Corte Costituzionale sent. 182 del 5 maggio 2006
Edilizia e urbanistica -Norme della Regione Toscana -Immobili ed aree di
notevole interesse pubblico -Mancato riferimento all'accordo Stato-Regione per
apportare adeguamenti al piano paesaggistico elaborato d'intesa -Disciplina
paesaggistica del piano territoriale di coordinamento e del piano strutturale
-Previsione della determinazione, con lo statuto del piano strutturale dei
comuni, delle aree nelle quali è necessaria l'autorizzazione paesaggistica
-Costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni in zone sismiche -Mancata previsione
di preventiva autorizzazione scritta dell'autorità regionale.
(ill. cost. parziale)
SENTENZA N. 182
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 32, comma 3, in
relazione agli articoli 33, 34, 48, 51, 53; 34, comma 3, in relazione
all'articolo 87; 105, comma 3 della legge della Regione Toscana 3 gennaio 2005,
n. 1 (Norme per il governo del territorio), promosso con ricorso del Presidente
del Consiglio dei ministri, notificato il 10 marzo 2005, depositato in
cancelleria il 15 marzo 2005 ed iscritto al n. 38 del registro ricorsi 2005.
Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell'udienza pubblica del 21 febbraio 2006 il Giudice relatore Alfio
Finocchiaro;
uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio
dei ministri e l'avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 10 marzo 2005, e depositato il 15 marzo 2005, il
Presidente del Consiglio dei ministri, su conforme deliberazione del Consiglio
dei ministri in data 4 marzo 2005, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale di alcune norme della legge della Regione Toscana 3 gennaio 2005,
n. 1 (Norme per il governo del territorio), e in particolare: 1) dell'art. 32,
comma 3, in relazione agli artt. 33, 34, 48, 51, 53, per invasione della
competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lettera s, della
Costituzione), e per contrasto con i principi fondamentali delle materie
“governo del territorio” e “valorizzazione dei beni culturali” recati dal
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del
paesaggio), con riguardo ai beni paesaggistici (art. 117, terzo comma, della
Costituzione); 2) dell'art. 34, comma 3, in relazione all'art. 87, per contrasto
con i principi fondamentali della materia “governo del territorio”; 3) dell'art.
105, comma 3, per contrasto con i principi fondamentali delle materie “governo
del territorio” e “protezione civile” (in senso preventivo) al fine di una pari
protezione dell'incolumità e salute personale (art. 117, secondo comma, lettere
l e m, nonché art. 3 della Costituzione).
In ordine al punto 1), la norma censurata (art. 32, commi 1 e 2) richiama la
disciplina del Codice riguardo all'individuazione dei beni paesaggistici, e
precisa che gli immobili e le aree dichiarate di notevole interesse pubblico,
sono compresi negli statuti (intesi questi, in base all'art. 5, come parte degli
specifici strumenti di pianificazione territoriale, contenenti le invarianti
strutturali di cui all'art. 4, in quanto elementi cardine dell'identità dei
luoghi) dei piani regionali, provinciali, comunali, in relazione al rispettivo
rilievo. Il comma 3 dispone che l'entrata in vigore delle disposizioni di detti
strumenti urbanistici che comporti la modifica di vari atti e provvedimenti
previsti dal Codice, che abbiano interessato i beni paesaggistici (notifiche
eseguite, elenchi compilati, atti e provvedimenti emanati a termini della
normativa previgente, di cui all'art. 157; dichiarazione regionale di notevole
interesse pubblico, di cui all'art. 140; provvedimenti ministeriali sostitutivi,
di cui all'art. 141), è subordinata esclusivamente alle forme di pubblicità
previste dall'art. 140, commi 2, 3, 4, dello stesso Codice (notifica a
proprietari, possessori, detentori; trascrizione; pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino Ufficiale della Regione; affissione
per novanta giorni nell'albo pretorio dei Comuni interessati), e non fa
riferimento all'accordo Stato-Regione previsto dal Codice per gli adeguamenti al
piano paesaggistico elaborato d'intesa, in contrasto con l'art. 143, commi 11 e
12, del Codice, in tal modo invadendo, con la violazione delle norme statali di
riferimento, la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, prevista dall'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e contrastando con i principi
fondamentali delle materie “governo del territorio” e “valorizzazione dei beni
culturali” fissati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, con riguardo
ai beni paesaggistici (art. 117, terzo comma, della Costituzione).
