Gentile Redazione, ho letto qualche articolo sulla incompente privatizzazione delle acque e della reazione dei sindaci. Vorrei dire la mia su questo argomento. Allego l'articolo. Cordiali saluti.

LA RIVOLTA DEI SINDACI PER LA GESTIONE DELL'ACQUA. 
L'art. 23 bis della legge del 6/08/2008 n. 133 ha messo d'accordo i sindaci di destra e di sinistra nell'opporsi alla privatizzazione della gestione dell'acqua.
Lamentano giustamente la sottrazione di importanti entrate economiche senza essere svincolati dai problemi del servizio nei confronti dei cittadini.
Senza entrare nel merito della legge e del travagliato percorso della stessa, vorrei fare una proposta che salvaguardando la legge non estrometta completamente i sindaci dalla gestione e da una parte dei compensi.
E' noto che con il "servizio idrico integrato" in una sola bolletta sono racchiusi più servizi. L'unico parametro di misurazione per il pagamento della bolletta è il consumo idrico. Se vogliamo migliorare il servizio dobbiamo introdurre nella quantificazione del servizio anche criteri di valutazione della qualità. In particolare oggi che, almeno in teoria, esistono le leggi per introdurre tali criteri.
Mi riferisco in particolar modo al T. U. A. ( testo unico in materia Ambientale) D.L. 152/2006 e alla Legge Finanziaria 2008 ( n. 244 del 24/12/2007) di cui, a partire dall'anno in corso, i nuovi fabbricati dovrebbero tener conto.
Riporto di seguito l'articolo 1, comma 228 : "A decorrere dall’anno 2009, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti attuativi di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla certificazione energetica dell’edificio, così come previsto dall’articolo 6 del citato decreto legislativo n. 192 del 2005, nonché delle caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche". L'applicazione integrale di queste leggi potrebbe restituire ai comuni parte dei compensi, che quasi certamente, perderanno entro il 2010 con l'avvento della privatizzazione del servizio idrico integrato. Parlando dei criteri di qualità da introdurre non mi riferisco all'acqua in ingresso ai fabbricati, ma a quella in uscita dagli stessi. Se si legge attentamente il T.U.A citato ci accorgiamo che la depurazione delle acque, oltre che da trattamenti, può essere costituita anche da pretrattamenti fino ad ora trascurati con ingenti danni ambientali che nessuno ha mai denunciato.
Infatti, la legge prevede dei limiti di emissione degli scarichi che per rispettarli obbligherebbero a un trattamento preliminare dell'acqua prima dello scarico, anche se questo è diretto in fogna. Oggi questi limiti non vengono rispettati a causa della coincidenza del ruolo di inquinatore e di depuratore da parte del comune (anche come semplice aderente a un consorzio).
E' stato più facile scaricare tutti i problemi agli impianti di depurazione anche se questi non li possono risolvere adeguatamente.
La separazione dei ruoli, almeno per questo aspetto, potrebbe risultare salutare per il Paese, obbligando tutti al rispetto della legge, anche se per farlo è necessario creare o ripristinare le strutture necessarie.
Applicando integralmente la legge, i sindaci si troverebbero ugualmente a gestire una parte del trattamento depurativo. Sindaci e gestori sarebbero in concorrenza per vedersi riconosciuta la propria quota di depurazione mentre il risparmio idrico, che pure deve rientrare nei criteri di valutazione qualitativa, sarebbe una esclusività comunale, pur se la gestione apparterebbe ad altri e probabilmente contro gli interessi dei futuri gestori.
Emblematico è il caso della città di Firenze dove il Comune, con una semplice campagna pubblicitaria, è riuscito a ottenere consistenti risparmi idrici suscitando un anno dopo la reazione del gestore (Pubbliacqua) che ha inviato una lettera agli utenti nella quale giustificava gli aumenti tariffari proprio con l'avvenuta riduzione dei consumi.
L'articolo che denuncia questo paradosso è stato pubblicato su La Repubblica del 14/11/2008 e si può trovare sul sito www.forumrisparmioacqua.it.
Fatto 100 il valore del carico inquinante dello scarico originario (misurato in Bod 5), al comune toccherebbe la percentuale abbattuta con il pretrattamento, al gestore quella abbattuta con il trattamento finale. In assenza del pretrattamento l'intera quota andrebbe al gestore; in assenza del trattamento l'intera quota andrebbe al comune (è questo il caso in cui non esiste nella zona un impianto di depurazione e il comune deve effettuare il trattamento completo nel suo stesso interesse).
