Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente  

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Relazione introduttiva al Rapporto Annuale 2003 dell'Osservatorio Ambiente e Legalità della Regione Basilicata presentato a Potenza (il testo integrale in formato .zip può essere richiesto via e.mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. )

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Coniugare il binomio ambiente e legalità vuol dire porre in risalto tutti quei fenomeni di aggressione e reati perpetuati a danno del territorio, ma anche dare ad essi una lettura complessiva che non si fermi al dato ma che ne approfondisca tutti gli aspetti, le caratterizzazioni malavitose, le correlazioni con altri e diversi tipi di reato, l’analisi e la verifica delle procedure amministrative.      

La difesa dell’ambiente si caratterizza per una disomogeneità e complessità della normativa di riferimento, per una frammentazione delle competenze a cui si aggiunge una certa inadeguatezza e superficialità nella lettura dei fenomeni ambientali, spesso interpretati secondo la pura logica dell’emergenza con la consapevolezza ed il senso di responsabilità che ne scaturisce, ma con una scarsa attenzione nei confronti delle cause che li determinano

Nei primi mesi dell’estate 2002 si è assistito alla crisi idrica ed alla siccità, che hanno minacciato le aziende agricole e la zootecnia, provocando un allarme sociale. Ed accanto alla crisi idrica, una crisi gestionale con una politica delle acque che poco ha fatto per governare la prevedibile emergenza; non c’è una cultura di riutilizzazione delle acque reflue, della dissalazione, di captazione delle falde profonde.

Altro preoccupante dato è che in Basilicata, una serie di verifiche incrociate da parte delle Forze dell’Ordine e delle autorità istituzionali, hanno accertato che la metà dell’acqua distribuita sfugge alla fatturazione e che nelle aree rurali è esorbitante il consumo di acqua rispetto al reale fabbisogno, tanto da lasciare spesso a secco i serbatoi di accumulo. L’acqua quindi si perde o attraverso una rete a gruviera, o ancor peggio perché viene rubata.

La stessa Legambiente Nazionale, nello scorso mese di marzo 2003 a Firenze in occasione del Forum Mondiale sull’acqua denunciava “L’Italia Sprecona e vittima delle idromafie”, sottolineando come nelle regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata si perdono o vengono rubati quasi 4 miliardi di litri d’acqua al giorno. In Basilicata vengono dispersi ogni giorno 258 litri d’acqua pro capite.

Occorrerebbe quindi un uso più razionale della risorsa acqua che adotti politiche mirate a ridurre le perdite ed a rendere più efficiente l’intero ciclo, dai pozzi di captazione, alle dighe, agli acquedotti, alle reti distributive, ai depuratori ed alla gestione degli impianti.

La Basilicata è una terra ricca di acqua, che è una risorsa primaria su cui intensificare l’attività di controllo e di vigilanza. Una attenta considerazione è che con la siccitá e la crisi idrica il rischio è costituito, non solo dal fatto che i rubinetti dei lucani restino all’asciutto, quanto piuttosto dalla preoccupazione che si paventa all’orizzonte di infiltrazioni che potrebbero crearsi intorno all’intero sistema; l’esperienza insegna che i tentacoli della criminalitá organizzata si allungano di piú dove c’è crisi e finanziamenti per farne fronte, a maggior ragione se si tratta della crisi del bene piú prezioso… l’acqua.

Correlato al problema della siccità è sicuramente quello degli incendi e delle micce estive che purtroppo si accenderanno come sempre e che, stando ai dati forniti dal Corpo Forestale dello Stato all’Osservatorio, nella scorsa estate del 2002 in Basilicata sono stati 49, con la distruzione di 136 ettari di area boscata e 46 ettari di area non boscata.

