87 non costituirebbe un atto giuridico particolarmente sviluppato. L’intera procedura di notifica dei piani nazionali di assegnazione da parte degli Stati membri alla Commissione e la loro analisi ad opera di quest’ultima sarebbero disciplinate da un unico articolo di detta direttiva, ossia l’articolo 9, composto dai paragrafi 1-3. Dal momento che i motivi dedotti nell’atto introduttivo facevano riferimento a violazioni concrete commesse dalla Commissione nel corso della suddetta analisi, sarebbe difficile sostenere che non sia percepibile il collegamento con tali disposizioni. Giudizio della Corte 32 Il primo motivo dell’impugnazione riguarda i punti 70‑79 della sentenza impugnata. Al punto 70 di questa, il Tribunale ha ritenuto che il secondo motivo del ricorso di annullamento fosse suddiviso in due parti. La prima parte era relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione e la seconda ad un’interpretazione e ad un’applicazione erronee delle disposizioni dell’articolo 9, paragrafi 1‑3, della direttiva 2003/87. Poi, ai punti 71‑78 di detta sentenza, il Tribunale ha esaminato la censura della Commissione secondo la quale la seconda parte del secondo motivo sarebbe un motivo nuovo dedotto dalla Repubblica di Polonia in fase di replica e, conseguentemente, dovrebbe essere dichiarato irricevibile in conformità alle disposizioni dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale. Esso ha rilevato che l’argomentazione concernente la violazione, ad opera della Commissione, dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva in questione era già stata formulata nella fase dell’atto introduttivo e che gli argomenti supplementari avanzati dalla Repubblica di Polonia in fase di replica erano soltanto un ampliamento di tale parte. Pertanto, al punto 79 di detta sentenza esso ha respinto tale censura. 33 In proposito occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea – applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto medesimo e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettere c) e d), del regolamento di procedura del Tribunale – il ricorso deve indicare, inter alia, l’oggetto della controversia, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati. 34 Inoltre, dall’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale risulta che la deduzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che tali motivi si fondino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Secondo una giurisprudenza costante, un motivo che costituisce l’ampliamento di un motivo precedentemente dedotto, in modo esplicito o implicito, nell’atto introduttivo del giudizio va considerato ricevibile (v., in particolare, sentenze del 19 maggio 1983, Verros/Parlamento, 306/81, Racc. pag. 1755, punto 9; del 13 novembre 2001, Dürbeck/Commissione, C‑430/00 P, Racc. pag. I‑8547, punto 17; del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C‑412/05 P, Racc. pag. I‑3569, punti 38-40; del 17 luglio 2008, Campoli/Commissione, C‑71/07 P, Racc. pag. I‑5887, punto 63, e del 15 aprile 2010, Gualtieri/Commissione, C‑485/08 P, Racc. pag. I‑3009, punto 37). 35 Orbene, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, il Tribunale ha ritenuto giustamente che la Repubblica di Polonia avesse addebitato alla Commissione, e ciò a partire dalla fase dell’atto introduttivo, di aver ecceduto dalle competenze conferitele dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, relative al suo potere di valutazione dei piani nazionali di assegnazione. Infatti, il motivo vertente sull’interpretazione e sull’applicazione erronee di tale disposizione da parte della Commissione figurava già, sia pur in forma embrionale, nell’atto introduttivo di giudizio. Tale motivo si collocava difatti nell’ambito dei ragionamenti dedicati all’affermazione secondo cui, omettendo di esaminare i dati che la Repubblica di Polonia aveva presentato nel suo piano nazionale di assegnazione e limitandosi ad inserire propri dati, la Commissione aveva oltrepassato i limiti delle proprie competenze. 36 È pacifico che, come rilevato dal Tribunale al punto 75 della sentenza impugnata, al punto 54 del proprio atto di ricorso la Repubblica di Polonia ha fatto riferimento all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 nell’ambito del secondo motivo di tale atto. Sebbene detto Stato membro si sia espresso su tale allegazione in modo più dettagliato e preciso nell’ambito della sua replica, resta tuttavia il fatto che esso poteva legittimamente ampliare la propria argomentazione a questo riguardo. 37 Inoltre, occorre ricordare che l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 costituiva il fondamento giuridico per l’adozione della decisione controversa e che sussiste uno stretto legame tra tale paragrafo 3 e il paragrafo 1 di detto articolo. Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 29 delle proprie conclusioni, allorché la Commissione oltrepassa i limiti del proprio potere di controllo di un piano nazionale di assegnazione conferitole ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, essa usurpa le competenze degli Stati membri nell’elaborazione del proprio piano nazionale di assegnazione ai sensi del paragrafo 1 dello stesso articolo. 38 Dalle suesposte considerazioni risulta che il Tribunale, dichiarando ricevibile la seconda parte del secondo motivo del ricorso di annullamento, non ha commesso un errore di diritto nella propria decisione. Il primo motivo, pertanto, deve essere respinto. Sul secondo motivo, vertente su un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 39 Con il suo secondo motivo la Commissione addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. Dopo aver formulato censure sulle osservazioni generali presentate dal Tribunale, in particolare sulla natura del controllo esercitato dalla Commissione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della predetta direttiva, questa ultima adduce argomenti classificabili in due parti. La prima parte è relativa all’asserita violazione del principio di parità di trattamento e la seconda concerne la presunta violazione della finalità della stessa direttiva. Sulla natura del controllo della Commissione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 – Argomenti delle parti 40 La Commissione ricorda che, secondo il Tribunale, sostituendo i dati inseriti nel PNA polacco con «propri dati», ottenuti mediante un proprio metodo di valutazione dei piani nazionali di assegnazione degli Stati membri, e fissando il livello massimo di quantità totale di quote da assegnare da parte della Repubblica di Polonia, essa avrebbe alterato la ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri di cui agli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87 ed avrebbe oltrepassato i limiti delle proprie competenze. 