TAR Lazio (RM) Sez.IIIter sent. 2121 del 5 marzo 2008
Ambiente in genere. Costruzione impianto per la produzione di energia elettrica

Vicenda riguardante il ricorso per l’annullamento del decreto del D.G. del M.S.E. n. 55/01/2006 del 2/10/2006, con il quale Sorgenia S.p.a. è stata autorizzata alla costruzione ed all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato, costituito da due sezioni della potenza elettrica complessiva netta di circa 750 MW e della potenza termica immessa di circa 1350 MW da ubicare in località Campo di Carne, nel territorio del Comune di Aprilia, Provincia di Latina, di una nuova stazione elettrica per il collegamento alla rete nazionale di trasmissione, di un elettrodotto in cavo interrato a 380 kv di collegamento tra la centrale e la futura stazione elettrica e raccordi di collegamento tra la futura stazione elettrica e l’elettrodotto, e di un metanodotto interrato di circa 9,5 Km che va dal sito della centrale alla rete di distribuzione Snam in località Tufello

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Terza Ter
Composto dai Magistrati:
Italo RIGGIO Presidente
Maria Luisa DE LEONI Componente
Stefano FANTINI Componente relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi n. 12140/06, n. 263/07 e n. 6142/07 del Reg. Gen. proposti il primo dal Comune di Aprilia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Lo Mastro, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Lima n. 31, presso lo studio dell’Avv. Giovanni Pascone; il secondo dall’Associazione “Rete Cittadina contro la Turbogas”, in persona del legale rappresentante pro tempore dr. Marco Procaccino, nonché dai sigg.ri Pacenti Adriano, Barile Saverio, Bazzucchi Giampiero, Veschetti Adelmo, Bonato Zefferino, Spaccesi Iolanda, Bonato Marilena, Di Nola Giuseppe, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Fulvio Fari, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla Via Salaria n. 195, presso lo studio dell’Avv. Valerio Marmo; il terzo da Marziali Gabriele, in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’associazione culturale “Aprilia Libera dalle Turbogas”, nonché di titolare dell’omonima impresa agricola sita in via Torre Padiglione n. 18, Laurenzi Monica, in proprio e nella qualità di rappresentante legale del circolo di Legambiente denominato “Melaverde” di Aprilia, Celletti Claudio, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Sezione Coldiretti di Aprilia “Paolo Bonomi”, nonché titolare dell’omonima impresa agricola sita in Riserva Nuova n. 49, Allatta Benito, De Meis Lorella, insegnante presso la Scuola dell’Infanzia ed Elementare (II Circolo) sita in Campodicarne - Aprilia, Via Caruso, Garbellini Luigi, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima impresa agricola sita in Campodicarne - Aprilia, alla via dei Giardini n. 10, Lo Rillo Salvatore, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima impresa agricola sita in Campodicarne - Aprilia, alla Via dei Giardini n. 17, De Domenico Nicola, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Carlo Bassoli, Luciano Falcone, Barbara Ascani e Ferdinando Bracciale, ed elettivamente domiciliati in Roma, al Viale Regina Margherita n. 290, presso lo studio dell’Avv. Adriano Cesellato;
CONTRO
- Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero della Salute, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero della Difesa, Ministero dell’Interno, Ministero delle Comunicazioni, Ufficio Territoriale del Governo di Latina, Agenzia delle Dogane di Gaeta, Provveditorato Generale alle Opere Pubbliche per il Lazio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono pure legalmente domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;
- Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Seri, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Ovidio n. 20;
- Provincia di Latina, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Ilda Coluzzi, con la quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Cosseria n. 5;
e nei confronti
di Sorgenia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pier Giuseppe Torrani, Domenico Ielo, Marta Spaini ed Angelo Clarizia, presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Principessa Clotilde n. 2;
e con l’intervento ad adiuvandum
- del Comune di Ardea e del Comune di Anzio, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. Roberto Monaco, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla Via Antonio Gabaglio n. 15, presso lo studio dell’Avv. Sabina Lorenzelli;
- di De Monaco Alberto, Lo Cicero Francesco Pietro, Lo Cicero Marco, Boccia Angelo, Celletti Danila, Fiaschetti Mimina, Loru Giorgio, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Carlo Bassoli, Luciano Falcone e Barbara Ascani, ed elettivamente domiciliati in Roma, al Viale Regina Margherita n. 290, presso lo studio dell’Avv. Adriano Cesellato;
- della AGRI.MI S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Edoardo d’Elia ed Antonella Migliore, presso il primo dei quali è elettivamente domiciliata in Roma, al Viale Bruno Buozzi n. 51;
- di Legambiente Lazio Onlus, in persona del Presidente pro tempore dr. Lorenzo Parlati, rappresentata e difesa dall’Avv. Mariadolores Furlanetto, presso la quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Vivaldi n. 15;
per l’annullamento
- del decreto del D.G. del M.S.E. n. 55/01/2006 del 2/10/2006, con il quale Sorgenia S.p.a. è stata autorizzata alla costruzione ed all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato, costituito da due sezioni della potenza elettrica complessiva netta di circa 750 MW e della potenza termica immessa di circa 1350 MW da ubicare in località Campo di Carne, nel territorio del Comune di Aprilia, Provincia di Latina, di una nuova stazione elettrica per il collegamento alla rete nazionale di trasmissione, di un elettrodotto in cavo interrato a 380 kv di collegamento tra la centrale e la futura stazione elettrica e raccordi di collegamento tra la futura stazione elettrica e l’elettrodotto, e di un metanodotto interrato di circa 9,5 Km che va dal sito della centrale alla rete di distribuzione Snam in località Tufello;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, e, segnatamente, della nota del M.S.E. 10/5/2002 di avvio del procedimento e di indizione della conferenza di servizi; delle successive note di indizione della conferenza stessa; dei resoconti verbali della conferenza dei servizi; del parere della Commissione V.I.A. n. 563 del 9/10/2003; del parere favorevole del M.I.B.A.C. in data 20/6/2003; del provvedimento di compatibilità ambientale in data 22/1/04 del Ministero dell’Ambiente; degli atti di avvio del procedimento di espropriazione per pubblica utilità; della nota 17/3/2004 con cui il Ministero della Salute ha espresso parere favorevole con prescrizioni; dell’autorizzazione integrata ambientale all’esercizio dell’impianto di cui alla nota 16/5/2006 del Ministero dell’Ambiente; della determinazione conclusiva del procedimento adottata in data 28/9/2006 dal M.S.E.; della direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri pubblicata nella G.U.R.I. n. 1 del 2/1/2003 concernente i criteri decisori della conferenza di servizi.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e di Sorgenia S.p.a.;
Visti gli atti di intervento ad adiuvandum del Comune di Ardea, del Comune di Anzio, della AGRI.MI S.a.s., di Legambiente Lazio Onlus, nonché dei signori De Monaco Alberto ed altri;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 14/2/2008, il Cons. Stefano Fantini;
Uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Con atto (n. 12140/06 R.G.) regolarmente notificato e depositato il Comune di Aprilia ha impugnato gli atti in epigrafe meglio specificati, concernenti l’autorizzazione di Sorgenia S.p.a. alla costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato (centrale turbogas) da situare nel suo territorio, in località Campo di Carne, provvedimento adottato dal M.S.E. all’esito di un lungo e complesso procedimento, nell’ambito del quale, in più occasioni, il Comune esponente ha espresso il proprio fermo parere negativo al progetto.
Deduce a sostegno del ricorso i seguenti motivi di diritto :
1) Violazione degli artt. 14 e seguenti della legge n. 241/1990 e s.m.i.; illegittimità della direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 1 del 3/1/2003 per violazione dello stesso art. 14 della legge n. 241/90.
L’istituto della conferenza di servizi opera, nell’attuale assetto legislativo, sostanzialmente in forza del principio maggioritario, che è derogato solamente nei casi in cui si evidenzino profili ostativi connessi alla tutela dell’interesse ambientale.
Proprio di tale interesse si è fatto portatore il Comune di Aprilia, evidenziando gli aspetti dannosi e di maggiorazione del rischio di inquinamento che derivano dalla realizzazione della centrale, specie se collocata in un contesto già pregiudicato dal punto di vista ambientale.
