Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2403, del 12 maggio 2014
Urbanistica.Termini per l’impugnazione dell’Accordo di programma

L’accordo di programma è un provvedimento amministrativo soggetto a pubblicazione ex art. 34 del d.lg. 17 agosto 2000, n. 267 (in cui è confluito l’art. 27 della legge 6 giugno 1990, n. 142), e del quale non è necessaria la comunicazione individuale agli interessati atteso che il piano oggetto di approvazione, per contenuto e finalità, costituisce una variante di tipo generale preordinata ad incidere, non già su una singola area in proprietà privata per la realizzazione di una determinata e specifica opera pubblica, bensì su una generalità di aree del territorio comunale conformandole, cioè un tipo di variante avente la medesima valenza e gli stessi contenuti programmatici del piano regolatore generale; diverso evidentemente sarebbe il caso ove l’accordo di programma e la variante dallo stesso implicata avessero avuto ad oggetto una specifica e singola opera pubblica localizzata su una ben definita area: in questo caso infatti avrebbe trovato applicazione il noto e condivisibile orientamento secondo cui il termine per l’impugnazione non decorre dalla pubblicazione ma dalla comunicazione ovvero dalla piena conoscenza della variante da parte del singolo soggetto interessato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02403/2014REG.PROV.COLL.

N. 07848/2013 REG.RIC.

N. 07849/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi in appello:
1) nr. 7848 del 2013, proposto dalla PROVINCIA DI SAVONA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. prof. Mariano Protto, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Cicerone, 44,

contro

- il CONDOMINIO DIANA, il CONDOMINIO BORGO AL POZZO, il CONDOMINIO SAN SEBASTIANO 37, il CONDOMINIO SAN SEBASTIANO 39, il CONDOMINIO AL MARE, il CONDOMINIO CORSO FERRARI 181-183, in persona dei rispettivi legali rappresentantipro tempore, e i signori Silvia PARODI, Aldo FABRIS, Franco ADOSIO e Paola ROSSI, rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Piergiorgio Alberti, Riccardo Maoli e Stefano Santarelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Asiago, 8; 
- i signori Maria Rosa BARBARIA e Miriam SCARRONE, non costituiti;

nei confronti di

- ALFA COSTRUZIONI EDILI S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Gerbi, Francesco Paoletti e prof. M. Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Maresciallo Pilsudski, 118; 
- REGIONE LIGURIA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Michela Sommariva e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, 14; 
- MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO e MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, e ARPAL - AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE LIGURE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
- STABILIMENTI ITALIANI GAVARRY S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Allegri, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13; 
- ENEL DISTRIBUZIONE S.p.a., SOCIETÀ ITALIANA PER IL GAS S.p.a., TELECOM ITALIA S.p.a. e ACQUEDOTTO DI SAVONA S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite;
- COMUNE DI ALBISOLA SUPERIORE, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
ASSOCIAZIONE UNIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI SAVONA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Maria Alessandra Sandulli e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso la prima in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349;

 

2) nr. 7849 del 2013, proposto dal COMUNE DI ALBISOLA SUPERIORE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. prof. Mariano Protto, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Cicerone, 44,

contro

- il CONDOMINIO DIANA, il CONDOMINIO BORGO AL POZZO, il CONDOMINIO SAN SEBASTIANO 37, il CONDOMINIO SAN SEBASTIANO 39, il CONDOMINIO AL MARE, il CONDOMINIO CORSO FERRARI 181-183, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, e i signori Silvia PARODI, Aldo FABRIS, Franco ADOSIO e Paola ROSSI, rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Piergiorgio Alberti, Riccardo Maoli e Stefano Santarelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Asiago, 8; 
- i signori Maria Rosa BARBARIA e Miriam SCARRONE, non costituiti;

nei confronti di

- REGIONE LIGURIA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gabriele Pafundi e Michela Sommariva, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Giulio Cesare, 14; 
- MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO e MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, e ARPAL - AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE LIGURE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
- ALFA COSTRUZIONI EDILI S.r.l., STABILIMENTI ITALIANI GAVARRY S.p.a., ENEL DISTRIBUZIONE S.p.a., SOCIETÀ ITALIANA PER IL GAS S.p.a., TELECOM ITALIA S.p.a. e ACQUEDOTTO DI SAVONA S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite; 
- PROVINCIA DI SAVONA, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;

entrambi per l’annullamento o la riforma,

previa sospensione dell’efficacia,

della sentenza del T.A.R. della Liguria, Sezione Prima, nr. 982/2013, depositata in data 2 luglio 2013, con cui è stato accolto il ricorso avverso gli atti del procedimento di approvazione del P.U.O. in variante al P.U.C. per la riqualificazione delle aree dello stabilimento Gavarry, in attuazione dell’accordo di programma del 30 novembre 2007 – e per l’annullamento anche di tale accordo in variante al P.U.C. – tra cui il verbale della conferenza di servizi deliberante del 31 gennaio 2012, il provvedimento motivato di conclusione ex art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e tutti gli atti del procedimento, dai verbali della conferenza istruttoria ai pareri acquisiti nel corso dell’iter; nonché, per motivi aggiunti, della nota della Regione Liguria nr. 3849 del 2 novembre 2012 di non assoggettamento a V.I.A. ed atti connessi; sempre per motivi aggiunti, del provvedimento della Regione Liguria datato 5 febbraio 2013, prot. pg\2013\21074, di ottemperanza alle prescrizioni sulla procedura di screening.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati in epigrafe indicati, di Alfa Costruzioni Edili S.r.l., della Regione Liguria, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure (ARPAL) e di Stabilimenti Italiani Gavarry S.p.a., nonché l’atto di intervento ad adiuvandum dell’Associazione Unione Industriali della Provincia di Savona;

