TAR Toscana Sez. I n.1383 del 15 novembre 2017                      
Ambiente in genere.VAS e svolgimento analisi di fattibilità economica

L’art. 4 comma 3 del d.lgs. n. 152/2006 prescrive che la valutazione di piani, programmi e progetti, ha la finalità di assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile e, quindi, nel rispetto di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica. E’ necessario, pertanto, che detta valutazione presupponga lo svolgimento di un’analisi di fattibilità economica, comportando lo svolgimento di una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio - economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla cosiddetta opzione - zero, vagliando quindi tutte le possibili interrelazioni che la scelta urbanistica può arrecare alla salute umana, al paesaggio, all'ambiente in genere, al traffico ed anche all'economia di tutto il territorio coinvolto


Pubblicato il 15/11/2017

N. 01383/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01404/2015 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1404 del 2015, proposto da:
Officine Mario Dorin S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Piperno, Matteo Anastasio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Matteo Anastasio in Firenze, via La Marmora N. 14;

contro

Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Pisapia, Annalisa Minucci, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale del Comune di Firenze in Firenze, Palazzo Vecchio - piazza Signoria;

per l'annullamento,

della deliberazione n.2015/C/00025 del 2.4.2015, pubblicata sul BURT n.22 del 3.6.2015, con cui il Consiglio comunale di Firenze ha approvato il Regolamento Urbanistico e la contestuale variante al Piano Strutturale ed altresì concluso il processo decisionale di Valutazione Ambientale Strategica (VAS);

nonché di tutti gli atti presupposti e connessi del procedimento, tra i quali la delibera consiliare n.2014/C/00013 del 25.3.2014 di adozione dello strumento urbanistico impugnato, gli atti afferenti l'iter di formazione ed approvazione della predetta Valutazione Ambientale Strategica, avviato con deliberazione della Giunta Comunale 2013/G/00072 del 19.3.2013 e conclusosi con l'impugnata deliberazione consiliare n.2015/C/00025, ivi compresa la deliberazione n.2014/G/00449 con cui la Giunta Comunale ha espresso su detta VAS il proprio parere motivato, nonché il Piano Strutturale approvato con deliberazione consiliare n.36 del 22.6.2011 nella parte in cui introduce un meccanismo di "cessione paraperequativa", quale criterio di pianificazione, che con il RUC ha trovato applicazione alla proprietà della società ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2017 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il presente ricorso la società “Officine Mario Dorin spa” ha impugnato la deliberazione n. 2015/C/00025 del 2 aprile 2015 con la quale il Consiglio Comunale di Firenze ha approvato il Regolamento Urbanistico e la contestuale variante al Piano Strutturale e, altresì, ha concluso il processo decisionale di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e, ciò, unitamente al Piano Strutturale approvato con la deliberazione consiliare n. 36 del 22 giugno 2011, nella parte in cui introduce un meccanismo di “cessione perequativa”.

In una fase antecedente a detti ultimi provvedimenti il Comune di Firenze, nell’adottare il nuovo regolamento urbanistico con la deliberazione del Consiglio comunale n. 2014/C/00013 del 25 marzo 2014, aveva ricompreso il complesso edilizio di proprietà della ricorrente nell’ambito delle aree di trasformazione e, precisamente, nella scheda di trasformazione “ATt 03.14 Campofiore” e, quindi, tra le zone nelle quali erano consentiti esclusivamente interventi di restauro e di risanamento conservativo; nelle stesse aree era ammissibile il trasferimento della superficie utile, attraverso la “cessione paraperequativa” con l’attribuzione di crediti edilizi e l’obbligo di cessione gratuita.

Nei confronti di detta previsione la società “Officine Mario Dorin” aveva presentato un’osservazione, evidenziando al Comune l’irragionevolezza della ricomprensione del proprio complesso immobiliare all’interno del perimetro “ATt 03.14” e richiedendo che lo stesso immobile venisse qualificato come “area AT (area di trasformazione “pura”)”.