2) Violazione della legge n. 55/2002 in ordine alla mancata attivazione del procedimento dell’intesa amministrativa; eccesso di potere per sviamento, carenza di istruttoria e manifesta ingiustizia.
La legge n. 55/2002 prevede, a fronte della realizzazione di un’opera invasiva sotto il profilo ambientale, quale è una centrale termoelettrica, l’adozione di misure di carattere compensativo; nel caso di specie il procedimento autorizzatorio ha del tutto omesso questa pre - intesa sulle misure di compensazione e di riequilibrio da porre a carico della società destinataria dell’autorizzazione.
3) Violazione delle norme e dei principi in tema di autorizzazione integrata ambientale di cui al d.lgs. n. 59/2005; eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento ed omessa reale motivazione.
Nel corso dell’istruttoria procedimentale il Ministero dell’Ambiente ha preso atto dell’impossibilità tecnica di predisporre un piano di monitoraggio e controllo conforme alle specifiche contenute nell’art. 7, VI comma, del d.lgs. n. 59/2005, nonché dell’impossibilità tecnica di predisporre un piano di gestione ambientale sulla base di un progetto presentato a livello di dettaglio.
Anziché richiedere tali adempimenti, il Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente ha ritenuto sussistere comunque i presupposti per l’adozione del provvedimento di autorizzazione alla costruzione della centrale elettrica.
4) Violazione delle norme in tema di intesa delle Regioni in sede di procedimento per l’autorizzazione alla costruzione e gestione di centrali elettriche; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.
Con decisione n. 597 del 18/9/06 la Giunta della Regione Lazio ha ritenuto di esprimere al M.S.E. l’intesa di cui all’art. 1 del d.l. 7/2/2002, n. 7 per l’autorizzazione all’installazione ed all’esercizio della centrale.
Ciò ha fatto sulla base di elementi del tutto erronei, dimostrativi di un totale difetto di istruttoria; si pensi esemplificativamente all’affermazione della insussistenza di aree critiche ai sensi della legge n. 137/99, in tema di rischio di incidenti rilevanti, ove, tutto al contrario, il territorio del Comune di Aprilia è classificato proprio a rischio di incidente rilevante.
5) Violazione dei principi in tema di V.I.A., autorizzazione integrata ambientale, autorizzazione alla costruzione e gestione delle centrali elettriche; eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria vizio della motivazione.
L’autorizzazione gravata si caratterizza per una grave sottovalutazione delle ragioni oggettive che ostavano alla realizzazione dell’opera stessa, ed è stata in qualche misura adottata per preminenti ragioni di carattere economico - produttivo, sensibili ai rischi di crisi energetica del paese, per tali motivi risolvendosi in una sorta di presa d’atto delle asserzioni della società odierna controinteressata.
Non si è, tra l’altro, tenuto conto del fatto che l’insediamento della centrale andava ad incidere in un ambito territoriale caratterizzato dalla presenza di circa settemila residenti, e neppure del fatto che la centrale stessa verrà collocata a distanza di non più di 500 metri di distanza dal luogo ove è situata una scuola materna ed elementare frequentata da circa 500 alunni, e per di più a ridosso della linea ferroviaria e della stazione.
Il Ministero della Salute, da parte sua, ha espresso parere favorevole non tenendo in alcuna considerazione i dati rilevati dall’Agenzia per la Sanità Pubblica del Lazio relativi all’incidenza dei tumori della trachea, dei bronchi e dei polmoni tra la popolazione del Comune di Aprilia.
Anche l’impatto della centrale sulle falde idriche è stato minimizzato con un atteggiamento ispirato a grande superficialità.
6) Violazione della direttiva 96/61/CEE (art. 9); rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia; eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta.
L’autorizzazione gravata non è conforme alle prescrizioni comunitarie rubricate in tema di valori limite delle emissioni fissate per le sostanze inquinanti.
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni, statali e locali, intimate, la controinteressata Sorgenia S.p.a., eccependo l’inammissibilità di alcune censure per genericità e perché impingenti in valutazioni tecniche opinabili, e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso (con l’eccezione della Provincia di Latina che ha aderito alle tesi di parte ricorrente).
Sono intervenuti ad adiuvandum il Comune di Ardea, il Comune di Anzio, nonché i sigg.ri De Monaco, Lo Cicero Francesco Pietro e Marco, Boccia Angelo, Celletti Danila, Fiaschetti Mimina e Loru Giorgio.
Con successivo ricorso (n. 263/07 R.G.), ritualmente notificato e depositato, l’associazione “Rete cittadina contro la turbogas” ed i cittadini meglio indicati in epigrafe hanno impugnato gli stessi atti, oggetto del gravame proposto dal Comune di Aprilia, nonché, ancora, la nota in data 15/10/04 con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha trasmesso il verbale predisposto all’esito della riunione del 4/10/04, deducendo i seguenti motivi di diritto :
7) Violazione della legge n. 241/90 e s.m.i. in merito alla convocazione dei soggetti legittimati a partecipare alla conferenza dei servizi, eccesso di potere ed incompetenza della conferenza dei servizi all’emanazione dei pareri e nulla osta; nullità del D.M. n. 55/01/2006 del 2/10/2006.
La centrale autorizzata a Sorgenia insiste sul territorio del Comune di Aprilia, ma si trova a pochissima distanza in linea d’aria dal confine con la provincia di Roma, ed in particolare con i Comuni di Anzio e di Nettuno; ciò comporta che dette Amministrazioni, in quanto interessate (anche solamente sotto il profilo dell’essere soggette alla ricaduta degli agenti inquinanti), avrebbero dovuto essere coinvolte nella conferenza di servizi de qua.
8) Violazione della legge n. 241/90; difetto di delega dei soggetti delegati dalle singole Amministrazioni a rappresentarle nella conferenza di servizi; eccesso di potere.
Il rappresentante di ogni singola Amministrazione in sede di conferenza deve giustificare i propri poteri al terzo che entra in contatto con il medesimo; nel caso di specie non si evince dai verbali delle riunioni l’identità dei rappresentanti degli organi partecipanti alle sedute conferenziali, né risulta acquisita alcuna procura.
9) Violazione della legge n. 55/2002; eccesso di potere per sviamento, carenza di istruttoria circa l’incidenza delle emissioni inquinanti sulla salute della popolazione di Aprilia; omessa motivazione; violazione della direttiva 96/61/CE.
Il decreto ministeriale impugnato contiene innumerevoli prescrizioni dettate dalle singole Amministrazioni coinvolte nel procedimento.
Tra queste, vanno segnalate quelle del Ministero della Salute in ordine alla misurazione del NOx e PM10 (polveri sottili), secondo le specifiche tecniche stabilite dall’ARPA e dagli enti locali di controllo.
Il problema è che la localizzazione della centrale avviene in un contesto ambientale già pregiudicato da vari fattori di inquinamento, sia di provenienza industriale, che derivanti dal traffico, imponenti l’adozione di piani di azione per il risanamento della qualità dell’aria.
In sede istruttoria, e di VIA in particolare, tali dati sono stati acquisiti per mezzo di una centralina inefficiente, ed in sostanza sono stati dati per buoni quelli offerti dalla proponente Sorgenia.
Sono dunque stati sottovalutati gli effetti sulla salute delle nanoparticelle sospese nell’atmosfera, che, oltre ad essere inalate, si depositano sulle colture, e dunque sui prodotti che vengono poi ingeriti.
In definitiva, sono state previste solamente prescrizioni successive alla costruzione della centrale, mentre è mancata un’analisi preventiva, finalizzata ad un’efficace tutela della salute.
10) Violazione delle norme in materia di autorizzazione integrata ambientale come prevista dalla direttiva 96/61/CE recepita con d.lgs. n. 59/2005; eccesso di potere; incompetenza ed omessa motivazione.
Lo Stato italiano ha recepito con molto ritardo la direttiva 96/61/CE, quando ormai l’iter amministrativo dell’autorizzazione in questa sede gravata era in dirittura d’arrivo.
Nelle more del recepimento della direttiva in questione lo Stato italiano ha adottato la legge n. 55/2002, il cui art. 1 prevede che sino alla data di recepimento della direttiva stessa l’autorizzazione unica comprende anche l’autorizzazione integrata ambientale.