In ordine al punto 2), la norma censurata (art. 34, comma 3) stabilisce che sia
lo statuto del piano strutturale comunale a indicare (in conformità con le
previsioni del piano di indirizzo territoriale e del piano territoriale di
coordinamento) le aree per le quali la realizzazione delle opere e degli
interventi consentiti richieda il preventivo rilascio dell'autorizzazione
paesaggistica di cui all'art. 87, le aree nelle quali la realizzazione non sia
soggetta ad autorizzazione ma semplicemente verificata in contestualità con la
procedura di rilascio del titolo edilizio, e le aree compromesse o degradate
nelle quali gli interventi (di recupero e riqualificazione) non sono soggetti ad
autorizzazione. Tale disciplina – ad avviso del ricorrente – contrasta con i
principi in materia di “governo del territorio”, in particolare: con l'ordine
gerarchico dei piani, per cui la pianificazione territoriale deve sottostare
alla pianificazione paesaggistica (art. 145 del Codice); con l'attribuzione al
piano paesaggistico delle aree in cui gli interventi debbano o meno essere
assistiti da autorizzazione paesaggistica (art. 143, comma 5, del Codice); e con
l'esclusione di applicabilità dell'art. 143, comma 5, del Codice, qualora il
piano paesaggistico non sia stato elaborato congiuntamente da Stato e Regione.
In ordine al punto 3), la norma censurata (art. 105, comma 3) prevede che per
gli interventi in zona sismica deve darsi preavviso scritto alla struttura
regionale competente, allegando progetto dell'opera, relazione tecnica e
relazione sulla fondazione (commi 1 e 2), senza che per iniziare i lavori sia
necessaria l'autorizzazione della struttura regionale. La disciplina regionale
appare dunque in contrasto con i principi fondamentali della legislazione
statale in tema di governo del territorio e protezione civile, desumibili dalla
prescrizione di preventiva autorizzazione, richiesta dall'art. 18 della legge 3
febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari
prescrizioni per le zone sismiche), a tutela dell'incolumità pubblica, e
ribadita dall'art. 94 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), con la potestà
legislativa statale in materia di ordinamento civile (l'autorizzazione incide
sui limiti della proprietà, a fini, fra l'altro, di incolumità pubblica), e di
diritti civili e sociali da garantirsi uniformemente su tutto il territorio
nazionale (art. 117, secondo comma, lettere l e m; art. 3 Cost.), ed è inoltre
incoerente con la previsione della stessa legge regionale (art. 96), di rispetto
della normativa tecnica statale.
2. – Si è costituita in giudizio la Regione Toscana che, con riserva di
ulteriori deduzioni, chiede che le questioni di legittimità costituzionale
riguardanti disposizioni della legge regionale n. 1 del 2005 siano dichiarate
inammissibili e infondate: le norme contestate sono – a suo avviso – espressione
della potestà legislativa che l'art. 117 della Costituzione attribuisce alle
Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni
ambientali; le stesse norme, inoltre, se correttamente interpretate, sono
conformi alla vigente legislazione statale.
3. – Nell'imminenza dell'udienza pubblica, la Regione Toscana ha depositato
memoria, con la quale ribadisce l'infondatezza del ricorso statale.
Riguardo alla dedotta incostituzionalità dell'art. 32, comma 3, della legge
regionale della Toscana n. 1 del 2005, si osserva che la disciplina del
paesaggio coinvolge profili aventi incidenza su una pluralità di interessi ed
oggetti che non ricadono solo nell'esclusiva competenza statale, ma attengono
anche ad ambiti di competenza concorrente delle Regioni (principalmente: governo
del territorio e valorizzazione dei beni culturali). L'ambiente, infatti, più
che una materia, rappresenta un compito nell'esercizio del quale la legge
statale indica standard di protezione uniformi su tutto il territorio nazionale,
ma non esclude che le Regioni possano assumere finalità di tutela ambientale (si
citano le sentenze n. 207 del 2002, n. 222 del 2003 e n. 62 del 2005); e ciò può
avvenire, con riguardo alle questioni sollevate dal ricorso statale, nell'ambito
del governo del territorio, non essendo dubbio che tra i valori che gli
strumenti urbanistici devono perseguire, abbiano rilevanza non secondaria quelli
artistici, storici, documentari e comunque attinenti alla cultura, nella
polivalenza di sensi del termine (sentenza n. 232 del 2005).
La questione, dunque, deve essere affrontata unicamente chiedendosi se la
Regione abbia rispettato i principi della legislazione statale in materia di
governo del territorio e valorizzazione di beni paesaggistici, nonché gli
standard stabiliti dallo Stato in materia di tutela paesaggistica.