Supponendo che il pretrattamento abbatta il 35% del Bod5 e il depuratore centralizzato il restante 65%, la bolletta pagata dall'utente, per la quota depurazione, sarà divisa in modo proporzionale. Lo stesso regime tariffario dei fabbricati potrà essere diverso a seconda delle caratteristiche strutturali e impiantistiche adottate per il risparmio idrico e la depurazione.
I fabbricati moderni e quelli ristrutturati in conformità con le leggi ambientali avranno una bolletta agevolata. Questo sistema dovrebbe far rientrare nelle casse comunali una parte importante degli introiti persi con la perdita della gestione diretta del servizio idrico, ma avrebbe anche il merito di premiare maggiormente i comuni più efficienti nelle applicazioni delle leggi ambientali. Cioè quelli che rilasceranno solo licenze che prevedano nel progetto le infrastrutture necessarie all'adeguamento. Le sole che gli consentiranno di pretendere la percentuale spettante al comune sulla bolletta del "servizio idrico integrato".
Senza questi incentivi da concedere ai comuni la legge 44/2007 non vedrà mai la luce, almeno per quanto riguarda il risparmio idrico e anche i limiti di emissioni degli scarichi tabellati con la 152/2006 resteranno ancora solo sulla carta.
Oggi esistono fabbricati che producono energia elettrica, con pannelli solari, che vendono ai gestori. Perché non vendere anche la parziale depurazione? Se l'energia elettrica non è mai abbastanza, anche la qualità delle acque di scarico deve esserlo.
I comuni potrebbero entrare nell'affare trovando nuove forme di finanziamento.
Se è vero che con i pretrattamenti locali, fatti in un determinato modo, è possibile rimuovere il fosforo in un modo più economico di quanto costa agli impianti di depurazione centralizzati, perchè non organizzare il servizio e vendere ogni milligrammo di fosforo abbattuto?.
Se è vero che i fanghi prodotti localmente non sono inquinati da metalli pesanti e sostanze di origine industriale e in più sono ricchi di nutrienti per l'agricoltura, perché non farseli pagare o addirittura trattarli per la commercializzazione in impianti comunali?
In tempi di vacche grasse queste soluzioni sono state trascurate, ma potrebbero essere riprese in considerazione. Ai gestori resterebbero i fanghi prodotti dagli impianti centralizzati, buoni solo per le discariche.
Non sto incitando i sindaci alla disobbedienza civile ma, come sopra detto, al rispetto integrale delle leggi ambientali esistenti.
Costruire o ristrutturare i fabbricati ai fini del risparmio idrico ( Legge 244/2007) e adeguare gli scarichi ai limiti di emissione delle tabelle dell'allegato 5 del D.L. 152/2006 è compito dei comuni, quindi anche i vantaggi che ne deriveranno dovranno essere a beneficio degli stessi. I
l Governo lo dovrà riconoscere anche perché l'intero Paese si gioverebbe del lavoro dei comuni, contenendo i costi per gli ampliamenti degli impianti di depurazione e del sistema fognario.
Allo stesso modo, il risparmio idrico conterrebbe i costi per il potenziamento della reti di distribuzione degli acquedotti, oltre a conservare una maggiore quota della preziosa risorsa per le generazioni future. Anche di queste cose le commissioni che dovranno stabilire le quote spettanti ai comuni sulle bollette dovranno tener conto.
Fino a quando i Sindaci e le altre Autorità locali saranno impegnati nella lotta per le gestioni, nessuno si occuperà dei problemi tecnici legati all'adeguamento dei fabbricati alla legge 244/2007.
Mi dispiace dirlo, questo adeguamento avverrà soltanto se il servizio idrico passerà in altre mani e i comuni, anziché ragionare da gestori, incominceranno a ragionare da utenti pensando in maniera più interessata al risparmio.
I progettisti dei nuovi fabbricati non dovranno concentrarsi su soluzioni che comportano altissimi costi per recuperare una piccola percentuale di acqua in più per non incrementare ulteriormente la crisi del settore edile appena iniziata. Dovranno adottare soluzioni semplici e sostenibili economicamente. Particolarmente utile in questo contesto potrebbe essere un progetto del sottoscritto non ancora realizzato ma pubblicato su diversi siti ambientali e riviste tecniche che abbina in una unica soluzione il risparmio idrico, il pretrattamento degli scarichi e la rimozione del fosforo contenuto nei detersivi. Questo progetto presentato inutilmente non molto tempo fa ai sindaci , alle altre autorità ambientali e agli imprenditori in tempi di vacche grasse, potrebbe tornare utile se i tempi dovessero cambiare improvvisamente.
Luigi Antonio Pezone
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.