Cass. Sez. III n. 14285 del 14 aprile 2010 (Ud. 12 gen. 2010)
Pres. Lupo Est. Marmo Ric. Montella
Alimenti. Vendita di sostanze alimentari mescolate a sostanze di qualità inferiore
L'integrazione della fattispecie criminosa di cui all'art. 5, comma primo, lett. a) L. 30 aprile 1962, n. 283, non necessita della consegna del prodotto, in quanto il reato si consuma nel momento in cui la sostanza alimentare viene preparata e confezionata, pronta per essere consegnata. (Fattispecie di detenzione di mozzarella di bufala per qualità diversa da quella dichiarata in quanto mescolata a latte vaccino).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 12/01/2010
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 21
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARMO Margherita - rel. Consigliere - N. 28937/2009
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MONTELLA ARMANDO, N. il 26 febbraio 1963;
avverso la SENTENZA n. 37/2008 TRIB. SEZ. DIST. di CAVA DÈ TIRRENI del 09/04/2009;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARMO MARGHERITA;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avvocato Correra Carlo che ha chiesto l'accoglimento del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata il 9 aprile 2009 il Giudice Monocratico di Salerno, sezione distaccata di Cava dei Tirreni, dichiarava MONTELLA Armando colpevole del reato previsto e punito dall'art. 81 cpv. c.p. e L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. a, in relazione alla citata Legge, art. 6 perché, nella esecuzione di un medesimo disegno criminoso e nella qualità di legale rappresentante del caseificio "La Tramontana" sito in Cava de Tirreni, preparava per la vendita il prodotto lattiero caseario: "mozzarella di bufala campana" che, per qualità, era diverso da quello dichiarato in quanto mescolato a sostanze di qualità inferiore, quali il latte vaccino, (per fatto commesso in Cava dei Tirreni in data antecedente e prossima al 31 luglio 2006), e, riconosciute le attenuanti generiche, aveva condannato l'imputato alla pena di Euro 10.000,00 di ammenda, con pena sospesa.
Ha proposto ricorso per cassazione il Montella chiedendo l'annullamento dell'impugnata sentenza per i motivi che saranno nel prosieguo esaminati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, per ragioni di logica pronta, vanno esaminati congiuntamente.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'erronea interpretazione ed applicazione della norma di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b con riferimento alla corretta interpretazione e applicazione della norma di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. a) riferita al momento consumativo del reato.
Rileva la difesa dell'imputato che il testo normativo sanziona la condotta di chi venda, detenga per vendere o somministrare o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari mescolate a sostanze di qualità inferiore.
Nel caso in esame, trattandosi di merce prodotta per essere venduta, destinata al mercato degli Stati Uniti, il momento di consumazione del reato non è quello in cui il prodotto viene fabbricato ma quello in cui il prodotto viene sottoposto a tutte le verifiche finali previste dalla normativa per poter essere immesso al consumo. In proposito il Montella: a) aveva fatto richiesta di certificazione al competente Servizio Veterinaio dell'ASL e quest'ultimo, per rilasciarla, aveva campionato e sottoposto ad analisi la mozzarella de quo. Pertanto solo al momento del rilascio della suddetta certificazione il formaggio sarebbe stato pronto per l'immissione in commercio ovvero per la spedizione negli Stati Uniti;
b) contemporaneamente, in ottemperanza alle vigenti disposizioni in materia di autocontrollo per le aziende alimentari, l'imputato aveva inviato un campione della stessa mozzarella ad un laboratorio esterno incaricato dell'autocontrollo aziendale e solo all'esito favorevole di tale autocontrollo avrebbe disposto per l'immissione in commercio del formaggio in questione.
Secondo la difesa del ricorrente doveva quindi concludersi che, al momento della campionatura da parte del Servizio Veterinario, il prodotto un questione non poteva reputarsi pronto per la consegna e non era neppure qualificabile come detenuto per la vendita o per la distribuzione al consumo.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce che al momento dell'accertamento la mozzarella non poteva ritenersi ne' sul piano giuridico ne' sul piano fattuale pronta per la consegna in quanto: A) non era ancora pervenuto all'imputato il certificato delle analisi richieste al laboratorio esterno di autocontrollo, analisi al cui esito favorevole soltanto il produttore può immettere sul mercato un prodotto alimentare; B) ancora non era stato rilasciato dall'ASL, il cui intervento era stato richiesto dall'imputato medesimo, il certificato di conformità indispensabile per poter avviare la spedizione negli Stati Uniti della partita di mozzarella di bufala campana.
In altri termini, ne' sul piano giuridico ne' su quello fattuale poteva considerarsi la merce pronta per la immissione in commercio quanto piuttosto in uno stadio anteriore e privo di rilevanza penale. Si trattava quindi di fatti preparatori non punibili. In ordine ai motivi il Collegio rileva che all'imputato è stato contestato il reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5 che al comma 1, lett. a) stabilisce che "è vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari: a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto il disposto da leggi e regolamenti speciali". Nel caso in esame è contestata la preparazione di mozzarella definita come mozzarella di bufala campana che conteneva una quantità di latte di specie bovina nella misura del 51%, in violazione quindi di quanto indicato sull'etichetta del prodotto.
Trattandosi di prodotto già preparato ed etichettato al momento dell'accertamento si era già consumata la violazione, non essendo necessaria la consegna del prodotto.
Sono quindi indifferenti, ai fini del decidere, i rilievi dell'imputato in ordine alla destinazione all'estero del prodotto ed al mancato esaurimento delle procedure relative a tale destinazione e vanno quindi respinti perché infondati i primi due motivi di ricorso.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la carenza di motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato in quanto lo stesso Tribunale aveva rilevato che non era emersa la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, della consapevolezza da parte dell'imputato che si trattasse di merce diversa da quella dichiarata.
In ordine al motivo il Collegio rileva che, come ha correttamente precisato il Tribunale, trattandosi di contravvenzione, è sufficiente la mera colpa ai sensi dell'art. 43 c.p.. Tale colpa può quindi consistere anche in mera negligenza nelle dovute verifiche sulla conformità alla normativa del prodotto alimentare preparato o detenuto per la vendita e nel caso in esame era stato accertato che la merce etichettata come "mozzarella di bufala" conteneva, in misura maggiore della metà, latte di vacca con conseguente violazione della cit. L. n. 283 del 1962, art. 5. Va quindi respinto anche il terzo motivo di ricorso. Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010