Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4454, del 4 settembre 2013
Urbanistica.Potere di pianificazione urbanistica del territorio

Il potere di pianificazione urbanistica del territorio, nell’accezione configurata dalla potestà legislativa concorrente di cui al novellato art.117 terzo comma della Costituzione, ma anche dalla legislazione ordinaria, non è limitato alla disciplina della possibilità e dei limiti edificatori delle destinazioni delle zone del territorio; al contrario deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che va al di là della disciplina coordinata dell’edificazione dei suoli in modo da realizzare finalità “più complessive”, connesse, in particolare a quello che è il concetto cardine dell’urbanistica e cioè la regolazione di tutti gli aspetti dell’uso del territorio. L’urbanistica non può essere intesa solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così manifestandosi secondo una visione del tutto marginale della materia, ma deve essere ricostruita come intervento degli enti esponenziali in relazione allo sviluppo complessivo ed armonico del territorio. Deve, invero, trattarsi di uno sviluppo che tenga conto sì delle potenzialità edificatorie, ma in stretta relazione con la vocazione dei luoghi e con altre finalità, quali l’esigenza dei valori ambientali e paesaggistici, l’esigenza di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, le esigenze economico-sociali della comunità, il tutto in aderenza ad un modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi a mezzo di decisioni da adottarsi, in autodeterminazione, dalla comunità stessa attraverso le scelte dei suoi organi elettivi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04454/2013REG.PROV.COLL.

N. 06320/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6320 del 2011, proposto da: 
Comune di Trento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Stella Richter, Elena Stella Richter, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, viale Mazzini, 11;

contro

Elma S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Bruno Giudiceandrea, Flavio Maria Bonazza, Nino Paolantonio, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

nei confronti di

Consorzio di bonifica e sviluppo di Trento Nord, società consortile a responsabilità limitata, Tim s.r.l., Mit s.r.l., Imt S.r.l., rappresentate e difese dagli avv.ti Daniela Anselmi, Sarah Garabello, Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare, 14; Provincia autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. della PROVINCIA di TRENTO n. 00030/2011, resa tra le parti, concernente prima adozione variante riqualificazione ambientale ed urbana di Trento Nord.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Elma s.p.A. e di Consorzio di bonifica e sviluppo di Trento Nord, s.c.a..r.l., di Tim s.r.l., di Mit s.r.l. e di Imt s..r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi, Sarah Garabello, Daniela Anselmi, Pasquale Di Rienzo (su delega di Paolo Stella Richter) e Nino Paolantonio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La Società Elma è proprietaria, in virtù di acquisto avvenuto nell’anno 1987, di un compendio fondiario dell’estensione di 23.417 mq, quale area inedificata sita nella zona nord della città di Trento, posta a sud di una più vasta area già occupata dallo stabilimento Sloi e confinante ad est con la ferrovia del Brennero e ad ovest con via Maccani.

Fin dal 1995 (con la variante di assestamento del 1994) l’area di proprietà della Società Elma era inserita, dal punto di vista urbanistico, in zona Cpp, programma integrato di riqualificazione dell’area di via Brennero-via Maccani, in un unico comparto volto alla riqualificazione ambientale ed urbanistica dell’intera zona a nord della città.

Con la deliberazione consiliare n. 50 del 19/6/2008, di prima adozione della variante di riqualificazione ambientale ed urbana di Trento Nord, la proprietà dell’attuale appellante veniva inserita nella perimetrazione della zona c.d. C6, di riqualificazione urbana, con possibilità di edificazione a mezzo di un unico piano attuativo, la cui approvazione era subordinata al completamento degli interventi di bonifica delle aree già occupate dalle ex industrie Sloi e Carbochimica .

Con deliberazione consiliare n.79 del 12/3/2009, di seconda adozione della variante anzidetta, il Comune confermava quanto al riguardo previsto per l’area de qua in sede di prima adozione.

Interveniva quindi la deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 2713 del 13/11/2009, di approvazione, con prescrizioni, della variante al PRG comunale di Trento per la qualificazione ambientale di Trento Nord.