I principi sono indicati negli art. 135 e 143 del Codice dei beni culturali e
del paesaggio, che, rispettivamente, assegnano al piano paesaggistico (o
all'equivalente piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei
valori paesistici) la definizione delle trasformazioni ammissibili riguardo ai
beni tutelati, le azioni di recupero e gli interventi di valorizzazione
paesaggistica e la ripartizione del territorio in ambiti omogenei con
definizione per ciascun ambito degli obiettivi di qualità paesaggistica. Il
piano paesaggistico ha contenuto descrittivo, prescrittivo e propositivo (a tal
proposito l'art. 143, commi 3, 4 e 5, ne descrive l'elaborazione e dispone che,
in relazione alla tipologia di opere e interventi di trasformazione del
territorio, il piano stabilisca la disciplina autorizzatoria degli stessi in
riferimento a determinate aree da individuare).
L'art. 144, comma 2, dello stesso Codice prevede espressamente che, qualora
dall'applicazione dell'art. 143, commi 3, 4 e 5, derivi modificazione degli
effetti e dei provvedimenti concernenti il regime degli immobili e delle aree di
interesse paesaggistico, per effetto dell'approvazione dei piani urbanistici,
l'entrata in vigore delle relative disposizioni è subordinata all'espletamento
di determinate forme di pubblicità.
In conformità a detti principi, la legge toscana n. 1 del 2005, sul governo del
territorio, stabilisce che gli strumenti di pianificazione perseguono finalità
di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale (art. 30),
riconoscendo così il primato della disciplina paesaggistica rispetto agli altri
strumenti di pianificazione. Alle finalità di tutela paesaggistica concorrono,
in base all'art. 31 della legge regionale, il piano regionale d'indirizzo
territoriale, il piano provinciale di coordinamento e il piano strutturale
comunale; in particolare, il piano regionale d'indirizzo territoriale individua
i beni paesaggistici di notevole interesse pubblico, detta prescrizioni per la
tutela, individua i criteri per la ripartizione del territorio in ambiti
differenziati, cui provvede il piano provinciale di coordinamento, e attribuisce
obiettivi di qualità paesaggistica. L'art. 33, attribuendo al piano regionale
d'indirizzo territoriale valenza di piano paesaggistico, riproduce fedelmente il
contenuto del piano, come da art. 143, comma 3, del Codice.
Tale disciplina non è impugnata dallo Stato, né avrebbe potuto esserlo, essendo
meramente riproduttiva delle disposizioni del Codice.
L'art. 32, comma 2 (disposizione impugnata dallo Stato), dispone che, quando
dall'applicazione dell'art. 33, commi 3 e 4, e dell'art. 34 derivi modificazione
degli effetti e dei provvedimenti concernenti il regime degli immobili e delle
aree di interesse paesaggistico, l'entrata in vigore delle relative disposizioni
è subordinata all'espletamento delle forme di pubblicità: come si vede, la
disposizione è anch'essa meramente riproduttiva dell'art. 144, comma 2, del
Codice. L'eventuale accordo o intesa Stato-Regione – che secondo il ricorso
statale sarebbe il presupposto per creare quegli effetti – è del tutto estraneo
alla ratio e alla finalità della norma.
L'art. 5, comma 6, del Codice ha attribuito alle Regioni le funzioni
amministrative di tutela del paesaggio, come l'art. 135 attribuisce alla Regione
la competenza per l'approvazione del piano paesaggistico. L'art. 143, commi da
10 a 12, prevede la sola facoltà dell'intesa Stato-Regione nell'elaborazione del
piano paesaggistico.
Se l'elaborazione congiunta avviene, l'effetto è di ottenere successivamente
l'esonero dell'autorizzazione paesaggistica (come dispongono i commi da 5 a 8
dell'art. 143); diversamente, non si potrà prescindere da singoli atti
autorizzativi, non trovando applicazione il regime semplificato e non avendo
effetto l'individuazione delle aree da sottoporre a tutela. L'intesa non è
dunque obbligatoria, ma, se è raggiunta, si ottengono quegli effetti.
La lettura secundum constitutionem della legge regionale non significa che la
stessa escluda l'intesa, ove essa sia stata prescritta dallo Stato.
Riguardo alla dedotta incostituzionalità dell'art. 34, comma 3, non sarebbe
fondata la censura secondo cui si rimetterebbe al piano strutturale comunale
l'individuazione delle aree per la trasformazione delle quali è necessaria
l'autorizzazione paesaggistica, o è sufficiente la verifica di conformità in
contestualità con la vigilanza edilizia o in cui l'autorizzazione non è
richiesta, trattandosi di aree degradate.
Non c'è violazione dell'art. 145, essendo ciò escluso dall'espressa affermazione
regionale del primato paesaggistico (art. 30 citato). Inoltre, la Toscana ha
optato per la tutela dei valori paesaggistici attraverso l'adozione del piano
urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici
e, nel rapporto tra i piani urbanistici, lo stesso è integrato, con riferimento
alla disciplina dei beni paesaggistici, dal piano provinciale di coordinamento e
dal piano strutturale comunale, in applicazione dell'art. 34, comma 1, secondo
cui tutti i livelli di governo, ognuno per la propria competenza, collaborano
per il perseguimento delle finalità paesaggistiche, in coerenza con il principio
della cooperazione sancito dall'art. 132 del Codice.