41 Orbene, in tal modo il Tribunale avrebbe disconosciuto la portata delle competenze della Commissione in materia di analisi dei piani nazionali di assegnazione, risultanti dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. Definendo «fortemente circoscritto» il potere di controllo che le compete, il Tribunale si sarebbe limitato al tenore letterale della prima frase di detta disposizione, senza tener conto della disposizione stessa nel suo insieme, dell’obiettivo della predetta direttiva o del principio della parità di trattamento. 42 I poteri di controllo della Commissione previsti dall’articolo 9 della direttiva 2003/87 non dovrebbero essere interpretati nel senso che costituiscono un controllo degli atti di trasposizione di una direttiva. Infatti, il controllo ex ante dei piani nazionali di assegnazione differirebbe dal controllo ex post di cui all’articolo 226 CE, in forza del quale la Commissione dovrebbe rispettare la scelta degli Stati membri quanto alla forma e agli strumenti per conseguire il risultato prescritto da tale direttiva. Il suddetto articolo 9 avrebbe carattere regolamentare e vincolerebbe direttamente detti Stati. La libertà di tali Stati membri nella elaborazione dei piani nazionali di assegnazione sarebbe considerevolmente limitata dal paragrafo 1 dello stesso articolo nonché dai criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87. Inoltre, essi dovrebbero tener conto degli orientamenti per l’attuazione di detti criteri, elaborati dalla Commissione in forza dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva in questione nonché delle discussioni condotte in seno al comitato di cui all’articolo 23, paragrafo 1, di essa. 43 La Repubblica di Polonia ritiene che tutti gli argomenti esposti dalla Commissione confermino che quest’ultima ha violato la portata delle sue competenze definite dalla direttiva 2003/87. Pur riconoscendo che un piano nazionale di assegnazione non sia una classica misura nazionale di trasposizione di una direttiva, tale Stato membro rileva di non essere a conoscenza di casi di applicazione diretta dell’articolo 9 della stessa. Difatti, gli Stati membri dovrebbero previamente adottare le necessarie misure nazionali. Peraltro, la Commissione avrebbe fatto ricorso a misure di controllo ex ante anche in altri settori, a dispetto del fatto che si tratti di forme classiche di trasposizione delle direttive. Sarebbe così, segnatamente, per quanto riguarda i progetti delle misure che gli Stati membri intendono adottare nell’ambito della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (GU L 365, pag. 10). 44 Anche ammettendo la fondatezza del ragionamento della Commissione, secondo cui, dal punto di vista dell’efficacia di tutto il sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra, sarebbe opportuna un’interpretazione diversa rispetto a quella adottata dal Tribunale, tale istituzione non potrebbe attribuirsi competenze che il legislatore dell’Unione non le ha conferito, al fine di perfezionare il dettato di talune disposizioni dell’Unione europea. – Giudizio della Corte 45 Le affermazioni della Commissione concernono i punti 82‑92 della sentenza impugnata, che vertono sulla ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri prevista dagli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87. 46 Nell’ambito dei suddetti punti il Tribunale ha dichiarato che gli Stati membri sono i soli competenti, da un lato, ad elaborare il loro piano nazionale di assegnazione e, dall’altro, ad adottare le decisioni finali che stabiliscono, in particolare, la quantità totale di quote di emissioni dei gas ad effetto serra da assegnare. Nell’esercizio delle loro competenze essi disporrebbero di un certo margine di manovra. In forza dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 la Commissione sarebbe autorizzata, da una parte, a verificare se i piani nazionali di assegnazione siano conformi ai criteri elencati nell’allegato III della stessa direttiva e alle disposizioni dell’articolo 10 di questa e, dall’altro, a respingere i piani in caso di incompatibilità con tali criteri e disposizioni. Il potere di controllo della Commissione si limiterebbe ad un controllo di legittimità. 47 Nel caso in esame, come rilevato giustamente dal Tribunale ai punti 84-89 della sentenza impugnata, la direttiva 2003/87 stabilisce in modo chiaro ed esplicito, al suo articolo 9, paragrafi 1 e 3 nonché al suo articolo 11, paragrafo 2, la ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri per l’elaborazione, il controllo e l’attuazione dei piani nazionali di assegnazione, ai fini dell’applicazione del sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra. Per quanto riguarda i limiti sostanziali del potere di controllo e di rigetto di detti piani, la Commissione è esclusivamente autorizzata a verificare la conformità delle misure adottate dallo Stato membro con i criteri elencati nell’allegato III di detta direttiva e con l’articolo 10 di essa. 48 Diversamente da quanto sostiene la Commissione non può rimproverarsi al Tribunale di essersi fondato, al punto 82 della sentenza impugnata, sull’articolo 249, terzo comma, CE per valutare la questione della ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri di cui agli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87. Il principio in virtù del quale una direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi per il conseguimento di detto risultato, si applica, in linea di principio, relativamente a ogni direttiva. 