Nella fattispecie in esame non è stato predisposto un progetto tecnico di dettaglio, e si è ritenuta sufficiente, da parte del Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente, l’attività preistruttoria compiuta.
11) Violazione della direttiva 96/61/CE recepita con d.lgs. n. 59/2005; eccesso di potere, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
L’autorizzazione integrata ambientale è stata rilasciata pur risultando carente delle informazioni circa un piano di sicurezza ambientale; lo stesso dicasi per la VIA, nella quale non vi è alcun riferimento al fatto che sul territorio del Comune di Aprilia insistono diverse attività a rischio di incidente rilevante.
12) Violazione della normativa in materia di intesa con le regioni per l’autorizzazione alla costruzione e gestione di centrali elettriche; eccesso di potere; carenza e contraddittorietà della motivazione; sviamento.
Con la decisione n. 597 del 18/9/06 la Giunta della Regione Lazio ha espresso l’intesa al M.S.E. necessaria per l’installazione e l’esercizio della centrale, nell’assunto che il progetto soddisfa i criteri di valutazione previsti in sede di conferenza.
Ma ciò contraddice con quanto dalla stessa Giunta ritenuto con delibera n. 767 dell’1/8/2003 circa la necessità, per il Comune di Aprilia, di dotarsi di un piano di azione per il risanamento della qualità dell’aria a causa dell’alta concentrazione di PM10.
Si sono costituite anche in questo giudizio le Amministrazioni intimate, nonché la Sorgenia S.p.a., eccependo l’inammissibilità per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti e l’infondatezza nel merito del gravame (ad eccezione della Provincia di Latina, che ne ha invece chiesto l’accoglimento).
E’ intervenuta ad adiuvandum la AGRI.MI S.a.s., proprietaria di una porzione dell’area interessata dalla centrale, facente parte del piano di lottizzazione convenzionata di comparto per insediamenti produttivi in zona D2 del P.R.G.
Con un terzo atto (n. 6142/07 R.G.), ritualmente notificato e depositato, i signori Marziali Gabriele, Laurenzi Monica, Celletti Claudio, Allatta Benito, De Meis Lorella e Garbellini Luigi, collegati a vario titolo al territorio coinvolto dalla realizzazione del progetto della centrale turbogas hanno trasposto in sede giurisdizionale il ricorso straordinario già esperito dinanzi al Capo dello Stato avverso gli atti in epigrafe specificati.
Deducono i seguenti motivi di diritto :
13) Violazione degli artt. 14 e seguenti della legge n. 241/90 e s.m.i.
Sono state violate le norme che disciplinano il dissenso insorto nell’ambito di una conferenza di servizi e le modalità per il suo superamento, ove concernente dati sensibili (ambiente, paesaggio, salute ed incolumità pubblica).
In particolare, in tali evenienze, l’art. 14 quater prevede che per il superamento del dissenso sia attivato un particolare subprocedimento che trasferisce la competenza decisoria agli organi collegiali di riferimento politico - territoriale.
Per verificare l’applicabilità di tale norma, va anzitutto evidenziata la rilevanza del dissenso manifestato dal Comune di Aprilia all’iniziativa di Sorgenia, motivato con diffuse ed argomentate considerazioni di carattere ambientale, economico - sociale e di tutela della salute dei cittadini residenti.
Si è trattato di un dissenso totale sul progetto di realizzazione della nuova centrale turbogas in ragione della situazione di criticità ambientale - sanitaria e socio - economica del sito prescelto.
E’ accaduto che l’allora M.A.P., ritenendo ammissibile il dissenso manifestato dal Comune di Aprilia sin dall’inizio dei lavori della conferenza di servizi, abbia, con nota dell’1/4/2004, investito della decisione il Consiglio dei Ministri; il Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo della Presidenza del Consiglio, nella seduta del 4/10/04, ha però ritenuto inapplicabile la procedura di cui all’art. 14 quater, III comma, trattandosi di dissenso espresso da un’Amministrazione locale, anziché da un’Amministrazione statale.
La Presidenza è però in tale modo incorsa in un palese errore, in quanto l’art. 14 quater, III comma, nel testo antecedente alla novella del 2005, rimetteva la decisione al Consiglio dei Ministri nel caso in cui fosse statale l’Amministrazione dissenziente od anche quella procedente; e, nel caso di specie, Amministrazione procedente, come ormai noto, era il M.A.P.
Si aggiunga che il dissenso del Comune di Aprilia è stato ribadito anche nella riunione conclusiva della conferenza del 19/9/06, epoca in cui vigeva il nuovo testo dell’art. 14 quater, con conseguente enucleazione della competenza a dirimere il dissenso della Conferenza Unificata, di cui all’art. 8 del d.lgs. 28/8/1997, n. 281.
14) Violazione delle norme e dei principi in tema di autorizzazione integrata ambientale di cui al d.lgs. n. 59/2005.
Risulta in particolare violato l’art. 5, IX comma, del d.lgs. n. 59/2005, che prevede la nomina di una commissione istruttoria con il compito di fornire all’Autorità competente un parere conclusivo e pareri intermedi; nel caso di specie l’autorizzazione integrata è stata rilasciata solo a seguito di un’attività preistruttoria, senza alcun approfondimento tecnico sul merito della domanda proposta da Sorgenia.
Risulta ancora una conclamata violazione dell’art. 7, VI comma, del d.lgs. n. 59/2005, il quale prevede che l’autorizzazione integrata ambientale contenga gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, tra cui le modalità e la frequenza dei controlli programmati, mentre il provvedimento di a.i.a. si è limitato a prendere atto dell’impossibilità tecnica di predisporre un piano di monitoraggio e controllo conforme alle specifiche contenute nella predetta norma.
E’ altresì configurabile la violazione dell’art. 17, II comma, del d.lgs. n. 59/2005, in quanto non è stato rispettato il termine perentorio di sessanta giorni per l’adozione delle determinazioni relative all’a.i.a., decorrente, nella specie, dalla data di entrata in vigore dello stesso corpus normativo (in tale caso la decisione definitiva viene rimessa al Consiglio dei Ministri).
Ed invero, il provvedimento di a.i.a. è intervenuto in data 16/5/2006, e cioè più di un anno dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 59/05, risalente all’aprile del 2005.
Si sono costituiti in questo giudizio il M.S.E. e la Sorgenia S.p.a.; quest’ultima ha eccepito l’inammissibilità per difetto di legittimazione attiva dei deducenti sotto vari aspetti e l’infondatezza nel merito del ricorso; è intervenuta ad adiuvandum la Legambiente Lazio Onlus; la Provincia di Latina ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza del 14/2/2008 le cause sono state trattenute in decisione.
D I R I T T O
1. - Per motivi di ordine processuale deve essere preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi n. 12140/06, n. 263/07 e n. 6142/07 del R.G., a norma dell’art. 52 del R.D. 17/8/1907, n. 642 (Reg. proc. Cons. Stato), risultando gli stessi in rapporto di connessione oggettiva ed anche, in parte, soggettiva.
2. - Principiando dall’esame del ricorso n. 12140/06 del R.G., deve osservarsi che con il primo mezzo viene dedotta la violazione delle norme della legge generale sul procedimento amministrativo relative alla conferenza di servizi, assumendosi come, in presenza del dissenso espresso dal Comune di Aprilia per motivi di tutela ambientale, non poteva addivenirsi ad una determinazione positiva di conclusione del procedimento.
La censura non appare meritevole di positiva valutazione.
Anzitutto, in punto di fatto, occorre considerare come, a fronte del motivato dissenso espresso dal Comune per ragioni di carattere “ambientale” (in senso lato), la Direzione Generale per l’Energia e le Risorse Minerarie del M.A.P., con il verbale della riunione del 19/1/04, ha disposto la trasmissione degli atti al Consiglio dei Ministri “per il seguito di competenza” ai sensi dell’art. 14 quater, III comma, della legge 7/8/1990, n. 241.
Con verbale del 4/10/04 la Presidenza del Consiglio - Dipartimento Coordinamento Amministrativo ha ritenuto che la norma predetta non potesse trovare applicazione nella vicenda procedimentale in esame, “in quanto il dissenso non è stato espresso da un’Amministrazione statale, bensì dal Comune di Aprilia”, restituendo gli atti al M.A.P. per la convocazione della riunione conclusiva della conferenza di servizi.