L'art. 34, comma 3, specificamente impugnato dallo Stato, affida al piano
strutturale comunale il compito di puntuale individuazione sul territorio delle
aree in rapporto alla necessità dell'autorizzazione. Il che costituisce piena
applicazione del principio di sussidiarietà, in coerenza con il peculiare
rapporto che lega il Comune al suo territorio. La Regione mantiene la scelta
definitiva, giacché attraverso il piano d'indirizzo territoriale dà le direttive
ai Comuni per l'individuazione delle aree da sottoporre a tutela, ed esprime
sulle scelte comunali parere vincolante ai fini dell'efficacia. E così sarebbe
da escludere il contrasto con l'art. 143, comma 5, che affida al piano
paesaggistico il compito di individuare le aree in rapporto alla necessità di
autorizzazione paesaggistica.
Non v'è neppure contrasto con l'art. 143, comma 12, del codice, poiché, in
mancanza di intesa tra Stato e Regione, non trova applicazione il comma 5,
ovvero non può farsi luogo all'individuazione delle aree da tutelare. Non aver
espressamente menzionato l'intesa non significa che la legge regionale l'abbia
esclusa, ma solo che, se c'è pianificazione paesaggistica congiunta, si applica
l'art. 34, comma 3, sull'inserimento nel piano strutturale comunale delle aree
da tutelare.
Riguardo alla dedotta incostituzionalità dell'art. 105, non sarebbe fondata la
censura di contrasto con l'art. 94 del testo unico dell'edilizia.
La materia della vigilanza sulle costruzioni a rischio sismico fa parte del
“governo del territorio”, e quindi la questione va valutata unicamente alla luce
dei principi statali in materia. L'art. 105 della legge regionale prevede, per
le costruzioni in zona sismica, la denuncia di inizio dei lavori, ed il
successivo art. 110 consente controlli a campione da parte della struttura
regionale competente.
L'art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741, concernente la semplificazione
dei procedimenti previsti dalla legislazione antisismica, consente alle Regioni
di prevedere con legge la non necessità dell'autorizzazione preventiva,
organizzando la vigilanza con modalità di controllo successivo a campione (e la
Regione Toscana vi diede attuazione già con la legge regionale 6 dicembre 1982,
n. 88).
Detta norma statale è ancora vigente, in quanto non espressamente abrogata
dall'art. 136 del testo unico dell'edilizia. Inoltre, l'art. 1, comma 2, dello
stesso t.u. mantiene ferma la vigenza di norme di settore aventi incidenza in
materia edilizia, e tra queste è da comprendere l'art. 20 citato.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità
costituzionale dell'art. 32, comma 3, della legge della Regione Toscana 3
gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), nella parte in cui
dispone che – ove dall'applicazione dell'articolo 33, commi 3 e 4, o
dell'articolo 34 (rispettivamente disciplinanti i contenuti dello statuto del
piano di indirizzo territoriale e degli statuti del piano territoriale di
coordinamento delle province e del piano strutturale dei comuni) derivi una
modificazione degli effetti degli atti e dei provvedimenti di cui agli articoli
157 (imposizione del vincolo paesaggistico in base alla legislazione statale
anteriore), 140 (dichiarazione regionale di notevole interesse pubblico) e 141
(provvedimento ministeriale sostitutivo della dichiarazione regionale di
notevole interesse pubblico) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio) – l'entrata in vigore delle relative
disposizioni di quegli strumenti di pianificazione territoriale è subordinata
esclusivamente all'espletamento delle forme di pubblicità indicate nell'articolo
140, commi 2, 3 e 4, del medesimo Codice (notifica a proprietari, possessori,
detentori; trascrizione; pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
e nel Bollettino Ufficiale della Regione; affissione per novanta giorni
nell'albo pretorio dei Comuni interessati), per violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione, poiché, non
facendo riferimento all'accordo tra Stato e Regione per apportare adeguamenti al
piano paesaggistico elaborato d'intesa, contrasterebbe con l'art. 143, commi 11
e 12, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che sottopone all'accordo
la revisione del piano, con particolare riguardo alle sopravvenute dichiarazioni
di notevole interesse pubblico, così invadendo, con riguardo ai beni
paesaggistici, la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, e la legislazione di
principio nelle materie “governo del territorio” e “valorizzazione dei beni
culturali”.
Lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri dubita altresì della legittimità
costituzionale dell'art. 34, comma 3, della stessa legge regionale del 2005,
nella parte in cui prevede che sia il piano strutturale a modulare il regime
autorizzatorio («indicare le aree in cui la realizzazione degli interventi non è
soggetta all'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 87 della legge
regionale»), in diretto contrasto non solo con l'art. 143, comma 5, del decreto
legislativo n. 42 del 2004, che attribuisce al piano paesaggistico regionale
l'individuazione di tali aree, ma anche con l'art. 145 del medesimo decreto, che
ordina gerarchicamente gli strumenti di pianificazione dei diversi livelli
territoriali, e con l'art. 143, comma 12, ove si esclude l'applicabilità del
comma 5 del medesimo articolo (il quale prevede che il piano paesaggistico
regionale possa individuare le aree nelle quali la realizzazione di opere è
soggetta ad autorizzazione e le aree nelle quali tale autorizzazione non è
richiesta), qualora il piano paesaggistico non sia stato elaborato
congiuntamente previo accordo tra la Regione ed il Ministero per i beni e le
attività culturali, in violazione dei principi fondamentali in materia di
governo del territorio.
Con il medesimo ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri dubita,
infine, della legittimità costituzionale dell'art. 105, comma 3, della legge
della Regione Toscana n. 1 del 2005, là dove dispone che, per gli interventi in
zona sismica, deve darsi preavviso scritto alla struttura regionale competente,
allegando progetto dell'opera, relazione tecnica e relazione sulla fondazione
(commi 1 e 2), senza che, per iniziare i lavori, sia necessaria l'autorizzazione
della struttura regionale competente, per violazione dell'art. 117, terzo comma,
e 117, secondo comma, lettere l) e m), della Costituzione, poiché, derogando
alla prescrizione di preventiva autorizzazione, richiesta dall'art. 18 della
legge 3 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari
prescrizioni per le zone sismiche), a tutela dell'incolumità pubblica, e
ribadita dall'art. 94 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), sarebbe invasiva
della competenza legislativa di principio dello Stato in materia di governo del
territorio e di protezione civile, e della competenza legislativa esclusiva in
materia di ordinamento civile e di livelli essenziali delle prestazioni
concernenti diritti civili.
2. – Le questioni di legittimità costituzionale, sollevate nei confronti
dell'art. 32, comma 3, dell'art. 34, comma 3, e dell'art. 105, comma 3, della
legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, sono fondate.
Nelle prime due questioni indicate – concernenti la pianificazione paesaggistica
da parte della Regione – lo Stato fa valere la propria potestà legislativa
primaria in materia di ambiente e beni culturali (art. 117, secondo comma,
lettera s, della Costituzione) e la propria potestà di stabilire principi
fondamentali in materia di governo del territorio e valorizzazione dei beni
culturali (art. 117, terzo comma, della Costituzione), ai quali le Regioni
devono sottostare nell'esercizio delle proprie competenze, cooperando
eventualmente ad una maggior tutela del paesaggio, ma sempre nel rispetto dei
principi fondamentali fissati dallo Stato.
Le questioni sollevate dal ricorso attengono ai temi della tutela del paesaggio
e del governo del territorio, alle relative competenze, legislative e
amministrative, e alle reciproche interferenze.
La tutela tanto dell'ambiente quanto dei beni culturali è riservata allo Stato
(art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), mentre la valorizzazione dei
secondi è di competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.):
da un lato, spetta allo Stato il potere di fissare principi di tutela uniformi
sull'intero territorio nazionale, e, dall'altro, le leggi regionali, emanate
nell'esercizio di potestà concorrenti, possono assumere tra i propri scopi anche
finalità di tutela ambientale, purché siano rispettate le regole uniformi
fissate dallo Stato.
Appare, in sostanza, legittimo, di volta in volta, l'intervento normativo
(statale o regionale) di maggior protezione dell'interesse ambientale (sentenze
n. 62, n. 232 e n. 336 del 2005).
In relazione alla pianificazione paesaggistica, lo Stato, nella parte III del
Codice dei beni culturali e del paesaggio, pone una disciplina dettagliata, cui
le Regioni devono conformarsi, provvedendo o attraverso tipici piani
paesaggistici, o attraverso piani urbanistico-territoriali con specifica
considerazione dei valori paesaggistici (art. 135, comma 1). L'opzione per
questo secondo strumento, adottato anche dalla legge regionale della Toscana
oggetto di censura, comporta che, nella disciplina delle trasformazioni – com'è
negli scopi del piano urbanistico –, la tutela del paesaggio assurga a valore
primario, cui deve sottostare qualsiasi altro interesse interferente (art. 135,
comma 2).