Elma s.p.a, sul rilievo che i suoi terreni, in quanto non inquinati, non erano da inserire all’interno di una pianificazione attuativa di un’area maggiore, la cui utilizzazione edificatoria è stata subordinata al completamento della bonifica dell’intero sito, ha impugnato innanzi al TRGA di Trento i predetti atti deliberativi, denunciandone la illegittimità sotto vari profili.

L’adito Tribunale amministrativo, con sentenza n.30/2011, accoglieva il ricorso proposto da Elma s.p.a., con annullamento degli atti impugnati per la parte interessante la Società ricorrente, nei termini di cui in motivazione.

Il Comune di Trento ha impugnato tale decisum, deducendo, con un unico articolato motivo, la erroneità delle statuizioni assunte dal primo giudice per le ragioni così riassumibili:

la decisione sarebbe affetta da evidente contraddittorietà, posto che in essa, da una parte si afferma la logicità e congruità della variante di riqualificazione ambientale ed urbana, quale disegno unitario e non frazionato di sviluppo della intera zona presa in considerazione e, dall’altra parte, inspiegabilmente, si ritiene che ciò non giustifichi una previsione di temporanea inedificabilità a carico delle aree, che, ancorché non inquinate, fanno comunque parte integrante del più vasto sito classificato come zona C6. .

Secondo parte appellante la scelta dell’Amministrazione, operata con la variante de qua, è giustificata dall’utilizzo di un’unica pianificazione, comprensiva delle aree non inquinate, in conformità ad una specifica norma di legge (l’art.77 bis comma 10 undecies), che autorizza a comprendere nella pianificazione anche aree contigue a quelle soggette a bonifica, quando ciò sia urbanisticamente necessario per individuare un unico comparto edificatorio abbisognevole di una unitaria riqualificazione urbana e di una omogenea prospettiva di sviluppo. Inoltre il Consiglio comunale, in sede di adozione della variante, nell’esercizio di una potestà pianificatoria ampiamente discrezionale, ha correttamente fatto uso, dandone contezza, del principio c.d. di precauzione, che sconsigliava decisamente la immediata edificazione di terreni confinanti con aree inquinate, in ragione dei possibili pregiudizi derivanti proprio da tale contiguità.

La Società Elma si è costituita in giudizio a mezzo di atto qualificato come memoria di costituzione con appello incidentale.

Come parte resistente, a supporto della richiesta di reiezione dell’appello proposto dal Comune di Trento, formula una serie di argomentazioni volte a confutare i motivi d’impugnazione ex adverso dedotti.

Come parte appellante in via incidentale ha impugnato la sentenza qui gravata relativamente al capo della decisione che ha ritenuta legittima la unitaria comprensione all’interno della zona C6 dei terreni della Elma, benché non inquinati, con conseguente omesso rilievo della fondatezza dei primi due vizi di legittimità prospettati col ricorso introduttivo (e qui riproposti).

Si sono altresì costituite in giudizio il Consorzio di bonifica e sviluppo Trento Nord - società consortile a.r.l. - e le società TIM srl, IMT srl. e MIT srl, per resistere all’appello del Comune di Trento, nella qualità di soggetti proprietari di aree site nel comparto C6, siti già occupati dalle industrie dismesse Carbochimica e Sloi.

Le prime tre Società poi hanno contestualmente proposto appello incidentale, con cui, nel riferire preliminarmente di aver già impugnato con autonomo ricorso le deliberazioni comunali qui oggetto di vertenza, formulano due contestazioni:

a) in via principale contestano l’assunto dell’appellante Amministrazione comunale, nella parte in cui l’Ente in parola ha ritenuto che il primo giudice, con la sentenza n.30/11, avrebbe statuito il divieto normativo di utilizzazione differenziata dell’area inquinata fino al completamento delle operazioni di bonifica;

b) in via subordinata, ove si dovesse intendere che la sentenza ha sancito la possibilità di edificare sul sito inquinato in cui sono incluse le aree di proprietà solo dopo il completamento della bonifica, la statuizione sarebbe errata in quanto in contrasto con le norme di cui all’art.77 bis commi10 quater e 10 quinquies del DPGP 26 gennaio 1987 n.1-41/legisl.