Il Collegio dubita della legittimità, in astratto, di questa valutazione compiuta dalla Presidenza del Consiglio, applicandosi alla fattispecie, ratione temporis, la previsione dell’art. 14 quater della legge n. 241/90, nel testo sostituito dall’art. 11 della legge 24/11/2000, n. 340 (e non già in quello derivante dalla novella del 2005), la quale, al terzo comma, stabilisce che “qualora il motivato dissenso sia espresso da un’Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico - artistico o alla tutela della salute, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri, ove l’Amministrazione dissenziente o quella procedente sia un’Amministrazione statale …”.
Ciò premesso, occorre peraltro considerare come nel caso di specie non trovi integrale applicazione l’art. 14 quater, in quanto il precedente art. 14 ter, al quinto comma, dispone che “nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la V.I.A., le disposizioni di cui al comma 3 dell’art. 14 quater … si applicano alle sole Amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica”.
Ciò comporta che per ritenere operante la disciplina del “dissenso qualificato”, con consequenziale preclusione a “procedere” della conferenza di servizi, e rimessione dell’affare oggetto della conferenza stessa ad un superiore livello di governo, occorre ammettere che il Comune sia Amministrazione preposta alla tutela della salute pubblica.
Tale postulato non appare in realtà condivisibile, quanto meno nel contesto normativo applicabile al caso di specie.
Ed invero, anche a scindere l’art. 117, III comma, della Costituzione, che include la tutela della salute tra le materie di legislazione concorrente, dal successivo art. 118, nel testo riformato nel 2001, che, superando il parallelismo tra potestà legislativa e potestà amministrativa, sembra attribuire (seppure nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione) la generalità delle funzioni amministrative ai Comuni, ed anche a volere valorizzare la caratterizzazione del Comune come “ente locale che rappresenta la propria comunità”, curandone gli interessi e promuovendone lo sviluppo (art. 3 del T.U.E.L., di cui al d.lgs. 18/8/2000, n. 267), e dunque a fini generali, resta il fatto che le opere in materia di costruzione ed esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici sono soggette ad una disciplina che, proprio in applicazione dei predetti principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, “marginalizza” l’ente comunale.
Ed invero l’art. 1 del d.l. 7/2/2002, n. 7, convertito nella legge 9/4/2002, n. 55, prevede per l’autorizzazione della costruzione di una centrale elettrica la competenza del M.A.P. (oggi, M.S.E.), d’intesa con la regione interessata, all’esito di un procedimento unico, che si snoda all’interno di una conferenza di servizi istruttoria, cui partecipano anche le altre Amministrazioni statali e locali interessate.
In particolare, per quanto ivi rileva, il terzo comma dell’art. 1 in esame stabilisce che “per il rilascio dell’autorizzazione è fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere … Il rilascio del parere non può incidere sul rispetto del termine” (di 180 giorni) previsto per la conclusione dell’istruttoria.
Se ne inferisce che nella materia in esame il principio di leale collaborazione si traduce in un’intesa “forte” con la Regione ed in una intesa “debole” con le altre Amministrazioni interessate, cui è solamente consentito di partecipare al procedimento ed esprimere il proprio parere.
Tale sistema è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 13/1/2004, n. 6, che ha ritenuto l’allocazione al livello centrale delle funzioni amministrative giustificata in relazione alla necessità di garantire, in una materia affidata alla legislazione concorrente, l’unitarietà e la celerità dell’esercizio dell’attività amministrativa concernente la costruzione ed il potenziamento degli impianti di energia elettrica.
Se dunque il parere del Comune in sede di conferenza di servizi ha una mera valenza istruttoria, allo stesso non si applicano, per un’esigenza di coerenza (o di non contraddizione del sistema), tutte le disposizioni volte a rimediare alla non unanimità, quale l’invocato art. 14 quater, III comma, della legge n. 241/90, anche perché, secondo l’opinione prevalente, la disciplina delle ipotesi di dissenso si applica solo alla conferenza di servizi decisoria (in termini Cons. Stato, Sez. VI, 4/6/2004, n. 3505).
Sarebbe in ogni caso non ragionevole ritenere che un’Amministrazione, cui è rimessa la mera espressione di un parere, possa impedire la conclusione del procedimento solo perché quel parere è stato acquisito nell’ambito di una conferenza di servizi.
3. - Con il secondo motivo si lamenta la mancata previsione di misure di carattere compensativo o di riequilibrio ambientale a carico del soggetto proponente, da introdurre mediante una pre - intesa.
La censura, se non anche inammissibile per genericità, è infondata.
Ed invero, anche a prescindere dalla dichiarata (da parte della società controinteressata) pendenza di trattative per addivenire ad un accordo compensativo, occorre sottolineare come l’art. 1, III comma, della legge n. 55/02 stabilisca che la Regione “può” promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati per l’individuazione di misure di compensazione e di riequilibrio ambientale.
La facoltatività dell’accordo compensativo, la cui iniziativa è, tra l’altro, rimessa ad Autorità diversa da quella che ha adottato l’atto gravato, sembra confermata dall’art. 1, V comma, della legge 23/8/2004, n. 239, specie se interpretato alla luce del successivo comma XXXVI, il quale prevede, verosimilmente in alternativa, che i proprietari di nuovi impianti di produzione di energia elettrica (di potenza termica non inferiore a 300 MW) autorizzati dopo l’entrata in vigore della stessa legge debbano corrispondere alla Regione sede degli impianti, a titolo di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio e per l’impatto logistico dei cantieri, un importo pari a 0,20 euro per ogni MWh di energia elettrica prodotta, limitatamente ai primi sette anni di esercizio degli impianti.
La norma da ultimo indicata, oltre a sottolineare il carattere “opzionale” di tali accordi, nel collocare l’obbligo di “contribuzione compensativa” in connessione con l’esercizio dell’impianto, evidenzia altresì, a conferma del tenore letterale dell’art. 1 della legge n. 55/02, che, in ogni caso, lo stesso accordo compensativo non è in rapporto di presupposizione logica e diacronica con l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio della centrale, e dunque la sua mancanza non si pone come fatto preclusivo dell’autorizzazione stessa.
4. - Con il terzo mezzo si lamenta la violazione del d.lgs. 18/2/2005, n. 59 (di attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento) nell’assunto della mancata predisposizione del piano di monitoraggio e controllo delle emissioni, nonché del piano di gestione ambientale, fondato su di un progetto tecnico dettagliato, presupposti necessari dell’autorizzazione integrata ambientale.
Anche tale censura non appare meritevole di positiva valutazione.
Giova anzitutto precisare che la legge n. 55/02 non fa riferimento a progetti tecnici di dettaglio, ma piuttosto a progetti preliminari (cfr. art. 1, II comma); del pari, il piano di gestione ambientale è strumento volontario, e non già obbligatorio.
In ogni caso, occorre chiarire, con riguardo all’autorizzazione integrata ambientale, quale sia la disciplina applicabile al procedimento de quo, che si colloca in una fase intertemporale caratterizzata dall’incidenza dello ius superveniens di cui al d.lgs. n. 59/2005.
Il provvedimento gravato appare l’epilogo del procedimento svoltosi con lo strumento di concentrazione della conferenza di servizi, disciplinato dalla legge n. 55/02; in particolare l’art. 1 di tale legge, oltre a prevedere che l’autorizzazione unica rilasciata dal M.A.P. sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, prescrive, al secondo comma, che, fino al recepimento della direttiva 96/61/CE, “tale autorizzazione comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali”.
Il recepimento della direttiva 96/61/CE è avvenuto, come già esposto, con il d.lgs. 18/2/2005, n. 59, pubblicato nella G.U.R.I. del 22/4/05 ed entrato in vigore il successivo 7/5/05.
E’ dunque accaduto che, risultando a tale data ancora pendente il procedimento in esame, l’Amministrazione procedente ha dovuto fare applicazione della normativa sopravvenuta, integrando la disciplina di cui alla legge n. 55/02 con quella transitoria contenuta nell’art. 17, II comma, del d.lgs. n. 59/05.
