TAR Trento, Sezione Unica, n. 78, del 12 marzo 2014
Ambiente in genere.Diritti di uso civico e normativa sui patti agrari

I diritti di uso civico sono inalienabili, imprescrittibili ed inusucapibili; essi sono esercitati e goduti, in relazione ai propri bisogni, da coloro che risiedono nella frazione o nel comune; inoltre, salvo l’adozione di specifica deliberazione che comprovi un effettivo beneficio per la generalità degli abitanti, l'ente competente all’amministrazione dei beni di uso civico non può disporre la variazione del loro uso, la sospensione temporanea o l'estinzione del vincolo. Ai beni demaniali e patrimoniali indisponibili dello Stato e degli altri enti territoriali non si applica la legislazione sui contratti agrari e, segnatamente, la disciplina in tema di durata e proroga, quando detti beni devono, in ogni momento, mantenere la loro utilizzabilità ai fini per i quali sono stati classificati come demaniali o indisponibili. In caso contrario, sarebbe preclusa all’Amministrazione “la discrezionale facoltà di conformare la continuazione e la rinnovazione del rapporto alla luce delle autonome valutazioni circa la compatibilità di esso con l'uso pubblico del bene demaniale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00078/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00151/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 151 del 2013, proposto da:
Lorenzo Fedele, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Pesavento e con domicilio eletto presso la Segreteria del Tribunale in Trento, via Calepina, n. 50

contro

Comune di Mezzano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Roberta de Pretis e con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, via SS. Trinità, n. 14

nei confronti di

Azienda Agricola Allevamento Piave e Giuseppe Tognoni, non costituiti in giudizio

per l'annullamento

- dell'atto di concessione d'uso di Malga Folga, rep. n. 2090, stipulato dal Comune di Mezzano in data 6 maggio 2013 e pervenuto al ricorrente in data 5 giugno 2013;

- di ogni atto preparatorio o consequenziale dello stesso Comune, anche non conosciuto.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mezzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2014 il cons. Alma Chiettini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Il sig. Lorenzo Fedele è un coltivatore diretto che, dal 1° giugno 2008 e fino al 1° giugno 2013, ha avuto in concessione d’uso, versando un canone annuo, Malga Folga, un compendio costituito da casera, stallone e relativi pascoli (questi ultimi destinati a uso civico), del quale è tavolarmente proprietario il Comune di Mezzano.

Per la concessione era stata stabilita la durata di due anni, prorogabili di ulteriori tre, senza possibilità di rinnovo.

2. In vista della scadenza, il 28 gennaio 2013 l’Amministrazione comunale ha approvato l’avviso e lo schema di concessione per un nuovo affidamento della nominata Malga.

3. Il sig. Fedele non ha partecipato all’asta 2013, a seguito della quale l’uso della Malga è stato concesso alla Società agricola Allevamento Piave di Giuseppe Tognoni per il periodo massimo giugno 2013 - giugno 2018.

4. Con nota del 12 marzo 2013 il Comune ha comunicato al sig. Fedele che la Malga era stata affidata ad un terzo e che il nuovo atto di concessione decorreva dal 2 giugno 2013 per cui, entro il termine di scadenza, avrebbe dovuto riconsegnare l’immobile.

5. Con nota del 27 marzo 2013 il ricorrente, tramite il suo procuratore, ha opposto all’Amministrazione la violazione della normativa sui patti agrari, in base alla quale la clausola sulla durata quinquennale dell’atto di concessione in scadenza sarebbe stata da ritenersi “illecita” perché non era stata sottoscritta con l’assistenza dei rappresentanti delle organizzazioni professionali. Egli ha pertanto notiziato il Comune che avrebbe adito l’Autorità giudiziaria affinché fosse dichiarato che la concessione stipulata nel 2008 scadeva il 10 novembre 2013.