Senza voler essere profetiche Cassandre, il numero degli incendi probabilmente tenderà a salire, visto che essi si verificano prevalentemente nei mesi più caldi dell’anno in piena estate, confermando la necessità di allertare i gruppi della protezione civile e le forze dell’ordine poiché ancora nulla è stato fatto sui temi della prevenzione, alla luce della legge quadro 353/2000  in materia di incendi boschivi, in gran parte inapplicata e spesso addirittura sconosciuta. +

Gli incendi si presentano quindi con costante puntualità e, parallelamente, il tema della prevenzione e della pianificazione degli interventi per combatterli continua a registrare un clamoroso ritardo, anche alla luce della quasi insignificante percentuale degli incendi dipendenti da cause accidentali e naturali, a fronte di una preponderante percentuale di quelli legati a cause colpose e cioè imprudenza e violazioni di norme, o ancor peggio cause dolose, motivate da esigenze di recare un danno effettivo all’ambiente ed alle cose, con il tentativo di ottenere nuovi terreni per il pascolo, per l’agricoltura e per speculazioni edilizie.

Ogni anno assistiamo impotenti ad incendi, anche di vaste proporzioni che richiedono milioni di euro per gli interventi di spegnimento e per le opere di riparazione dei danni, senza contare la perdita ambientale e paesaggistica, culturale, di suolo e biodiversità; senza essere stati in grado di realizzare quegli interventi relativi alla pianificazione delle operazioni di prevenzione e di intervento, il catasto delle aree bruciate e le campagne di informazione per i cittadini che, rappresentano l’unica vera arma per mettere la parola fine alla puntuale distruzione estiva di ampie porzioni del nostro territorio.

Bisogna in definitiva spostare la sensibilità e l’attenzione delle Istituzioni e dei cittadini dallo spegnimento degli incendi verso una visione più strategica, contrastando efficacemente il problema, vale a dire eliminando la possibilità di speculare sulla gestione delle aree bruciate e favorendo la tutela delle aree boschive ai fini della promozione e valorizzazione delle località interessate.

A tal proposito, una valida ipotesi è data dalla Legge Regionale 42/98, sulla gestione dei demani, con cui la Regione Basilicata, nel recepimento della Legge Quadro sulla montagna, la n.97 del 1994, ha legiferato in materia prevedendo l’esecuzione degli interventi forestali o la gestione di particolari servizi o l’avviare concrete forme di gestione dei boschi prioritariamente alle cooperative agricolo-forestali, nonché a privati imprenditori singoli ed associati, a consorzi pubblici-privati e alle associazioni.

La legge prevede appropriate forme sostitutive di gestione dei beni di proprietà collettiva, con il diretto coinvolgimento dei soggetti che vivono il territorio nelle scelte di sviluppo locale e nei procedimenti avviati per la gestione forestale ed ambientale e per la promozione locale.

Non di meno, per una corretta gestione del demanio, occorrerebbe determinare tutte quelle che sono sia le potenzialità intrinseche del territorio (le risorse silvo-pastorali, agro-alimentari ed idriche), attraverso una adeguata ed opportuna valorizzazione, ma anche le cosiddette risorse estrinseche, dalla valenza turistica alla fauna migratoria che interessa quei luoghi, come elementi di potenzialità aggiuntiva.

Tornando alle emergenze ambientali che hanno riguardato la Basilicata nel corso del 2002, rilevanti sono quelle relative:  

·        allo smaltimento ed alla gestione dei reflui zootecnici che, tenendo conto del cambiamento delle aziende del settore, passate dal sistema brado a quello intensivo, è inteso spesso come un problema ed un vincolo e non come un normale elemento gestionale;

·        al ciclo del cemento ed alla gestione degli inerti in edilizia che, alla luce della situazione normativa attuale (Legge n. 443/2001, cosiddetta “Legge Lunardi” o legge Obiettivo) vede un problema legato allo smaltimento di rifiuti speciali, alle volte con presenza di amianto, ed al recupero da riutilizzo. Una corretta gestione dei rifiuti di origine edilizia consentirebbe non solo di evitare il degrado urbano dovuto all’abbandono incontrollato di inerti, ma anche di trarne vantaggi economici ed ambientali;