49 È vero che possono sussistere notevoli differenze per quanto concerne il tipo di obblighi imposti dalle direttive agli Stati membri e i risultati che debbono essere raggiunti da questi ultimi. È altresì pacifico che le disposizioni delle direttive che riguardano unicamente i rapporti tra uno Stato membro e la Commissione possono non necessitare di misure di trasposizione (v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2006, Commissione/Lussemburgo, C‑32/05, Racc. pag. I‑11323, punti 35 e 36). Tale circostanza è tuttavia ininfluente ai fini della soluzione della presente controversia. Non può negarsi che gli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87 disciplinano i rispettivi ruoli della Commissione e degli Stati membri nell’ambito della procedura di adozione dei piani nazionali di assegnazione, vale a dire la questione della ripartizione delle competenze tra gli stessi. Dette disposizioni consentono di stabilire se gli Stati membri beneficino di un margine di manovra o meno nell’elaborare il loro piano e, eventualmente, quale sia la portata di tale margine. 50 Nel caso in esame è innegabile che la direttiva 2003/87 non prescriva un metodo specifico per l’elaborazione di un piano nazionale di assegnazione e per la determinazione della quantità totale di quote di emissioni dei gas ad effetto serra da assegnare. Anzi, al contrario, l’allegato III, punto 1, di detta direttiva prevede esplicitamente che gli Stati membri debbano fissare la quantità totale di quote da assegnare, tenendo conto, in particolare, della politica energetica nazionale e del programma nazionale sui cambiamenti climatici. 51 Pertanto, come rilevato dal Tribunale al punto 88 della sentenza impugnata, gli Stati membri dispongono di un certo margine di manovra nella trasposizione della direttiva 2003/87 e, quindi, nella scelta delle misure che giudicano più adatte a conseguire, nel contesto specifico del mercato nazionale dell’energia, l’obiettivo prescritto dalla suddetta direttiva. 52 Quanto al fatto che, conformemente all’articolo 9 della direttiva 2003/87, i piani nazionali di assegnazione sono esaminati dalla Commissione attraverso un controllo ex ante, un simile potere di controllo differisce, certamente, sotto molti punti di vista dal controllo ex post di cui all’articolo 226 CE. Tale circostanza non può però implicare che il controllo ex ante debba andare al di là di un controllo di legittimità. 53 Da quanto sopra illustrato discende che le censure mosse dalla Commissione contro le considerazioni generali svolte dal Tribunale in merito alla ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri di cui alla direttiva 2003/87 devono essere respinte. Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento – Argomenti delle parti 54 La Commissione sostiene che, determinando la portata e l’estensione del potere di controllo che le compete ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 e dell’esercizio di esso, il Tribunale ha commesso un errore di diritto riconducibile, in sostanza, ad una violazione del principio della parità di trattamento. 55 In particolare, il Tribunale avrebbe respinto l’argomento secondo cui detto principio implica che la compatibilità dei piani nazionali di assegnazione con i criteri enunciati all’allegato III della direttiva 2003/87 venga esaminata in base al metodo di valutazione elaborato dalla Commissione e ai dati attualizzati provenienti, per tutti gli Stati membri, dalla stessa fonte. La circostanza che la Commissione avrebbe asseritamente esorbitato dalle proprie competenze risulterebbe dal fatto che quest’ultima non aveva controllato in primo luogo la compatibilità dei dati contenuti nel PNA polacco con i criteri elencati nell’allegato III di tale direttiva. 56 La Commissione sostiene che tale censura dovrebbe piuttosto iscriversi nell’ambito di un’eventuale violazione dell’obbligo di motivazione, anziché in quello di una violazione dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2003/87. In ogni caso, la censura sarebbe priva di fondamento. 57 Anzitutto, l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe sostituito i «dati» utilizzati nel PNA polacco con «propri dati» sarebbe privo di fondamento. Nel caso dei dati relativi alle emissioni reali di CO2, essa avrebbe usato, controllando il PNA polacco, dati provenienti direttamente da gestori di impianti ai sensi della direttiva 2003/87, verificati conformemente alla decisione n. 280/2004 e pubblicati sul Catalogo indipendente comunitario delle operazioni (Community Independent Transaction Log, CITL). Quanto alle previsioni di sviluppo del prodotto interno lordo (PIL) per il periodo 2005‑2010, esse si sarebbero fondate su statistiche nazionali elaborate in collaborazione con esperti nazionali. 58 Poi, per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 alla luce del principio della parità di trattamento, il fatto di ammettere che ciascuno Stato membro utilizzi propri dati, elaborati secondo propri criteri, sarebbe atto a generare una disparità di trattamento tra tali Stati. L’oggetto e lo scopo di tale direttiva, nonché la necessità di comunicare alla Commissione tutti i piani nazionali di assegnazione più o meno nello stesso periodo, confermerebbero che tali piani «operino in situazioni analoghe» e che debbano essere controllati sulla base dei dati più recenti per lo stesso periodo, relativamente alle emissioni di CO2 e alle previsioni di sviluppo del PIL disponibili contemporaneamente per tutti gli Stati membri. Il metodo coordinato di controllo fondato sull’utilizzo di dati e/o di parametri provenienti dalla stessa fonte e relativi allo stesso periodo sarebbe in particolare giustificato alla luce degli obiettivi della direttiva 2003/87, ossia ridurre le emissioni di gas a effetto serra, contribuire a preservare l’integrità del mercato interno ed evitare distorsioni della concorrenza. 59 Infine, il ragionamento svolto dal Tribunale sarebbe in contrasto con quello applicato nella sua ordinanza del 20 ottobre 2008, BOT Elektrownia Bełchatów e a./Commissione (T‑208/07). In essa il Tribunale avrebbe accettato la collocazione temporale delle modifiche che gli Stati membri apportano al loro piano nazionale di assegnazione dichiarando che, dal tenore letterale della direttiva 2003/87, nonché dall’economia generale e dagli obiettivi del sistema che essa ha creato, emerge che uno Stato membro conserva sempre il diritto di proporre modifiche del suo piano dopo la notifica dello stesso alla Commissione, e ciò fino all’adozione della decisione che tale Stato membro deve prendere ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, di detta direttiva. Se allo Stato membro in questione fosse riconosciuto un diritto illimitato nel tempo ad introdurre modifiche nel suo piano nazionale di assegnazione comportanti un aumento della quantità totale di quote da assegnare a seguito dell’emergere di dati economici e/o di previsioni più attuali, l’obiettivo di tale direttiva e il funzionamento del sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra sarebbero destinati a fallire. 