6. Con il presente ricorso egli ha impugnato il nuovo atto di concessione stipulato tra il Comune di Mezzano e la Società Allevamento Piave in data 6 maggio 2013, deducendo i seguenti motivi di diritto:

I - violazione dell’art. 6, comma 1, del d.lgs. 18.5.2001, n. 228, e dell’art. 1 della l. 3.5.1982, n. 203;

il ricorrente rammenta anzitutto che le disposizioni recate dalla l. 3 maggio 1982, n. 203, sui contratti agrari, si applicano anche ai terreni demaniali, o soggetti al regime dei beni demaniali di qualsiasi natura, che sono oggetto di affitto o di concessione amministrativa; osserva poi che il nuovo atto di concessione del 2013 è stato stipulato con l’assistenza delle organizzazioni sindacali e ai sensi e per gli effetti dell’art. 45 della legge n. 203 del 1982: da ciò egli assume che la clausola sulla durata quinquennale del precedente atto di concessione sarebbe nulla, ai sensi dell’art. 58 della stessa legge, perché contraria a norme inderogabili in materia di contratti agrari che impongono la durata minima di quindici anni per i contratti di affitto a coltivatore diretto;

II - violazione dell’art. 6, comma 1, del d.lgs. 18.5.2001, n. 228, e dell’art. 4 bis della l. 3.5.1982, n. 203;

il ricorrente lamenta che il Comune non gli avrebbe comunicato, almeno novanta giorni prima della scadenza del contratto, la nuova offerta ricevuta: di conseguenza, egli conserverebbe il diritto di prelazione da esercitare entro il termine di un anno dalla scadenza del contratto non rinnovato.

7. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, opponendo:

- il difetto di giurisdizione di questo Giudice;

- l’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione della presupposta deliberazione della Giunta comunale n. 10, del 28.1.2013, con cui è stato deciso il nuovo affidamento di Malga Folga e approvato l’avviso d’asta.

In ogni caso, ha chiesto la reiezione del ricorso nel merito.

8. Alla pubblica udienza del 27 febbraio 2014 la causa è stata chiamata e, dopo aver sentito i procuratori presenti come da verbale d’udienza, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Pregiudizialmente deve essere esaminata e quindi disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione.

La questione di giurisdizione ha, infatti, la precedenza su tutte le altre questioni di ammissibilità del ricorso, sia perché una pronuncia, anche di carattere solo processuale, postula che il giudice che la rende sia munito di giurisdizione, sia perché il meccanismo della translatio iudicii lascia in vita una chance di vittoria del ricorrente davanti al giudice avente giurisdizione (cfr., C.d.S., Ad Pl. 3.6.2011, n. 10).

Nel caso di specie, la controversia all'esame attiene all’individuazione della disciplina applicabile alla clausola di durata di un rapporto di concessione di un pascolo di uso civico.

Ebbene, la materia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto disciplinata dall'art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a. Sono, infatti, rimesse alla piena cognizione di questo giudice tutte le controversie concernenti atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione che involgono la tutela sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi, con la sola esclusione di quelle aventi ad oggetto indennità, canoni o altri corrispettivi (cfr., C.d.S., sez. VI, 19.7.2013, n. 3924; Cass. Civ., SS.UU., 12.10.2011, n. 20939). In particolare, è stato specificato che il carattere pubblico del bene oggetto di concessione radica la giurisdizione del giudice amministrativo anche se il concessionario ed il concedente contendano sull'adempimento delle clausole del disciplinare annesso alla concessione o delle clausole della convenzione successiva (cfr., Cass. Civ., SS.UU., ord. 8.11.2010, n. 22625), e che spetta al giudice amministrativo anche la cognizione della domanda del concessionario diretta ad ottenere la continuazione del rapporto di concessione, previa interpretazione degli atti che costituiscono la fonte dello stesso rapporto (cfr., C.d.S., sez. V, 6.2.2013, n. 698).

2. Il Collegio ritiene di prescindere dall’esame dell’ulteriore eccezione per ragioni di economia processuale, appalesandosi il ricorso privo di pregio e, come tale, da respingere per le ragioni che, di seguito, sono illustrate.