Le parti hanno altresì prodotto ad ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive apposite memorie.

All’udienza del 19 marzo 2013 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

L’appello si appalesa fondato nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

La controversia all’esame prende l’abbrivio dall’impugnativa proposta in prime cure da Elma s.p.a. avverso le delibere del Comune di Trento di adozione della variante al PRG di riqualificazione della zona nord della città, in quanto i terreni di sua proprietà sono stati. ricompresi nella perimetrazione e assoggettati ai vincoli imposti alla zona nord classificata C6.

Vale pure far presente, in punto di fatto, che i terreni della Società Elma, dell’estensione di 23.417 mq, costituiscono una frazione di una più vasta area coincidente con quella classificata urbanisticamente C, la gran parte della quale è formata da lotti altamente inquinati, posti a nord e ad est della proprietà Elma.

Tanto doverosamente precisato, dalla lettura della sentenza qui gravata si può rilevare che il primo giudice si è determinato a ritenere fondati alcuni profili di illegittimità dedotti (col terzo, quinto, sesto e settimo motivo) a carico dell’impugnata variante di riqualificazione, sulla scorta delle considerazioni che sostanzialmente ed in sintesi, possono individuarsi in quattro punti:

a) l’aver l’Amministrazione comunale ancorato l’utilizzo edificatorio di terreni non inquinati (quelli di Elma) al completamento delle operazioni di bonifica allo stesso modo come per le altre aree della intera zona C6 pacificamente inquinate costituisce un vincolo atipico e gravoso, oltreché ulteriore rispetto alle limitazioni previste dalla normativa provinciale ambientale;

b) pur trattandosi di variante puntuale, l’Organo deliberante non avrebbe fornito una adeguata motivazione delle scelte urbanistiche operate onde soddisfare gli interessi pubblici e privati coinvolti, non potendo all’uopo soccorrere le “ragioni politiche” poste a sostegno dell’adottato provvedimento;

c) il principio di precauzione pure invocato dall’Amministrazione non è sufficiente a giustificare la prescrizione per cui il piano attuativo relativo alle aree non inquinate può essere adottato solo dopo la completa attuazione della bonifica;

d) l’atto di indirizzo del Consiglio, contenente lo studio unitario dello sviluppo urbanistico previsto dall’art.42 quater delle NTA, è un atto atipico, non compreso in quelli nominativamente previsti dall’ordinamento urbanistico provinciale.

Le osservazioni e prese statuizioni del TRGA non sono condivisibili, in quanto basate su erronei presupposti che inficiano ab imis fundamentis il ragionamento posto a sostegno dei divisamenti assunti in ordine ai punti sopra indicati.

Quanto alla questione sub a), ritiene il Collegio che un evidente vizio di contraddittorietà e illogicità infici l’argomentazione giuridica addotta dal primo giudice.

Il Tribunale amministrativo trentino difende, con argomentazioni ampiamente convincenti, la scelta dell’Amministrazione di un unico strumento pianificatorio esteso a tutto l’ambito C6, contrassegnato dalla presenza delle aree inquinate (coincidenti con i lotti già occupati da Carbochimica e Sloi) e quelle non inquinate (di proprietà di Elma spa), al fine di “perseguire un unico disegno di riqualificazione urbana” della zona a nord della città, definendo tale scelta legittima, ma anche congrua e logica, non senza sottolineare sia “la necessità di un unico comparto edificatorio accomunato dalla necessità della riqualificazione urbana e da una omogenea prospettiva di sviluppo”, sia il fatto che le scelte operate hanno un loro preciso supporto normativo nelle disposizioni di cui ai commi 10 quater e 10 undecies dell’art.77 bis del testo unico delle leggi ambientali provinciali.

