Le sanzioni applicabili al gestore di un impianto soggetto ad A.I.A. in caso di superamento dei limiti massimi di emissione dei parametri previsti dalla normativa in materia di scarichi idrici il cui rispetto sia stato imposto dal provvedimento di autorizzazione
di Sabrina BIGATTI
Nel presente articolo intendo affrontare, sia pure per cenni, il problema relativo all’ individuazione delle sanzioni da applicare ai gestori di impianti soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale ( di seguito “A.I.A.”) in caso di violazione di prescrizioni che impongono il rispetto di obblighi previsti da normative di settore .
In particolare mi riferisco alle ipotesi in cui il provvedimento di A.I.A. imponga, con apposite prescrizioni, l’obbligo di rispettare i limiti massimi di emissione previsti dal D.lgs 152/06 s.m.i. (c.d. Testo Unico Ambientale, di seguito “T.U.A.”) relativi alla tutela delle acque dall’inquinamento.
E’ noto che la disciplina vigente sulla tutela delle acque ( contenuta nella parte III sezione II titolo III del T.U.A.) è improntata ad un sistema sanzionatorio c.d. a doppio binario: infatti l’art. 137 co.5 del T.U.A. punisce con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro “chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del decreto” ( si pensi ad esempio al superamento dei limiti previsti per il parametro Cromo) ”superi i valori limite fissati nella tabella per il superamento dei limiti fissati nella tabella 3” ; l’art. 133 co.1 del T.U.A. punisce con la sanzione amministrativa da Euro tremila a Euro trentamila “chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’allegato 5 alla parte terza” del decreto ( si pensi ad esempio al superamento del parametro COD) .
L’art. 29 quattuordecies co.2 ( contenuto nella parte I del T.U.A., relativa alla normativa vigente in materia di A.I.A.) prevede, dal canto suo, l’applicazione “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, della pena dell’ammenda da euro cinquemila a euro ventiseimila nei “confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente”.
Il dilemma che si impone agli organi di controllo, per sintetizzare, è il seguente: in caso di superamento dei limiti massimi di emissione agli scarichi idrici da parte di gestori di impianti soggetti ad A.I.A. si applicherà la sanzione penale prevista dall’ art. 29 quattuordecies co.2 del T.U.A. oppure, a seconda dei casi, le sanzioni rispettivamente amministrativa e penale previste dagli artt. 133 co.1 e 137 co.5 del T.U.A.?
La questione è piuttosto complessa e sembra utile richiamare le soluzioni che sono state sino ad oggi proposte.
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applicabilità in ogni caso dell’art. 29 quattuordecies co.2 del T.U.A. (sanzioni A.I.A.)
Secondo una prima impostazione si dovrebbe, in ogni caso, applicare la sanzione penale prevista dall’art. 29 quattuordecies co.2 del T.U.A. in virtù del co.10 del medesimo articolo il quale recita: “ Per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del presente decreto, dalla data di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore, relative a fattispecie oggetto del presente articolo”.
Ne deriva che dovrebbe trovare applicazione la sanzione prevista dall’art.29 quattuordecies co.2 sia nel caso di superamento dei limiti tabellari di cui alla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del T.U.A. per i parametri non rientranti nella tabella 5 ( ad es. COD, illecito sanzionato, di regola, in via amministrativa ex art. 133 co.1 ) sia nel caso di superamento dei limiti tabellari previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5 della parte terza del T.U.A. in relazione alle sostanze elencate nella tabella 5 ( ad es. cromo, illecito sanzionato penalmente dall’art.137 co.5).
Questa tesi, che apparentemente rispetta il tenore letterale dell’art. 29 quattuordecies co.2, non pare condivisibile in quanto accoglierla significherebbe trattare in modo uguale situazioni disomogenee con conseguente violazione dell’art. 3 della Costituzione ( principio di uguaglianza o di non discriminazione).
Infatti , ad esempio, per il superamento dei limiti del parametro cromo verrebbe punito più severamente il titolare di un impianto non soggetto ad A.I.A. rispetto al gestore di un impianto soggetto ad A.I.A. con evidente disparità di trattamento per i gestori di impianti potenzialmente meno inquinanti.
2) concorso formale di illeciti
In base ad una seconda impostazione si dovrebbero applicare, nell’ipotesi considerata, sia l’art. 29 quattuordecies co.2 , sia , di volta in volta, l’art. 137 co.5 ovvero l’art. 133 co.1., configurandosi una ipotesi di concorso formale eterogeneo di illeciti (che si realizza allorquando con una sola azione od omissione si violano più disposizioni sanzionatorie).
