Corte costituzionale n. 164 del 27 luglio 2023
Oggetto: Ambiente - Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Umbria - Interpretazione dell'art. 10, c. 2, della legge regionale n. 31 del 1997, recante disciplina della pianificazione urbanistica comunale - Previsione che consente a sanatoria che il Comune rilasci esso stesso il parere di compatibilità sismica e anche dopo l'approvazione del Piano regolatore generale [PRG].

Dispositivo: illegittimità costituzionale

SENTENZA N. 164

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge della Regione Umbria 4 aprile 2014, n. 5 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2014 in materia di entrate e di spese − Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali), promossi dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria con tre ordinanze del 5 dicembre 2022, del 1° e del 7 marzo 2023, iscritte, rispettivamente, al n. 158 del registro ordinanze 2022 e ai numeri 53 e 54 del registro ordinanze 2023 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 2 e 15, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti gli atti di costituzione di R. P. ed E. P. (registro ordinanze n. 158 del 2022) e del Comune di Spoleto;

udito nell’udienza pubblica del 6 giugno 2023 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;

uditi gli avvocati Massimo Marcucci per R. P. ed E. P. e Antonio Bartolini per il Comune di Spoleto;

deliberato nella camera di consiglio del 6 giugno 2023.

Ritenuto in fatto

1.− Con ordinanza del 5 dicembre 2022, iscritta al n. 158 del registro ordinanze 2022, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria, sezione seconda, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 113 e 117, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge della Regione Umbria 4 aprile 2014, n. 5 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2014 in materia di entrate e di spese − Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali) nella parte in cui consente che «il Comune rilasci esso stesso a sanatoria il parere di compatibilità sismica e anche dopo l’approvazione del PRG».

La disposizione censurata prevede, al comma 2, che «I comuni che hanno avviato l’iter di formazione del PRG prima della entrata in vigore della legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale) possono esprimere in via retroattiva la valutazione di compatibilità sismica dello strumento urbanistico entro e non oltre il 31 dicembre 2014. A tal fine il Consiglio comunale, relativamente al PRG ed alle varianti successive, previo parere della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio ai sensi dell’articolo 4, comma 4, lettera c) della legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1 (Norme per l’attività edilizia), sulla base degli elaborati, contenuti nel PRG approvato, relativi alle indagini geologiche, idrogeologiche e degli studi di microzonazione sismica, formula espressamente e motivatamente la propria valutazione di compatibilità e conformità. L’espressione di tale giudizio conferma in via retroattiva la validità del PRG e di tutte le sue varianti successive».

1.1.− Il giudice tributario riferisce di essere chiamato a decidere dell’appello proposto avverso la sentenza n. 163 del 2021, con cui la Commissione tributaria provinciale di Perugia aveva rigettato il ricorso proposto da alcuni proprietari di terreni siti nel Comune di Spoleto per l’annullamento degli atti di accertamento notificati dall’ente locale per maggiore imposta municipale propria (IMU) per l’anno 2014. I contribuenti avevano contestato, anzitutto, la sussistenza del presupposto impositivo della loro edificabilità perché fondata su piano regolatore generale annullato in doppio grado dal giudice amministrativo, mentre la CTP aveva ritenuto sufficiente a giustificare la pretesa impositiva l’edificabilità di fatto e, comunque, sussistente anche quella di diritto in virtù della sola adozione del piano regolatore generale (PRG), indipendentemente dalla approvazione.

Gli appellanti hanno gravato la sentenza di primo grado per erronea affermazione tanto dell’edificabilità di fatto, in difetto di relativa prova da parte dell’ente locale, quanto di quella di diritto, atteso che anche l’atto di adozione del PRG era stato annullato dal giudice amministrativo e sanato con delibera consiliare assunta sulla base dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014, ritenuto costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. in relazione all’art. 81 (recte: 89) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)». Con il gravame, sono stati riproposti i motivi di opposizione spiegati in primo grado concernenti la inedificabilità delle aree, pur se ritenuto legittimo il piano urbanistico, − in quanto inserite in comparto a perequazione senza che fossero seguiti gli accordi tra privati e comune −, e di incompetenza del Consiglio comunale ad approvare le aliquote della tassa.

1.2.– Il rimettente premette alla esposizione dei presupposti per sollevare questione di costituzionalità che:

− ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) e dell’IMU viene in rilievo tanto l’edificabilità di diritto di un terreno – che sussiste dal momento in cui esso viene ricompreso in uno strumento urbanistico generale, anche se non definitivamente approvato dalla regione e mancante dei relativi strumenti attuativi (si cita Corte di cassazione, sezione tributaria, sentenza 18 giugno 2021, n. 17494) – quanto l’edificabilità di fatto (si cita Corte di cassazione, sezione tributaria, sentenza 9 luglio 2019, n. 18368);

− nel giudizio a quo non erano emersi «fattori indice», quali servizi pubblici essenziali e opere di urbanizzazione primaria, comprovanti che i terreni dei contribuenti fossero edificabili in fatto né «la difesa comunale [aveva] allegato come [era] suo onere specifici elementi di prova al riguardo»;

− le aree erano piuttosto esclusivamente edificabili per effetto del PRG del Comune di Spoleto adottato e approvato, rispettivamente, con delibere n. 107 del 25 giugno 2003 e n. 50 del 14 maggio 2008, le quali, tuttavia, erano state annullate dal giudice amministrativo in primo e secondo grado (Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, sezione prima, sentenza 14 dicembre 2012, n. 521 e Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 19 febbraio 2014, n. 760) per mancata previa acquisizione del parere di compatibilità sismica da parte del competente ufficio regionale ai sensi dell’art. 13 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche);

− con la delibera n. 10 del 10 aprile 2014, successiva alla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato, il Comune aveva sanato con effetto retroattivo lo strumento urbanistico adottato ai sensi dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 «oltre che […] dell’art. 21-nonies» della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi);

− l’ente locale aveva così fatto «retroattivamente rivivere la deliberazione di adozione» del PRG e sulla base di questa, ai fini tributari, aveva ritenuto sussistente l’edificabilità posta a base degli atti di accertamento impugnati.

1.3.− In punto di rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale, il giudice rimettente afferma che la delibera comunale di sanatoria è diretta applicazione della norma censurata, in difetto della quale l’area di proprietà dei contribuenti sarebbe non edificabile e, dunque, non assoggettabile all’imposta comunale sugli immobili per l’annualità in controversia.

Non vi sarebbero, inoltre, fondati motivi di impugnazione con priorità logico-giuridica, avendo in particolare la sentenza di primo grado respinto le doglianze di nullità della notifica degli atti impositivi.

Il giudice a quo esclude altresì di poter immediatamente ricorrere al potere di disapplicazione della delibera n. 10 del 2014, quale atto generale presupposto del potere impositivo comunale, secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 5, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413): l’atto comunale sarebbe, infatti, strettamente applicativo dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 di cui il rimettente ritiene pregiudiziale la verifica di legittimità costituzionale, in difetto della possibilità di una lettura costituzionalmente orientata in considerazione dell’univoco tenore letterale.

1.4.− In punto di non manifesta infondatezza, l’ordinanza di rimessione denuncia, in primo luogo, il contrasto dell’art. 22 con l’art. 117, terzo comma, Cost. in relazione all’art. 89 t.u. edilizia.