Senonché, dopo aver così doviziosamente argomentato, non si capisce perché lo stesso giudice, di lì a poco, arriva ad affermare la illegittimità della previsione della variante che impone il divieto di utilizzazione edilizia dei terreni della Società appellante sino all’avvenuta bonifica dell’intera zona nord classificata C6, nella quale pure tali suoli sono compresi (legittimamente).

In ciò si annida una vera e propria contradictio in terminis, laddove nella sentenza si affermano due concetti (da un lato, legittimità dell’inserimento nell’area contraddistinta da siti inquinati e, dall’altro lato, illegittimità della subordinazione della edificazione ad avvenuta integrale bonifica) che non sono conciliabili, nel senso che non vi può essere coesistenza tra l’affermata positività del primo giudizio con l’altrettanto dichiarata negatività del secondo giudizio; e ciò per due ordini di ragioni.

1) La prima, è di ordine logico: una volta giustificato l’inserimento delle aree non inquinate nella zona in cui insistono terreni ontologicamente diversi (quelli inquinati), per effetto della scelta unitaria operata dal Comune di risanamento e riqualificazione urbanistico-ambientale dell’intero sito posto a nord della città, non v’è motivo per effettuare l’ulteriore distinguo in favore della non possibilità della frazionabilità degli interventi di bonifica in favore delle aree contigue, che, a ben vedere, alcuna lesione ricevono dalla previsione della subordinazione dell’utilizzo edificatorio al completamento delle opere di bonifica.

In altri termini, Elma può ben dolersi dell’inserimento nel comparto C6 operata in base ad una “visione” indifferenziata tra lotti inquinati e lotti non inquinati (salvo verificare poi la legittimità o meno di tale operazione), ma non ha senso che essa rivendichi una sorta di pretesa a sottrarsi all’obbligo di attendere il completamento della bonifica, proprio perché uno solo è il regime urbanistico previsto, quello articolato su una integrale operazione di bonifica, senza la possibilità di stralci funzionali e che non può non valere per tutte le aree facenti parte dell’unico individuato comparto C6.

2) La seconda è di carattere esegetico: è lo stesso TRGA a richiamare, quanto alla possibilità di inserimento dei terreni (non inquinati) di Elma in un unico sito, insieme a quelli inquinati, la norma recata dal comma quater-undecies del citato art. 77 bis ed è sempre lo stesso giudice ad ammettere (pag. 20 della sentenza) che il divieto espresso di edificazione sino al completamento della bonifica “è stato imposto dal legislatore provinciale con il comma 10 quater …laddove “detta prescrizione , introdotta nel testo unico dell’ambiente con la legge provinciale n.1 del 19/2/2002 si applica direttamente e con immediata forza precettiva”.

Ma se così è, diventa davvero difficile comprendere perché poi in sentenza si arriva al rilievo che la clausola del completamento della bonifica si pone al di fuori delle prescrizioni limitative pure ritenute legittime, quando, invece, come dallo stesso giudice in precedenza precisato, esiste una precipua norma che legittima ed impone l’integrale bonifica dell’intero sito.

Di qui, allora, la erroneità delle osservazioni e prese conclusioni del giudice di prime cure.

Passando alle questioni di cui ai punti b) e c) che qui conviene congiuntamente esaminare, appare utile procedere ad una sia pur breve rassegna dei principi generali su cui poggia il concetto di urbanistica, come resi applicabili dall’Amministrazione comunale in ragione delle scelte effettuate con l’adottata variante di riqualificazione qui in discussione e che non pare siano stati tenuti in debito conto dal TRGA

Il potere di pianificazione urbanistica del territorio, nell’accezione configurata dalla potestà legislativa concorrente di cui al novellato art.117 terzo comma della Costituzione, ma anche dalla legislazione ordinaria, non è limitato alla disciplina della possibilità e dei limiti edificatori delle destinazioni delle zone del territorio; al contrario deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che va al di là della disciplina coordinata dell’edificazione dei suoli in modo da realizzare finalità “più complessive”, connesse, in particolare a quello che è il concetto- cardine dell’urbanistica e cioè la regolazione di tutti gli aspetti dell’uso del territorio (in tal senso, Cons. Stato Sez. IV 10 maggio 2012 n.2710).