Il trattamento sanzionatorio andrebbe regolato in caso di violazione delle disposizioni penali in questione (art. 137 co.5 e art. 29 quattuordecies co.2) dall’art. 81 co.1 c.p. che comporta l’applicazione al trasgressore della sanzione prevista per l’illecito piu’ grave aumentata fino al triplo .
In caso di violazione dell’art. 29 quattuordecies co.2 e dell’art. 133 co.1 troverebbero applicazione sia la sanzione penale sia la sanzione amministrativa.
3) concorso apparente di norme
Ad un attento esame dell’apparato normativo sembra più corretto inquadrare il rapporto tra le disposizioni in questione nell’ambito del concorso apparente di norme con conseguente individuazione della norma applicabile in base al principio di specialità previsto sia dall’art. 15 del c.p. sia dall’art 9 co.1 della L. 689/81 s.m.i. .
Giova ricordare, per altro, ai fini di una corretta impostazione del problema, che un altro criterio risolutivo dei concorso apparente di norme è quello di sussidiarietà che opera quando la disposizione che viene di volta in volta in considerazione, contiene formule del tipo “salvo che il fatto costituisca reato” o (nel caso di concorso tra norme penali) “ salvo che il fatto costituisca più grave reato “.
Per comodità esaminero’ in prima battuta il concorso tra illecito penale e illecito amministrativo in quanto le osservazioni inerenti a questo aspetto ci serviranno per risolvere il concorso tra illeciti penali.
3. a) illecito previsto dall’art. 29 quattuordecies co.2 del T.U.A. (violazione delle prescrizioni AIA) e illecito previsto dall’art. 133 co.1 del T.U.A. ( superamento dei limiti massimi di emissione di cui alla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del T.U.A. ) – Concorso apparente di norme: applicabilità dell’art. 133 co.1 in base al principio di specialità
Ad un esame superficiale, in caso di superamento dei limiti di emissione del parametro COD da parte del gestore di un impianto A.I.A. il cui rispetto sia stato prescritto nel provvedimento, dovrebbe trovare applicazione l’art. 29 quattuordecies (norma AIA) in quanto, per il principio di sussidiarietà, l’art. 133 co.1, trova applicazione “salvo che il fatto costituisca reato”.
A diverse conclusioni, tuttavia, si perviene, ove si ponga mente all’ esatta descrizione dell’illecito in base al principio di tassatività ( che è uno dei capisaldi dell’ordinamento penale italiano).
Da questo punto di vista si evidenzia che la condotta incriminata dall’art. 29 quattuordecies co.2 del D.Lgs 152/06 s.m.i. consiste nella “ violazione di prescrizioni” , quella sanzionata dall’art. 133 co.1 è, invece, “il superamento dei limiti massimi di emissione”.
Il co. 10 dell’art. 29 quattuordecies co.2 , dal canto suo, dispone espressamente, l’inapplicabilità, una volta rilasciata l’A.I.A., delle sanzioni “previste da norme di settore, relative A FATTISPECIE OGGETTO DEL PRESENTE ARTICOLO”.
La domanda che ci si deve porre è la seguente: la fattispecie relativa alla “violazione delle prescrizioni”, prevista dall’art. 29 quattuordecies co.2 del T.U.A, è prevista anche da “norme di settore” e in particolare è prevista da quella norma di settore che è la disciplina sulla tutela delle acque?
La risposta è positiva: l’art. 133 co. 3 prevede infatti una sanzione amministrativa per la violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico che risulta, tra l’altro, applicabile “salvo che il fatto costituisca reato” e “al di fuori delle ipotesi di cui al co.1” (che sanziona, l’illecito consistente nel “superamento dei limiti massimi di emissione”).
L’interpretazione sistematica degli artt. 29 quattuordecies co.2 e 10 e 133 co. 1 e 3 del T.U.A. appare dunque utile alla perimetrazione dell’ambito di applicabilità della sanzione penale prevista per violazione delle prescrizioni AIA che risulta ristretto alle ipotesi di violazione di specifiche prescrizioni diverse da quelle che impongono il rispetto dei limiti massimi di emissione degli scarichi ( analogo ragionamento vale anche per la violazione delle prescrizioni contenute nell’A.I.A. che impongono il rispetto degli obblighi inerenti alla gestione dei rifiuti ovvero di altri obblighi già specificamente sanzionati1).
In altri termini, in base al principio di tassatività, la condotta illecita sanzionata dall’art. 29 quattuordecies co.2 del T.U.A,, consistente nella violazione delle prescrizioni AIA, va confrontata con l’analogo illecito previsto dall’art. 133 co.3 (violazione delle prescrizioni autorizzative relative agli scarichi) e non con l’illecito consistente nel superamento dei limiti massimi di emissione ( art. 133 co.1).
