Cass. Sez. I sent. 40034 del 14 ottobre 2009 (Cc 30 set. 2009)
Pres. Chieffi Est. Piraccini Ric. Franco ed altri
Ambiente in genere. Frane

Sull\'ammissibilità del sequestropreventivo di terreni ed edifici in relazione al reato di cui all\'articolo 677 comma terzo Cod. pen.

Il Tribunale del riesame di Isernia rigettava l’istanza di riesame proposta da Pota Elpidio, Onorato Giovanni, Terno Pietro e Franco Luisa verso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP della stessa città, avente ad oggetto un campo da calcetto e vari fabbricati in relazione al reato di cui all’art. 677, 3 comma, c.p.
Il sequestro era stato disposto in quanto era in atto un evento franoso a valle degli edifici, dovuto alla presenza di terreno di riporto sotto i fabbricati, inserito per eliminare il dislivello su cui erano stati costruiti, nonché dovuto alla mancanza di fognature e di un sistema drenante idoneo a facilitare il deflusso delle acque, per cui sussisteva un imminente pericolo per la pubblica incolumità derivante dal possibile allargamento del fenomeno franoso. Sussisteva quindi sia il fumus boni juris del reato di cui all’art. 677 c.p. sia il periculum in mora, confortato anche dalla consulenza di parte prodotta dalla difesa dalla quale emergeva che le abitazioni dei ricorrenti distavano dal fronte della frana dai 3 ai 10 metri. La circostanza che all’interno delle abitazioni non fossero state rilevate fessure non riduceva l’allarme, vista la vicinanza del fronte franoso e la necessità di interventi immediati per mettere in sicurezza gli edifici, per cui non era possibile lasciare detti edifici nella libera disponibilità stante la pericolosità di un crollo.
L’individuazione dei dati catastali dei beni sottoposti a sequestro era stata corretta tanto che tutti i soggetti che avevano proposto riesame avevano confermato di essere i proprietari di quegli appartamenti e l’eventuale errore dell’individuazione del numero degli interni condominali era privo di effetti ai fini del sequestro.
Avverso la decisione presentavano ricorso gli istanti e deducevano violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla individuazione negli attuali ricorrenti degli indagati mentre essi erano da considerarsi persone offese del reato; omessa considerazione della mole enorme di dati tecnici raccolti dalla difesa dai quali emergeva l’insussistenza del reato e di ogni situazione di pericolosità; difetto di motivazione per aver fondato la decisione su dati raccolti da persone della P.G. incompetenti in materia; travisamento dei fatti in relazione alla identificazione dei proprietari avvenuta senza aver effettuato visure catastali ed esecuzione dei sequestri su particelle non coinvolte nell’evento franoso; omessa individuazione dei beni esposti a pericolo e travisamento dei risultati della consulenza di parte ed anche delle considerazioni espresse dall’Ufficio tecnico del Comune che aveva voluto rassicurare sulla stabilità degli edifici osservando che erano stati costruiti su pali. Non sussisteva il fumus commissi delicti in capo agli indagati in quanto costoro non potevano rispondere del reato di cui all’art. 677 c.p. visto che l’evento franoso non nasceva dal bene di loro proprietà e non potevano mettere in sicurezza nulla visto che non competeva a loro ma al proprietario del terreno e comunque per ogni azione di loro competenza doveva provvedere l’amministratore di condominio e non i singoli proprietari di appartamenti.
La Corte ritiene che i ricorsi debbano essere rigettati.
Deve in primo luogo rilevarsi che il tribunale ha correttamente individuato il fumus commissi delicti nella circostanza che i beni immobili sequestrati sono la causa dell’evento franoso, per le modalità con le quali sono stati costruiti e per la mancanza di fognature e di sistemi di filtraggio dell’acqua, e nel fatto che l’omessa esecuzione dei lavori, necessari per consentire il drenaggio del terreno, determina il concreto pericolo dell’estendersi del fenomeno franoso e della rovina degli edifici con conseguente pericolo per le persone circolanti in prossimità delle case, dei giardini e del campo di calcio. Inoltre la prossimità del fronte franoso alle case rende imminente il pericolo, fino ad ora scongiurato probabilmente proprio dalla palificazione delle fondamenta e in tal senso deve essere corretta la motivazione che aveva travisato sul punto la relazione tecnica
Quanto al periculum in mora correttamente ne ha ravvisato la sussistenza nella circostanza che la libera disponibilità del bene consentirebbe la libera utilizzazione delle aree di proprietà ed il pericolo concreto che ulteriori smottamenti o la rovina degli edifici possa coinvolgere persone.
Lo strumento del sequestro è stato ritenuto idoneo ad impedire che il reato venga portato a ulteriori conseguenze in quanto l’unico tipo di utilizzo del bene consentito è quello volto all’eliminazione della causa dello smottamento, così come emerge dalla ordinanza del Tribunale e dalla relazione a firma del geometra e dell’ingegnere dell’Ufficio Tecnico del Comune, almeno fino a quando i proprietari non si siano attivati per eliminare la causa del pericolo.
Per quanto attiene agli altri motivi di ricorso deve rilevarsi che la motivazione appare congrua e logica, rispettosa dei criteri di diritto fissati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla fase cautelare in cui ci si trova Di contro i motivi di ricorso contestano l’interpretazione che di determinati fatti hanno operato i giudici di merito ed è operazione non consentita in sede di legittimità. Anche i motivi denominati travisamento del fatto costituiscono una richiesta di rivalutazione di fonti di prova e non tengono conto della concretezza del pericolo come emerge dal materiale fotografico presente in atti e richiamato dalla stessa ordinanza. Ogni questione attinente all’esatta individuazione dei responsabili del reato ha avuto adeguata risposta da parte del tribunale con riguardo all’individuazione dei beni oggetto di sequestro sulla base delle particelle catastali.
I ricorrenti debbono essere condannati singolarmente al pagamento delle spese processuali.