L’urbanistica non può essere intesa solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà (e il primo giudice sembra proprio aver “sposato” fideisticamente il solo, “riduttivo” aspetto di disciplina edilizia, ritenuto nella specie (erroneamente) un mezzo di “restrizione” dei diritti dominicali dell’attuale appellante), così manifestandosi secondo una visione del tutto marginale della materia, ma deve essere ricostruita come intervento degli enti esponenziali in relazione allo sviluppo complessivo ed armonico del territorio.

Deve, invero, trattarsi di uno sviluppo che tenga conto sì delle potenzialità edificatorie, ma in stretta relazione con la vocazione dei luoghi e con altre finalità, quali l’esigenza dei valori ambientali e paesaggistici, l’ esigenza di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, le esigenze economico-sociali della comunità, il tutto in aderenza ad un modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi a mezzo di decisioni da adottarsi, in autodeterminazione, dalla comunità stessa attraverso le scelte dei suoi organi elettivi.

Ebbene, dalla documentazione versata in giudizio, dalle ragioni rese a sostegno degli atti qui in contestazione e dalle stesse considerazioni formulate in sentenza si evince come il Comune di Trento abbia improntato l’adozione della variante urbanistica di riqualificazione della zona nord, con le prescrizioni ivi recate, al chiaro scopo di ottenere una tutela concreta ed efficace di quei complessivi valori sopra evidenziati, specie quelli ambientali, sociali e di tutela della salute insiti nel concetto di urbanistica, ponendo in essere scelte e prescrizioni univocamente dirette ad assicurare il coordinato ed armonico sviluppo di una significativa parte del territorio comunale.

E ciò vale perfino a voler trascurare, poi, l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, nelle scelte urbanistiche, l’Amministrazione gode di ampia valutazione discrezionale, che, nel merito, è tendenzialmente insindacabile (ex multis, Cons. Stato Sez. IV 16 febbraio 2011 n.1015), dovendosi solo verificare se l’Ente abbia dato contezza o meno delle scelte operate con un idoneo apparato motivazionale, per altro in forma generele, come generale è, per così dire, di default, l’attività di pianificazione. In ogni caso vale pure nella specie il positivo riscontro rispetto alla esigenza di una attività istruttoria e motivazionale di supporto, ove si consideri che:

a) nella relazione allegata alla variante sono indicate le ragioni giustificative delle scelte a farsi e la esternazione dei criteri e delle linee fondamentali cui fare riferimento nel disporre la pianificazione; e ciò costituisce, per l’ppunto, condizione sufficiente a ritenere assolto adeguatamente l’onere motivazionale circa l’adozione di previsioni urbanistiche nel senso sopra descritto che non appaiono affette da vizi di illogicità o travisamento dei fatti (Cons. Stato Sez. IV 22 febbraio 2006 n.805);

b) nelle sedute del Consiglio comunale dedicate all’argomento si è discusso della necessità di assicurare idonea tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini in relazione ai timori derivanti dalla possibilità di realizzare edifici in aree contigue a lotti inquinati in attesa di bonifica; e se queste sono le “ragioni politiche” assunte dal civico consesso in sede di dibattito consiliare, le censure sul punto formulate dal giudice di prime cure inducono ragionevolmente a ritenere che si è (erroneamente) aderito ad un concetto di “ politica” affatto riduttivo;

c) come ammesso dallo TRGA, la scelta della nuova variante di piano di riqualificare omogeneamente tutta la zona nord di Trento non appare censurabile per carenza istruttoria; e ciò con riferimento a quanto evidenziato proprio nella relazione di accompagnamento della variante de qua.