Quest’ultima norma dispone, tra l’altro, che il Ministero dell’Ambiente “adotta le determinazioni relative all’autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai principi del presente decreto …”; ciò significa che l’Amministrazione, in questa fase transitoria, è tenuta a rispettare solamente i principi fondamentali dell’autorizzazione integrata ambientale, che sono poi quelli inferibili dall’art. 3 del d.lgs. n. 59/05, e non anche le singole norme che disciplinano la materia.
Tra i principi generali dell’a.i.a. vi è quello che “devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando … le migliori tecniche disponibili” (art. 3, I comma, lett. a); l’adeguamento dell’impianto alle migliori tecniche disponibili giustifica la scelta del Ministero (cfr. art. 4 del decreto di autorizzazione integrata ambientale) di differire la predisposizione del piano di gestione ambientale all’avvio dell’esercizio dell’impianto.
Analoghe considerazioni possono farsi per il piano di monitoraggio e controllo, la cui predisposizione è stata prevista dagli artt. 5 e 6 del provvedimento ministeriale in vista della messa in esercizio dell’impianto; il che appare, del resto, coerente con quanto disposto dall’art. 7, VI comma, del d.lgs. n. 59/05, limitantesi a richiedere che l’a.i.a. contenga gli “opportuni requisiti di controllo delle emissioni”.
Resta ancora da chiarire che non assume rilievo la dedotta incompetenza del Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente, che si è limitato ad adottare una proposta (e dunque un atto endoprocedimentale), come risulta dal fatto che l’autorizzazione integrata è provvedimento emesso dal Ministro dell’Ambiente.
5. - Con il quarto motivo si deduce poi l’illegittimità dell’autorizzazione per violazione delle norme in tema di intesa tra Regione e M.S.E. ai sensi dell’art. 1, II comma, della legge n. 55/02, non essendo stata adeguatamente valorizzata dal provvedimento della Giunta regionale la circostanza che il territorio del Comune di Aprilia è a rischio di incidente rilevante ai sensi della legge n. 137/99.
Anche tale doglianza, sviluppata sotto taluni profili anche nel sesto motivo, deve essere disattesa.
Parte ricorrente contesta, in sintesi, la deliberazione della Giunta regionale del Lazio n. 597 del 18/9/06, recante l’intesa al M.S.E. per l’autorizzazione unica alla installazione ed all’esercizio della centrale elettrica, nella parte in cui riconosce l’adeguatezza della collocazione dell’impianto per inesistenza di aree critiche (per rischio di incidente rilevante).
Tale assunto non appare peraltro condivisibile, in quanto l’Autorità competente non risulta avere dichiarato il Comune di Aprilia come “area critica” (con riguardo all’intero territorio), non portando a tale risultato la presenza di alcune attività a rischio di incidente rilevante.
E dalla documentazione versata in atti sembra desumersi la presenza solamente di alcuni stabilimenti nelle vicinanze del sito prescelto per la centrale termoelettrica, qualificati come a rischio di incidente rilevante ai sensi della legge n. 334/99.
Va d’altro canto considerato, ad escludere l’eccepito difetto di istruttoria, che il provvedimento autorizzatorio oggetto di gravame ha tenuto conto dell’esistenza, nel territorio del Comune di Aprilia, di alcuni impianti a rischio di incidente rilevante, come si evince dalle “prescrizioni del Ministero dell’Interno”.
6. - Con il quinto motivo viene dedotta l’illegittimità, sotto molteplici profili, dell’autorizzazione alla costruzione della centrale elettrica e degli atti ad essa presupposti essenzialmente per difetto di istruttoria, risolventesi in una grave sottovalutazione delle ragioni ostative alla realizzazione nel sito prescelto dell’impianto, cui si è tentato di porre argine mediante la previsione di innumerevoli prescrizioni.
Il motivo è inammissibile per tardività nella parte in cui censura, seppure indirettamente, il contenuto del decreto di V.I.A., risalente al 22/1/04, e pubblicato per estratto nella G.U. n. 34 dell’11/2/04, dies a quo per la relativa impugnativa, come pure laddove impinge in valutazioni di merito, e comunque infondato.
Premesso che l’imposizione di innumerevoli prescrizioni non è di per sé sintomo di illegittimità, in quanto, oltre ad essere ricorrente nei provvedimenti autorizzatori complessi, è espressamente prevista dall’art. 1, III comma, della legge n. 55/02, può procedersi, brevemente, alla disamina delle singole allegazioni.
Con riguardo alla contestata distinzione tra opere “principali” ed opere “accessorie” nella valutazione a fini ambientali, va osservato come la centrale e le opere connesse (elettrodotto e gasdotto) sono state unitariamente valutate nel decreto di V.I.A., con conseguente inammissibilità (prima ancora che infondatezza) della censura.
Lo stesso dicasi per la localizzazione dell’impianto, che è stata oggetto di approfondite considerazioni nel procedimento di V.I.A., conclusosi con un giudizio positivo (con prescrizioni) di compatibilità ambientale del progetto e delle opere connesse.
Le deduzioni in ordine alla “qualità dell’aria” ed alla sua incidenza sulla salute sono poi generiche, oltre che non rispondenti alle risultanze della V.I.A. e dell’autorizzazione integrata ambientale.
Occorre inoltre tenere in considerazione che si tratta di doglianze che attengono a valutazioni tecniche in qualche misura opinabili, implicanti l’applicazione di canoni extragiuridici, riferibili a “scienze non esatte”, e che comportano l’utilizzo di criteri non univoci.
E’ noto come la giurisprudenza prevalente e condivisa dal Collegio ammetta, a fronte di valutazioni tecniche complesse, fondate sull’applicazione di regole proprie di scienze inesatte e con margini di opinabilità, e non richiedenti, in definitiva, una valutazione prognostica degli effetti di una determinata attività, solamente un sindacato giurisdizionale di tipo debole, che cioè non consente un potere sostitutivo del giudice, tale da sovrapporre la propria valutazione tecnica (altrettanto opinabile) od il proprio modello logico di attuazione del concetto indeterminato all’operato dell’Autorità, ma che è limitato ad un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza (in termini, ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 1/10/2002, n. 5156; Cons. Stato, Sez. VI, 10/3/2004, n. 1213).
I descritti limiti risultano non rispettati dalle allegazioni in esame, che sono conseguentemente inammissibili.
Non appare inoltre, alla stregua della documentazione versata in atti, ed in particolare, ancora una volta, dello studio di impatto ambientale, della V.I.A. e dell’autorizzazione integrata ambientale, condivisibile la doglianza con cui si deduce la mancata considerazione dell’impatto della centrale elettrica sulle falde idriche.
Risultano infatti previsti sistemi di drenaggio delle acque superficiali ed impianti di trattamento dei reflui idonei ad escludere la contaminazione.
Quanto poi alla riduzione del prelievo idrico da 20 a 8 litri al secondo, appare null’altro che un’illazione l’ipotesi che si tratti di una “soluzione solamente dichiarata”.
7. - Con il sesto ed ultimo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 9 della direttiva 96/91/CE, che impone la prefissazione nell’autorizzazione integrata ambientale dei valori limite di emissione per le sostanze inquinanti che possono essere emesse dall’impianto, in ragione della loro natura e delle potenzialità di trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale all’altro.
La doglianza è destituita di fondamento.
Si evince infatti dalla lettura dell’autorizzazione integrata ambientale che l’Amministrazione ha esaminato la documentazione tecnica, anche quella predisposta per la V.I.A., stante il coordinamento tra le due procedure, concernente l’analisi e la valutazione dell’impianto, e poi, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, all’art. 2 del provvedimento, ha fissato i limiti di emissione in atmosfera, i limiti per gli scarichi idrici, ed i limiti per le emissioni acustiche.
Inoltre l’autorizzazione integrata ambientale contiene “prescrizioni progettuali” per le emissioni in atmosfera e per gli scarichi idrici.
8. - In definitiva, il ricorso n. 12140/06 del R.G. deve essere in parte respinto, ed in parte dichiarato inammissibile.
9. - Procedendo ora allo scrutinio del ricorso n. 263/07 R.G., occorre anzitutto esaminare l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva dei soggetti ricorrenti, svolta dalle parti resistenti nell’assunto che l’associazione “Rete Cittadina contro la Turbogas” non è associazione di protezione ambientale, e che gli altri deducenti difettano di una posizione legittimante.
L’eccezione è fondata con riguardo alla sola posizione dell’associazione “Rete Cittadina contro la Turbogas”.