60 La Repubblica di Polonia conclude per il rigetto di tale prima parte del secondo motivo. In virtù della direttiva 2003/87, la Commissione avrebbe l’obbligo di procedere ad un’analisi individuale di ciascun piano nazionale di assegnazione. Detta direttiva non avrebbe lo scopo di garantire che ogni Stato membro riduca «a qualunque costo» le emissioni dei gas a effetto serra, ma mirerebbe a realizzare gli impegni previsti nell’ambito del protocollo di Kyoto, allo stesso tempo pregiudicando il meno possibile lo sviluppo economico. La Commissione dovrebbe tener conto, in sede di analisi dei piani nazionali di assegnazione, della situazione reale di ciascuno Stato membro, segnatamente del livello di realizzazione degli obiettivi previsti in tale protocollo, delle esigenze individuali di ciascuno Stato membro connesse alla specificità della propria economia o del grado di sviluppo dell’economia nazionale. Il trattamento differenziato degli Stati membri sarebbe obiettivamente giustificato in base al principio della parità di trattamento, in considerazione delle caratteristiche del mercato energetico di ciascuno Stato membro e del grado di realizzazione degli impegni contemplati dal protocollo in parola. – Giudizio della Corte 61 La prima parte del secondo motivo riguarda i punti 100-120 della sentenza impugnata. Nell’ambito di tali punti, il Tribunale ha rilevato che il potere di controllo di cui la Commissione dispone in forza dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 si limita ad un controllo di conformità dei dati inseriti in ciascun piano nazionale di assegnazione rispetto ai criteri elencati nell’allegato III di tale direttiva e che la Commissione non può legittimamente sostituire propri dati ai dati inseriti dallo Stato membro nel suo piano. Gli Stati membri sono i soli competenti ad elaborare un piano nazionale di assegnazione ed a prendere una decisione finale sulla quantità totale di quote di emissioni di gas a effetto serra da assegnare. Il Tribunale ha precisato, al punto 104 di detta sentenza, «che l’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli Stati membri non può avere l’effetto di modificare la ripartizione delle competenze fra gli Stati membri e la Commissione, nei termini in cui è prevista [da detta] direttiva». 62 Occorre anzitutto ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C‑127/07, Racc. pag. I‑9895, punto 23). 63 La necessità di rispettare tale principio, tuttavia, non può modificare la ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri prevista da una disposizione dell’Unione. Orbene, come confermato al punto 47 della presente sentenza, l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 conferisce alla Commissione soltanto un potere di controllo di legittimità dei piani nazionali di assegnazione, consentendole di respingere un piano non conforme ai criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87 o alle disposizioni dell’articolo 10 della stessa. 64 Quanto al grado del controllo in questione, il Tribunale ha giustamente rilevato, al punto 101 della sentenza impugnata, che detto potere di controllo riguarda necessariamente i dati iscritti nel PNA polacco. Spetta alla Commissione controllare la scelta dei dati dello Stato membro interessato ai fini dell’elaborazione del suo piano. 65 In tali condizioni, non può addebitarsi al Tribunale di aver ritenuto che la Commissione avesse l’obbligo di esaminare i dati inseriti dalla Repubblica di Polonia nel suo piano di assegnazione. Nell’ipotesi in cui la Commissione avesse avuto dubbi in ordine a tali dati, essa avrebbe dovuto sollecitare chiarimenti presso le autorità nazionali competenti, e persino dimostrare la difformità di tali dati rispetto ai criteri elencati all’allegato III della direttiva 2003/87. 66 Gli argomenti sollevati dalla Commissione sul carattere simultaneo del controllo dei piani nazionali di assegnazione non sono idonei a rimettere in discussione tale conclusione. Infatti, detti argomenti poggiano su una concezione errata del potere di controllo di cui essa dispone ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, le eventuali differenze nei dati e nei metodi di valutazione adottati dagli Stati membri sono espressione del margine di manovra loro spettante, che la Commissione ha l’obbligo di rispettare nell’ambito del suo controllo di conformità. 67 In tale contesto, va rilevato che la Commissione può adeguatamente assicurare la parità di trattamento degli Stati membri esaminando il piano presentato da ciascuno di essi con il medesimo grado di diligenza. Si deve altresì rammentare che la Commissione ha il diritto di individuare un punto comune di raffronto tra i piani elaborati da ciascuno di detti Stati. Come rilevato dal Tribunale al punto 102 della sentenza impugnata, a questo fine essa può segnatamente elaborare «un proprio metodo di valutazione dei piani nazionali di assegnazione» basato sui dati che ritiene maggiormente adeguati e servirsene come strumento di comparazione per verificare se i dati inseriti nei piani nazionali di assegnazione siano compatibili con i criteri indicati nell’allegato III della direttiva 2003/87. 68 Da ultimo, per quanto riguarda l’argomento della Commissione secondo cui il Tribunale, ritenendo che essa non potesse sostituire ai dati utilizzati dalla Repubblica di Polonia nel suo piano quelli ottenuti a partire dal suo metodo di valutazione, avrebbe ingiustamente considerato questi ultimi dati come «propri dati» della Commissione, tale argomento poggia su una lettura errata dei punti 100‑103 e 120 della sentenza impugnata. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 76 delle sue conclusioni, il Tribunale, dichiarando che la Commissione non poteva sostituire propri dati a quelli utilizzati dalla Repubblica di Polonia, si riferiva non già alla scelta o alla fonte dei dati impiegati dalla Commissione, bensì al fatto che quest’ultima non avesse controllato la compatibilità dei dati figuranti nel PNA polacco rispetto ai criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87. 69 Alla luce di tali elementi, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata. Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente sulla violazione della finalità della direttiva 2003/87 – Argomenti delle parti 70 La Commissione afferma che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 violando l’obiettivo da questa perseguito. 71 I poteri di controllo di cui dispone la Commissione ai sensi di tale disposizione dovrebbero essere letti e interpretati alla luce degli obiettivi della direttiva 2003/87. Orbene, a norma del suo articolo 1, detta direttiva istituirebbe un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità al fine di promuovere la riduzione delle emissioni di detto gas secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica. Nella sua sentenza Arcelor Atlantique e Lorraine e a., cit., la Corte avrebbe riconosciuto che il fine ultimo di tale sistema è la protezione dell’ambiente e che questo sistema incoraggia e favorisce la realizzazione dei previsti abbattimenti delle emissioni al minor costo possibile. Da tale sentenza risulterebbe che detto obiettivo può essere conseguito solo allorché la domanda di quote supera l’offerta nel mercato di quote comunitarie. Inoltre, a termini del settimo considerando della direttiva 2003/87, l’istituzione dello stesso sistema dovrebbe contribuire a preservare l’integrità del mercato interno ed evitare distorsioni della concorrenza. 72 Diversamente da quanto dichiarato dal Tribunale nella sentenza impugnata, il controllo effettuato dalla Commissione in forza dell’articolo 9 della direttiva 2003/87 non potrebbe essere un controllo «fortemente circoscritto», limitato ad una mera verifica dei dati utilizzati dagli Stati membri nei loro piani nazionali di assegnazione. Inoltre, sarebbe possibile dimostrare ex post che il riconoscimento incondizionato dei dati di emissioni di CO2 indicati nel PNA polacco nonché la quantità totale di quote da assegnare proposta avrebbero condotto ad un risultato contrario non solo ai criteri nn. 1‑3 dell’allegato III della direttiva 2003/87, ma altresì avrebbero comportato un’inflazione di quote di emissioni di CO2 nel mercato. 73 La Commissione contesta parimenti l’affermazione del Tribunale secondo cui la decisione controversa ha modificato la ripartizione delle competenze tra la stessa e gli Stati membri prevista dagli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87. 74 La Repubblica di Polonia ritiene che tale seconda parte del secondo motivo debba essere respinta. Pur ammettendo che l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 manchi di precisione, essa sottolinea che il ricorso ad un’interpretazione teleologica di detta direttiva non potrebbe condurre ad attribuire alla disposizione in esame un senso contrario a quello risultante dall’interpretazione letterale di quest’ultima. 75 Inoltre, la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra non configurerebbe un obiettivo autonomo della direttiva 2003/87. Né le disposizioni di questa, né il funzionamento del sistema di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra, né il sostegno alla riduzione delle emissioni da parte degli Stati membri potrebbero essere considerati motivi idonei a obbligare gli Stati membri ad una riduzione delle loro emissioni superiore a quella imposta dagli impegni internazionali dell’Unione. Del resto, la direttiva di cui trattasi avrebbe lo scopo non già di ridurre «ad ogni costo» le emissioni dei gas a effetto serra, bensì di diminuirle «con la minor riduzione possibile dello sviluppo economico e dell’occupazione». Essa mirerebbe a istituire un sistema comunitario di scambio di quote di tali emissioni atto a realizzare detti obiettivi «secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica». – Giudizio della Corte 76 La seconda parte del secondo motivo riguarda i punti 121-131 della sentenza impugnata. Nell’ambito di tali punti il Tribunale ha ritenuto che la Commissione, fissando nella decisione controversa una specifica quantità di quote, il cui superamento fosse considerato incompatibile con i criteri stabiliti dalla direttiva 2003/87, e respingendo il PNA polacco dal momento che la quantità totale di quote ivi proposta oltrepassava tale soglia, avesse ecceduto i limiti del proprio potere di controllo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della stessa direttiva. 77 A questo proposito si deve ricordare che l’obiettivo principale dichiarato dalla direttiva 2003/87 consiste nel ridurre sostanzialmente le emissioni dei gas a effetto serra per poter rispettare gli impegni dell’Unione e degli Stati membri alla luce del protocollo di Kyoto. Questo obiettivo deve essere perseguito nel rispetto di una serie di sotto-obiettivi e mediante il ricorso a determinati strumenti. Lo strumento principale a questo fine è costituito dal sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra, come risulta dall’articolo 1 della direttiva 2003/87 e dal secondo considerando della stessa. Tale articolo 1 afferma che detto sistema favorisce la riduzione delle emissioni in questione secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica. Gli altri sotto‑obiettivi ai quali tale sistema deve essere conforme sono in particolare, come indicato al quinto e al settimo considerando della stessa direttiva, la preservazione dello sviluppo economico e dell’occupazione nonché dell’integrità del mercato interno e delle condizioni di concorrenza. 78 Nel caso specifico, anche supponendo che l’approccio proposto dalla Commissione sia tale da migliorare il funzionamento del sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra dell’Unione e consenta così di conseguire più efficacemente l’obiettivo volto a ridurre, in modo sostanziale, le emissioni di gas ad effetto serra, tale circostanza non potrebbe modificare la ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri prevista dagli articoli 9 e 11 della direttiva 2003/87. 