Il giudice a quo deduce che la norma censurata soffre dello stesso profilo di illegittimità costituzionale riscontrato dalla sentenza n. 68 del 2018 di questa Corte in relazione agli artt. 28, comma 10, e 56, comma 3, della legge della Regione Umbria 21 gennaio 2015, n. 1 (Testo unico governo del territorio e materie correlate). Tali disposizioni normative, similmente, prevedevano che il parere di compatibilità sismica sugli strumenti urbanistici generali e attuativi fosse di competenza del comune e ciò in palese violazione del principio fondamentale della materia posto dall’art. 89 t.u. edilizia, secondo cui tale valutazione spetta all’ufficio tecnico regionale.

Rammenta, ancora, il rimettente che il Consiglio di Stato, con la recente sentenza della quarta sezione, 2 luglio 2021, n. 5078, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, ancora per contrasto con il suddetto parametro interposto, dell’art. 24, comma 9, della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 che similmente attribuisce al comune, e non alla regione, la competenza ad esprimere il parere di compatibilità sismica con riguardo al piano attuativo.

La disposizione censurata, inoltre, si discosterebbe dall’art. 89 t.u. edilizia anche in relazione ai tempi di acquisizione del parere, consentendo che sia reso dopo l’approvazione del PRG con efficacia retroattiva.

1.4.1.− L’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 vulnererebbe poi gli artt. 24 e 113 Cost.

La norma regionale di sanatoria avrebbe solo in apparenza un contenuto generale e astratto, essendo stata piuttosto emanata al fine di sanare la delibera di adozione del PRG del Comune di Spoleto risalente a undici anni prima, con «azzera[mento]» del giudicato di annullamento del giudice amministrativo. Sarebbe, dunque, una legge-provvedimento illegittima per superamento dei limiti, enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, della non interferenza con l’esercizio della funzione giurisdizionale e del rispetto del giudicato.

1.4.2.− Ancora, la legge-provvedimento sarebbe arbitraria e manifestamente irragionevole per carenza di valutazione degli elementi afferenti alla situazione concreta sulla quale incide o per incoerenza con l’interesse pubblico perseguito e dunque in spregio ai princìpi di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa di cui all’art. 97 Cost.

1.4.3.− Infine, l’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 contrasterebbe con gli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui consente l’acquisizione del parere di compatibilità sismica in via successiva all’approvazione dello strumento urbanistico, così realizzando una inversione procedimentale irragionevole rispetto all’interesse pubblico in rilievo, costituito dalla tutela dell’incolumità pubblica, il quale piuttosto esige una preventiva valutazione di compatibilità delle possibili scelte pianificatorie con le caratteristiche del territorio.

2.– Si sono costituiti gli appellanti nel giudizio a quo che hanno chiesto la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 negli stessi termini auspicati dal rimettente.

La difesa della parte ha illustrato, condiviso e sostenuto le argomentazioni spese dall’ordinanza di rimessione.

In particolare, i contribuenti hanno prospettato che: a) la disposizione censurata, in punto di competenza (comunale) e tempo di acquisizione (posteriore alla approvazione) dello strumento urbanistico, si discosta dal principio fondamentale dettato dall’art. 89 t.u. edilizia secondo cui la verifica di compatibilità delle previsioni relative con le condizioni geomorfologiche del territorio deve provenire da un soggetto terzo (l’ufficio tecnico della regione) e antecedere la loro approvazione; b) la legge regionale dell’Umbria sulla pianificazione urbanistica comunale (art. 24 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005), prima, e quella sul governo del territorio (artt. 28 e 56 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015), dopo, si sono parimenti discostate dal citato principio fondamentale, attribuendo ai comuni il parere di compatibilità sismica; c) la sentenza n. 68 del 2018 di questa Corte, giudicando tali ultime norme, ha affermato che l’art. 89 t.u. edilizia si impone al legislatore regionale non solo nell’attribuzione della competenza in capo all’ufficio tecnico della regione del parere di compatibilità sismica, ma anche nella relativa disciplina di «modalità e […] tempi» entro cui l’organo regionale deve pronunciarsi; d) successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 264 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 24, comma 9, della legge reg. Umbria n. 11 del 2005, nella parte in cui, sempre in contrasto con l’art. 89 t.u. edilizia, disponeva che il parere sismico sugli strumenti urbanistici attuativi fosse reso dal comune, anziché dall’ufficio tecnico regionale competente.

3.− Si è altresì costituito il Comune di Spoleto, parte appellata nel giudizio a quo, il quale ha eccepito l’inammissibilità delle questioni per numerosi profili e nel merito ha domandato la declaratoria di loro non fondatezza.

3.1.− La difesa comunale, dopo aver analiticamente ricostruito lo svolgimento del giudizio principale, eccepisce, anzitutto, l’inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza sia confutando le ragioni sulle quali il giudice a quo l’ha fondata (l’inedificabilità dell’area in via di fatto, l’insussistenza di motivi logicamente prioritari per risolvere la controversia, l’impossibilità in via immediata di ricorrere al potere di disapplicazione della delibera comunale del 2014 che aveva espresso il parere postumo di compatibilità sismica), sia deducendo ulteriori carenze della motivazione del rimettente.

A suo dire la rilevanza difetterebbe in quanto: a) sarebbe stata erroneamente negata la (comunque sufficiente) edificabilità di fatto delle aree, non avendo il rimettente tenuto conto delle prove documentali offerte dal Comune; b) il giudice tributario non si sarebbe affatto soffermato sui pregiudiziali motivi di opposizione diversi dalla notifica degli atti impositivi, costituiti dalla inedificabilità delle aree in quanto ricomprese in comparto destinato alla perequazione urbanistica, in assenza di accordi attuativi, e dalla illegittima adozione delle aliquote IMU da parte del Consiglio comunale privo di competenza ex art. 42, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali); c) la delibera n. 10 del 2014 sarebbe stata «astrattamente» disapplicabile ai sensi degli artt. 2, comma 3, e 7, comma 5, cod. proc. trib., a prescindere dalla questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 (è citata Corte di cassazione, sezione tributaria, ordinanza 20 maggio 2021, n. 13809), con effetti risolutivi per la controversia; d) comunque, dalla disapplicazione dell’atto generale per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale di tale disposizione, deriverebbe al più il travolgimento della delibera di approvazione del PRG e non anche di quella di adozione, sufficiente di per sé a fondare l’edificabilità di diritto. In concreto, poi, all’esito della auspicata declaratoria di illegittimità costituzionale, la delibera in parola, in quanto contiene un parere, non sarebbe un atto generale disapplicabile, bensì un atto puntuale il quale, piuttosto, avrebbe dovuto essere impugnato tempestivamente dinanzi al giudice amministrativo.

Il giudice a quo non avrebbe neppure tenuto in alcun conto l’eccezione del Comune di intervenuta acquiescenza dei contribuenti rispetto alle pretese impositive.