Giova ricordare come la legittimazione al ricorso viene in casi del genere riconosciuta in base al criterio della “prossimità dei luoghi interessati”, ovvero della sussistenza di un “collegamento stabile” con la zona interessata alla realizzazione dell’opera (in termini Cons. Stato, Sez. IV, 15/11/2004, n. 7450).
Tale (prevalente) criterio giurisprudenziale della vicinitas trova il proprio fondamento nella disposizione di cui all’art. 10 della legge 6/8/1967, n. 765 (modificativo dell’art. 31 della legge urbanistica fondamentale); se vale per i titoli edilizi, a maggiore ragione può essere esteso agli insediamenti di discariche di rifiuti (Cons. Stato, Sez. II, 20/12/2007, n. 3077), ed anche, come nel caso di specie, agli atti autorizzativi della creazione e dell’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica (Cons. Stato, Sez. VI, 15/10/2001, n. 5411).
Non occorre la prova dell’esistenza di un danno concreto ed attuale al fine di impugnare provvedimenti di localizzazione di impianti ritenuti inquinanti, in quanto la questione della concreta pericolosità dello stesso, valutata alla luce dei parametri normativi, è questione di merito, mentre al fine di radicare la legittimazione e l’interesse al ricorso è sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni su di un territorio collocato nelle immediate vicinanze, ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata, quali residenti, o proprietari, o titolari di altre posizioni giuridiche soggettive rilevanti (in termini Cons. Stato, Sez. VI, 5/12/2002, n. 6657).
Una sostanziale conferma di tale indirizzo giurisprudenziale può rinvenirsi nell’art. 309 del c.d. codice dell’ambiente (di cui al d.lgs. 3/4/2006, n. 152), il quale riconosce il diritto di partecipazione al procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente a regioni ed enti locali, anche associati, nonché alle persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale, o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento.
L’applicazione di tale criterio, se vale a riconoscere la legittimazione dei singoli ricorrenti, i quali dichiarano (e la circostanza non è contestata) di essere residenti in Aprilia ed in un’area (secondo quanto successivamente precisato con la memoria depositata in data 6/3/07) adiacente al sito prescelto per la costruzione della centrale, comporta al contempo la negazione della legittimazione a ricorrere in capo all’associazione.
Non è stato versato in atti lo statuto dell’associazione, né appare documenta la relazione degli associati con il luogo prescelto per la costruzione della centrale.
Ed è evidente come il divieto di azione popolare sarebbe facilmente eluso ove si consentisse, in modo sganciato da ogni riferimento alla vicinitas, l’impugnazione di atti di localizzazione di impianti pericolosi a fini (latamente) ambientali da parte di gruppi di cittadini, organizzati in associazioni, e quindi prescindendo dal riferimento dell’associazione a determinate qualità dei partecipanti ed alle finalità di tutela di una determinata collettività (in termini, ancora, Cons. Stato, Sez. VI, 5/12/2002, n. 6657).
In sintesi, appare certamente prevalente la giurisprudenza che afferma la carenza di legitimatio ad causam di associazioni temporanee volte alla protezione degli interessi di soggetti che ne sono parte, risultando prive del carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio (Cons. Stato, Sez. V, 14/6/2007, n. 3191).
A ciò aggiungasi come, in generale, a fronte della legittimazione al ricorso prevista dall’art. 18, V comma, della legge 8/7/1986, n. 349 in favore delle associazioni ambientalistiche riconosciute con decreti ministeriali, si ammette, per le associazioni di fatto, e quindi meno stabili, come pure per i comitati, una legittimazione limitata al fine di spiegare un intervento ad adiuvandum, a condizione, ovviamente, che il loro statuto e le loro attività risultino effettivamente orientate alla protezione dell’ambiente e della salute in un territorio circoscritto.
In conseguenza di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile limitatamente alla “Rete Cittadina contro la Turbogas”.
10. - Con il primo motivo viene dedotta l’illegittimità dell’impugnata autorizzazione in considerazione del mancato coinvolgimento nella conferenza di servizi dei limitrofi comuni di Anzio e Nettuno, nonché della provincia di Roma, i cui rispettivi ambiti territoriali, a distanza d’aria, sono prossimi al sito di localizzazione dell’impianto.
La censura è inammissibile per carenza di interesse.
Ed invero, ad avviso del Collegio, i ricorrenti non possono far valere un vizio incidente sulla situazione giuridica di soggetti diversi, ed in particolare di Amministrazioni pubbliche, difettando il requisito dell’attualità e soprattutto della personalità dell’interesse al ricorso.
Tale soluzione trova conferma nella prescrizione dell’art. 8, IV comma, della legge n. 241/90, la quale configura l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento alla stregua di un’illegittimità relativa, che cioè può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.
Sembra peraltro di poter aggiungere che l’art. 1, III comma, della legge n. 55/02, nel prevedere il parere obbligatorio (seppure non vincolante) del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere, viene indirettamente a “confinare” l’ambito dei soggetti che risultano parti necessarie del procedimento conferenziale, così adempiendo ad una funzione di sicuro rilievo, specie con riguardo a vicende potenzialmente destinate a coinvolgere una molteplicità di soggetti.
Si intende cioè dire che la previsione di detto parere motivato da parte del comune e della singola provincia interessata, individuate sulla base del criterio territoriale (id est : del territorio ove devono essere realizzate le opere in progetto) assicura un sufficiente coinvolgimento degli enti locali in relazione agli interessi di cui sono portatori, con la conseguenza che gli interessi delle popolazioni residenti nei territori dei comuni limitrofi a quello nel cui territorio ricadono le opere sono stati ritenuti, ai sensi della norma predetta, adeguatamente tutelati dalla partecipazione al procedimento della provincia e della regione (così T.A.R. Lazio, Sez. II, 23/8/2005, n. 6267).
11. - Con il secondo mezzo di gravame si allega poi che in sede di conferenza di servizi i rappresentanti delle singole Amministrazioni partecipanti non avrebbero giustificato il proprio potere rappresentativo, dovendosi conseguentemente ritenere non legittimati ad esprimere la volontà dell’ente.
La censura non sembra cogliere nel segno.
Ed invero, a prescindere, anche in questo caso, dalla verifica dell’interesse in capo ai deducenti, deve considerarsi come a norma dell’art. 14 ter, VI comma, della legge generale sul procedimento amministrativo “ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi atraverso un unico rappresentante legittimato, dall’organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell’amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa”.
Si evince da tale norma, in coerenza con le esigenze di celerità e semplificazione che ispirano la conferenza di servizi, come ciò che importa sia l’effettiva sussistenza del potere di rappresentanza degli enti invitati in capo ai partecipanti, e non anche la documentazione formale dello stesso (in termini Cons. Stato, Sez. VI, 7/8/2003, n. 4568), con conseguente irrilevanza anche dell’istanza istruttoria.
Inoltre l’assunto di parte ricorrente appare troppo sbilanciato sullo strumentario del diritto privato, e non tiene conto che nel diritto pubblico, che si avvale del rapporto organico, opera la formula organizzatoria della delega, e non occorre, in linea di principio, una procura per poter efficacemente esprimere la volontà dell’Amministrazione.
12. - Con il terzo motivo si deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato perché asseritamente affetto da una carenza di istruttoria che avrebbe precluso di ponderare la reale incidenza delle emissioni inquinanti della centrale (specie polveri sottili PM10), tanto per inalazione, quanto per ingestione, sulla salute della popolazione nel contesto ambientale di Aprilia, già pregiudicato da molteplici fattori di inquinamento, sia di provenienza industriale, sia derivante dalle arterie stradali.
La censura deve essere disattesa.
Occorre muovere dalla considerazione che il giudizio positivo di compatibilità ambientale (il quale, per le ragioni esposte al precedente punto sub 6, non può essere in questa sede posto in discussione), con riferimento alla componente atmosfera, afferma che “la caratterizzazione della qualità dell’aria ante operam … non evidenzia situazioni di particolare criticità anche tenendo conto del fatto che le misure si riferiscono a contesti urbani (centralina di Aprilia), ovvero ad aree nelle immediate vicinanze della SS 207 Nettunense (campagna effettuata sul sito) e sono quindi da considerarsi ampiamente conservative” e, con riguardo alla situazione post operam, che “dall’analisi dei dati considerati si può desumere che l’impatto sulla componente atmosfera dovuto all’esercizio della centrale appare in tutti i casi modesto rispetto alla situazione ante operam”.