Visto altresì l’appello incidentale proposto da Alfa Costruzioni Edili S.r.l. nel giudizio nr. 7848 del 2013;

Viste le memorie prodotte dalla Provincia di Savona (in date 15 e 25 marzo 2014 nel giudizio nr. 7848 del 2013), dal Comune di Albisola Superiore (in date 16 novembre 2013, 15 e 25 marzo 2014 nel giudizio nr. 7849 del 2013), dagli appellati (in date 14 e 25 marzo 2014 nel giudizio nr. 7848 del 2013, e in date 15 novembre 2013 e 25 marzo 2014 nel giudizio nr. 7849 del 2013), dalla Regione Liguria (in data 14 marzo 2014 in entrambi i giudizi), da Alfa Costruzioni Edili S.r.l. (in data 25 marzo 2014 nel giudizio nr. 7848 del 2013) e dall’Associazione Unione Industriali della Provincia di Savona (in date 12 e 20 marzo 2014 nel giudizio nr. 7848 del 2013) a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 4584 del 20 novembre 2013, con la quale, previa riunione dei giudizi, sono state parzialmente accolte le domande incidentali di sospensiva;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 15 aprile 2014, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Giovanni Corbyons, su delega dell’avv. Protto, per le parti appellanti, l’avv. Alberti per gli appellati, l’avv. Damonte per l’interveniente ad adiuvandum, l’avv. Quaglia per Alfa Costruzioni Edili S.r.l., l’avv. Pafundi per la Regione Liguria e l’avv. dello Stato Marco Stigliano Messuti per le Amministrazioni statali e per l’ARPAL;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

I – La Provincia di Savona ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Liguria, in accoglimento del ricorso proposto da un gruppo di condomini e di cittadini residenti nel Comune di Albisola Superiore, ha annullato gli atti del procedimento di approvazione di un Progetto urbanistico operativo (P.U.O.) in variante al Piano urbanistico comunale (P.U.C.), attuato su iniziativa privata sulla scorta di un pregresso accordo di programma, per la riqualificazione dell’area già occupata dallo stabilimento industriale Gavarry (contestualmente delocalizzato).

L’appello è stato affidato ai seguenti motivi:

1) inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per difetto di legittimazione e di interesse ad agire (non essendo i ricorrenti direttamente incisi dagli atti impugnati, e non avendo essi allegato né dimostrato di ricevere da tali atti alcuno specifico pregiudizio);

2) irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio per omessa tempestiva impugnazione dell’accordo di programma, del provvedimento di adozione del P.U.O. e del verbale della conferenza di servizi (con riferimento alla reiezione da parte del primo giudice delle eccezioni sul punto sollevate in via preliminare dalle parti resistenti);

3) error in judicando; violazione dell’art. 50 della legge regionale 4 settembre 1997, nr. 36 (in relazione alla pretesa carenza delle indagini idrogeologiche e geotecniche ed alla pretesa mancata valutazione dei rischi idrogeologici);

4) error in judicando; violazione degli artt. 50 e segg. della l.r. nr. 36 del 1997 (in relazione alla pretesa mancata considerazione delle preesistenze edilizie);

5) error in judicando; violazione della direttiva 2001/42/CE e del decreto legislativo 2 aprile 2006, nr. 152 (in relazione alla pretesa necessaria sottoposizione a valutazione ambientale strategica del P.U.O.);

6) error in judicando; violazione dell’art. 50 della l.r. nr. 36 del 1997 (in relazione alla pretesa mancata valutazione dell’impatto di viabilità);

7) error in judicando; violazione dell’art. 50 della l.r. nr. 36 del 1997 (in relazione alla pretesa mancata autorizzazione per vincolo paesaggistico);

8) error in judicando; violazione della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e dell’art. 59 della l.r. nr. 36 del 1997 (in relazione alla pretesa incertezza del progetto approvato in via definitiva ed alla pretesa impossibilità per il soggetto proponente di presentare osservazioni);

9) error in judicando; violazione dell’art. 10 della l.r. 30 dicembre 1998, nr. 38 (in relazione alle pretese carenze idrogeologiche e geotecniche, ed alla pretesa inversione procedimentale);

10) in via subordinata: error in judicando per annullamento dell’accordo del 2007 e per mancata considerazione dell’istruttoria effettuata e dei provvedimenti intervenuti nel corso del giudizio di primo grado, e in particolare dell’esito negativo della verifica di assoggettabilità a V.I.A. del progetto in contestazione.

Si sono costituiti il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure (ARPAL), opponendosi con atto di stile all’accoglimento dell’appello.

Avverso la medesima sentenza del T.A.R. ligure è poi stato proposto, nelle forme dell’appello incidentale di cui all’art. 96 cod. proc. amm., un ulteriore gravame da parte della società Alfa Costruzioni Edili S.r.l., nella qualità di proprietaria del sito interessato dal trasferimento dello stabilimento industriale ed operatore interessato all’attuazione degli atti censurati in prime cure, sulla scorta dei seguenti motivi, in parte sovrapponibili a quelli dell’impugnazione principale:

i) erroneità della sentenza per violazione dell’art. 41, comma 2, cod. proc. amm. e dell’art. 21, comma 6, della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034; violazione dei principi generali in tema di inoppugnabilità degli atti amministrativi e di decorrenza del termine per l’impugnazione (in relazione alla reiezione dell’eccezione di tardività dell’impugnazione dell’accordo di programma);

ii) erroneità della sentenza per infondatezza del motivo di ricorso accolto; violazione degli artt. 4 e segg. del d.lgs. nr. 152 del 2006; violazione della direttiva 2001/42/CE (in relazione ai vizi ravvisati dal T.A.R. sul punto della mancata previa effettuazione di V.A.S.);