Detta osservazione è stata parzialmente accolta, in quanto il Comune ha ritenuto di escludere dall’area denominata “ATt 03.14” gli edifici produttivi e attivi, mantenendo all’interno delle stesse aree i manufatti dismessi.

Malgrado detto accoglimento parziale la società “Officine Mario Dorin” ha impugnato il regolamento urbanistico approvato con la delibera n. 25/2015, sostenendo l’esistenza dei seguenti vizi:

1. la violazione degli artt. 3, 41, 42, e 97 della Cost, dell’art. 60 della L. reg. n. 1/2005, in quanto la tecnica perequativa utilizzata sarebbe illegittima nella parte in cui consente la migrazione verso aree libere di proprietà di terzi;

2. la violazione dell’art. 10 della L. reg. n. 1/2005, in quanto le previsioni del regolamento urbanistico sarebbero in contrasto con quelle del Piano strutturale;

3. l’eccesso di potere per carenza dei presupposti, sviamento, illogicità e contraddittorietà manifesta e difetto assoluto di motivazione, in quanto il meccanismo perequativo determinerebbe un’espropriazione larvata, non consentendo al proprietario cedente il mantenimento del valore della proprietà;

4. la VAS si sarebbe limitata ad aspetti ambientali, senza prendere in considerazione le ricadute socio economiche delle scelte di pianificazione;

5. il Piano strutturale di Firenze approvato con la delibera consiliare 2011/C/00036 del 22 giugno 2011 si ispirerebbe al principio dello sviluppo urbanistico a volumi zero, con il recupero degli edifici dismessi, principio quest’ultimo che non sarebbe stato rispettato con riferimento alla proprietà del ricorrente.

Si è costituito il Comune di Firenze, evidenziando che la tecnica perequativa introdotta dal piano strutturale sarebbe finalizzata ad introdurre un meccanismo di rigenerazione urbana, previa individuazione degli edifici incongrui, da realizzare mediante il trasferimento di superficie o, in alternativa e nell’eventualità in cui il proprietario non dovesse optare per tale trasferimento, mediante l’introduzione di limitazioni agli interventi ammissibili sugli immobili interessati.

Più in generale, e nel contestare le argomentazioni dedotte, si sostiene che la modalità di pianificazione sarebbe immune dai vizi sopra citati, considerando che sarebbero state individuate n. 20 aree di atterraggio per un totale di 66.000 mq. a fronte di 19 aree di decollo.

All’udienza del 25 ottobre 2017, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso va accolto, risultando fondati il secondo, il terzo e il quarto motivo.

1.1 Per quanto concerne la seconda e terza censura è necessario premettere che il Piano Strutturale di Firenze attribuisce all’Amministrazione comunale, e mediante l’approvazione del Regolamento Urbanistico (art. 32.6 NTA) il compito di “effettuare una ricognizione puntuale degli edifici incongrui” e stabilire le modalità di trasferimento “privilegiando le aree di proprietà comunale” e, ciò, mediante interventi di demolizione e ricostruzione in ampliamento ovvero mediante interventi di nuova costruzione.

1.2 Con riferimento alle previsioni del Piano Strutturale è necessario evidenziare, sin da subito, che queste ultime si pongono in contrasto con quelle del Regolamento Urbanistico successivamente emanato dall’Amministrazione e, ciò, in violazione di quanto previsto dall'art. 10, comma 3, L.R.T. n. 1/2005.

1.3 Detto contrasto risulta evidente sulla base di una pluralità di circostanze ed è, peraltro, rimasto sostanzialmente incontestato dall’Amministrazione comunale.