3. Orbene, come esposto in fatto, il ricorrente, che ha avuto in concessione d’uso Malga Folga dal 2008 al 2013, versando al Comune un canone annuo di euro 2.175,00, deduce l'assoggettamento di quel titolo alle norme della l. n. 203 del 1982 sui patti agrari, per cui il rapporto da egli instaurato nel 2008 avrebbe dovuto presentare una durata di quindici anni - e quindi, oggi, sarebbe ancora in essere - atteso che la clausola che aveva previsto una durata solo quinquennale (art. 3) sarebbe nulla perché sottoscritta senza l’obbligatoria assistenza delle organizzazioni sindacali. In ogni caso, egli sarebbe ancora titolare di un diritto di prelazione (fino a giugno 2014, ossia per un anno dalla scadenza del contratto non rinnovato) perché non gli è stata comunicata la nuova offerta almeno novanta giorni prima della scadenza, tralasciando il fatto che la nota comunale del 12 marzo 2013 non evidenziava le condizioni della proposta contrattuale presentata dal nuovo offerente.

Entrambe le domande, pertanto, sono fondate sull’assunto che al rapporto di concessione per l’uso della Malga nel quinquennio 2008-2013 si dovesse applicare la normativa sui c.d. “patti agrari”, in quanto estesa anche ai terreni demaniali oggetto di concessioni amministrative dall’art. 6 del d.lgs. n. 228 del 2001.

4. Tale ragionamento è privo di pregio giuridico.

Il Collegio osserva, anzitutto, che il pascolo di causa, come puntualmente specificato nello stesso atto di concessione (cfr., art. 13 - doc. n. 3 in atti di parte ricorrente), e come risulta dall’estratto del Libro fondiario prodotto dall’Amministrazione (cfr., doc. n. 15), è un bene di uso civico.

In termini generali, si ricorda che il regime giuridico dei beni destinati ad uso civico è quello ordinario stabilito dalla legge 16.6.1927, n. 1766, dal relativo regolamento di attuazione approvato con regio decreto 26.2.1928, n. 332, e dalla legge provinciale sulla disciplina dell’amministrazione dei beni di uso civico 14.6.2005, n. 6. I diritti di uso civico sono inalienabili, imprescrittibili ed inusucapibili; essi sono esercitati e goduti, in relazione ai propri bisogni, da coloro che risiedono nella frazione o nel comune; inoltre, salvo l’adozione di specifica deliberazione che comprovi un effettivo beneficio per la generalità degli abitanti, l'ente competente all’amministrazione dei beni di uso civico non può disporre la variazione del loro uso, la sospensione temporanea o l'estinzione del vincolo.

5. Tanto precisato, il Collegio deve ora rilevare che alla concessione d’uso con la quale il Comune di Mezzano ha affidato al ricorrente Malga Folga e, in particolare, alla clausola concernente la durata della stessa, non si applica la normativa sui patti agrari.

Per l’applicazione della normativa in questione ad un bene demaniale fatto oggetto di concessione a terzi non è sufficiente, infatti, che l’oggetto del rapporto sia “agrario”. Occorre, al contrario, la compatibilità dell’attività svolta con la natura del bene e con gli interessi pubblici (monumentali, ambientali, ecc.) che impongono il mantenimento della completa integrità del bene stesso.

Più precisamente, è stato affermato che ai beni demaniali e patrimoniali indisponibili dello Stato e degli altri enti territoriali non si applica la legislazione sui contratti agrari e, segnatamente, la disciplina in tema di durata e proroga, quando detti beni devono, in ogni momento, mantenere la loro utilizzabilità ai fini per i quali sono stati classificati come demaniali o indisponibili. In caso contrario, sarebbe preclusa all’Amministrazione “la discrezionale facoltà di conformare la continuazione e la rinnovazione del rapporto alla luce delle autonome valutazioni circa la compatibilità di esso con l'uso pubblico del bene demaniale” (cfr., in termini, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 1.12.2009, n. 12250).