iii) erroneità della sentenza per violazione dell’art. 50 della l.r. nr. 36 del 1997; violazione dei principi operanti in tema di pianificazione attuativa e di rapporti tra pianificazione e titolo edilizio (in relazione agli approfondimenti di ordine idraulico, idrico e geologico);

iv) erroneità della sentenza per violazione dell’art. 50 della l.r. nr. 36 del 1997 (in relazione agli aspetti architettonici);

v) erroneità della sentenza per violazione degli artt. 4 e segg. del d.lgs. nr. 152 del 2006 e s.m.i.; violazione dell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, nr. 241 (in relazione alla ritenuta assenza di V.A.S.);

vi) erroneità della sentenza per violazione della l.r. nr. 38 del 1998 (in relazione all’assenza di V.I.A. prima dell’approvazione del P.U.O.);

vii) erroneità della sentenza per violazione dell’art. 50 della l.r. nr. 36 del 1997 (in relazione alla mancanza di valutazione circa l’impatto sul traffico);

viii) erroneità della sentenza per violazione dell’art. 52 della l.r. nr. 36 del 1997 e per difetto dei presupposti; erroneità della sentenza per violazione dell’art. 7 della legge 29 giugno 1939, nr. 1497 (in relazione al vincolo paesistico ed all’assenza di autorizzazione paesistica di massima);

ix) violazione dell’art. 50 della l.r. nr. 36 del 1997 (in relazione alla evoluzione del progetto a seguito delle osservazioni prevenute dagli interessati);

x) erroneità della sentenza per violazione della l.r. nr. 38 del 1998 (in relazione alle valutazioni ambientali della Regione Liguria relative al progetto prodromiche al rilascio del permesso di costruire).

Si sono costituiti alcuni degli originari ricorrenti (meglio in epigrafe indicati), i quali, oltre a opporsi con diffuse argomentazioni all’accoglimento del gravame, hanno riproposto ex extenso tutte le censure articolate nel ricorso e nei motivi aggiunti di primo grado, nella misura in cui le stesse dovessero ritenersi assorbite o non esaminate nella sentenza impugnata.

Si sono costituiti altresì la Regione Liguria e la Stabilimenti Industriali Gavarry S.r.l., entrambi aderendo all’appello della Provincia e chiedendone l’accoglimento.

Infine, è intervenuta ad adiuvandum nel giudizio di appello l’Associazione Unione Industriali della Provincia di Savona, associandosi agli appelli principale e incidentale e chiedendone l’accoglimento.

II – Un ulteriore appello avverso la stessa sentenza del T.A.R. della Liguria, anche questo corredato da istanza di sospensiva, è stato proposto dal Comune di Albisola Superiore, sulla base di motivi in toto sovrapponibili a quelli dell’appello della Provincia di Savona.

In questo secondo giudizio, si sono costituiti gli originari ricorrenti con difese identiche a quelle svolte nel primo giudizio; altrettanto hanno fatto la Regione Liguria, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’ARPAL.

III – All’esito della camera di consiglio del 19 novembre 2013, questa Sezione – previa riunione dei giudizi – ha accolto in parte le istanze cautelari, limitatamente alla statuizione di annullamento dell’accordo di programma sottoscritto nel 2007.

IV – Di poi, le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi difensive.

V – Da ultimo, all’udienza del 15 aprile 2014, le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. In via del tutto preliminare, va confermata la riunione dei giudizi ai sensi dell’art. 96 cod. proc. amm. già disposta in fase cautelare, trattandosi di appelli proposti avverso un’unica sentenza del T.A.R. della Liguria.

2. In effetti, il presente contenzioso investe un complesso intervento di pianificazione e riqualificazione attuato su un’area industriale sita nel territorio del Comune di Albisola Superiore, già occupato da un importante stabilimento industriale, il complesso Gavarry.

L’intervento de quo si è attuato, per un verso, con la delocalizzazione dello stabilimento ed il suo trasferimento nel Comune di Quiliano, su un suolo di proprietà dell’odierna appellante incidentale Alfa Costruzioni Edili S.r.l., e su altro versante attraverso la riconversione dell’area già sede del complesso industriale e la sua destinazione a uso residenziale.

Tale risultato si è ritenuto di perseguire attraverso un accordo di programma, promosso dall’Amministrazione comunale ai sensi degli artt. 34 del decreto legislativo 17 agosto 2000, nr. 267, e 58 della legge regionale della Liguria 6 settembre 1997, nr. 36, in variante al Piano urbanistico comunale (P.U.C.), e successivamente con l’adozione e l’approvazione di un Progetto urbanistico operativo (P.U.O.), ai sensi dell’art. 50 della medesima l.r. nr. 36 del 1997, destinato a disciplinare le linee di pianificazione esecutiva sull’area interessata e a porre le basi per la materiale realizzazione degli interventi edificatori.

Gli atti suindicati sono stati impugnati dinanzi al T.A.R. della Liguria da un gruppo di condomini e di cittadini, tutti residenti in aree immediatamente limitrofe al perimetro interessato dal P.U.O., i quali hanno evidenziato una serie di criticità e di vizi di legittimità, tali da inficiare a monte l’intera procedura.

Con la sentenza oggetto degli odierni gravami, il giudice adito ha condiviso pressoché integralmente le doglianze di parte istante, e pertanto ha annullato tutti gli atti impugnati a partire dall’accordo di programma sottoscritto il 30 novembre 2007.

3. Tutto ciò premesso, gli appelli si appalesano infondati e vanno conseguentemente respinti.

4. Con il primo motivo degli appelli principali, si assume l’inammissibilità del ricorso di primo grado, per difetto di legittimazione ovvero d’interesse, non avendo gli istanti dimostrato – al di là del rapporto di contiguità fra i suoli ove risiedono e il perimetro dell’area interessata dal P.U.O. – di ricevere uno specifico e concreto pregiudizio dagli atti impugnati.