L'art. 143 descrive il contenuto del piano, che è ricognitivo, prescrittivo e
propositivo. La parte prescrittiva – che ha sollecitato le censure del
Presidente del Consiglio dei ministri, riguardo al recepimento operato nella
legge della Regione Toscana – è contenuta nei commi da 5 a 8, che, con
riferimento agli interventi apprestabili sui beni tutelati, prevede una
modulazione del regime autorizzatorio, a tre livelli: regime autorizzatorio
rafforzato (comma 5, lettera a), riguardante le aree di pregio, per le quali
qualsiasi trasformazione deve essere autorizzata; regime autorizzatorio
attenuato (lettera b), riguardante le aree di minor pregio, in cui la
compatibilità paesistica può esser valutata nell'ambito del procedimento
autorizzatorio edilizio; regime autorizzatorio escluso (lettera c), in cui la
pregressa compromissione del valore paesaggistico fa soprassedere alla necessità
di autorizzazione, per le operazioni di recupero e riqualificazione.
La diversa modulazione del regime autorizzatorio, in rapporto agli ambiti
territoriali e agli obiettivi di qualità paesaggistica, è operativa nella misura
in cui il piano paesaggistico, o il piano urbanistico-territoriale con specifica
considerazione dei valori paesaggistici, sia stato oggetto di elaborazione
congiunta tra il Ministero e la Regione.
La ratio della disciplina statale è nel senso che, affermata la competenza
regionale nella pianificazione paesaggistica, in quello che è effetto saliente
di essa, ovvero la modifica di regime dei beni che essa recepisce e il cui uso
deve regolare, lo Stato deve poter interloquire attraverso forme di
concertazione, senza le quali la Regione può ben elaborare autonomamente il
piano, senza però che quell'effetto si produca.
2.1. – La legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, che regola il piano di
indirizzo territoriale, il cui statuto ha valore di piano
urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici
(art. 33), riproduce, quasi testualmente, il contenuto dell'art. 143 e ciò,
secondo la difesa regionale, dimostrerebbe la conformità della norma regionale
ai principi statali.
La tesi non può essere seguita dal momento che, al di là della programmatica
enunciazione dell'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2005 –
secondo cui «gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di
governo del territorio si conformano alle disposizioni di cui al presente capo,
aventi la finalità di tutelare e valorizzare la bellezza dei paesaggi ed il
pregio dei beni culturali e del patrimonio storico e naturale presenti nel
territorio della Regione» – né nell'art. 33, né in alcuna altra parte della
stessa legge, è riportata la clausola di cui all'art. 143, comma 12, del Codice,
secondo cui quanto previsto dai commi da 5 a 8 dell'art. 143 non trova
applicazione se il piano paesaggistico non è stato elaborato d'intesa con lo
Stato.
La legge regionale non effettua tale richiamo, facendo dipendere la modifica del
regime giuridico dei beni paesaggistici, in sostanza, dal solo espletamento
delle forme di pubblicità del piano (art. 32, comma 3).
Non è da condividere la difesa regionale, secondo cui sarebbe ammissibile una
lettura secundum constitutionem, attraverso l'inserzione automatica della
disposizione di cui all'art. 143, comma 12, del Codice.
Il rilievo critico di fondo della disciplina regionale attiene alla tecnica di
redazione del testo normativo, e così di recepimento della fonte sopraordinata.
L'estrema minuziosità della disciplina regionale, anche attraverso la pedissequa
riproduzione delle altrettanto dettagliate disposizioni del Codice sui contenuti
del piano paesaggistico, non può non far ritenere la necessità che la
fondamentale condizione di applicabilità della parte precettiva del piano – la
modifica del regime dei beni paesaggistici recepiti dal piano è la ragione
stessa della pianificazione paesaggistica – sia positivamente inserita nel
tessuto normativo alla stregua di una regolamentazione completa, omogenea e
contestuale.
La Regione ha previsto (o meglio, ha implicitamente previsto) che la modifica al
regime giuridico dei beni paesaggistici si compia senza che lo Stato abbia
partecipato all'elaborazione del piano, in tal modo violando il principio
secondo cui solo se il piano paesaggistico è stato elaborato d'intesa, il
vincolo paesaggistico che grava sui beni può essere tramutato in una disciplina
d'uso del bene stesso.