Anche qui, è il caso di rilevare la contraddizione in cui incorre il primo giudice, che, in evidente contrasto con se stesso, da un lato, dà atto della sostanziale compiutezza delle indagini istruttorie, nonché della idonea base motivazionale poste a sostegno delle scelte operate e, dall’altro lato, poi, rileva, incongruamente, l’assenza di convincenti ragioni a giustificazione delle determinazioni assunte.

Non sono inoltre meritevoli di conferma le osservazioni rese in ordine alla questione relativa al cd. principio di precauzione invocato dal Comune e dallo stesso applicato nella scelta di subordinare l’edificazione nelle aree dell’Elma all’avvenuta realizzazione della bonifica dei vicini lotti contaminati..

Il TRGA riconosce come condivisibile il principio invocato dall’amministrazione, ma non fino al punto di giustificare l’adozione di un piano attuativo solo dopo la completa attuazione della bonifica, in ciò disconoscendo, del tutto illogicamente, l’essenza stessa del principio in parola e cioè l’esigenza di preservare aree contigue dai pericoli riconducibili alla presenza di elementi di grave inquinamento non agevolmente circoscrivibili, quanto ai loro effetti pregiudizievoli ai soli lotti contaminati.

Di qui, anche sotto tale profili una ulteriore prova di contraddittorietà e illogicità delle osservazioni del primo giudice.

Rimane da esaminare l’ultimo dei punti posti a base del decisum di annullamento: l’utilizzazione, prevista dall’art. 42 comma 3 quater delle NTA del PRG, di un atto definito atipico, l’atto di indirizzo, non incluso nel numerus clausus degli strumenti di pianificazione urbanistica.

Anche quest’ultimo rilievo mosso dal primo giudice, come correttamente dedotto dall’appellante Comune, è privo di fondamento.

Invero, al di là di là del nomen iuris, nella sostanza, in sede di approvazione della variante da parte della Giunta provinciale, la previsione della redazione di un atto di indirizzo è comunque correlata alla necessità che tale atto, redatto in modo unitario, garantisca i contenuti e le procedure del piano guida, sicché, avuto riguardo alla natura per così dire servente e strumentale di questo mezzo, le finalità garantistiche e procedurali sono state comunque assicurate, senza che venga violato l’iter procedimentale previsto per la pianificazione omogenea e coordinata dell’intera zona C6; in definitiva non vi sono gli estremi per ravvisare la sussistenza di un vizio procedurale idoneo ad inficiare l’iter di formazione della variante stessa.

Le considerazioni che precedono inducono a giudicare fondate le critiche mosse dall’appellante Amministrazione comunale di Trento nei confronti delle statuizioni del TRGA di accoglimento del ricorso di primo grado, sia pure nei sensi specificatamente dichiarati col decisum qui impugnato, che, in ogni caso, va riformato.

Passando all’esame dell’appello incidentale proposto da Elma s.p.a., con esso si impugna la sentenza in rassegna nella parte in cui il giudice ha ritenuto legittima l’inclusione all’interno della zona C6 dei terreni della società appellante ancorché questi siano esenti da inquinamento.

Il gravame in questione non appare meritevole di accoglimento.

Invero, ad evidenziare il non fondamento giuridico delle deduzioni formulate dall’appellante incidentale, valgono i rilievi e le considerazioni con cui il Collegio ha affermato la condivisbilità delle censure dedotte con l’appello principale testé esaminato.

Nondimeno, vale qui ribadire, in estrema sintesi, le ragioni che hanno legittimamente giustificato il contestato accorpamento dei lotti della Elma alle vicine aree inquinate.

L’appellante focalizza la sua critica sul fatto che i terreni unificati sono fisiologicamente diversi; e tale circostanza in punto di fatto è pacificamente ammessa in causa: i terreni della Elma, senza tema di essere smentiti, sono esenti da inquinamento e sono inedificati .