·        le attività di prospezione per la ricerca e lo sfruttamento di idrocarburi che hanno interessato i territori della Val D’Agri e del Pollino. La vicenda “petrolio nel Parco del Pollino” ha ripreso una recente sentenza del Consiglio di Stato che ritiene come l’attività di ricerca ed estrazione petrolifera non sia incompatibile con la tutela della natura. Tuttavia, nella Val d’Agri è apparsa evidente la riluttanza delle popolazioni locali ad ospitare sul proprio territorio una tale attività che comporta alti rischi ambientali, come è stato confermato dai gravi incidenti accaduti nel Centro Oli di Viaggiano e che hanno dimostrato i limiti dell’ENI sul fronte della sicurezza. Di qui la richiesta di un Osservatorio per monitorare il territorio e l’ambiente interessato dalle estrazioni petrolifere a conferma che tali attività continuano ad essere ritenute contrastanti con il neonascituro Parco della Val d’Agri, nonostante le autorizzazioni da parte del Ministero per l’Ambiente;

·        al problema della corretta gestione del ciclo dei rifiuti, dalla raccolta allo smaltimento illecito, con la preoccupazione più volte denunciata da Legambiente nei rapporti sull’ecomafia e confermata dal Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Luigi Vigna nonchè dall’ultima missione della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei Rifiuti in Calabria, di un ruolo particolarmente attivo delle organizzazioni malavitose, in particolare della “mafia”, della “camorra”, della “ndrangheta” e della “sacra corona unita” nei traffici illegali di rifiuti, anche speciali e pericolosi sulla rotta nord-sud. Tali organizzazioni malavitose hanno ormai sviluppato la loro presenza nel mercato dei rifiuti, passando dalla semplice gestione degli smaltimenti illeciti a vere e proprie attività imprenditoriali.

Basti ricordare che nel mese di febbraio del 2002, dopo una denuncia delle Guardie Ecologiche Volontarie di Corato (BA) che avevano notato uno strano movimento di grossi camion articolati nelle semisperdute strade di campagna della murgia coratina, con l’abbandono di rifiuti di ogni genere in un terreno privato privo di qualunque recinzione, a seguito di un’intensa attività investigativa, il Comando Carabinieri Tutela per l’Ambiente ha arrestato in Umbria il rappresentante di una società che si occupava di smaltimento dei rifiuti. 

Si è trattato del primo caso di arresto in Italia per violazione dell’articolo 53 bis, da poco introdotto nel Decreto Ronchi  n. 22/97, che trasforma in delitto il traffico illecito dei rifiuti. L’arresto è avvenuto nell’ambito dell’operazione nazionale denominata “Greenland”, una delle più grandi inchieste sui traffici di rifiuti nel nostro paese che ha portato a ben 52 richieste di rinvio a giudizio ed ha visto il coinvolgimento di molte persone  tra industriali e trasportatori, con ruoli e responsabilità specifiche. I rifiuti, attraverso la falsificazione dei documenti di trasporto e con la simulazione di operazioni di recupero, venivano illegalmente smaltiti su terreni agricoli di Campania e Puglia, ad oggi le regioni pattumiere d’Italia.

Grazie all’applicazione dell’art. 53 bis del decreto Ronchi è stata offerta alle Forze dell’Ordine ed all’Autorità giudiziaria l’opportunità di individuare meglio un fenomeno come quello del traffico dei rifiuti, finora solo intuibile ma mai concretamente dimostrabile. Basti pensare ad esempio alle tante tipologie di rifiuti oggetto di traffici, dagli urbani a quelli speciali, in particolare a quelli pericolosi, che sembrano sfuggire a qualsiasi seria attività preventiva di controllo, relativa sia ai quantitativi effettivamente prodotti che alla correttezza delle attività di recupero e smaltimento fino alle attività di bonifica dei siti contaminati.