6. Conformemente agli esposti principi, l’art. 6 del d.lgs. n. 228 del 2011 non ha fissato alcuna regola sulla durata delle concessioni di beni pubblici; anzi, al comma 2, ha stabilito che l'ente proprietario può sempre recedere, in tutto o in parte, dal rapporto concessorio, fatto salvo il preavviso non inferiore a sei mesi e il pagamento di una indennità, ogniqualvolta il bene “debba essere improcrastinabilmente destinato al fine per il quale la demanialità o l'indisponibilità è posta”.

7. A ciò si aggiunga che i terreni di causa, come detto, sono beni destinati a uso civico, cioè a un diritto reale che assicura utilità e benefici ai singoli in quanto appartenenti ad una collettività locale e che è “esercitato in forma duale” dalla collettività tramite il Comune che lo amministra (cfr., C.d.S. sez. IV, 26.3.2013, n. 1698).

Per tali beni la legge consente la concessione in uso a titolo oneroso a favore di terzi, purché siano previste le forme specifiche di utilizzo, il corrispettivo, “la durata dell'utilizzo”, nonché gli obblighi e le garanzie poste a carico del terzo a tutela del bene di uso civico (cfr., art. 15 della l.p. n. 6 del 2005).

È dunque l’ente competente all’amministrazione del bene che deve prestabilire la durata della concessione d’uso, unitamente agli obblighi (nel caso in questione: monticare il bestiame degli eventuali richiedenti aventi diritto di uso civico, seguire manutenzioni ordinarie e pulizie, tagliare e lasciare una disponibilità di legna, …) posti a garanzia del corretto mantenimento dell’uso civico e del rispetto del territorio.

Dal che consegue che i terreni demaniali di uso civico, se temporaneamente non utilizzati dalla comunità, possono essere destinati, con atto di concessione, al godimento da parte di privati solo se “la destinazione sia temporanea” (cfr., Cass. Civ., sez. II, 12.5.1999, n. 4694), ovvero se il rapporto ha “carattere precario e temporaneo” (cfr., Cass. Civ., sez. III, 5.5.1993, n. 5187). In altri termini, un rapporto concessorio avente ad oggetto un terreno demaniale di uso civico resta sottratto alle disposizioni vincolistiche dei rapporti agrari “poiché altrimenti resterebbe preclusa all'Amministrazione la possibilità di condizionarne la continuazione e la rinnovazione alla compatibilità in concreto con la destinazione ad uso civico del terreno” (Cass. Civ., SS.UU., 10.3.2005, n. 2806).

L’uso civico che grava su di un terreno, pertanto, tollera la presenza di concessioni (o anche di contratti di affitto individuali) purché precari e temporanei; il che, di conseguenza, non può garantire né la stabilità né le procedure previste dalla speciale disciplina sui patti agrari di cui alla l. n. 203 del 1982 (cfr., in termini, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 16.3.2006, n. 307; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 10.12.2004, n. 1318).

D’altronde, le finalità istituzionali delle due discipline sono antitetiche: quella sugli usi civici è volta a tutelare i diritti di godimento e d'uso che spettano ai singoli e alla collettività di appartenenza su terre destinate in via esclusiva al soddisfacimento delle esigenze primarie di ciascun componente quella collettività; quella sui patti agrari, all’opposto, è diretta ad assicurare maggior protezione – nella dinamica strutturale del rapporto negoziale - alla categoria economico sociale della piccola impresa agricola.

8. In definitiva, per le argomentazioni sopra esposte, le domande del ricorrente devono essere respinte.

Le spese seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della parte ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 151 del 2013

lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore dell’Amministrazione comunale di Mezzano, che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila), oltre a C.N.P.A. e I.V.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Armando Pozzi, Presidente

Lorenzo Stevanato, Consigliere

Alma Chiettini, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)