La prima questione è quindi fondata e deve, pertanto, dichiararsi
l'illegittimità costituzionale dell'art. 32, comma 3, della legge regionale
della Toscana n. 1 del 2005, nella parte in cui non prevede che, ove non venga
stipulato l'accordo per l'elaborazione d'intesa del piano
urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici
tra le Regioni, il Ministero per i beni e le attività culturali ed il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio, ovvero ad esso non segua
l'elaborazione congiunta del piano, non trova applicazione quanto previsto
nell'art. 143, commi 5, 6, 7, 8, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
2.2. – Relativamente alla seconda questione, con la quale si contesta la
legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 3, della legge della Regione
Toscana n. 1 del 2005, è da rilevare che la Regione fa disciplinare i beni
paesaggistici dal piano strutturale dei Comuni – sia pure sulla base delle
indicazioni del piano di indirizzo territoriale e del piano territoriale – in
tal modo sottraendo la disciplina paesaggistica dal contenuto del piano, sia
esso tipicamente paesaggistico, o anche urbanistico-territoriale con specifica
considerazione dei valori paesaggistici, che deve essere unitario, globale, e
quindi regionale, e al quale deve sottostare la pianificazione urbanistica ai
livelli inferiori.
L'art. 135 del Codice è tassativo, relativamente al piano paesaggistico,
nell'affidarne la competenza alla Regione. L'art. 143 elenca dettagliatamente i
suoi contenuti e l'art. 145 definisce i rapporti con «gli strumenti urbanistici
dei comuni, delle città metropolitane e delle province» secondo un modello
rigidamente gerarchico (immediata prevalenza del primo, obbligo di adeguamento
dei secondi con la sola possibilità di introdurre ulteriori previsioni
conformative che «risultino utili ad assicurare l'ottimale salvaguardia dei
valori paesaggistici individuati dai piani»).
La scelta della Regione Toscana di elaborare un piano d'indirizzo territoriale,
il cui statuto abbia valenza di piano urbanistico-territoriale con specifica
considerazione dei valori paesaggistici, ha comportato che, muovendosi
nell'ambito della normativa generale sul governo del territorio, non sia stata
abbandonata, anche riguardo al paesaggio, la logica tradizionale della
pianificazione urbanistica, di demandare agli strumenti inferiori la disciplina
sempre più specifica.
Si è così fatto “scorrere” dal piano urbanistico-territoriale al piano
strutturale dei Comuni l'individuazione delle aree “già paesaggistiche” per le
quali non si ritenga necessaria l'autorizzazione (poiché soppressa tout court o
assorbita nel titolo edilizio) e la decisione di sottoporre a monitoraggio le
trasformazioni territoriali quale condizione per l'entrata in vigore delle norme
che consentono la realizzazione di opere con il solo rilascio del titolo
edilizio (art. 34, commi 3 e 5), sia pure sulla base delle indicazioni generali
del piano regionale d'indirizzo territoriale (art. 33, comma 1) e gli obiettivi
di qualità e criteri di riparto territoriale del piano provinciale di
coordinamento (art. 34, comma 1); con la conseguenza che, in ultima analisi, è
il piano strutturale, ossia l'ordine inferiore della pianificazione, che detta
la disciplina concreta dei beni paesaggistici.
La legge toscana sul governo del territorio tende al superamento della
separatezza tra pianificazione territoriale ed urbanistica, da un lato, e tutela
paesaggistica dall'altro, facendo rientrare la tutela del paesaggio nell'ambito
del sistema della pianificazione del territorio e rendendo pertanto partecipi
anche i livelli territoriali inferiori di governo (province e comuni) nella
disciplina di tutela del paesaggio. Il principio di fondo di questo sistema –
che è condivisibile nella misura in cui gli enti locali sono chiamati a
contribuire alla pianificazione regionale (art. 144, comma 1, del Codice); ed in
cui gli strumenti di pianificazione territoriale dei livelli sub-regionali di
governo perseguano, attraverso la propria disciplina, obiettivi di tutela e
valorizzazione del paesaggio (art. 145, comma 4) – presenta però il suo elemento
critico, laddove, trasferendo le decisioni operative concernenti il paesaggio
alla dimensione pianificatoria comunale, si pone in contraddizione con il
sistema di organizzazione delle competenze delineato dalla legge statale a
tutela del paesaggio, che costituisce un livello uniforme di tutela, non
derogabile dalla Regione, nell'ambito di una materia a legislazione esclusiva
statale ex art. 117 Cost., ma anche della legislazione di principio nelle
materie concorrenti del governo del territorio e della valorizzazione dei beni
culturali.
La giurisprudenza costituzionale ha ammesso che le funzioni amministrative,
inizialmente conferite alla Regione, possano essere attribuite agli enti locali
(sentenze n. 259 del 2004 e n. 214 del 2005, in materia ambientale), ma è
l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica che è assunta a valore
imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione
di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della
legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio
nazionale: il paesaggio va, cioè, rispettato come valore primario, attraverso un
indirizzo unitario che superi la pluralità degli interventi delle
amministrazioni locali.