Accanto alla grande varietà e pericolosità dei rifiuti emerge anche in modo preoccupante, la molteplicità delle attività di smaltimento illegale: fanghi industriali altamente contaminati diventano fertilizzanti utilizzati in aziende agricole; polveri tossiche finiscono nelle fornaci di laterizi o nei cementifici; residui di fonderia vengono smaltiti nelle fondamenta dei cantieri edili; rifiuti speciali e pericolosi vengono trasformati in innocui rifiuti urbani da avviare agli impianti di incenerimento.

Altro problema connesso ai rifiuti è quello che ha riguardato le scorie nucleari ed i possibili siti di stoccaggio che, secondo un’analisi dell’ENEA e della Commissione Interministeriale “Grandi Rischi”, potrebbero essere anche il Metapontino e la Murgia Materna. Tali zone sono state ritenute idonee ad ospitare in via definitiva le scorie di materiale radioattivo utilizzato nei decenni passati in diversi progetti di ricerca e di studio sull’energia nucleare. I parametri alla base di tale indicazione, secondo gli esperti, sarebbero la sufficiente lontananza dai centri abitati, dalle arterie di comunicazione, da invasi e corsi d’acqua e la minima esposizione a rischi alluvionali, geologici o sismici. Tuttavia, in netta antinomia i suddetti territori risulterebbero essere assai popolosi e ricchi di acqua, segnati entrambi da forte vocazione agricola e, proprio il Materano è considerato un territorio a rischio sismico e franoso. Inoltre, l’ipotesi della nascita di un sito per lo stoccaggio di scorie nucleari, sebbene auspicabile, potrebbe rappresentare un nuovo elemento di attrazione per la criminalità organizzata (in special modo per quella pugliese che è ancora tra le più intraprendenti), perennemente alla ricerca di nuove fette di mercato per poter avviare joint venture con l’estero.

Quello dei rifiuti, è quindi ancora il dato allarmante, vista la posizione geografica della Basilicata, che si colloca al centro di un triangolo, tra Campania, Calabria e Puglia, in cui l’ecomafia continua a farla da padrona. La Basilicata sembra ancora  non essere interessata dalle rotte del traffico di rifiuti, non ancora in condizioni di emergenza; tuttavia, non si deve rischiare di oltrepassare questi limiti “virtuosi”, perché la buona situazione complessiva, in questo settore, ha ora bisogno di risultati positivi soprattutto sul versante dell’attuazione delle linee programmatiche e degli obbiettivi posti a base della pianificazione regionale, che le Province dovranno tradurre in un sistema efficace ed efficiente di gestione integrata dei rifiuti sul territorio.

Non sono mancati nel corso del 2002 i ritrovamenti di discariche illegali, realizzate, come spesso capita, in cave dismesse o abusive. Ad essere coinvolta, in particolare, l’area del “Marmo Melandro”, come confermano i provvedimenti di sequestro emessi dalla autorità giudiziarie. I casi sarebbero più di uno, alcuni ancora in fase di indagine. Ma l’escalation illegale ha riguardato diversi comuni (Marsiconuovo,  Lavello, Noepoli, Nemoli, Tito, Tolve ed altri anche situati in aree protette come il Parco nazionale del Pollino), in cui diverse discariche abusive di rifiuti sono state rinvenute in varie zone del territorio grazie al lavoro delle forze dell’ordine. Anche la provincia di Matera (Scanzano Jonico, Policoro, Accettura, Pisticci) è stata coinvolta dall’agire illegale.