4.1. Trattasi di questione non sollevata dalle parti resistenti in prime cure, ma che può certamente essere esaminata per la prima volta in appello, afferendo a una delle condizioni dell’azione e, quindi, alla regolare costituzione del rapporto processuale, accertabile anche d’ufficio (cfr. ex plurimisCons. Stato, sez. V, 3 giugno 2013, nr. 3035; Cons. Stato, sez. IV, 24 settembre 2007, nr. 4924).

4.2. Il motivo non è però meritevole di favorevole delibazione.

4.3. Al riguardo, le parti hanno richiamato il pregresso orientamento della Sezione in materia di legittimazione e interesse a impugnare gli strumenti urbanistici e le loro varianti da parte dei proprietari di aree confinanti, che ha trovato la propria più compiuta esplicitazione in una recente sentenza (nr. 6082 del 18 dicembre 2013) i cui contenuti giova sinteticamente richiamare.

In particolare, in quella sede si è evidenziato come la situazione esaminata differisca in modo sostanziale da quella di impugnazione dei titoli edilizi diretti, laddove è consolidato l’indirizzo per cui il rapporto di vicinitas, ossia di stabile collegamento con l’area interessata dall’intervento contestato, è idoneo e sufficiente a fondare tanto la legittimazione (ossia la titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata rispetto a quella di quisque de populo) quanto l’interesse a ricorrere (ossia la sussistenza di una lesione concreta e attuale alla detta situazione giuridica per effetto del provvedimento amministrativo impugnato).

Al contrario, nel caso di impugnazione di strumenti urbanistici, anche particolareggiati, o di loro varianti, il semplice rapporto di vicinitas, se dimostra la sussistenza di una generica legitimatio ad causam, non è però sufficiente a fondare anche l’interesse a ricorrere, occorrendo l’allegazione e la prova di uno specifico e concreto pregiudizio riveniente ai suoli in proprietà degli istanti per effetto degli atti di pianificazione impugnati (dai quali, per definizione, quei suoli non sono incisi direttamente); tale pregiudizio – si è aggiunto - non può risolversi nel generico pregiudizio all’ordinato assetto del territorio, alla salubrità dell’ambiente e ad altri valori la cui fruizione potrebbe essere rivendicata da qualsiasi soggetto residente, anche non stabilmente, nella zona interessata dalla pianificazione (e che, oltre tutto, porrebbe l’ulteriore problema di individuare il limite al di là del quale non si sia più in presenza di una lesione specifica e differenziata, ma di un pregiudizio assimilabile a quello che qualsiasi cittadino potrebbe lamentare).

4.4. Il Collegio non intende discostarsi dell’orientamento appena richiamato, che appare anzi meritevole di conferma: tuttavia, il caso che qui occupa, pur in apparenza del tutto sovrapponibile a quello esaminato nella precedente occasione (essendo incontestato inter partes che i suoli ove risiedono gli originari ricorrenti si trovano immediatamente a ridosso del perimetro del P.U.O. per cui è causa), ne differisce in realtà sotto due rilevanti profili.

In primo luogo, il provvedimento che ha occasionato l’impugnativa di primo grado ha la peculiarità di non esaurire i propri effetti alla mera fase di pianificazione (sia pure particolareggiata), ma di contenere anche la progettazione di dettaglio degli specifici interventi edilizi che dovranno essere realizzati sull’area: in modo da rendere la successiva fase del rilascio dei permessi di costruire un passaggio poco più che meramente esecutivo di determinazioni amministrative già prese, e come tali già del tutto idonee a disvelare le proprie potenzialità lesive dal punto di vista anche dei proprietari confinanti.

Di ciò è prova nel carattere estremamente puntuale e dettagliato delle censure svolte nel ricorso e nei motivi aggiunti di primo grado, tali da investire anche aspetti specifici della progettazione attuativa (caratterizzazione del suolo, rispetto della normativa antisismica, rispetto delle prescrizioni in materia di altezza degli edifici etc.), ciò che è reso possibile evidentemente proprio dall’essere la documentazione tecnica e grafica che accompagna il P.U.O. – a sua volta – estremamente analitica e dettagliata anche sotto il profilo della futura attività edificatoria da porre in essere.

In secondo luogo, non va sottaciuto come molta parte delle doglianze articolate dai ricorrenti in primo grado attengano a violazione della normativa in materia di tutela ambientale (omissione della V.A.S., illegittimità nella verifica di assoggettabilità a V.I.A. etc.), il che impone un approccio necessariamente non restrittivo all’individuazione della lesione che potrebbe astrattamente fondare l’interesse all’impugnazione; sul punto, è sufficiente rammentare come – anche sotto la spinta del diritto europeo – la materia della tutela dell’ambiente si connoti per una peculiare ampiezza del riconoscimento della legittimazione partecipativa e dei coinvolgimento dei soggetti potenzialmente interessati, come è dimostrato dalle scelte legislative in tema di partecipazione alle procedure di V.A.S. e V.I.A., di legittimazione all’accesso alla documentazione in materia ambientale, di valorizzazione degli interessi “diffusi” anche quanto al profilo della legittimazione processuale.

4.5. Alla luce dei rilievi che precedono, il Collegio condivide l’avviso degli originari ricorrenti e odierni appellati, i quali hanno evidenziato che, seppure non hanno dedicato specifici passaggi del ricorso introduttivo all’allegazione e documentazione dello specifico pregiudizio che a loro deriverebbe dagli atti censurati, questo si ricava comunque agevolmente dalle specifiche e puntuali “criticità” che sono state evidenziate nei vari motivi di impugnazione: dal possibile inquinamento delle falde acquifere a cagione delle carenti indagini geologiche e idrogeologiche, al deturpamento del paesaggio per effetto della mancata acquisizione di un parere paesaggistico ritenuto necessario, e così via.