In relazione a tutte le norme statali interposte, che sono state indicate nel
ricorso, sussiste il contrasto: con l'art. 143, comma 5, del Codice, che
attribuisce al piano paesaggistico regionale l'individuazione delle aree
tutelabili; con l'art. 145 del Codice, che ordina gerarchicamente gli strumenti
di pianificazione dei diversi livelli territoriali; e con l'art. 143, comma 12,
dello stesso Codice, ove si esclude l'applicabilità del comma 5 del medesimo
articolo, qualora sia mancata l'intesa per l'elaborazione del piano.
Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 3,
della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, per violazione dell'art. 117,
terzo comma, della Costituzione, in considerazione del mancato rispetto delle
norme interposte ora richiamate, nella parte in cui stabilisce che sia il piano
strutturale comunale, anziché il piano regionale paesaggistico, a indicare le
aree in cui la realizzazione degli interventi non è soggetta all'autorizzazione
di cui all'art. 87 della legge regionale.
3. – Anche la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti
dell'art. 105, comma 3, della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, è
fondata.
Dispone questa norma che, per gli interventi in zona sismica, deve semplicemente
darsi preavviso scritto alla struttura regionale competente, allegando il
progetto dell'opera, una relazione tecnica e una relazione sulla fondazione
(commi 1 e 2), senza che, per iniziare i lavori, sia necessaria l'autorizzazione
della struttura regionale, salva la possibilità di controlli a campione da parte
delle individuate strutture regionali (art. 110).
E' bensì vero che già a partire dalla legge della Regione Toscana 6 dicembre
1982, n. 88 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle procedure per
l'esecuzione di opere pubbliche), operava nella Regione l'istituto della
denuncia di inizio dell'attività (art. 2), in attuazione dell'art. 20 della
legge 10 dicembre 1981, n. 741 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle
procedure per l'esecuzione delle opere pubbliche), che in materia di interventi
in zona a rischio sismico abilitava le regioni a sostituire il sistema di
monitoraggio connesso al regime autorizzatorio, di cui all'art. 18 della legge 2
febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari
prescrizioni per le zone sismiche), con “modalità di controllo successivo”.
Questo principio è però venuto meno a seguito dell'entrata in vigore dell'art.
94 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia edilizia), il quale prevede l'autorizzazione
regionale esplicita. L'intento unificatore della legislazione statale è
palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni
riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che
trascende anche l'ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori
di tutela dell'incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione
civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi
fondamentali.
Né costituisce argomento probante, per avallare la tesi della Regione, la
circostanza che la legge n. 741 del 1981 non compaia fra quelle abrogate
dall'art. 136 del richiamato d.P.R. n. 380 del 2001, dal momento che non se ne
fa espressa menzione neppure nell'elenco delle disposizioni di legge mantenute
in vigore (art. 137).
L'opzione per una disciplina derogatoria a sistemi di controllo semplificato,
ove siano coinvolti interessi primari della collettività, ha ricevuto, infine,
conferma dall'art. 3 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni
urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e
territoriale), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge
14 maggio 2005, n. 80, che generalizzando – a modifica dell'art. 19 della legge
7 agosto 1990, n. 241 – il regime della denuncia di inizio attività, esclude
tuttavia dalla procedura semplificata «gli atti rilasciati dalle amministrazioni
preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità…».
Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 105, comma 3,
della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, per violazione dell'art. 117,
terzo comma, della Costituzione, in considerazione del mancato rispetto della
norma statale di principio sul controllo delle costruzioni a rischio sismico,
nella parte in cui non dispone che non si possono iniziare lavori senza
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 32, comma 3, della legge della
Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio),
nella parte in cui non prevede che, ove dall'applicazione dell'articolo 33,
commi 3 e 4, o dell'articolo 34 della stessa legge derivi una modificazione
degli effetti degli atti e dei provvedimenti di cui agli articoli 157, 140 e 141
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del
paesaggio), tale modificazione è subordinata all'accordo per l'elaborazione
d'intesa tra la Regione, il Ministero per i beni e le attività culturali ed il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del piano paesaggistico
con specifica considerazione dei valori paesaggistici, concernente l'intero
territorio regionale, e all'elaborazione congiunta del piano;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 3, della medesima
legge regionale della Toscana n. 1 del 2005, nella parte in cui stabilisce che
sia il piano strutturale del Comune a indicare le aree in cui la realizzazione
degli interventi non è soggetta all'autorizzazione paesaggistica di cui all'art.
87 della legge regionale, anziché il piano regionale paesaggistico con specifica
considerazione dei valori paesaggistici;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 105, comma 3, della medesima
legge regionale della Toscana n. 1 del 2005, nella parte in cui non dispone che,
per gli interventi in zona sismica, non si possono iniziare lavori senza
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 20 aprile 2006.
Annibale MARINI, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2006.