Ancora, il rimettente non avrebbe censurato disposizioni dirimenti per la definizione del giudizio principale: il connesso comma 1 dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 e l’art. 10, comma 2, della legge della Regione Umbria 21 ottobre 1997, n. 31 (Disciplina della pianificazione urbanistica comunale e norme di modificazione delle LL.RR. 2 settembre 1974, n. 53, 18 aprile 1989, n. 26, 17 aprile 1991, n. 6 e 10 aprile 1995, n. 28) oggetto di interpretazione autentica da parte della prima disposizione. In virtù del combinato disposto di tali due norme, infatti, sarebbe comunque consentita l’acquisizione del parere di compatibilità sismica, al pari degli altri atti di competenza comunale, in sede di approvazione del PRG con la conseguente inutilità delle questioni volte ad ottenere l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014.

Inoltre, la Corte di giustizia tributaria avrebbe omesso di «impugnare» (o di motivare la mancata «impugnazione») l’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 su cui, secondo l’ordinanza di rimessione, la delibera del 2014 di parere postumo parimenti era fondata.

Non sarebbe stato, altresì, considerato che la Regione aveva visionato la documentazione sismica prodotta dal Comune e non aveva formulato rilievi nelle apposite conferenze istituzionali, così implicitamente rendendo una valutazione assimilabile al parere di compatibilità sismica.

3.2.− Secondo la difesa comunale le questioni sarebbero inammissibili anche per insufficienza di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza.

Da un lato, infatti, l’ordinanza di rimessione avrebbe fondato il contrasto delle norme censurate con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 89 t.u. edilizia, su una automatica esportazione delle ragioni sui cui è fondata la sentenza n. 68 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 28, comma 10, e 56, comma 3, della legge reg. Umbria n. 1 del 2015, senza alcuna analisi della differente e peculiare ratio dell’art. 22 della legge reg. Umbria 5 del 2014.

Dall’altro lato, le censure di violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost. non sarebbero raccordate con le ragioni poste a sostegno di ciascuna violazione, né graduate.

3.3.− Esse sarebbero, comunque, non fondate per plurime considerazioni.

3.3.1.− Quanto alla violazione dell’art. 117, comma terzo, Cost., in relazione all’art. 89 t.u. edilizia, la parte ha dedotto che l’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 avrebbe portata non assimilabile alle disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime con le sentenze n. 264 del 2022 e n. 68 del 2018: con l’intervento normativo censurato, infatti, non si introdurrebbe una modifica ordinamentale nell’acquisizione del parere di compatibilità sismica sugli strumenti urbanistici, ma una disposizione specifica dettata in via derogatoria per il solo 2014. La disciplina sarebbe diretta a consentire a vari comuni, tra cui quello di Spoleto, la regolarizzazione dei piani regolatori adottati e approvati negli anni precedenti in nome della continuità degli atti amministrativi e della certezza dei rapporti giuridici, pur nel pieno rispetto dell’interesse alla tutela dell’incolumità pubblica in materia sismica.

Inoltre, per come risulterebbe dalla sentenza n. 68 del 2018, il parametro interposto imporrebbe quale principio fondamentale la competenza di un organo terzo ad esprimere il parere di compatibilità sismica, ma non anche la sua acquisizione in momento antecedente l’adozione del PRG.

3.3.2.− Quanto alle doglianze di illegittimità della legge-provvedimento, il Comune di Spoleto ha, anzitutto, confutato tale qualificazione in quanto, per come evincibile dalla relazione illustrativa, le norme sono rivolte a tutti i comuni che prima della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 avevano approvato gli strumenti urbanistici.

In ordine al merito delle relative censure, la parte ha negato il contrasto con il giudicato, atteso che le stesse sentenze del giudice amministrativo avevano previsto la riedizione del potere pianificatorio secondo il «quadro normativo vigente» tenendo «conto di tutti gli elaborati acquisiti relativi allo studio geologico e alla microzonazione sismica».

3.4.− Infine, quanto alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost. per l’irragionevole previsione di un parere postumo, l’ordinanza di rimessione non avrebbe considerato che la disposizione impugnata impone al Consiglio comunale la previa acquisizione del parere della commissione per la qualità architettonica e il paesaggio, da esprimere sulla base degli elaborati relativi alle indagini geologiche e idrogeologiche nonché degli studi di microzonazione sismica, e che, comunque, le scelte pianificatorie, anche in relazione agli aspetti sismici, sono soggette alle verifiche di regione e provincia nelle conferenze istituzionali.

4.− In vista dell’udienza pubblica i contribuenti hanno depositato memoria illustrativa controdeducendo sulle eccezioni di inammissibilità spiegate dal Comune di Spoleto.

In primo luogo, la parte ha confutato il difetto di rilevanza: la motivazione del rimettente sarebbe non implausibile nell’affermare l’applicabilità alla fattispecie della norma censurata e supererebbe il controllo esterno demandato a questa Corte. Il rimettente, in particolare, – senza palesi errori o contraddizioni − avrebbe escluso l’edificabilità di fatto e si sarebbe interrogato su quella di diritto cui il dubbio di costituzionalità è legato. In proposito, questa Corte non solo non potrebbe entrare nel merito della valutazione sulla edificabilità di fatto, ma pur ammesso il ricorrerne, non sarebbe esclusa la rilevanza della condizione dell’edificabilità di diritto su cui si sarebbero specificamente basati gli avvisi di accertamento.

In secondo luogo, i contribuenti hanno evidenziato la sufficienza della motivazione dell’ordinanza nel sostenere la non manifesta infondatezza delle questioni.

4.1.− A sua volta, anche l’ente locale ha depositato memoria in cui ha ribadito le difese già spiegate nell’atto di costituzione.

5.– Con ordinanza del 1° marzo 2023, iscritta al n. 53 reg. ord. 2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria, sezione prima, ha parimenti sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 89 t.u. edilizia, e degli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost.

Il rimettente è chiamato a decidere dell’appello proposto avverso la sentenza n. 392 del 2021 della Commissione tributaria provinciale di Perugia, che ha rigettato l’impugnazione degli avvisi di accertamento relativi all’IMU per terreni (per gli anni «2016 e 2016») notificati dal Comune di Spoleto.

Espone il rimettente che il contribuente in primo grado aveva dedotto «l’illegittimità [delle pretese tributarie] per insussistenza del presupposto impositivo [nonché l’] illegittimità delle aliquote, […] delle sanzioni e degli interessi applicati» e sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014; in secondo grado l’appellante si era «sostanzialmente riportat[o] alle argomentazioni svolte nel precedente grado» e reiterato la questione di legittimità costituzionale.

5.1.– Per il resto l’ordinanza di rimessione riproduce testualmente la motivazione di quella iscritta al n. 158 reg. ord. 2022 tanto nelle premesse espositive quanto in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza.

6.– Si è costituito anche in questo giudizio il Comune di Spoleto, parimenti eccependo l’inammissibilità delle questioni e sostenendo la loro non fondatezza.

6.1.– La difesa comunale assume, anzitutto, l’inammissibilità delle questioni sollevate per specifiche criticità dell’ordinanza di rimessione.

In primo luogo, l’atto di promovimento avrebbe una motivazione meramente apparente perché «totalmente e acriticamente ricopiata» da quella iscritta al reg. ord. n. 158 del 2022, di cui riporterebbe addirittura i refusi e i passaggi non attinenti al giudizio celebrato dal giudice a quo.