In definitiva, deve concludersi nel senso che nel caso che qui occupa il pregiudizio paventato dagli originari ricorrenti, pur apparentemente non differenziandosi dal generico danno alla salubrità dell’ambiente ed alla vivibilità del territorio che chiunque potrebbe lamentare, presenta caratteri specifici e peculiari, che consentono – anche in considerazione delle evidenziate specificità degli atti impugnati e delle censure articolate - di superare la soglia di ammissibilità dell’impugnativa sotto il profilo dell’interesse a ricorrere.

5. Con il secondo motivo degli appelli principali, e con il primo motivo dell’appello incidentale di Alfa Costruzioni Edili S.r.l., sono riproposte le eccezioni – respinte dal primo giudice – con cui si era cercato, sotto diversi profili, di sostenere l’inammissibilità dell’impugnativa del P.U.O. per tardiva impugnazione degli atti presupposti (e, in particolare, dell’accordo di programma del 2007, considerato già ex se idoneo a disvelare tutti i pretesi vizi poi fatti valere dai ricorrenti).

Anche questo motivo, nelle sue varie articolazioni, è però infondato.

5.1. Con riguardo alla eccepita tardività dell’impugnazione dell’accordo di programma del 30 novembre 2007, la reiezione va confermata ancorché sulla scorta di motivazioni diverse da quelle impiegate dal primo giudice.

5.1.1.Ed invero, il T.A.R. non ha condiviso l’opinione di parte resistente, secondo cui il dies a quo del termine d’impugnazione avrebbe dovuto farsi decorrere dall’avvenuta pubblicazione dell’accordo medesimo sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria, avvenuta in data 6 febbraio 2008, sul rilievo che tale pubblicazione non avrebbe avuto valore di presunzione legale di conoscenza per gli istanti, dovendo quindi farsi riferimento alla data in cui questi hanno avuto effettiva conoscenza del provvedimento.

Tale conclusione non è in linea, prima ancora che con gli orientamenti della giurisprudenza, col dato normativo, in virtù del quale il termine di impugnazione decorre o dalla notifica o comunicazione individuale del provvedimento ovvero, per gli atti per i quali non è prevista la notificazione individuale ai destinatari, dalla loro pubblicazione ove prevista dalla legge, la quale dunque integra una presunzione legale di conoscenza; soltanto laddove manchino le due indicate formalità, può farsi luogo al criterio suppletivo della piena conoscenza.

Orbene, è appena il caso di sottolineare come la prevalente giurisprudenza estenda anche agli accordi di programma, trattandosi di provvedimenti comportanti varianti urbanistiche, il principio per cui il dies a quo del termine d’impugnazione corrisponde a quello della loro pubblicazione, costituente presunzione legale di conoscenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 novembre 2005, nr. 6467; id., 30 luglio 2002, nr. 4075).

Infatti, l’accordo di programma è un provvedimento amministrativo soggetto a pubblicazione ex art. 34 del d.lg. 17 agosto 2000, n. 267 (in cui è confluito l’art. 27 della legge 6 giugno 1990, n. 142), e del quale non è necessaria la comunicazione individuale agli interessati atteso che il piano oggetto di approvazione, per contenuto e finalità, costituisce una variante di tipo generale preordinata ad incidere, non già su una singola area in proprietà privata per la realizzazione di una determinata e specifica opera pubblica, bensì su una generalità di aree del territorio comunale conformandole, cioè un tipo di variante avente la medesima valenza e gli stessi contenuti programmatici del piano regolatore generale; diverso evidentemente sarebbe il caso ove l’accordo di programma e la variante dallo stesso implicata avessero avuto ad oggetto una specifica e singola opera pubblica localizzata su una ben definita area: in questo caso infatti avrebbe trovato applicazione il noto e condivisibile orientamento secondo cui il termine per l’impugnazione non decorre dalla pubblicazione ma dalla comunicazione ovvero dalla piena conoscenza della variante da parte del singolo soggetto interessato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 dicembre 1998, n. 1904).

Nel caso di specie, la pubblicazione dell’accordo di programma sul B.U.R.L. è stata eseguita anche ai sensi dell’espressa previsione in tal senso contenuta nell’art. 58 della l.r. nr. 36 del 1997; né è in alcun modo sostenibile, neanche astrattamente, che ai ricorrenti spettasse una notifica o una comunicazione individuale, trattandosi – come detto – di soggetti non direttamente incisi dalle prescrizioni adottate in variante al P.U.C.

5.1.2. Se tutto quanto appena precisato è vero, la reale ragione per la quale va disattesa l’eccezione di tardiva impugnazione dell’accordo di programma risiede, come pure correttamente evidenziato dagli odierni appellati, nella carenza di una sua immediata lesività.

Al riguardo, le parti appellanti invocano il consolidato indirizzo giurisprudenziale per cui si considerano immediatamente lesive, e quindi soggette a onere di immediata impugnazione, le previsioni degli strumenti urbanistici che incidono negativamente sulla “zonizzazione” dei suoli.

La Sezione non ignora tale indirizzo, ovviamente valido anche per le varianti agli strumenti urbanistici generali (quale è, nella specie, quella approvata con l’accordo di programma), e destinato a fortiori ad applicarsi al caso in cui a proporre impugnazione siano soggetti, come gli odierni appellanti, che non risultano direttamente colpiti dalle prescrizioni de quibus, ma assumono di esserne comunque pregiudicati; tuttavia, l’orientamento testé richiamato individua rilevanti eccezioni all’immediata impugnabilità, oltre che nel caso di prescrizioni di natura regolamentare come le N.T.A., nell’ipotesi di prescrizioni che per dispiegare i propri effetti richiedono la previa adozione di uno strumento attuativo, laddove è solo con la venuta in essere di quest’ultimo che anche la previsione urbanistica generale acquista lesività (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 2005, nr. 2622).