Ciò significa che devono ritenersi rispettati dall’opera assentita i parametri stabiliti dalla normativa vigente; inoltre l’autorizzazione ha imposto prescrizioni ulteriori costituenti misure precauzionali finalizzate ad evitare il superamento del rischio consentito, e dunque proprio a garantire il bene salute.
Ogni altra considerazione esorbita dai limiti di quel sindacato debole che può essere svolto dal giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche complesse, del tipo di quelle che vengono in rilievo nella verifica dell’impatto ambientale di un impianto di produzione di energia elettrica.
13. - Con il quarto motivo si lamenta poi il fatto che l’a.i.a. non sia stata preceduta da un progetto tecnico di dettaglio, fondandosi sull’attività istruttoria precedentemente compiuta.
La censura è infondata per le ragioni esposte al punto sub 4) della presente motivazione, cui, per brevità, si rinvia.
Essendo consentito dalla disciplina transitoria, l’a.i.a. è stata effettuata sulla base del progetto preliminare, mentre la redazione del piano di monitoraggio e controllo e del piano di gestione ambientale è stata prescritta per un momento successivo alla redazione del progetto di dettaglio, comunque prima dell’entrata in esercizio dell’impianto.
14. - Anche il quinto mezzo di gravame, rivolto avverso l’autorizzazione integrata ambientale, deve essere disatteso.
Anzitutto, deve essere esclusa la violazione dell’art. 9 della direttiva 96/91/CE, atteso che, in realtà, l’art. 2 del provvedimento ha prefissato i limiti di emissione in atmosfera, i limiti per gli scarichi idrici ed i limiti per le emissioni acustiche, aggiungendo in tale prospettiva specifiche prescrizioni progettuali.
Allo stesso tempo, la documentazione in atti induce ad escludere che sia stata sottovalutata l’incidenza degli effetti sulle falde acquifere, in quanto sono previsti sistemi di drenaggio delle acque superficiali ed impianti di trattamento dei reflui idonei ad evitare la contaminazione.
Per quanto concerne poi l’asserito mancato apprezzamento del rischio di incidente rilevante, riferito a taluni stabilimenti siti nelle vicinanze del luogo prescelto per la centrale (la quale, di per sé, non è stabilimento a rischio ai sensi del d.lgs. n. 334/99), occorre rilevare come, cotrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, il provvedimento di autorizzazione abbia tenuto conto di ciò, secondo quanto è dato inferire, tra l’altro, dalle prescrizioni del Ministero dell’Interno.
In ogni caso, come si desume dal “piano di emergenza”, l’area della centrale non è interessata dagli effetti delle attività svolte negli stabilimenti a rischio di incidente, essendo state individuate tre aree concentriche, per il caso di incidente, non interferenti con la centrale.
15. - Con il sesto mezzo viene contestata la delibera di G.R. n. 597 del 18/9/06 contenente la prescritta intesa con il M.S.E. per l’installazione e l’esercizo della centrale, deducendosene la contraddittorietà con la precedente delibera n. 767 dell’1/8/03 che aveva ritenuto la necessità, per il Comune di Aprilia, di dotarsi di un piano di azione per il risanamento della qualità dell’aria.
Anche tale motivo è infondato.
L’intesa regionale è infatti congruamente motivata con riferimento alle risultanze dell’istruttoria condotta in sede di V.I.A. e di autorizzazione integrata ambientale, e prende a parametro i criteri di valutazione dell’accordo Stato/Regioni del 5/9/02.
Ora, anche a prescindere dall’ulteriore considerazione che l’intesa è subordinata a prescrizioni, è evidente che non può ravvisarsi contraddittorietà fra provvedimenti che rispondono a differenti profili funzionali.
La delibera n. 767/03 è infatti estranea al procedimento finalizzato all’autorizzazione della costruzione della centrale, costituendo atto di classificazione del territorio regionale.
Resta fermo peraltro quanto si è già in precedenza sottolineato, in ordine al fatto che l’istruttoria compiuta nell’ambito del procedimento di V.I.A. non ha evidenziato alcun profilo di criticità relativo all’incidenza della centrale sui valori di concentrazione di PM10; inoltre la centrale non supera i limiti di emissione previsti dalla normativa con riguardo ai singoli impianti.
16. - Discende da quanto esposto che il ricorso n. 263/07 R.G. deve essere in parte dichiarato inammissibile, ed in parte respinto.
17. - Procedendo ora allo scrutinio del ricorso n. 6142/07 R.G., deve essere anzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti, svolta da Sorgenia nell’assunto che gli stessi non abbiano dimostrato la (affermata) titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata.
Ed infatti i ricorrenti (con l’eccezione, forse, della sig.ra Laurenzi Monica) allegano la loro condizione, evidenziante un collegamento stabile, di residenti in zone adiacenti a quella di localizzazione della centrale, ovvero di titolari di imprese agricole, od ancora di soggetto che lavora in prossimità della medesima e fanno dunque valere, denunciando l’illegittimità della scelta effettuata dall’Amministrazione, un interesse a preservare la salute di chi vive nel territorio, ed anche il valore economico del fondo situato nelle vicinanze dell’impianto.
18. - Né maggiore pregio ha l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, argomentata in considerazione del fatto che la causa petendi è la tutela della salute, diritto indegradabile rimesso alla cognizione del giudice ordinario.
E’ sufficiente, a questo proposito, ricordare come l’art. 1, comma 552, della legge 30/12/2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) prescriva che “le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al d.l. 7/2/2002, n. 7, convertito … dalla legge 9/4/2002, n. 55, e le relative questioni risarcitorie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Alle controversie di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui all’art. 23 bis della legge 6/12/1971, n. 1034”.
Detta norma è stata ritenuta legittima (melius : conforme all’art. 103 della Costituzione) dalla Corte costituzionale con la sentenza 27/4/2007, n. 140, nella duplice considerazione che l’oggetto delle controversie devolute al giudice amministrativo è rigorosamente circoscritto a particolari “procedure e provvedimenti” concernenti una materia specifica, e che nessun principio o norma riservano esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti costituzionalmente protetti.
Né sussistono argomenti di ordine esegetico per escludere dalla portata della norma suddetta il caso in cui, come è nella fattispecie in esame, l’azione sia esercitata da un soggetto terzo che si oppone alla realizzazione ed all’esercizio dell’impianto di generazione di energia elettrica.
19. - Al contempo, la legitimatio ad causam dei ricorrenti non può ritenersi esclusa dalla proposizione di autonomo ricorso da parte del Comune di Aprilia, atteso che gli stessi non esercitano un’azione popolare (di tipo sostitutivo o suppletivo) ai sensi dell’art. 9, I e II comma, del T.U.E.L. (d.lgs. 18/8/2000, n. 267), ma, a vario titolo, fanno valere interessi sostanziali anche propri, cioè riconducibili, in diversa misura ed intensità, anche alla loro sfera giuridica.
20. - Poste queste premesse, può ora esaminarsi il primo motivo del ricorso, con cui si deduce la violazione delle norme che regolamentano il “dissenso qualificato” (perché concernente interessi sensibili) insorto in seno alla conferenza di servizi, lamentando in particolare la mancata devoluzione della decisione sul punto ad una superiore istanza.
Il motivo è infondato per le ragioni illustrate al punto sub 1) della presente motivazione, cui si fa integrale rinvio.
21. - Con il secondo motivo, indirizzato avverso l’autorizzazione integrata ambientale, viene poi dedotta la violazione dell’art. 5, IX comma, dell’art. 7, VI comma, nonché dell’art. 17, II comma, del d.lgs. n. 59/2005, lamentandosi la mancata nomina di una commissione istruttoria, la mancata prefissazione delle modalità di controllo delle emissioni, nonché il mancato rispetto del termine perentorio di 60 giorni per l’adozione dell’autorizzazione in questione.
Il motivo è in parte fondato, e meritevole dunque di accoglimento.