79 Difatti, in un settore di competenza ripartita, come quello della tutela dell’ambiente, spetta al legislatore dell’Unione stabilire le misure che esso reputa necessarie per il conseguimento degli obiettivi prefissi, nel rispetto, al tempo stesso, dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti dall’articolo 5 CE. 80 La volontà del legislatore dell’Unione di conferire alla Commissione esclusivamente un potere di controllo di conformità dei piani nazionali di assegnazione rispetto ai criteri stabiliti nell’allegato III della direttiva 2003/87, e non già un potere di sostituzione o di uniformizzazione, che includerebbe il potere di fissare una quantità massima di quote di emissioni dei gas ad effetto serra da assegnare, risulta sia dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 che dai lavori preparatori della direttiva stessa. Pertanto, qualora si affermasse che la Commissione possa fissare una siffatta quantità massima, ciò andrebbe al di là dei limiti di un’interpretazione teleologica di detta direttiva e avrebbe l’effetto di conferire a tale istituzione poteri privi di qualsivoglia fondamento giuridico. 81 Come già emerso al punto 47 della presente sentenza, quindi, il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 89 della sentenza impugnata, che dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 discende inequivocabilmente che il ruolo della Commissione è limitato ad un controllo della conformità del piano nazionale di assegnazione di uno Stato membro rispetto ai criteri enunciati all’allegato III di detta direttiva e alle disposizioni dell’articolo 10 della stessa. Esso ha giustamente ritenuto che la Commissione sia autorizzata a verificare tale conformità e a respingere il piano nazionale di assegnazione in caso di incompatibilità con detti criteri o dette disposizioni. 82 A questo proposito occorre rilevare che il legislatore dell’Unione, l’unico competente ad apportare modifiche alla direttiva 2003/87, ha ritenuto necessario emendare l’articolo 9 della stessa mediante la direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (GU L 140, pag. 63). Tale direttiva di modifica prevede l’istituzione di un sistema più armonizzato allo scopo di meglio sfruttare gli scambi di quote, evitare distorsioni del mercato interno e agevolare la creazione di connessioni fra i diversi sistemi di scambio. 83 Per quanto attiene all’argomentazione della Commissione secondo cui sarebbe possibile dimostrare ex post che il riconoscimento incondizionato dei dati di emissioni di CO2 e della quantità totale di quote di emissione di gas ad effetto serra, indicati nel PNA polacco, avrebbe condotto ad un risultato contrario ai criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva 2003/87, tale argomentazione si fonda su un’interpretazione errata della sentenza impugnata. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, il Tribunale ha ammesso che la Commissione può respingere un piano nazionale di assegnazione che non sia conforme ai criteri elencati in tale allegato e, quindi, non ha dichiarato che la Commissione dovesse riconoscere incondizionatamente i dati inseriti nel PNA polacco. 84 Quanto all’argomento della Commissione secondo il quale, nell’interesse dell’economia procedurale, occorrerebbe riconoscerle il potere di fissare la quantità massima di quote di emissioni dei gas a effetto serra da assegnare, è senz’altro vero che un simile approccio ridurrebbe il rischio dell’adozione delle successive decisioni di rigetto di piani nazionali di assegnazione per incompatibilità con i criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87. In tale contesto, tuttavia, va sottolineato che la Commissione non esorbita dalle proprie competenze se dichiara, nel dispositivo di una decisione di rigetto di un piano e senza determinare in modo obbligatorio la quantità massima di tali quote, che essa non respingerà le modifiche apportate a tale piano ove esse siano conformi alle proposte e alle raccomandazioni fatte nell’ambito di tale decisione di rigetto. Un simile modus procedendi è conforme al principio di leale cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione e risponde altresì ad obiettivi di economia procedurale. 85 Ne consegue che la Commissione non può fondatamente sostenere che il Tribunale, con la propria interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, abbia violato gli obiettivi perseguiti da quest’ultima. Pertanto, la seconda parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata. 86 Dato che le censure sollevate dalla Commissione contro le considerazioni generali del Tribunale in merito alla ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri di cui alla direttiva 2003/87 sono state respinte e le due parti del secondo motivo non sono state accolte, detto motivo deve essere respinto in quanto infondato. Sul terzo motivo, vertente su un’interpretazione erronea dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 253 CE e all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 Argomenti delle parti 87 La Commissione sostiene che il Tribunale abbia interpretato in maniera erronea la portata dell’obbligo di motivazione sancito all’articolo 253 CE. Infatti, esso avrebbe ingiustamente ritenuto che la Commissione avesse respinto, senza ragione e «senza motivazione pertinente», il metodo di analisi economica adottato dalla Repubblica di Polonia nonché i dati riportati da quest’ultima nel proprio piano nazionale di assegnazione. Orbene, non sarebbe necessario che la motivazione di un atto specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Tale motivazione dovrebbe risultare dal contesto in cui detto atto è stato adottato nonché dall’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione. Oltretutto, la motivazione della decisione controversa sarebbe stata sufficiente perché la Repubblica di Polonia potesse comprendere le ragioni per cui i dati di cui trattasi non sono stati presi in considerazione e il metodo di analisi adottato è stato respinto. Inoltre, tale Stato membro avrebbe disposto di elementi di fatto e di diritto supplementari che gli consentivano di comprendere tali ragioni. 