In secondo luogo, la Corte di giustizia, edotta della pendenza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014, avrebbe errato nel riproporla, in quanto avrebbe dovuto piuttosto sospendere il giudizio, secondo il disposto dell’art. 39, comma 1-bis, cod. proc. trib. («La corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa»), e alla stregua della giurisprudenza costituzionale (è citata la sentenza n. 225 del 1994).

6.2.– La parte, poi, sviluppa le medesime ragioni di inammissibilità eccepite nel giudizio iscritto al n. 158 reg. ord. 2022 per difetto di rilevanza (sempre per erronea valutazione dell’edificabilità dell’area in via di fatto secondo le risultanze processuali − in questo caso per ammissione degli appellanti −, per sussistenza di motivi logicamente prioritari per risolvere la controversia − i non riportati motivi di omessa pubblicazione delle delibere di determinazione delle aliquote e il vizio di incompetenza del Consiglio comunale a determinarle −, per immediata disapplicabilità della delibera comunale del 2014 che aveva espresso il parere postumo di compatibilità sismica nonché per essere il dubbio di legittimità costituzionale limitato al solo comma 2 dell’art. 22 e non anche al suo comma 1, in combinato disposto con l’art. 10 della legge reg. Umbria n. 31 del 1997, e all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990).

6.3.– In ragione delle identiche motivazioni delle ordinanze in punto di non manifesta infondatezza, l’ente locale argomenta negli stessi termini sopra esposti l’inammissibilità delle questioni per carenza della relativa motivazione e nel merito la loro carenza di pregio.

7.– Anche in questo giudizio, il Comune di Spoleto ha depositato memoria illustrativa per ribadire i propri assunti difensivi.

8.– Con ordinanza del 7 marzo 2023, iscritta al n. 54 reg. ord. 2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria, sezione prima, ha sollevato identiche questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014.

Anche in questo terzo giudizio principale, il giudice tributario di appello è stato investito della impugnazione di sentenza della Commissione tributaria provinciale di Perugia (12 gennaio 2022, n. 22) che ha respinto l’opposizione ad avvisi di accertamento del Comune di Spoleto per omesso, insufficiente o tardivo versamento dell’IMU (per gli anni 2017 e 2019) per terreni, di cui era contestato in primis il presupposto impositivo della loro edificabilità.

Il rimettente espone che il gravame è stato proposto per erronea valutazione da parte del giudice di primo grado della edificabilità sempre in ragione dell’annullamento con il menzionato giudicato amministrativo delle delibere tanto di adozione quanto di approvazione del PRG, sanato sulla base di norma ritenuta costituzionalmente illegittima. Gli appellanti che hanno contestato anche l’edificabilità di fatto, hanno poi insistito per l’accoglimento degli ulteriori motivi proposti in primo grado tra cui l’incompetenza del Consiglio comunale a determinare le aliquote.

Per il resto l’ordinanza di rimessione, ancora una volta, riproduce testualmente la motivazione di quella iscritta al n. 158 reg. ord. 2022 tanto nelle premesse espositive quanto in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza.

9.– Anche in questo giudizio si è costituito il Comune di Spoleto.

La difesa della parte ripropone, a sostegno di inammissibilità e non fondatezza delle questioni sollevate, i medesimi argomenti indicati con riferimento alla precedente ordinanza di rimessione, salvo non lamentare, in questo caso, la non attinenza di taluni passaggi dell’ordinanza con il giudizio a quo.

10.− In vista dell’udienza pubblica, la parte ha depositato memoria in cui ha sintetizzato le difese già spiegate.

Considerato in diritto

1.− Con tre ordinanze coincidenti nella parte motiva (n. 158 reg. ord. 2022; n. 53 e n. 54 reg. ord. 2023), la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 113 e 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 89 t.u. edilizia, della legittimità costituzionale «dell’art. 22» della legge reg. Umbria n. 5 del 2014, nella parte in cui consente che «il Comune rilasci esso stesso a sanatoria il parere di compatibilità sismica e anche dopo l’approvazione del PRG».

Nei giudizi principali alcuni proprietari di terreni, siti nel Comune di Spoleto, contestano l’imposizione dell’IMU, in primis, per avere qualificato tali aree come fabbricabili: in particolare, esclusa dai rimettenti l’edificabilità di fatto in ragione delle risultanze processuali, non sussisterebbe neanche quella di diritto, in mancanza di qualificazione urbanistica da parte di uno strumento urbanistico che sia stato almeno validamente adottato. Ciò, sul duplice concomitante assunto che, per un verso, le delibere di adozione e di approvazione del piano regolatore generale erano state annullate dal giudice amministrativo (con sentenze passate in giudicato), per mancata acquisizione del parere di compatibilità sismica da parte del competente organo regionale; e che, per altro verso, il PRG era stato sanato con delibera comunale (n. 10 del 2014) che aveva espresso il parere sismico in via postuma proprio facendo applicazione della disposizione della cui illegittimità costituzionale si sospetta.

In particolare, per quanto di interesse, il censurato art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 prevede che i comuni – a certe condizioni ed entro un certo termine – possano essi stessi esprimere il parere sismico sul piano regolatore già approvato, con valore di «conferma in via retroattiva [del]la [sua] validità».

Secondo i giudici rimettenti, le norme censurate violerebbero, anzitutto, l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione al principio fondamentale nelle materie «governo del territorio» e «protezione civile» posto dall’art. 89 t.u. edilizia. In base a quest’ultimo il parere di compatibilità sismica sugli strumenti urbanistici generali dei comuni siti in zone sismiche o il cui territorio comprende abitati da consolidare deve essere richiesto al «competente ufficio tecnico regionale […] prima della delibera di adozione», mentre il legislatore umbro ne assegna la competenza allo stesso comune, anziché ad un organo terzo, e ne consente l’acquisizione in un momento posteriore, anziché precedente, all’approvazione dei piani.

Ancora, la prevista acquisizione postuma del parere sismico lederebbe gli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., in quanto introdurrebbe una inversione procedimentale irragionevole rispetto all’interesse pubblico alla tutela dell’incolumità, che esigerebbe, piuttosto, una preventiva valutazione di compatibilità delle possibili scelte pianificatorie con le caratteristiche del territorio.

Inoltre, la disposizione regionale, qualificata legge-provvedimento per il suo contenuto particolare e concreto, valicherebbe i limiti in proposito tracciati dalla giurisprudenza costituzionale sotto un duplice aspetto.

In primo luogo, perché, in contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost., violerebbe il limite del rispetto del giudicato nel consentire la sanatoria di un provvedimento amministrativo annullato da sentenza definitiva, azzerandone gli effetti.

In secondo luogo, la disposizione censurata esorbiterebbe dai limiti di ragionevolezza e non arbitrarietà in quanto, con la consentita sanatoria, inciderebbe sulla situazione concreta in carenza di un’appropriata valutazione degli elementi rilevanti nella soddisfazione dell’interesse pubblico perseguito; e ciò, in violazione dei princìpi di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa imposti dall’art. 97 Cost.

2.− In ragione della identità delle questioni sollevate, per oggetto e censure, i giudizi vanno riuniti per la loro definizione con un’unica pronuncia (ex multis, sentenze n. 6 del 2023, n. 105 del 2022, n. 235, n. 134 e n. 22 del 2021).