Con maggiore precisione, richiamando quanto supra esposto (al punto sub 4), occorre ribadire che il procedimento in esame si è svolto dapprima sotto il vigore della sola legge n. 55/02, mentre poi, ratione temporis (o meglio, in forza del principio tempus regit actum), ha trovato applicazione anche il d.lgs. n. 59/05 (di attuazione della direttiva 96/61/CE), con la conseguenza che l’autorizzazione unica di cui all’art. 1 della legge n. 55/02 non ha più “assorbito” l’a.i.a.
La disciplina transitoria giustifica la mancata applicazione dell’art. 5, IX comma, che attribuisce ad una Commissione istruttoria IPPC il compito di fornire all’Autorità competente un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati; per altro verso, occorre segnalare che il piano di monitoraggio e controllo è stato previsto per il momento di entrata in esercizio dell’impianto, senza che in ciò possa ravvisarsi la dedotta violazione dell’art. 7, VI comma, del d.lgs. n. 59/2005, il quale si limita a richiedere che l’a.i.a. contenga gli “opportuni requisiti di controllo delle emissioni”.
E’ ravvisabile invece, ad avviso del Collegio, la violazione dell’art. 17, II comma, del d.lgs. n. 59/2005, norma disponente che “il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio adotta le determinazioni relative alla autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai principi del presente decreto, entro il termine perentorio di 60 giorni decorrente dal rilascio della valutazione di impatto ambientale. Per gli impianti già muniti di V.I.A., il predetto termine di 60 giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei casi di inutile scadenza del termine previsto dal presente comma, o di determinazione negativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, la decisione definitiva in ordine all’autorizzazione integrata ambientale è rimessa al Consiglio dei Ministri”.
Occorre considerare infatti che se, come condivisibilmente allegato da Sorgenia, l’art. 5, IX comma, non è invocabile nel procedimento in questione, perchè afferente al regime ordinario di a.i.a., deve però trovare coerente applicazione la ora ricordata disciplina transitoria di cui all’art. 17.
In particolare, trattandosi di impianto già munito di valutazione di impatto ambientale, il termine perentorio di sessanta giorni per l’adozione dell’autorizzazione integrata ambientale decorre dal 7/5/05, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 59/05, mentre detto provvedimento è intervenuto solamente il 16/5/06.
La violazione del termine (finale) del procedimento non appare giustificata dal fatto che lo stesso sia stato sospeso in applicazione analogica di quanto previsto dall’art. 5, XIII comma, del d.lgs. n. 59; come allegato dalla stessa società controinteressata, l’integrazione della documentazione è stata chiesta dal Ministero dell’Ambiente in data 16/5/05 ed è stata effettuata da Sorgenia il successivo 20/6/05.
Anche individuando in questa data il dies a quo, risulta egualmente ampiamente superato il termine perentorio di 60 giorni.
Né appare condivisibile l’assunto defensionale di Sorgenia secondo cui alla data del 7/7/05 era comunque intervenuta la “Relazione sull’attività pre - istruttoria”, dovendosi pertanto ritenere adottate le determinazioni relative all’a.i.a.
Ed invero, nonostante la ridondanza della littera legis, la ratio della medesima è nel senso che nel termine di sessanta giorni deve intervenire il provvedimento finale, decisorio, di autorizzazione, non essendo sufficiente il completamento della fase istruttoria, come bene si evince anche dall’equiparazione legislativa del caso di “inutile scadenza del termine” con quello di “determinazione negativa”.
In altri termini, la disciplina transitoria impone un termine perentorio per l’adozione del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale, e dunque enuclea il termine finale del procedimento, ovviamente non coincidente con le scansioni delle singole fasi dell’iter procedimentale.
Non appare al Collegio neppure sostenibile che l’illegittimità dell’a.i.a. non possa incidere sul decreto di autorizzazione unica (alla realizzazione ed esercizio dell’impianto), implicando detto assunto l’esclusione del rapporto di presupposizione tra i due atti.
Anzitutto non è dirimente a tale fine la circostanza che l’art. 1, II comma, della legge n. 55/02 affermi che (solamente) l’esito della V.I.A. costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio; a privare di valore tale dato letterale concorre anche la considerazione che la norma in esame, fino al recepimento della direttiva 96/61/CE, prevedeva l’”assorbimento” dell’a.i.a. nell’autorizzazione unica del M.A.P.
D’altro canto, ad attribuire un’efficacia vincolante alla sola V.I.A., magari nella considerazione che (a differenza della V.I.A.) l’autorizzazione integrata ambientale concerne il funzionamento dell’impianto, e dunque il momento gestionale, si verrebbe a privare di ogni valenza precettiva l’ordo productionis prefigurato dal legislatore, per il quale entrambi questi atti devono precedere l’autorizzazione a costruire ed esercire l’impianto di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici (secondo quanto previsto non solo dall’art. 1 della legge n. 55/02, ma anche dall’art. 1, III comma, del d.lgs. n. 59/05).
Non sembra invero revocabile in dubbio che tra l’a.i.a. e l’autorizzazione unica vi sia un nesso di presupposizione; sia nell’ambito del procedimento unico, che nel sistema del d.lgs. n. 59/05 i vari “segmenti procedimentali” non sono tra loro autonomi, ma legati da vincoli di derivazione, differenziandosi solamente per il fatto che enucleano nel primo caso una connessione endoprocedimentale, e nel secondo caso una connessione interprovvedimentale (venendo, a ben vedere, in rilievo un’accezione sostanziale di presupposizione, mentre generalmente prevale la dimensione processuale dell’atto presupposto, riflettentesi sul piano della tecnica processuale).
Non occorre dunque indugiare sulla natura (od intensità) di tale nesso di presupposizione, ovvero verificare se l’a.i.a. si ponga o meno come presupposto unico dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto di produzione elettrica, in quanto ciò rileva nella prospettiva dell’illegittimità derivata, e cioè per discernere tra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante nel caso di annullamento dell’atto presupposto (la distinzione risale alle decisioni del Cons. Stato, Ad. Plen., 19/10/1955, n. 17 e 27/10/1970, n. 4).
In entrambi i casi è ravvisabile un’obiettiva incidenza dell’annullamento dell’atto presupposto sull’atto coneguenziale, che ne rimane comunque “pregiudicato”; differente è l’entità del pregiudizio, che, nel caso di invalidità ad effetto caducante, comporta l’automatico travolgimento dell’atto successivo, mentre nel caso di illegittimità ad effetto viziante richiede un’autonoma impugnativa dell’atto consequenziale.
Ciò che rileva nel presente giudizio è dunque la fattispecie precettiva, che vale ad escludere la configurabilità dell’a.i.a. come un mero atto preparatorio; l’autorizzazione integrata ambientale si configura come atto rilevante il cui effetto entra a fare parte della fattispecie autorizzatoria principale.
Ciò trova conferma sul piano sostanziale, come bene si comprende considerando che l’a.i.a. si colloca nell’ambito di un procedimento (autorizzatorio) propedeutico all’esercizio di rilevanti attività industriali, finalizzato a stimare l’insieme delle conseguenze dirette ed indirette sull’ambiente, ed improntato a criteri di prevenzione e precauzione.
Il nesso telelologico sostanziale tra a.i.a. ed autorizzazione all’impianto si traduce in un nesso di presupposizione giuridica, per effetto del quale l’illegittimità dell’atto presupposto (a.i.a.) si estende per rifrazione sull’atto consequenziale (autorizzazione ex art. 1 della legge n. 55/02).
In tali termini il ricorso n. 6142/07 R.G. deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’autorizzazioe integrata ambientale ed, in via derivata, dell’autorizzazione per la costruzione e gestione della centrale elettrica.
22. - Alla stregua di quanto precede, il ricorso n. 12140/06 ed il ricorso n. 263/07 del R.G. devono essere in parte respinti ed in parte dichiarati inammissibili, mentre il ricorso n. 6142/07 del R.G. deve essere accolto nei sensi di cui alla precedente motivazione.
Sussistono giusti motivi per compensare tra tutte le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione III Ter, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, così decide : a) li riunisce; b) in parte respinge, ed in parte dichiara inammissibili i ricorsi n. 12140/06 e n. 263/07 del R.G.; c) accoglie il ricorso n. 6142/07 del R.G., e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, nei sensi di cui in motivazione.
Compensa tra tutte le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.2008.
Italo Riggio Presidente
Stefano Fantini Componente, Est.