Nel caso che qui occupa, quanto meno con riguardo alla riqualificazione dell’area industriale dismessa l’accordo di programma rimetteva la concreta attuazione dell’intervento al successivo P.U.O.: ne discende che correttamente l’accordo di programma è stato impugnato congiuntamente al P.U.O., quale atto presupposto di quest’ultimo, con ricorso certamente tempestivo rispetto allo strumento attuativo che della variante generale faceva applicazione.

Quanto sopra rende vieppiù irrilevante la “piena conoscenza” dell’accordo di programma da parte dei ricorrenti che, a dire degli odierni appellanti, sarebbe dimostrata da un carteggio di epoca molto anteriore alla data in cui è stato notificato il ricorso di primo grado.

5.2. Priva di pregio è anche la seconda eccezione riproposta col mezzo qui in esame, con cui si assume l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della delibera di adozione del P.U.O.

Infatti, è jus receptum che, pur essendo la delibera di adozione di un piano urbanistico immediatamente impugnabile, la sua impugnazione costituisce una mera facoltà e non un onere, di modo che l’omessa impugnativa non è in alcun modo preclusiva della successiva impugnazione della delibera di approvazione del piano (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 settembre 2012, nr. 4828; id., 2 dicembre 2011, nr. 6373; id., 13 gennaio 2010, nr. 50).

5.3. Con una terza eccezione riproposta nel motivo di appello qui esaminato, si assume poi la tardività dell’impugnazione della determinazione conclusiva della conferenza di servizi svoltasi nell’ambito del procedimento di approvazione del P.U.O.; in particolare, sulla scorta di una lettura dell’art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, nr. 241, quale risultante dalle modifiche introdotte col d.l. 31 maggio 2010, nr. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, nr. 122, si assume che sarebbe ormai superato il pregresso indirizzo giurisprudenziale che ancorava sempre e comunque il termine per impugnare alla pubblicazione della deliberazione conclusiva da parte dell’Amministrazione procedente, dovendosi tornare al dato normativo originario per cui è lo stesso verbale della conferenza a tener luogo del provvedimento conclusivo (con la conseguente necessità, a pena di inammissibilità, di una sua tempestiva impugnazione).

La Sezione reputa superfluo approfondire quest’ultima questione, in quanto nella specie l’infondatezza dell’eccezione discende aliunde.

Infatti, la disciplina della conferenza di servizi attraverso la quale viene approvato – tra l’altro - il P.U.O. si rinviene nell’art. 59 della già citata l.r. nr. 36 del 1997, il quale, se per un verso rinvia alla disciplina generale della legge nr. 241 del 1990, contiene però anche previsioni specifiche fra cui quella di cui al comma 6, secondo cui: “...Delle determinazioni conclusive assunte dalla conferenza di servizi è data notizia mediante avviso recante l’indicazione della sede di deposito degli atti di pianificazione approvati, da pubblicarsi sul B.U. e da divulgarsi con ogni altro mezzo ritenuto idoneo a cura dell’Amministrazione che ha indetto la conferenza”.

Interpretando tale disposizione, la Sezione ha avuto modo di precisare che l’effetto di presunzione legale di conoscenza discende unicamente dalla pubblicazione nel B.U., e non anche dal fatto che siano successivamente poste in essere le ulteriori modalità di “divulgazione” previste dalla norma, le quali hanno solo la finalità di assicurare una maggiore pubblicità all’atto, ma non comportano deroga alla disciplina generale secondo cui il termine per impugnare, per gli atti per i quali non occorra notifica individuale, decorre dalla data di pubblicazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 2006, nr. 2287).

Orbene, nel caso di specie non risulta che la deliberazione conclusiva della conferenza di servizi – indipendentemente da quello che sia il suo valore legale dopo la “novella” del 2010 – sia stata pubblicata sul B.U.R.L., essendo oggetto di pubblicazione unicamente sull’albo pretorio (è a tale pubblicazione, in effetti, che fanno riferimento le Amministrazioni appellanti che eccepiscono la tardività), mentre sul B.U.R.L. fu pubblicata soltanto la successiva determinazione del Responsabile Settore Territorio e Paesaggio del Comune del 22 marzo 2012, che richiamava e comprendeva il verbale della conferenza: rispetto a tale ultima pubblicazione - che, lo si ripete, è la prima ed unica cui sia stata sottoposta anche la determinazione finale della conferenza - l’impugnativa è perfettamente tempestiva, essendo stato il ricorso notificato in data 2 maggio 2012.

6. Passando all’esame degli ulteriori motivi di appello, con i quali si contestano nel merito le statuizioni attraverso le quali il primo giudice ha annullato gli atti impugnati, conviene principiare – per il valore potenzialmente assorbente dei vizi di legittimità cui fanno riferimento – da quelli relativi alla ritenuta carenza della valutazione ambientale strategica (V.A.S.).

Sul punto, il primo giudice, dopo aver premesso un’accurata ricostruzione del quadro normativo riveniente dalla direttiva 2001/42/CE e dal decreto legislativo 2 aprile 2006, nr. 152, ha genericamente e onnicomprensivamente stigmatizzato l’omessa effettuazione della V.A.S. prima dell’avvio delle procedure di pianificazione per cui è causa, vizio non sanato dal successivo esperimento di una procedura di verifica di assoggettabilità (c.d. screening), conclusasi con l’esclusione della necessità di una valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.), ma a sua volta viziata da inversione procedimentale, in quanto eseguita solo a valle dell’approvazione del P.U.O.

A fronte di tale impostazione, le parti appellanti preferiscono trattare separatamente l’asserita necessità di V.A.S. con riferimento, dapprima, all’accordo di programma in variante al P.U.C., e quindi al P.U.O.; sarà questa anche l’impostazione con cui saranno esaminati i motivi d’appello de quibus in questa sede.