3.− Prima di entrare nel merito delle questioni occorre esaminare i profili preliminari che interessano i tre giudizi.

3.1.− Prioritaria è, anzitutto, l’esatta individuazione del thema decidendum.

Quanto al suo oggetto, occorre precisare che, benché i rimettenti censurino l’intero art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014, dalla motivazione delle ordinanze si evince che i dubbi di illegittimità costituzionale sono rivolti al solo comma 2 di tale articolo, ed è in relazione a tale comma che va di conseguenza condotto lo scrutinio di costituzionalità (sentenze n. 88 e n. 7 del 2022, n. 270 e n. 267 del 2020).

Quanto ai parametri evocati, vi è da rilevare che, in ordine alla lesione del terzo comma dell’art. 117 Cost., nel solo dispositivo è indicata quale disposizione interposta l’art. 81 t.u. edilizia, mentre in motivazione le ordinanze diffusamente argomentano sulla violazione dell’art. 89 t.u. edilizia. Deve quindi ritenersi che il dispositivo riporti un mero lapsus calami che non pregiudica la corretta individuazione della doglianza (sentenze n. 61 del 2022, n. 35 del 2021 e n. 228 del 2017).

4.− Sempre in via preliminare, questa Corte è chiamata a pronunciarsi sulle eccezioni di inammissibilità avanzate dal Comune di Spoleto, il quale contesta anzitutto, e con riferimento a tutte le ordinanze, il difetto di rilevanza delle questioni.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’ammissibilità delle questioni è sufficiente che la norma censurata sia applicabile nel giudizio a quo e che la pronuncia di accoglimento possa influire sull’esercizio della funzione giurisdizionale (tra le altre, sentenze n. 247 e n. 215 del 2021), quantomeno sotto il profilo del percorso argomentativo che sostiene la decisione del processo principale (ex plurimis, sentenze n. 249 e n. 154 del 2021; ordinanza n. 194 del 2022). Per contro, il presupposto della rilevanza non si identifica nell’utilità concreta di cui le parti in causa potrebbero beneficiare (tra le tante, sentenze n. 193, n. 183 e n. 88 del 2022, n. 172 e n. 59 del 2021).

Inoltre, il giudizio sulla rilevanza è riservato al rimettente e rispetto a esso questa Corte effettua un controllo meramente “esterno”, limitato ad accertare l’esistenza di una motivazione non implausibile, non palesemente erronea o contraddittoria (per tutte, sentenze n. 192 del 2022 e n. 32 del 2021), senza spingersi fino a un esame autonomo degli elementi che hanno portato il giudice a quo a determinate conclusioni, potendo interferire su tale valutazione solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento (sentenza n. 218 del 2020).

4.1.− Sotto un primo profilo, la parte ha dedotto il difetto di rilevanza in quanto i giudici a quibus, in manifesto travisamento delle risultanze processuali, avrebbero escluso l’utilizzabilità edificatoria di fatto, di per sé sufficiente ad integrare il presupposto impositivo dell’IMU, a prescindere dall’applicazione delle norme censurate.

L’eccezione non è fondata per nessuno dei giudizi incidentali.

Va, anzitutto, ricordato che oggetto dell’imposizione IMU è, tra l’altro, il possesso di un’area fabbricabile ed è fiscalmente rilevante tanto l’edificabilità di diritto, derivante dalle scelte del piano urbanistico anche solo validamente adottato, quanto quella di fatto, sussistente quando il terreno che, pur non essendo urbanisticamente qualificato, ha vocazione edificatoria per effetto di elementi oggettivi.

Il legislatore, infatti, ha adottato la definizione secondo cui «per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità» (definizione stabilita originariamente per l’ICI dall’art. 2, comma 1, lettera b, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, recante «Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421», di seguito richiamata per l’IMU dall’art. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 e infine riprodotta dall’art. 1, comma 741, lettera d, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»).

Correttamente, quindi, i giudici tributari, nel motivare la rilevanza delle questioni in relazione alla edificabilità di diritto, hanno pregiudizialmente valutato ed escluso l’edificabilità di fatto e nel farlo, contrariamente a quanto eccepito, hanno reso motivazioni non implausibili.

4.1.1.− In particolare, nei giudizi iscritti ai numeri 53 e 54 reg. ord. 2023 il Comune di Spoleto fonda il travisamento in cui sarebbero incorsi i rimettenti su una asserita ammissione o mancata contestazione della edificabilità di fatto da parte dei contribuenti, ma tale deduzione difensiva compare per la prima volta nel giudizio costituzionale. In entrambi i casi, l’atto di costituzione non fa riferimento a specifici punti delle memorie del corrispondente giudizio principale che conterrebbero il riconoscimento esplicito o implicito della edificabilità né esso trova riscontro nelle produzioni di parte dei presenti giudizi.

4.1.2.− Ma neanche l’ordinanza di rimessione del giudizio iscritto al n. 158 reg. ord. 2022 incorre in un macroscopico errore, nonostante la difesa comunale puntualmente indichi e dimostri che nel giudizio a quo vi era stata l’allegazione dell’edificabilità fattuale delle aree accompagnata da produzione documentale.

Il rimettente, infatti, affermando che l’area non è caratterizzata dalla presenza di elementi indicativi della vocazione edificatoria in fatto per difetto di servizi pubblici essenziali e opere di urbanizzazione primaria e aggiungendo che «la difesa comunale [non ha] allegato come suo onere specifici elementi di prova al riguardo», ha proceduto in modo non implausibile alla valutazione, a lui riservata, del materiale allegatorio e probatorio (sentenza n. 242 del 2011).

4.2.− Con una seconda eccezione, l’ente locale ha denunciato il mancato esame dei motivi di impugnazione degli avvisi di accertamento che avrebbero carattere prioritario rispetto al profilo dell’applicazione del censurato comma 2 dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014.

Anche tale eccezione non ha fondamento.

Il Comune si duole della generica valutazione dei giudici a quibus dell’«infondatezza delle altre doglianze che presentano priorità logico giuridica» rispetto a quella della carenza del presupposto impositivo, ma erra nel qualificare gli ulteriori vizi fatti valere dai contribuenti come pregiudiziali a quest’ultimo.

Infatti, il vizio di incompetenza (non degli avvisi ma) della delibera del Consiglio comunale che ha determinato le aliquote IMU, così come il vizio relativo alla loro pubblicazione, attiene al quantum della pretesa tributaria, logicamente successiva al contestato an; ancora, la carenza degli accordi per le aree in perequazione è circostanza logicamente successiva a quella, inerente alle questioni di legittimità costituzionale, della validità della pianificazione del territorio interessato dalla perequazione.

Del pari, il mancato esame del profilo preliminare della intervenuta acquiescenza delle pretese impositive (eccepita dall’ente impositore nel giudizio a quo relativo all’ordinanza iscritta al n. 158 reg. ord. 2022) non conduce all’inammissibilità delle questioni: il Comune ha fondato l’eccezione sul pagamento dell’imposta per gli anni 2010-2013 e, quindi, per annualità antecedenti sia al giudicato di annullamento del suo PRG da parte del giudice amministrativo, sia alla entrata in vigore della disposizione censurata. Dalla complessiva motivazione dell’ordinanza risulta, quindi, che l’eccezione sia stata implicitamente e plausibilmente disattesa.