Ora, quanto fatto constatare dalla parte interessata non vale ad inficiare le previsioni di carattere unitario assunte dal Comune, perché, nella specie, non si è trattato di una semplicistica assegnazione di destinazione urbanistico-edilizia intesa tout court, avendo, invece, l’Ente in questione posto in essere un’attività di pianificazione in senso lato in cui le esigenze di tutela dei vari valori coinvolti imponevano o comunque consigliavano una omogenea ed unitaria disciplina di una più vasta area del territorio comunale coincidente, appunto, con la zona C6, identificata nelle aree già ospitanti le ex industrie Carbochimica e Sloi e in quelle a queste immediatamente confinanti .

Una scelta, quella operata dal regolatore comunale con la variante di riqualificazione della zona nord, non solo logica e razionale, ma anche perfettamente in linea, si ripete, con la specifica previsione recata dal legislatore provinciale all’art. 77 bis comma 10 undecies del testo unico provinciale sull’ambiente.

Di qui la infondatezza dei profili di doglianza posti a fondamento dell’appello incidentale proposto dalla parte resistente.

Rimane da esaminare l’altro appello incidentale, quello del Consorzio di sviluppo Trento nord e delle società TIM e IMT proposto dalle predette società avverso la sentenza del TRGA n.30/11, se e nella parte in cui il giudice amministrativo trentino avrebbe statuito che l’edificazione sui suoli inquinati inseriti in zona C6 debba avvenire solo dopo il completamento delle opere di bonifica di tutto il comparto.

Anche tale impugnativa si rivela infondata.

La gravata sentenza, per il vero, ha dichiarato, erroneamente, che la subordinazione dell’edificazione nelle aree contigue a quelle di proprietà delle società appellanti (per intenderci i lotti non inquinati) è da considerarsi illegittima, senza esplicitamente affermare la legittimità di tale clausola per i terreni già ospitanti gli ex opifici industriali dei quali sono proprietarie le società appellanti, sicché appare alquanto dubbia la legittimazione delle medesime Società a proporre una impugnativa di statuizioni peraltro non esplicitamente assunte.

Nondimeno, anche a voler intravvedere statuizioni dal contenuto negativo e/o comunque aventi valenza lesiva per le posizioni giuridiche soggettive delle suindicate appellanti incidentali, l’impugnativa proposta non merita accoglimento, risultando le prescrizioni apposte in sede di disciplina urbanistica del sito inquinato ampiamente giustificate sia dal punto di vista logico, che sul piano della esegesi giuridica.

Invero, la frazionabilità degli interventi di bonifica urta contro il criterio logico di una unitaria, omogenea e contestuale disciplina urbanistico-ambientale che l’Amministrazione ha fatto sua nell’ambito di una potestà regolatrice dell’uso del territorio tradizionalmente rimessa alla discrezionalità non sindacabile della P.A., peraltro nella specie corroborata da idonea motivazione ed adeguata indagine istruttoria.

Ma soprattutto la scelta urbanistica trova il suo supporto normativo di rango legislativo nella previsione di cui all’art. 77 bis comma 10 quater, che contempla espressamente il “divieto di qualunque utilizzazione dell’area diversa da quella in atto fino all’avvenuta bonifica…”.

A fronte del chiaro, inequivocabile tenore letterale della norma qui richiamata, la pretesa di vedersi riconosciuta la possibilità di stralci funzionali di autorizzata edificazione, oltre a non conciliarsi col disposto legislativo testé menzionato, si atteggia tutt’al più come mera aspettativa, del tutto recessiva rispetto alle esigenze di tutela complessiva di una parte del territorio nella sua integralità .

Conclusivamente, anche il secondo degli appelli incidentali è privo di fondamento e va, perciò, respinto.

Le spese e competenze di causa, avuto riguardo alla complessità e peculiarità della vicenda possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, così dispone:

a) accoglie l’appello principale proposto dal Comune di Trento e, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta in toto il ricorso di primo grado;

b) rigetta l’appello incidentale proposto da Elma s.p.a.;

c) rigetta l’appello incidentale proposto da Consorziodi bonifica e sviluppo Trento Nord, TIM srl e IMT srl.

Compensa tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

Fulvio Rocco, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)