Dato confermato anche dalle 90 segnalazioni complessivamente pervenute nel corso del 2002 all’Osservatorio Ambiente e Legalità, su oltre 350 contatti al Numero Verde, che per ben il 54,4 % dei casi ha riguardato l’abbandono di rifiuti urbani e speciali, la cattiva gestione di discariche e la presenza di discariche abusive (49 segnalazioni) anche in territori regionali fortemente antropizzati. Altre tipologie di segnalazioni pervenute, hanno invece interessato violazioni in materia ambientale quali lo sversamento di liquami fognari e zootecnici in alveo fluviale (16 segnalazioni pari al 18 %), l’abbandono di manufatti con materiali contenenti amianto (8 segnalazioni pari al 8,8 % ), violazioni alla normativa edilizia e/o urbanistica (4 segnalazioni pari al 4,5 %), attività irregolare di cava ed estrazioni fluviali irregolari, danni alla flora e tagli boschivi non autorizzati, inquinamento elettromagnetico (3 segnalazioni per ogni tipologia pari al 3,3 %), problemi connessi ad attività di ricerca ed estrazione idrocarburi (2 segnalazioni pari al 2,2 %), ma anche reati legati all’inquinamento atmosferico, al danneggiamento di zone archeologiche ed al maltrattamento ed uccisione di animali, elementi nuovi ma non meno degni di considerazione nella lotta alle ecomafie. (1 segnalazione per ogni tipologia pari al 1,1%).

L’area di provenienza delle segnalazioni e degli illeciti ad esse connessi, ha interessato per il 76,7 % la provincia di Potenza con n.69 segnalazioni e per il  22,2%  la provincia di Matera con n.20 segnalazioni,solo n.1 segnalazione ha avuto una provenienza extraregionale, elemento da non sottovalutare, considerata la circostanza che i reati in materia ambientale spesso non sono circoscritti ai soli confini regionali, si pensi ad esempio al traffico ed alle rotte dei rifiuti.

Le segnalazioni sono pervenute all’Osservatorio prevalentemente attraverso il Numero Verde (61 per comunicazioni di cittadini o Enti locali e 13 a mezzo fax o tramite posta elettronica, mentre in 16 casi le segnalazioni sono pervenute o per comunicazione personale agli operatori dell’Osservatorio o direttamente rilevate attraverso i sopralluoghi effettuati). Tale dato sottolinea un trend in crescita delle segnalazioni e rafforza l’importanza e l’utilità del Numero Verde e del contatto regionale considerato come riferimento per le comunicazioni sulle violazioni commesse in materia ambientale, ma anche come strutture di approfondimento e di studio, da parte di singoli cittadini e di Uffici ed Enti Locali, su specifiche tematiche ambientali, confermando la fiducia e la credibilità nella struttura dell’Osservatorio e dei suoi operatori e la sensibilità ambientale ed il grado di coscienza civile dei lucani.

Ad oggi delle 90 segnalazioni pervenute all'Osservatorio, 3 hanno ricevuto esito positivo e 3 esito negativo, in 4 casi le segnalazioni sono state trasmesse all'autorità giudiziaria ed in 10 casi si è avuto il sequestro giudiziario.

Per le rimanenti altre 70 segnalazioni che invece, non hanno ad oggi ricevuto esito, positivo o negativo, queste sono oggetto d'indagini in corso, da parte delle autorità competenti ed in fase di approfondimento da parte degli uffici regionali, provinciali e comunali preposti.

All’attività di raccolta delle segnalazioni pervenute, sono seguiti anche i sopralluoghi dei ricercatori dell'Osservatorio che, nel corso del 2002 hanno effettuato 36 sopralluoghi sull'intero territorio regionale percorrendo l'equivalente di circa 2.600 Km. L’importanza della verifica delle segnalazioni attraverso i sopralluoghi, è quella di  portare ad avvicinare i ricercatori ed operatori dell’Osservatorio al territorio ed al segnalante, che vede in concreto riconosciuta la propria sensibilità alla tutela ambientale e che lo pone come soggetto attivo nel controllo del territorio.