4.3.− La difesa comunale ha eccepito, ancora, la mancata impugnazione da parte dei giudici a quibus di ulteriori disposizioni, che avrebbero carattere dirimente per la definizione del giudizio principale in quanto fondanti di per sé la sanatoria a prescindere dalle norme censurate (il comma 1 del medesimo art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 e l’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990).

L’assunto è, però, nella specie privo di fondamento, in quanto le norme indicate dalla parte non sono “rilevanti” nei giudizi principali.

Anzitutto, il comma 1 dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 contiene una norma che interpreta la disciplina sulla pianificazione urbanistica applicabile ratione temporis (l’art. 10, comma 2, della legge reg. Umbria n. 31 del 1997 vigente sino alla legge reg. Umbria n. 11 del 2005) nel senso che «l’approvazione da parte del Consiglio comunale del Piano regolatore generale − PRG ricomprende anche il positivo rilascio del parere sugli strumenti urbanistici di compatibilità sismica».

Dalla lettura di tale comma in via congiunta con il censurato comma 2 si evince chiaramente che l’uno riguarda i piani regolatori ancora da approvare e l’altro i piani già approvati, ma viziati dall’illegittima acquisizione del parere di compatibilità sismica e ritenuti dal legislatore umbro meritevoli di sanatoria tramite la valutazione sismica a posteriori.

Solo dalla seconda disposizione sono, dunque, interessate la vicenda del PRG del Comune di Spoleto e le sue ricadute sui giudizi tributari.

Inoltre, l’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, citato in un unico passaggio nelle ordinanze di rimessione con riguardo all’inquadramento della delibera n. 10 del 2014, non è conferente nella risoluzione della controversia tributaria: il comma 2 di tale articolo disciplina la conservazione degli effetti del provvedimento illegittimo tramite convalida (con un nuovo provvedimento che elimina o sostituisce la parte di esso viziata) e non, come nella specie, tramite sanatoria (per sopravvenienza di atto endo-procedimentale originariamente carente).

Non a caso, la delibera in parola non pone questa norma a suo fondamento, come può evincersi dalla piana lettura dello stesso provvedimento prodotto dalla parte nel giudizio costituzionale.

4.4.− Con un’ulteriore eccezione, l’Ente locale ha sostenuto l’inammissibilità per irrilevanza, deducendo la palesemente erronea valutazione dei giudici a quibus in ordine alla disapplicazione della delibera di sanatoria (n. 10 del 2014), ai sensi dell’art. 7, comma 5, cod. proc. trib.

Anche questa eccezione non è fondata.

Lo snodo motivazionale costituisce effettivamente l’elemento su cui si fonda la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale.

I giudici a quibus affermano che la delibera in questione è «in ipotesi» disapplicabile quale atto generale presupposto degli impugnati avvisi di accertamento, ma che l’uso di tale potere processuale deve essere preceduto dalla verifica della legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 di cui l’atto amministrativo è «stretta applicazione».

In proposito, la parte obietta, per un verso, che il giudice tributario potesse immediatamente procedere a disapplicare la delibera, a prescindere dall’incidente di costituzionalità, e, per altro (opposto) verso, che la delibera in parola, rendendo un parere, non sarebbe un atto generale disapplicabile, bensì un atto puntuale il quale avrebbe dovuto, piuttosto, essere impugnato tempestivamente dinanzi al giudice amministrativo.

Nessuno dei rilievi della parte coglie nel segno.

Può convenirsi che la delibera che ha reso il parere postumo con effetto sanante dello strumento urbanistico rientri tra gli atti amministrativi “in astratto” disapplicabili da parte del giudice tributario in quanto atto presupposto della pretesa tributaria: su di essa si fonda l’edificabilità di diritto dei terreni e dunque la correlativa imposizione IMU. E, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione (per tutte, sezione tributaria, sentenze 13 giugno 2012, n. 9631 e 14 marzo 2007, n. 5929), l’atto amministrativo è disapplicabile dal giudice tributario solo perché presupposto dell’atto impositivo e, dunque, a prescindere dalla sua natura, in quanto la disapplicazione contemplata dall’art. 7, comma 5, cod. proc. trib. (che fa riferimento ai soli regolamenti e atti generali) non è che espressione del generale potere di disapplicazione riconosciuto al giudice ordinario dall’art. 5 dell’Allegato E, rubricato «Legge sul contenzioso amministrativo», alla legge 20 marzo 1865, n. 2248 (Per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia) in relazione a ogni atto dell’amministrazione. È significativo che i rimettenti corroborino il loro assunto con uno specifico precedente della Corte di legittimità (Cass. n. 13809 del 2021) che ha disapplicato proprio la delibera spoletina n. 10 del 2014 a fronte del ravvisato contrasto con la norma dello statuto del contribuente (della cui legittimità lì non si dubitava).

Né osta alla disapplicazione da parte dei giudici rimettenti dell’atto amministrativo rilevante “in via incidentale” nella controversia tributaria la sua mancata tempestiva impugnazione “in via diretta” dinanzi al giudice amministrativo. È pacifico che il giudice ordinario possa procedere a “non applicare” l’atto amministrativo – con effetti ovviamente limitati alla controversia tributaria − pur se questo sia divenuto inoppugnabile per l’inutile decorso del termine di decadenza (tra le tante Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza 22 marzo 2006, n. 6265 e, da ultimo, sezione tributaria, ordinanza 25 gennaio 2023, n. 2216).

Se non che, secondo il plausibile ragionamento dei giudici rimettenti nei casi all’esame nei giudizi principali, il tema della disapplicazione potrà porsi solo all’esito dell’incidente di costituzionalità sulla norma regionale che ha autorizzato la delibera di espressione del parere sismico postumo con effetto sanante.

Se normalmente, infatti, il potere del giudice tributario di disapplicare l’atto amministrativo «illegittimo», di cui quello impositivo fa applicazione, si ha quando il primo non è «conforme» alla disciplina di legge, nella fattispecie in contestazione, invece, la delibera comunale non è contraria alla censurata disposizione regionale, ma ne è precipua attuazione, ed è, piuttosto, quest’ultima ad essere sospettata di illegittimità per contrasto con la Costituzione: dalla verifica di legittimità costituzionale della norma regionale, riservata a questa Corte, potrebbe allora derivare l’illegittimità dell’atto amministrativo a quel punto disapplicabile dalla Corte di giustizia tributaria con effetti caducatori per il presupponente atto impositivo.

5.− Vanno, ancora, respinte le eccezioni di inammissibilità delle questioni sollevate nei giudizi iscritti ai numeri 53 e 54 reg. ord. 2023 per essere state proposte con ordinanze successive a una precedente rimessione.

5.1.− In primo luogo, quanto alla idoneità della loro motivazione, gli atti introduttivi, seppur ripetono pedissequamente la motivazione in diritto della prima ordinanza (n. 158 reg. ord. 2022), antepongono un sunto sufficiente degli accadimenti processuali, idoneo a consentire a questa Corte il controllo esterno sulla rilevanza.

5.2.− In secondo luogo, quanto al modus procedendi, diversamente da quanto asserito dalla difesa comunale, al giudice tributario chiamato ad applicare una norma su cui già penda un giudizio di legittimità costituzionale non è imposta dall’art. 39 cod. proc. trib. la sospensione del giudizio.