6.1. Per quanto riguarda l’accordo di programma del 30 novembre 2007, le parti appellanti si limitano a ribadire l’impossibilità per i ricorrenti di censurare l’omessa effettuazione della V.A.S. in tale sede a cagione della ritenuta tardività dell’impugnazione dell’accordo; solo in via subordinata, con l’ultimo motivo degli appelli principali, si evidenzia in ogni caso l’inapplicabilità ratione temporis della normativa interna di trasposizione della direttiva 2001/42/CE (c.d. direttiva V.A.S.), essendo il procedimento per cui è causa iniziato in epoca anteriore alla sua entrata in vigore e non potendo predicarsi, per il periodo anteriore, una natura self-executing della direttiva medesima.

6.1.1. Con riguardo al primo argomento, sono state già evidenziate al precedente punto 5.1.2 le ragioni per le quali l’impugnazione dell’accordo di programma va ritenuta tempestiva.

6.1.2. Quanto al secondo argomento, esso fa leva sul disposto dell’art. 52 del d.lgs. nr. 152 del 2006, il quale, dopo aver fissato al 31 luglio 2007 l’entrata in vigore della nuove disposizioni in tema di V.A.S., precisava in via transitoria: “... I procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell’interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all’epoca della presentazione di detta istanza”.

Orbene, da una piana lettura della documentazione versata in atti è dato concludere – contrariamente all’assunto di parte ricorrente - che il procedimento amministrativo, culminato nell’accordo di programma promosso dal Comune di Albisola Superiore e sottoscritto in data 30 novembre 2007, ebbe inizio certamente in epoca successiva alla scadenza suindicata: per l’esattezza, l’avvio del procedimento è da individuare nella deliberazione del Consiglio Comunale nr. 47 del 9 agosto 2007, con la quale fu per la prima volta convocata la conferenza di servizi che avrebbe portato all’accordo, mentre le attività precedenti, come risulta dal tenore testuale dell’accordo medesimo (che le definisce ad esso “propedeutiche”), oltre che in una serie di contatti a livello politico tra le Amministrazioni coinvolte, consistettero nell’avvio di due distinti e paralleli procedimenti amministrativi, l’uno finalizzato alla delocalizzazione dello stabilimento Gavarry (attivato ai sensi dell’art. 9 della l.r. 24 marzo 1999, nr. 9) e l’altro all’approvazione del P.U.O. (avviato, come già detto, ex art. 59 della l.r. nr. 36 del 1997).

Acclarata dunque l’applicabilità ratione temporis della disciplina del d.lgs. nr. 152 del 2006, e preso atto che nulla è detto dalle parti odierne appellanti nel merito della necessità di sottoposizione a V.A.S. della variante urbanistica approvata con l’accordo di programma de quo, è agevole verificare che detta variante, per la sua estensione e significatività rispetto all’assetto originario del P.U.C., fosse da sottoporre a V.A.S. obbligatoria ai sensi della previsione allora vigente dell’art. 7, comma 2, lettera a), del d.lgs. nr. 152 del 2006 (oggi riprodotta, senza modifiche sostanziali, nell’art. 6, comma 2, lettera a), del medesimo decreto quale risultante dal correttivo apportato col decreto legislativo 16 gennaio 2008, nr. 4).

Va dunque condivisa l’opinione del T.A.R., il quale ha individuato nella mancata effettuazione della procedura di V.A.S. un vizio suscettibile d’inficiare l’intero iter procedurale per cui è causa.

6.2. Il vizio così ravvisato sarebbe di per sé sufficiente a determinare il travolgimento dell’intero procedimento di pianificazione, e quindi da esonerare dall’esame di altre e più specifiche censure (pure accolte dal primo giudice); tuttavia, anche allo scopo di orientare la successiva attività amministrativa, la Sezione reputa utile soffermarsi anche sulle conseguenze dell’applicazione della disciplina in materia di tutela dell’ambiente anche alla successiva fase di adozione e approvazione del P.U.O.

Sul punto, infatti, non può condividersi l’avviso delle parti appellanti le quali, citando in modo parziale una precedente sentenza di questa Sezione, assumono che fra i presupposti per la necessità della V.A.S. ve ne sarebbe anche uno “soggettivo”, e cioè un’espressa manifestazione di volontà della stessa Amministrazione, la quale decida di “autovincolarsi” stabilendo che un certo atto di pianificazione debba essere assoggettato a V..A.S. (ciò che, sembra di capire, comporterebbe – per converso – che l’Amministrazione sarebbe in grado, non esercitando tale “autovincolo”, di escludere l’applicazione della V.A.S. in casi in cui la legge la richiede).

Al contrario, è fin troppo agevole rilevare che i presupposti per la necessità della V.A.S. (come della V.I.A.) sono esclusivamente oggettivi, e riposano semplicemente nel ricadere o meno di un certo progetto fra le tipologie per le quali la normativa contenuta nel d.lgs. nr. 152 del 2006, o nelle leggi regionali, contempla la verifica ambientale, potendo differenziarsi soltanto fra le ipotesi in cui tale verifica è obbligatoria ex lege e quelle in cui è meramente facoltativa, imponendo il legislatore soltanto una preliminare verifica di assoggettabilità (c.d. screening) intesa appunto ad accertare se l’intervento debba o meno essere assoggettato alla verifica ambientale.

Nemmeno risulta rispondente al vero un’altra delle affermazioni ripetute dalle parti appellanti, e cioè che nessuna disposizione impone che la V.A.S. debba essere effettuata prima della formazione del piano, potendo quindi ad essa procedersi anche ex post; al riguardo, è sufficiente richiamare il chiaro disposto dell’art. 11, comma 3, del d.lgs. nr. 152 del 2006, che così recita: “...La fase di valutazione è effettuata anteriormente all’approvazione del piano o del programma, ovvero all’avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall’attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione”.