Sulle segnalazioni pervenute e verificate, l'Osservatorio ha avviato inoltre  specifiche attività di studio ed analisi sulla tipologia di illecito ambientale commesso, interagendo con le forze dell'ordine e con gli uffici competenti per la disamina delle segnalazioni, al fine di fornire pronte ed efficaci risposte alle aggressioni perpetuate ai danni del territorio. Tale attività di collaborazione e di interscambio con le forze dell'ordine e con le autorità preposte al controllo ha portato non solo ad un momento di crescita dell'Osservatorio, in termini di conoscenza della normativa e della sua  applicazione ma, ha fatto si che l'Osservatorio, e per esso il Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Basilicata, verificasse in concreto gli esiti delle segnalazioni pervenute.

Tale attività di collaborazione e di interscambio con le Forze dell’Ordine e con le autorità preposte al controllo in materia ambientale, ha portato inoltre ad un’analisi ed una elaborazione dei dati sugli illeciti ed i reati ambientali commessi in Regione nel corso dell’anno 2002, verificando come complessivamente, attraverso i controlli e le attività di ispezione effettuate, siano state 3.011 le infrazioni accertate, riguardanti illeciti amministrativi e penali, evidenziando una crescita degli illeciti commessi rispetto all’anno 2001 ( che erano 2.622) pari al 14,8 %.

Occorre sottolineare che per l’anno 2002 l’Osservatorio ha potuto usufruire anche dei dati forniti dal Compartimento Polizia Stradale della Basilicata - Sezioni di Potenza e Matera per il riscontro degli illeciti in materia di trasporto su strada; dalla Capitaneria di Porto Ufficio Locale Marittimo di Policoro (Mt) per le violazione in ambiente marino e dalla Polizia Provinciale di Potenza, nonché dall’ Unità di Direzione Pianificazione Territoriale e Ambiente della Provincia di Potenza e dal Settore Trasporti Ambiente e Forestazione della Provincia di Matera, organi delegati al controllo in materia ambientale.    

In riferimento agli esiti ottenuti ed a fronte delle infrazioni perpetuate e degli illeciti commessi a danno dell’ambiente e del territorio, sono state 941 le persone segnalate all’Autorità Giudiziaria o arrestate e 471 i sequestri effettuati in Regione.

Dall’analisi e dalla comparazione effettuata sui reati e le illegalità ambientali commessi in regione, è emerso come dal totale degli illeciti riscontrati in regione, suddiviso per tipologie, sono stati 519 i reati commessi in violazione della normativa sui rifiuti, dato che conferma l’allarme già lanciato nel precedente rapporto, sul problema dell’abbandono dei rifiuti e delle discariche abusive nonchè della raccolta e del trattamento dei rifiuti in regione. Un elemento positivo muove invece dalla constatazione effettuata dall’Osservatorio che, dopo l’intervento delle Forze di Polizia, ha verificato come molti siti con presenza di rifiuti di vario genere siano stati sottoposti a bonifica e/o ripristino dello stato dei luoghi.

Le altre tipologie di reati ed illeciti riscontrati in regione hanno riguardato in 132 casi la violazione delle norme sui vincoli paesaggistici, in 115 casi l’inquinamento delle acque e in 104 casi l’abusivismo edilizio.

Ultima annotazione è che per i restanti 2.141 illeciti riscontrati in regione dalle forze dell’ordine e dagli Enti preposti al controllo, non si è potuta ottenere una facile classificazione, ricomprendendo in essi i reati commessi in violazione delle norme a tutela della flora e della fauna, dell’inquinamento acustico ed atmosferico, degli incendi boschivi e di tagli non autorizzati, dell’apertura irregolare di cave, dell’occupazione abusiva di terreno demaniale, del mancato rispetto di norme e regolamenti CEE, dell’illegale attingimento di acque e della costruzione abusiva di pozzi, della violazione di norme che regolamentano le attività venatorie, fino al danneggiamento di zone archeologiche; segno questo che conferma la complessità della normativa ambientale oggi esistente e della sua correlazione con altre forme di reati.