Le sospensioni previste da quest’ultimo sono, infatti, erroneamente invocate in quanto esse riguardano la sospensione del processo per pendenza di causa pregiudiziale introdotta dinanzi a giudici comuni («1. Il processo è sospeso quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio. 1-bis. La corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa»).

Quando, invece, come nella specie, si debba fare applicazione di norma già sospettata di illegittimità costituzionale e si condivida la valutazione di non manifesta infondatezza della questione, il giudice sarà tenuto a sua volta a sollevare la questione a questa Corte, anche per garantire alle parti del processo dinanzi a sé la partecipazione al giudizio costituzionale (sentenza n. 218 del 2021).

6.− In ultimo, non ha pregio la dedotta inammissibilità per carenza di motivazione delle ordinanze in punto di non manifesta infondatezza.

I rimettenti argomentano in modo sufficiente le ragioni del denunciato contrasto tra le norme censurate e i parametri evocati e ciò con riferimento sia alla censura principale di violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 89 t.u. edilizia, sia a quelle ulteriori.

7.– L’esame del merito deve essere preceduto da una breve ricostruzione del contesto in cui si colloca la disposizione censurata.

L’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 fa seguito alle sentenze del giudice amministrativo di primo e secondo grado (TAR Umbria, n. 521 del 2012 e Consiglio di Stato, n. 760 del 2014) che hanno annullato le delibere di adozione e approvazione della parte strutturale del piano regolatore urbanistico del Comune di Spoleto, nonché quelle di adozione e approvazione della parte operativa del medesimo piano, ritenute illegittime perché, in contrasto con quanto previsto dall’art. 13 della legge n. 64 del 1974, il relativo parere sismico era stato reso dallo stesso ente locale, anziché dalla regione, e in fase successiva alla adozione.

Secondo la relazione illustrativa al disegno di legge, il legislatore regionale ha inteso risolvere la «discrasia» che il giudicato amministrativo aveva messo in luce nella disciplina pianificatoria applicabile ratione temporis e, in particolare, tra l’art. 5, comma 1, della legge della Regione Umbria 14 maggio 1982, n. 25 (Snellimento procedure di cui alla legge n. 64/1974 in attuazione art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741) – che in conformità con la disciplina statale assegnava il parere di compatibilità sismica alla commissione regionale tecnico-amministrativa − e la previsione dell’art. 10, comma 2, della legge reg. Umbria n. 31 del 1997 che, in termini generali, disponeva che «[i] pareri, i visti e le autorizzazioni previsti dalla vigente legislazione per gli strumenti urbanistici generali sono espressi dal Consiglio comunale con la deliberazione di approvazione […]».

L’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014 ha conseguentemente previsto: «1. L’articolo 10, comma 2 della legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31 (Disciplina della pianificazione urbanistica comunale e norme di modificazione della L.R. 2 settembre 1974, n. 53, della L.R. 18 aprile 1989, n. 26, della L.R. 17 aprile 1991, n. 6 e della L.R. 10 aprile 1995, n. 28) si interpreta nel senso che l’approvazione da parte del Consiglio comunale del Piano regolatore generale − PRG ricomprende anche il positivo rilascio del parere sugli strumenti urbanistici di compatibilità sismica. 2. I comuni che hanno avviato l’iter di formazione del PRG prima della entrata in vigore della legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale) possono esprimere in via retroattiva la valutazione di compatibilità sismica dello strumento urbanistico entro e non oltre il 31 dicembre 2014. A tal fine il Consiglio comunale, relativamente al PRG ed alle varianti successive, previo parere della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio ai sensi dell’articolo 4, comma 4, lettera c) della legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1 (Norme per l’attività edilizia), sulla base degli elaborati, contenuti nel PRG approvato, relativi alle indagini geologiche, idrogeologiche e degli studi di microzonazione sismica, formula espressamente e motivatamente la propria valutazione di compatibilità e conformità. L’espressione di tale giudizio conferma in via retroattiva la validità del PRG e di tutte le sue varianti successive».

Per come già accennato, è stata dunque emanata, con il comma 1 dell’art. 22, una norma di interpretazione autentica dell’art. 10, comma 2, della legge reg. Umbria n. 31 del 1997, tesa a superare l’opposta interpretazione del Consiglio di Stato contenuta nella sentenza di annullamento del PRG del Comune di Spoleto. La norma è rivolta ai piani regolatori da approvare secondo la disciplina anteriore alla legge sulla pianificazione urbanistica (legge reg. Umbria n. 11 del 2005), che ha provveduto all’abrogazione di tale disposizione (art. 73, comma 1, lettera g).

Con il successivo comma 2 il legislatore regionale si è, piuttosto, occupato dei PRG pur sempre soggetti alla disciplina anteriore al 2005, ma già oggetto di approvazione, consentendo ai comuni entro la fine dell’anno di entrata in vigore della legge (2014), l’emanazione di un parere ex post con effetto sanante retroattivo del piano.

Con la delibera n. 10 del 10 aprile 2014 il Comune di Spoleto si è avvalso, per l’appunto, dell’eccezionale previsione del comma 2 dell’art. 22 legge reg. Umbria n. 5 del 2014, esprimendo in via postuma il parere sismico e sanando lo strumento urbanistico.

8.– Tanto premesso, in ragione della loro connessione, è opportuno trattare congiuntamente le doglianze di violazione degli artt. 117, terzo comma, 3 e 97 Cost.

Le questioni sono fondate.

8.1.− In primo luogo, il rimettente dubita della compatibilità della norma umbra che individua la competenza in capo al comune a rendere il giudizio di compatibilità sismica sull’atto pianificatorio comunale per contrasto con il principio fondamentale nella materia «governo del territorio» contenuto nell’art. 89 t.u. edilizia, il quale prescrive espressamente che il parere debba essere reso dall’apposito ufficio tecnico regionale.

Va ribadito, al riguardo, quanto affermato da questa Corte nelle sentenze n. 264 del 2022 e n. 68 del 2018 che hanno dichiarato costituzionalmente illegittime altre disposizioni legislative della Regione Umbria contenute nelle discipline generali sulla pianificazione urbanistica (rispettivamente l’art. 24, comma 9, della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 e gli artt. 28, comma 10, e 56, comma 3, della legge reg. Umbria n. 1 del 2015): queste, al pari della disposizione qui censurata, assegnavano al comune, anziché all’organo terzo regionale, la verifica della conformità delle previsioni urbanistiche (generali o attuative) alle condizioni geomorfologiche del territorio municipale.

L’art. 89 t.u. edilizia è, infatti, norma di principio nelle materie del governo del territorio e della protezione civile, in forza della «“posizione fondante”, che essa riveste nell’ordinamento, attesa la rilevanza del bene protetto, che involge i valori di tutela dell’incolumità pubblica, i quali non tollerano alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali» (sentenze n. 264 del 2022; in senso analogo, sentenze n. 68 del 2018 e n. 167 del 2014). Ciò anche con specifico riferimento alle funzioni ascritte agli uffici tecnici della regione (ancora sentenze n. 68 del 2018 e n. 167 del 2014).