1.4 In primo luogo è necessario evidenziare che il Regolamento Urbanistico comunale, dopo aver individuato gli "edifici incongrui" (nell’ambito dei quali è compreso quello di proprietà della ricorrente) ne prevede il trasferimento di una minima parte (19 in tutto), mentre per i rimanenti si limita a disciplinare forme minimali di ristrutturazioni edilizie; b) sempre il regolamento urbanistico individua un numero limitato di aree di atterraggio (in un numero pari a 20), nell’ambito delle quali solo due sono di proprietà comunale, circostanza quest’ultima che non può che determinare l’effetto di favorire i proprietari privati che hanno la possibilità di vedere accrescere il valore economico delle stesse aree.

1.5 E’ dirimente considerare che nel caso di specie, più che la superficie complessivamente messa a disposizione dal Comune per l’atterraggio degli immobili “incongrui”, l’effetto di pregiudizio per i proprietari è strettamente correlato al numero circoscritto delle zone di atterraggio che, non solo sono nella quasi totalità di proprietà privata, ma che risultano essere comunque disomogenee, e quindi non utilizzabili, rispetto al compendio di proprietà della ricorrente.

1.6 Dette circostanze, nel loro complesso, hanno l’effetto di vanificare la possibilità di realizzare un effettivo trasferimento della volumetria esistente, incidendo sulla finalità perseguita dal "meccanismo paraperequativo".

1.7 E’ noto che l’'istituto della perequazione presuppone, l'autonomia dell'indice edificatorio rispetto al terreno da cui trae origine e, quindi, l’insorgere del c.d. "credito edilizio", bene quest’ultimo che per essere effettivamente spendibile deve essere supportato da una serie di previsioni idonee e, soprattutto, dalla disponibilità di aree di atterraggio che, in quanto tali, possano incentivare il proprietario delle aree asservite a utilizzare lo strumento della negoziazione dei titoli volumetrici.

1.8 Nell’ipotesi in cui le aree di atterraggio siano in numero limitato (come avviene nel caso di specie) il proprietario del compendio di decollo non avrà altra possibilità che quella di mantenere la volumetria esistente, risultando soggetto unicamente alle limitazioni d'uso prescritte dal regolamento urbanistico nell’eventualità del mancato trasferimento.

1.9 Si consideri peraltro che, non solo nell’area di proprietà della ricorrente non è prevista nessuna zona di atterraggio, ma che anche le rimanenti aree sono disomogenee rispetto alla proprietà della ricorrente.

2. L’area più vicina (collocata nell’UTOE n.2) potrebbe accogliere una limitata quantità di superficie proveniente dalle aree di decollo, circostanza quest’ultima aggravata dal fatto che il regolamento urbanistico non prevede l’ipotesi del trasferimento parziale, ma solo del trasferimento integrale dell’intera area oggetto di cessione.

2.1 Va evidenziato, inoltre, che alcune previsioni urbanistiche non sono conformative, impedendo di fatto di utilizzare un’area come “atterraggio” (ATa 06.08 Lupi Toscana); altre aree non risultano effettivamente disponibili, in quanto subordinate alla conclusione di accordi di pianificazione (si veda l'ATa 08.10 Ex Officine Grandi Riparazioni), mentre, altre ancora non risultano essere effettivamente utilizzabili (è il caso delle zone ad uso produttivo e ad uso residenziale), in quanto collocate in zone periferiche distanti da quelle di decollo e di proprietà della ricorrente.

2.2 Risulta evidente come la previsione di cui all’art. 32.6 delle NTA del Piano Strutturale sia stata sostanzialmente disattesa, nella parte in cui prevede la necessità di privilegiare le aree di proprietà comunale e, ancora, laddove si era introdotto il meccanismo di perequazione per riutilizzare le volumetrie in funzione della realizzazione di interventi di demolizione e ricostruzione.

2.3 Un ulteriore contrasto tra il Piano Strutturale e il Piano Regolatore è evincibile laddove si considerino le limitazioni previste nell’ipotesi di mancato decollo, a cui ricorrere in alternativa al trasferimento delle volumetrie.