88 La Repubblica di Polonia conclude per il rigetto del suddetto motivo. La Commissione affermerebbe ingiustamente che l’obbligo di motivazione della decisione di rigetto del PNA polacco sarebbe di «natura circoscritta» e che non occorrerebbe chiarire le ragioni precise del rigetto dei dati e dei metodi utilizzati in un siffatto piano. Giudizio della Corte 89 Il terzo motivo dell’impugnazione concerne i punti 135-153 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha esaminato ad abundantiam la fondatezza della prima parte del secondo motivo del ricorso, relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione. Ai punti 136-143 della sentenza impugnata, il Tribunale anzitutto si è pronunciato sulla portata di tale obbligo. Dopo aver ricordato la giurisprudenza relativa all’articolo 253 CE, al punto 143 di tale sentenza esso ha dichiarato che «[i]ncombeva (...) alla Commissione, nell’ambito dell’esercizio del suo potere di controllo, conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva [2003/87], chiarire le ragioni per cui gli strumenti utilizzati dalla Repubblica di Polonia per elaborare il PNA [polacco] fossero incompatibili con i criteri dell’allegato III e col disposto dell’art. 10 della [suddetta] direttiva». Poi, ai punti 144-152 della sentenza in esame, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva violato detto obbligo. Pertanto, al punto 153 della sentenza impugnata, esso ha concluso che tale prima parte era fondata. 90 Si deve necessariamente rilevare che il motivo in esame è diretto, come emerge al punto 134 della sentenza impugnata, contro un elemento della motivazione di tale sentenza svolto ad abundantiam e, dunque, anche supponendolo fondato, non è idoneo a comportare l’annullamento di quest’ultima (v., in particolare, sentenze del 28 ottobre 2004, van den Berg/Consiglio e Commissione, C‑164/01 P, Racc. pag. I‑10225, punto 60, nonché del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 148). 91 Invero, la questione se la Commissione abbia violato l’obbligo di motivazione a suo carico allorché non ha accolto il metodo di analisi economica adottato dalla Repubblica di Polonia, nonché i dati riportati nel PNA polacco, è ininfluente ai fini della valutazione operata dal Tribunale laddove questo, al punto 132 della sentenza impugnata, ha ritenuto giustamente che la Commissione avesse violato le disposizioni dell’articolo 9, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2003/87, da un lato, sostituendo i dati inseriti nel PNA polacco con propri dati, ricavati a partire da un proprio metodo di valutazione dei piani nazionali di assegnazione, e, dall’altro, fissando il livello massimo per la quantità totale di quote da assegnare dalla Repubblica di Polonia nel periodo 2008‑2012. 92 In tali condizioni, il motivo in esame deve essere respinto in quanto inconferente. Sul quarto motivo, vertente su un errore di diritto nell’analisi del carattere non separabile degli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa Argomenti delle parti 93 La Commissione lamenta che il Tribunale ha ritenuto che gli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa non fossero separabili dalle altre disposizioni della stessa e ha conseguentemente annullato tale decisione nella sua totalità. 94 La sentenza impugnata sarebbe fondata su un’erronea comprensione del carattere separabile delle disposizioni degli atti dell’Unione nonché su un’interpretazione errata della giurisprudenza, citata dal Tribunale al punto 156 della sentenza impugnata, e della decisione controversa. Secondo la Commissione, in ossequio a giurisprudenza costante il requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo. Tuttavia, ciò non varrebbe per qualsivoglia modifica del contenuto dell’atto. Difatti, modificare la sostanza di un atto significherebbe trasformare lo stesso in un atto che il suo autore non avrebbe avuto l’intenzione di adottare o non avrebbe adottato. 95 La Commissione ritiene che i paragrafi 1 degli articoli 1-3 della decisione controversa siano tra loro collegati e che gli altri paragrafi sia dell’articolo 1 che dell’articolo 2 di detta decisione siano separabili dal paragrafo 1 di ciascuno di tali articoli. Inoltre, i criteri nn. 1‑3 di cui all’allegato III della direttiva 2003/87 sarebbero separabili dai criteri nn. 5, 6, 10 e 12 elencati in tale allegato, così come separabili sarebbero la quantità globale di quote da assegnare e altri metodi relativi a eventuali modifiche future del piano nazionale di assegnazione di cui all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione in questione. 96 La Repubblica di Polonia chiede alla Corte di respingere tale motivo. Le disposizioni della decisione controversa di cui è stata rilevata la nullità nella sentenza impugnata costituirebbero un elemento essenziale di detta decisione. Deprivata delle disposizioni di cui trattasi, la decisione in questione non avrebbe senso. Giudizio della Corte 97 Il quarto motivo dell’impugnazione concerne i punti 155‑162 della sentenza impugnata, che vertono sulla questione se gli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa siano separabili o meno dal resto di tale decisione e se, quindi, il Tribunale abbia giustamente annullato tale decisione nella sua totalità. 98 Come il Tribunale ha rammentato al punto 156 della sentenza impugnata, l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo se gli elementi di cui l’annullamento è chiesto sono separabili dal resto dell’atto (v., segnatamente, sentenze del 10 dicembre 2002, Commissione/Consiglio, C‑29/99, Racc. pag. I‑11221, punto 45, e del 30 settembre 2003, Germania/Commissione, C‑239/01, Racc. pag. I‑10333, punto 33; v. altresì, in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2003, Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑378/00, Racc. pag. I‑937, punto 30). La Corte ha anche ripetutamente dichiarato che tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (sentenza del 24 maggio 2005, Francia/Parlamento e Consiglio, C‑244/03, Racc. pag. I‑4021, punto 13; v. altresì, in tal senso, sentenze del 31 marzo 1998, Francia e a./Commissione, C‑68/94 e C‑30/95, Racc. pag. I‑1375, punto 257, e Commissione/Consiglio, cit., punto 46). 