Anche l’art. 22, comma 2, della legge reg. Umbria n. 5 del 2014, prevedendo per l’eccezionale caso da esso contemplato che il parere sismico sia reso dal comune, si pone quindi in contrasto con il principio fondamentale posto dall’art. 89 t.u. edilizia.

8.2.− In secondo luogo, si censura la norma regionale che disciplina il momento di acquisizione del parere sismico de quo.

Va osservato in proposito che l’art. 89 t.u. edilizia esplicitamente impone che il parere sia «richi[esto] […] prima della delibera di adozione» e la previsione si accompagna al dovere dell’ufficio tecnico di pronunciarsi entro sessanta giorni (comma 2), scaduti i quali si forma il silenzio-rigetto (comma 3).

Già con la sentenza n. 68 del 2018 si è avuto modo di chiarire che la disciplina statale di principio in ordine a modalità, tempi e forma del parere in parola si impone al legislatore regionale.

Vero è che l’art. 89 t.u. edilizia in termini espressi si limita a prescrivere che il parere sia richiesto prima della adozione dello strumento urbanistico, senza statuire sul termine finale della sua acquisizione.

In proposito, la costante giurisprudenza amministrativa interpreta la disposizione (al pari del recepito primo comma dell’art. 13 della legge n. 64 del 1974) nel senso che il parere possa intervenire anche dopo la delibera di adozione, ma prima di quella di approvazione, a condizione che abbia assolto alla finalità perseguita dalla previsione normativa e, dunque, «quando tale parere non cont[enga] alcun rilievo sostanziale o solo prescrizioni di carattere generale, relative ai successivi interventi edilizi, oppure quando le prescrizioni, al cui rispetto il parere positivo è subordinato, siano state recepite dal Comune e/o inserite nel provvedimento di approvazione dello strumento urbanistico» (tra le tante, Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza 15 gennaio 2021, n. 491; nello stesso senso, sezione quarta, sentenza 12 maggio 2011, n. 2863; sezione quarta, sentenza 13 aprile 2005, n. 1743).

E in effetti la ratio dell’art. 89 t.u. edilizia, consistente nella «tutela dell’interesse generale alla sicurezza delle persone» (ancora sentenza n. 167 del 2014), può essere soddisfatta solo se, nel corso del procedimento pianificatorio e prima della finale emanazione delle relative previsioni urbanistiche, sia possibile rendere queste ultime consone alle condizioni geomorfologiche del territorio municipale, nei termini indicati dall’organo tecnico competente.

Deve, quindi, concludersi che l’art. 89 t.u. edilizia ha natura di principio fondamentale nelle materie «governo del territorio» e «protezione civile» anche in relazione al tempo di acquisizione del parere di compatibilità sismica, prescrivendo che esso intervenga quanto meno in una fase antecedente l’approvazione, alla condizione che possano essere recepite dalle norme urbanistiche le relative prescrizioni. Ciò avuto riguardo al suo contenuto e allo scopo assolto di uniformità della disciplina a livello nazionale (da ultimo, sentenze n. 6 del 2023, n. 166 e n. 44 del 2021, n. 78 del 2020, n. 94 del 2018, n. 16 del 2010).

Risulta pertanto evidente che la norma censurata, nel consentire il parere di compatibilità sismica dopo l’avvenuta approvazione con valore di conferma retroattiva del PRG, senza margini di modifica delle previsioni urbanistiche già vigenti, si pone in palese contrasto con il suddetto principio fondamentale.

8.3.− La previsione regionale di posticipazione dell’acquisizione del parere con effetti sananti configura allo stesso tempo una inversione procedimentale irragionevole in violazione degli evocati artt. 3 e 97 Cost.

Occorre in proposito rammentare che la giurisprudenza amministrativa, “al pari della dottrina”, nel ritenere possibile la sanatoria di un provvedimento per effetto della sopravvenienza di un atto endoprocedimentale prima carente, ne esclude l’ammissibilità proprio in relazione alla funzione consultiva, in quanto il parere deve necessariamente precedere la pronuncia dell’amministrazione decidente: tanto sia perché quel giudizio è strumentale alla ponderazione degli interessi coinvolti e quindi alla determinazione stessa della decisione, sia perché l’organo consultivo deve rendere il parere senza essere influenzato dal provvedimento già adottato (tra le altre, sentenze del Consiglio di Stato, sezione quinta, 27 novembre 2015, n. 5386; sezione quarta, 12 giugno 1998, n. 941; sezione sesta, 6 giugno 2011, n. 3354). La conclusione vale a maggior ragione per i pareri di competenza di amministrazioni preposte alla tutela territoriale, dei quali l’art. 16 della legge n. 241 del 1990 impone l’acquisizione in via imprescindibile, senza possibilità di ricorrere a meccanismi di superamento dell’eventuale inerzia degli organi consultivi.

La norma regionale censurata, nel consentire l’acquisizione del parere posticipata rispetto al provvedimento da valutare, prevede una scansione procedimentale palesemente incongrua rispetto al fine perseguito della tutela della incolumità pubblica.

Il parere postumo potrebbe contenere, infatti, un giudizio falsato dalle scelte pianificatorie già compiute e inoltre la norma, nell’attribuire al parere automatico valore di «conferma» retroattiva del PRG invalidamente adottato, elide la possibilità che a quel giudizio seguano le conseguenti, doverose modifiche delle scelte pianificatorie rispetto alle necessità morfologiche del territorio nei termini indicati dall’autorità preposta alla valutazione del rischio sismico.

8.4.− Non è ultroneo osservare che, con le discipline di sistema in materia di pianificazione urbanistica dettate con le citate leggi reg. Umbria n. 11 del 2005 e n. 1 del 2015, la Regione ha mostrato di condividere la necessità di una acquisizione “preventiva” stabilendo, con norme sostanzialmente identiche, che il parere di cui all’art. 89 t.u. edilizia, tanto in relazione al PRG − parte strutturale quanto al PRG − parte operativa, sia espresso in fase di adozione (così prima, rispettivamente, con gli artt. 13, comma, 9 e 17, comma 2, della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 e poi con gli artt. 28, comma 10, e 31, comma 2, legge reg. Umbria n. 1 del 2015).

9.− Né convince l’argomentazione difensiva del Comune di Spoleto, secondo cui la disposizione regionale non regolerebbe il parere sismico in via generale, ma disciplinerebbe un caso eccezionale, al fine di conservare gli atti amministrativi e la certezza dei correlati rapporti giuridici, pur nel rispetto della tutela dell’incolumità dal rischio sismico.

Deve ritenersi, al contrario, che le norme di garanzia della tutela dell’incolumità pubblica contenute nell’art. 89 t.u. edilizia trovino applicazione sia nella disciplina fisiologica della funzione pianificatoria sia (e ancor di più) nella eventuale disciplina della sua patologia, mentre la certezza dei rapporti con la pubblica amministrazione è già esaustivamente soddisfatta dalla previsione dei termini di impugnazione degli atti amministrativi o dai rimedi volti a contestare l’inerzia dell’amministrazione.

Alla luce delle esposte considerazioni, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014.

10.− Rimangono assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale dedotti dai rimettenti.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge della Regione Umbria 4 aprile 2014, n. 5 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2014 in materia di entrate e di spese −Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2023