2.4 Il Piano Strutturale stabilisce che, nell’eventualità del mancato esercizio della perequazione, il Regolamento Urbanistico avrebbe dovuto limitare gli interventi sugli edifici esistenti alla ristrutturazione edilizia “senza cambio di destinazione d'uso in residenza (art. 32.6 NTA, ultimo paragrafo)”.

2.5 Il Regolamento Urbanistico comunale, al contrario, ha introdotto una disciplina ancora più restrittiva, circoscrivendo all'art. 85 NTA gli interventi ammissibili alla sola manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, senza cambio di destinazione d'uso.

2.6 Sono evidenti le differenze tra i due strumenti urbanistici.

Se nel piano strutturale è ammissibile la ristrutturazione edilizia con mutamento di destinazione verso qualsiasi funzione, con la sola eccezione della residenza, nel Regolamento urbanistico gli stessi edifici possono essere solo oggetto di restauro, risanamento conservativo, senza alcun mutamento di destinazione.

2.7 Un ulteriore profilo di contrasto è dato dal fatto che il Piano Strutturale ha previsto un criterio di preferenza per le aree di proprietà comunale, quali aree di atterraggio, preferenza quest’ultima che non trova riscontro nel regolamento urbanistico che si limita a prevedere solo due aree così adibite e, ciò, peraltro con un quantitativo di superficie (pari a 3.500) insufficiente a soddisfare i decolli dei singoli proprietari.

2.8 Risultano quindi violati l’art. 55 e l’art. 10, comma 3, della L.R. n. 1/2005, i quali pongono un rapporto di necessaria conformità del regolamento urbanistico al piano strutturale.

2.9 Più in generale è evidente la sostanziale inattuabilità del meccanismo di perequazione, che non consente una spendibilità del credito attribuito, impedendo che la superficie delle aree di decollo possa trovare un’adeguata utilizzazione nelle aree di atterraggio.

3. Ne consegue come sono fondati il secondo e il terzo motivo, così come sopra citati.

3.1 Altrettanto fondata è la quarta censura con la quale si sostiene l’illegittimità della VAS, in considerazione del fatto che quest’ultima si sarebbe limitata alla valutazione degli aspetti ambientali, senza prendere in considerazione le ricadute socio economiche delle scelte di pianificazione.

3.2 A tal fine è necessario premettere che l’art. 4 comma 3 del d.lgs. n. 152/2006 prescrive che la valutazione di piani, programmi e progetti, ha la finalità di assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile e, quindi, nel rispetto di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica.

3.3 E’ necessario, pertanto, che detta valutazione presupponga lo svolgimento di un’analisi di fattibilità economica, comportando lo svolgimento di una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio - economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla cosiddetta opzione - zero, vagliando quindi tutte le possibili interrelazioni che la scelta urbanistica può arrecare alla salute umana, al paesaggio, all'ambiente in genere, al traffico ed anche all'economia di tutto il territorio coinvolto (TAR Campania, Napoli, VIII, 19.12.2012, n. 5256; TAR Lombardia, Milano, II, 27.2.2015, n. 576; TAR Marche, I, 6.3.2014, n. 291).

3.4 Qualora la valutazione ambientale strategica, fosse stata adottata avendo a riferimento l’equa distribuzione dei vantaggi economici, quest’ultima non avrebbe potuto prescindere dal prendere in esame, o quanto meno considerare l’esistenza, delle distonie e disomogeneità sopra rilevate.

3.5 In conclusione l’accoglimento delle sopra citate censure, consente di assorbire le ulteriori doglianze proposte.

4. Il ricorso è, pertanto, fondato e va accolto, con conseguente annullamento, nei limiti dell’interesse della ricorrente, dei provvedimenti sopra citati.

3.5 Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla, in parte qua, i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Firenze al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 3.000,00 (tremila//00) oltre oneri di legge e con refusione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente

Gianluca Bellucci, Consigliere

Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Giovanni Ricchiuto        Manfredo Atzeni