È vero invece che ai fini della successiva approvazione del P.U.O. potrebbe trovare applicazione il comma 3 del già citato art. 6 del d.lgs. nr. 152 del 2006, che per le “piccole aree a livello locale” richiede non la V.A.S. obbligatoria, ma la semplice verifica di assoggettabilità di cui al successivo art. 12; pertanto, una volta effettuata la V.A.S. in sede di predisposizione dell’accordo di programma (come si è visto essere necessario), non sarebbe stata necessaria un’ulteriore V.A.S. ai fini della formazione del P.U.O., dovendo procedersi soltanto a verifica di assoggettabilità: con l’unica precisazione che, ovviamente, anche tale verifica – che ai sensi del citato art. 12 deve precedere l’eventuale V.A.S. – non potrà giammai essere effettuata ex post,dovendo pur sempre intervenire nella fase di predisposizione del piano.

6.3. Sempre per completezza e chiarezza, va evidenziato che le deduzioni delle parti appellanti risentono di una certa confusione tra l’istituto della V.A.S. (che attiene alla verifica di impatto ambientale di piani e programmi e loro varianti) e quello della V.I.A. (che afferisce invece a progetti relativi a specifici impianti o edifici ed è un istituto, al contrario della V.I.A., vigente nell’ordinamento italiano già da molto prima dell’entrata in vigore del d.lgs. nr. 152 del 2006).

Infatti, la verifica di assoggettabilità che si è visto essere stata eseguita ex post rispetto all’approvazione del P.U.O., e rispetto alla quale il T.A.R. ha stigmatizzato il vizio di inversione procedimentale, era in realtà quella prodromica al rilascio dei permessi di costruire per la materiale realizzazione degli interventi contenuti nel P.U.O.: ciò si ricava dalle stesse deduzioni delle parti appellanti, le quali precisano che tale verifica fu eseguita ai sensi dell’art. 10 della l.r. 30 dicembre 1998, nr. 38, che è appunto la legge regionale ligure che – già da epoca ampiamente anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. nr. 152 del 2006 - disciplina la V.I.A. sui progetti di competenza regionale.

Al riguardo, è appena il caso di precisare che l’effettuazione di tale procedura (peraltro con esito negativo) non può in alcun modo ritenersi aver sanato il vizio derivante dal mancato esperimento a monte, nella fase di pianificazione, della diversa procedura di V.A.S.

Per vero, la legislazione vigente si fa carico dei problemi di coordinamento fra le due procedure, e dell’evidente eccessività di richiedere obbligatoriamente sia l’una che l’altra, nelle ipotesi in cui si debba approvare un piano urbanistico attuativo, tale da richiedere la V.A.S., ed all’interno di esso sia prevista la progettazione di impianti o interventi per i quali, a loro volta, sarebbe necessaria la V.I.A.

A queste ipotesi è dedicato l’attuale comma 4 dell’art. 10 del d.lgs. nr. 152 del 2006, quale risultante dalla già richiamata novella del 2008, secondo cui: “...La verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell’ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale”.

Pertanto, nelle ipotesi sopra indicate – cui è riconducibile anche la fattispecie per cui qui è causa – è possibile procedere a un’unica procedura di verifica, con unitaria consultazione del pubblico, nell’ambito della V.A.S., in occasione della quale procedere anche allo screening preliminare per i progetti ricompresi nel piano (l’art. 20 del d.lgs. nr. 152 del 2006 disciplina, per l’appunto, la verifica di assoggettabilità a V.I.A.), all’esito del quale si accerterà se occorrerà o meno, prima del permesso di costruire, procedere all’ulteriore procedura di V.I.A.

In sostanza, la scelta del legislatore – come è del tutto logico – è nel senso che l’assimilazione e il coordinamento fra le due procedure debba avvenirea monte, nella fase di pianificazione: di modo che non è assolutamente possibile, al contrario, che ogni verifica sia posposta al momento del rilascio del titolo ad aedificandum (come nel caso di specie, laddove si vorrebbe dalle parti appellanti – sia pure con motivo d’appello articolato in via subordinata – che la verifica di assoggettabilità a V.I.A. prodromica al rilascio del permesso di costruire abbia sanato il vizio discendente dal mancato esperimento della V.A.S. in sede di pianificazione).

7. I rilievi fin qui svolti, evidenziando l’infondatezza degli appelli con riguardo al più eclatante fra i vizi riscontrati dal giudice di prime cure, tale da comportare l’illegittimità dell’intera procedura esaminata – a partire dall’accordo di programma del 2007, e proseguendo con l’intero iter di formazione del P.U.O. – hanno carattere assorbente ed esonerano dall’esame degli ulteriori motivi di appello, afferenti a vizi secondari e ulteriori ravvisati dal T.A.R. e la cui eventuale fondatezza in nulla modificherebbe le conclusioni raggiunte in punto di integrale conferma della sentenza gravata, e quindi di annullamento degli atti impugnati in primo grado.

D’altra parte, i profili sottesi a detti motivi e censure ulteriori (dalla sufficienza delle indagini geologiche e idrogeologiche al rispetto delle prescrizioni sulle altezze degli edifici, dalla compatibilità con gli eventuali vincoli paesaggistici all’adeguatezza degli studi di impatto sulla viabilità) potranno essere oggetto di compiuto esame in sede di rinnovazione della procedura pianificatoria, giovandosi dell’apporto partecipativo di tutti i soggetti interessati nell’ambito del doveroso esperimento della procedura di V.A.S.

8. In considerazione della complessità delle questioni esaminate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, riuniti gli appelli in epigrafe, respinge gli appelli principali e l’appello incidentale e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)