99 Nella specie, la verifica della separabilità degli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa dal resto di tale decisione presuppone l’esame della portata di tali disposizioni, al fine di valutare se il loro annullamento modificherebbe lo spirito e la sostanza della decisione (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03, Racc. pag. I‑5769, punto 29). 100 Va ricordato che le disposizioni della decisione impugnata sono il risultato di una valutazione negativa effettuata dalla Commissione in merito al PNA polacco notificato dalla Repubblica di Polonia. L’articolo 1 di detta decisione elenca diverse incompatibilità di detto piano con uno o più criteri di cui all’allegato III della direttiva 2003/87. L’articolo 2 della decisione controversa contiene l’impegno della Commissione a non sollevare obiezioni al piano che sarà adottato in esito a tale decisione di rigetto, purché lo Stato membro interessato apporti le modifiche elencate ai paragrafi 1-5 di detto articolo. Quanto all’articolo 3 della decisione controversa, il suo paragrafo 1 concerne la quantità totale di quote di emissioni dei gas a effetto serra da assegnare e i suoi paragrafi 2 e 3 contengono precisazioni relative all’attuazione delle altre disposizioni della decisione di cui trattasi. 101 Per quanto concerne più in particolare il rapporto tra, da un lato, gli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa e, dall’altro, le altre disposizioni di questa, si deve necessariamente rilevare che, pur riferendosi a differenti aspetti del PNA polacco e a differenti criteri elencati nell’allegato III della direttiva 2003/87, dette disposizioni formano un’unità indissolubile. 102 Da una parte, non può negarsi che la fissazione della quantità totale di quote di emissione di gas a effetto serra da assegnare (criteri nn. 1‑3 dell’allegato III della direttiva 2003/87), prevista dagli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa, costituisca l’elemento principale dei piani nazionali di assegnazione e sia strettamente correlata agli altri elementi di tali piani. 103 Dall’altra parte, come ha giustamente rilevato il Tribunale rispettivamente ai punti 157 e 158 della sentenza impugnata, tenuto conto della struttura dell’articolo 1 della decisione controversa, l’eventuale annullamento di taluni paragrafi dell’articolo in questione «avrebbe la conseguenza di ridurre il numero delle incompatibilità con la direttiva [2003/87] constatate nella decisone [controversa]». Quanto ad un eventuale annullamento di taluni paragrafi dell’articolo 2 della decisione in questione, esso «avrebbe la conseguenza di mantenere in vigore l’impegno della Commissione di non sollevare obiezioni al PNA [polacco], riducendo al tempo stesso il numero di modifiche sotto riserva delle quali tale impegno è stato inizialmente preso». 104 Orbene, nella suddetta decisione non vi sono elementi che consentano di ritenere che il PNA polacco potesse essere considerato compatibile con la direttiva 2003/87 senza che vi venissero apportate tutte le modifiche elencate in quest’ultima disposizione. 105 Invero, come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 161 della sentenza impugnata, un eventuale annullamento di uno dei paragrafi dell’articolo 1 della decisione controversa, così come quello del corrispondente paragrafo dell’articolo 2 di essa, «comporterebbe la sostituzione alla decisione [in esame], secondo cui il PNA [polacco] poteva essere adottato con riserva di cinque modifiche specifiche dirette a porre rimedio a cinque incompatibilità con i criteri di cui all’allegato III della direttiva [2003/87], di una decisione diversa ai sensi della quale tale piano potrebbe essere adottato con riserva di un numero meno considerevole di modifiche». 106 Alla luce di tali elementi, si deve affermare che il Tribunale ha dichiarato giustamente, al punto 160 della sentenza impugnata, che l’eventuale annullamento di uno dei paragrafi dell’articolo 1 della decisione controversa, così come quello del corrispondente paragrafo dell’articolo 2 di tale decisione, avrebbero l’effetto di modificare la sostanza stessa della decisione controversa. 107 Quanto all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione controversa, è sufficiente rilevare che le disposizioni in parola racchiudono precisazioni riguardanti l’attuazione di altre disposizioni della decisione controversa. Pertanto, dal momento che gli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa sono annullati, l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, è divenuto privo d’oggetto. 108 Tali conclusioni non possono essere inficiate dall’affermazione della Commissione secondo cui modificare la sostanza di un atto dell’Unione significherebbe esclusivamente trasformare lo stesso in un atto che il suo autore non avrebbe avuto l’intenzione di adottare o non avrebbe adottato. A questo proposito, è sufficiente rilevare che la questione se un annullamento parziale modifichi o meno la sostanza dell’atto dell’Unione costituisce un criterio oggettivo e non un criterio soggettivo, legato alla volontà politica dell’autorità che ha adottato l’atto controverso (v. sentenze citate, Germania/Commissione, punto 37, nonché Francia/Parlamento e Consiglio, punto 14). 109 Da quanto precede risulta che la sentenza del Tribunale non è viziata da un errore di diritto nella parte in cui esso dichiara che gli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, della decisione controversa non sono separabili dalle altre disposizioni di tale decisione e annulla, conseguentemente, detta decisione nella sua totalità. Pertanto, il quarto motivo è infondato. 110 Dal momento che nessuno dei motivi fatti valere dalla Commissione è stato accolto, l’impugnazione deve essere respinta Sulle spese 111 Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica di Polonia ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese. 112 Ai sensi del paragrafo 4, primo comma, del suddetto articolo 69, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca e la Romania nonché il Regno Unito, intervenuti nella controversia, sopporteranno le proprie spese. Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce: 1) L’impugnazione è respinta. 2) La Commissione europea è condannata alle spese. 3) La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Romania nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese. Firme