Dalla raccolta delle segnalazioni e dei dati forniti dalle forze dell’Ordine è emersa  tuttavia la necessità da parte degli operatori di Polizia e degli Uffici tecnici, di un più stretto e costruttivo raccordo tra tutti i soggetti che a vario titolo sono chiamati alla tutela ambientale, con un interscambio di esperienze, un confronto dialettico ed operativo su una materia come è quella ambientale spesso complessa ed in continua evoluzione.

A questa particolare esigenza si è cercato di dare risposta promovendo e realizzando momenti a carattere seminariale tra le interforze di Polizia, le Autorità preposte al controllo ed i vari Uffici competenti, finalizzati all’approfondimento di tematiche emergenti di natura ambientale (dal Ciclo di seminari -Work Shop- “Il controllo nel Ciclo dei Rifiuti” con l’UnionCamere Regionale e con le Camere di Commercio di Potenza e Matera – Albo speciale Gestori Rifiuti, al Corso per gli operatori della Polizia Municipale in collaborazione con l’Ufficio Autonomie Locali della Presidenza della Giunta Regionale dal titolo “Il codice penale e la legislazione speciale in materia ambientale svoltisi nel 2001, al Ciclo di seminari -Work Shop- “Il controllo nel Ciclo delle Acque” predisposto di concerto con l’A.R.P.A.B. Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale i suoi funzionari ed i suoi tecnici, svoltosi nel mese di febbraio 2003 e che hanno visto la numerosa e fattiva partecipazione di ufficiali di polizia giudiziaria, di tecnici ed operatori. Scopo primario di tali iniziative è stato quello di instaurare un rapporto di conoscenze e scambio di esperienze tra i vari soggetti, delineando un quadro più chiaro ed offrendo spunti di carattere operativo in una materia di non facile applicazione, come è quella ambientale, soprattutto verso gli operatori di Polizia Municipale che rappresentano un primo presidio di legalità nelle realtà locali di numerosissimi piccoli Comuni della nostra Regione.

Accanto però a questi momenti di incontro e di discussione, l’Osservatorio ha ritenuto altrettanto necessario promuovere attività di educazione e formazione per gli studenti, i cittadini, il mondo associazionistico sociale ed economico, percorrendo la strada della partecipazione attiva delle comunità alla pianificazione e gestione delle politiche ambientali regionali. In questa ottica l’Osservatorio ha aderito a numerosi Progetti di Agenda 21 locale del Ministero dell’Ambiente (Agenda 21 Progetto COMETA Comunità Montana Lagonegrese – Agenda 21 Comunità Montana del Vulture Melfese – Agenda 21 della Città di Potenza) ed attraverso campagne di sensibilizzazione alla educazione ambientale ed alla legalità, come enunciato nel Documento di Programmazione I.N.F.E.A. in materia di Informazione, Formazione, Educazione Ambientale della Regione Basilicata per il biennio 2002-2003, far comprendere quanta attenzione oggi occorre nel rapporto che ognuno di noi ha con il proprio territorio, per i bisogni, per i consumi, per le produzioni, per i servizi, cercando di dimostrare come l’ambiente sia uno strumento formidabile per creare sviluppo e lavoro in settori strategici e oggi penalizzati come il turismo, l’agricoltura, l’artigianato e la gestione dei beni culturali.

L’auspicio è da un lato l’introduzione nel codice penale dei delitti contro l’ambiente per le fattispecie più gravi, con sanzioni relative sia alle persone fisiche che alle società, come tra l’altro previsto dalla Direttiva della Commissione Europea in via di approvazione e dalla Decisione quadro del Consiglio d’Europa già approvata; dall’altro di rafforzare in uomini e mezzi le strutture impegnate nelle attività d’indagine con un’attività di formazione specifica e con l’utilizzo  di strumenti adeguati.

Solo accanto ad un’intensa attività di controllo e di monitoraggio oltre che ad una efficace tutela penale dell’ambiente si può raggiungere ed ottenere un’effettiva e condivisa presa di coscienza da parte di tutti circa l’importanza e la valenza del bene e della risorsa “ambiente” per uno sviluppo sostenibile e partecipato.