In base al principio di sussidiarietà, il concorso apparente tra art. 29 quattuordecies co.2 e l’art. 133 co.3 verrà risolto mediante applicazione della sanzione penale prevista dalla prima delle disposizioni citate.
Viceversa il rapporto tra l’art. 29 quattuordecies co.2 ( violazione delle prescrizioni A.I.A.) e l’art. 133 co. 1 ( superamento dei limiti tabellari previsti dalla tabella 3 all’allegato 5 della parte terza del T.U.A) sembra doversi più correttamente risolversi in base al principio di specialità sancito dall’art.9 della legge 689/81 s.m.i. per cui appare corretto affermare che trovi applicazione la sanzione amministrativa prevista dal secondo.
Questa impostazione appare preferibile in quanto:
1) rispetta la lettera della legge e il principio di tassatività che impone di differenziare la condotta consistente nel “superamento dei limiti tabellari” da quella consistente nella “violazione delle prescrizioni”.
Del resto, come già ricordato, le due condotte ricevono un diverso trattamento sanzionatorio anche all’interno dello stesso apparato normativo relativo agli scarichi idrici: l’art. 133 co 3, che sanziona la violazione delle prescrizioni, trova applicazione “fuori dal caso di cui al co.1 “ che riguarda per l’appunto il “superamento dei limiti tabellari”.
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risulta più conforme al principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione che impone di trattare in modo analogo situazione omogenee : non v’è ragione, infatti di sanzionare in modo diverso il superamento dei limiti massimi di emissione ad es. del parametro COD a seconda che tale superamento sia attuato da un impianto soggetto ad AIA e un impianto che, al contrario, non vi sia soggetto.
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Appare confermata dalla recente ordinanza della Corte Costituzionale n 253 del 20 luglio 2011 2 che ha riconosciuto, in virtu’ del principio di specialità, la prevalenza delle sanzioni penali previste per mancanza di autorizzazione dal D.Lgs 133/2003 (relativo all’incenerimento di rifiuti) rispetto a quelle previste dall’art. 29 quattuordecies del T.U.A.3.
3.b) illecito di cui all’art. 29 quattuordecies co.2 del T.U.A. ( violazione delle prescrizioni A.I.A.) e illecito di cui all’art. 137 co.5 (superamento dei limiti di cui alla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del T.U.A. in relazione alle sostanze previste dalla tabella 5, es. cromo). Concorso apparente di norme – prevalenza dell’art. 137 co.5 ( in base al p. di specialità e al p. di sussidiarietà)
Un concorso apparente di norme sembra ricorrere anche nel caso del rapporto tra il reato di violazione delle prescrizioni A.I.A. ( art. 29 quattuordecies co.2 ) e quello previsto dall’art. 137 co.5 del T.U.A..
Anche tale concorso puo’ essere risolto in base al principio di specialità, a favore della sanzione prevista dall’art. 137 co.5. Il risultato comunque non muta ove si applichi il principio di sussidiarietà : infatti l’art. 29 quattuordecies co.2 trova applicazione “salvo che il fatto costituisca più grave reato” ( il reato previsto dall’art. 137 co. 5 è senz’altro più grave essendo punito più severamente).
1 Si veda in tal senso “Aia, per i rifiuti sanzioni in ossequio al principio di specialità” di Leonardo Filippucci tratto da “Rifiuti – Bollettino di informazione normativa” n. 189 – 11/11
2 “L’intera disciplina contenuta nel d.lgs 133/2005, in materia di incenerimento di rifiuti, si pone in termini di specialità rispetto a quella generale riguardante gli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (artt. 208 e ss. d.lgs. 152/2006) e rispetto a quella riguardante i soli impianti di incenerimento di rifiuti urbani (sottoposti ad AIA, contenuta nel d.lgs. 59/2005 ed oggi trasfusa nel Titolo III-bis del d.lgs. 152/2006)”.
3 Resta da chiarire che significato attribuire alla locuzione “salvo che il fatto costituisca reato” di cui all’art. 133 co.1 del T.U.A. che indica chiaramente il criterio di sussidiarietà.
Per rispondere a questa domanda occorre chiedersi: quand’è che la condotta di cui all’art. 133 co.1 (superamento dei limiti di cui alla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del T.U.A. ) integra un reato. La risposta puo’ essere: quando tali limiti sono relativi ai parametri compresi nella tabella 5 (in tal caso infatti scatta la sanzione penale di cui all’art. 137 co.5): in sostanza la formula di sussidiarietà serve per risolvere il concorso apparente di norme tra art. 133 co.1. e art. 137 co.5. Sempre In base al principio di sussidiarietà , in luogo degli artt. 133 co.1 e 137 co.5 troverà applicazione, ricorrendone i presupposti e le condizioni, il delitto previsto dall’art. 440 c.p. (adulterazione delle acque).