Consiglio di Stato Sez. VI n. 5156 del 22 giugno 2022
Urbanistica.Ascensori e disciplina antisismica

L’impianto ascensore ricade nel campo di applicazione della l. 1086/1971, che, infatti, fa chiaramente riferimento nel suo art. 1 anche “a opere a struttura metallica quelle nelle quali la statica è assicurata in tutto o in parte da elementi strutturali in acciaio o in altri metalli” (segnalazione Ing. M. Federici).


Pubblicato il 22/06/2022

N. 05156/2022REG.PROV.COLL.

N. 00482/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 482 del 2021, proposto da
Anna Smeragliuolo, Daniela Smeragliuolo, Marilisa Smeragliuolo, rappresentati e difesi dall'avvocato Eliseo Laurenza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Santa Maria Capua Vetere, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Bruno Giannico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Campania, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 4949/2020, resa tra le parti, concernente ordinanza del Comune di Santa Maria Capua Vetere che dispone la demolizione di un impianto ascensore e relativa struttura portante metallica nonché di non utilizzare ad horas l'impianto di ascensore in argomento.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Santa Maria Capua Vetere;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2022 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Eliseo Laurenza e Bruno Giannico;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania, gli odierni appellanti invocavano l’annullamento dell'ordinanza n. 166, prot. 0033124 in data 21.09.2018, del Comune di Santa Maria Capua Vetere che disponeva la demolizione di impianto ascensore e relativa struttura portante metallica nonché di non utilizzare ad horas l'impianto di ascensore in argomento; b) della nota comunale prot.n. 0039034 in data 02.11.2018 che rigetta l'istanza di riesame ed annullamento della suindicata ordinanza; c) dell'ordinanza in data 01.10.2018, prat. n. 15345, rep. n. 4022, della Giunta Regionale della Campania – Direzione Generale Lavori Pubblici e Protezione civile – Unità Operativa Dirigenziale – Genio Civile di Caserta che disponeva la sospensione dei lavori e di effettuare la denuncia dei lavori. Stesso esito gli appellanti chiedevano con ricorso per motivi aggiunti per l'ordinanza n. 37, prot. 0005559 in data 15.02.2019, del Comune di Santa Maria Capua Vetere che disponeva la demolizione di un impianto ascensore e relativa struttura portante metallica, nonché di non utilizzare ad horas l'impianto di ascensore in argomento.

2. Il primo giudice dichiarava improcedibile il ricorso principale per sopravvenuto difetto d’interesse alla decisione e respingeva il ricorso per motivi aggiunti. Il TAR, in particolare, escluso che l’ordinanza di demolizione in questione fosse tesa ad annullare la concessione edilizia n. 63 dell’8.7.1982 o l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto, rilevava, avendo disposto all’uopo una verificazione, che la detta concessione era stata rilasciata con l’apposizione delle seguenti prescrizioni: “Si fa obbligo al concessionario di attenersi a quanto stabilito dalla legge 2.2.74 e

successive modifiche ed integrazioni di cui al D.L. 27.2.1982 n. 57 nonché alla legge n. 1086/71”;

“il costruttore deve denunciare al Genio Civile competente le opere in conglomerato cementizio o in strutture metalliche prima dell’inizio delle stesse, con la procedura e le modalità della Legge 5.11.1971 n. 1086 e relative norme di attuazione”; “la concessione per l’esecuzione delle opere è rilasciata facendo salvi ed impregiudicabili i diritti dei terzi nonché i poteri attribuiti dalla legge ad altri organi ed enti in ordine all’esecuzione stessa”; “le opere oggetto della concessione non potranno essere usate se non dopo l’emissione del certificato di abitabilità il quale lo rilascerà previa l’attestazione dell’Ufficiale Sanitario ...e previo accertamento disposto a cura dell’ufficio

comunale che siano stati rispettati il progetto e le condizioni della presente concessione, e previo l’acquisizione di copia del certificato di collaudo previsto per le opere soggette alla procedura del precedente punto 4. ...”. L’impianto ascensore, però, veniva realizzato senza il rispetto delle stesse. Inoltre, il TAR respingeva le doglianze relative alla non necessarietà della denuncia al Genio Civile e all’impossibilità di adottare per le violazioni il provvedimento demolitorio, escludendo la presenza degli altri vizi di legittimità denunciati dagli originari ricorrenti.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe è proposto appello da quest’ultimi, che ne denunciano l’erroneità per le seguenti ragioni: a) non sarebbe stato esaminato il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti; b) il primo giudice avrebbe errato nel ritenere che la concessione edilizia fosse carente di alcuni atti, quali la denuncia al genio civile e il certificato di collaudo, poiché gli atti in questione avrebbero dovuto precedere necessariamente il rilascio del titolo edilizio de quo. Pertanto, dovrebbe ritenersi che la concessione edilizia sarebbe stata annullata implicitamente dall’amministrazione, ma ciò sarebbe accaduto in violazione della disciplina prevista dall’art. 21 nonies, L. 241/1990, specie per ciò che concerne il termine entro il quale l’amministrazione può caducare un proprio atto. Inoltre, l’amministrazione avrebbe dovuto in ogni caso dare conto nell’adottare il provvedimento demolitorio delle ragioni di interesse pubblico prevalenti rispetto all’affidamento ingenerato e alle condizioni del beneficiario del provvedimento; c) non vi sarebbe certezza che non siano intervenuti, sia la denuncia al Genio Civile sia il collaudo e ciò sarebbe desumibile in via presuntiva anche dal lungo tempo trascorso dal rilascio della concessione edilizia. Né l’iniziativa comunale sarebbe stata avviata in ragione di effettivi riscontri fattuali, ma sulla base della mera verifica di una carenza documentale; d) secondo quanto disposto dalla Circolare esplicativa del Servizio Tecnico Centrale n. 11951 del 14.02.1974, emergerebbe che l’impianto ascensore non sarebbe nel campo di applicazione della legge 1086/71; e) il primo giudice non avrebbe esaminato il profilo del motivo di ricorso relativo alla contestata omessa comunicazione di inizio lavori. Quest’ultimi sarebbero stati ultimati tempestivamente, essendo stata rilasciata l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto in data 24.11.1982. Pertanto, non sarebbe giustificabile la sanzione irrogata. L’inosservanza della contestata omessa denuncia al competente Genio Civile potrebbe comportare al più, ai sensi dell’art. 12 L. n. 1086/1971, la sospensione dei lavori in corso, peraltro di competenza della Regione, giammai la demolizione dell’opera legittimamente assentita. Ai sensi dell’art. 8 L. n. 1086/1971 il certificato di collaudo sarebbe richiesto ai fini del rilascio di licenza d’uso. Orbene tale collaudo sarebbe avvenuto, come emerge dall’emissione del Libretto di immatricolazione dell’E.N.P.I. Inoltre, sarebbe errato e ingiusto contestare la legittimazione a presentare la richiesta di concessione edilizia dopo un così lungo periodo di tempo.

4. Costituitasi in giudizio, l’amministrazione comunale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per assenza di identica posizione legittimante in capo ai ricorrenti. L’appello, inoltre, sarebbe inammissibile atteso che non si censura la parte centrale della motivazione, ossia la circostanza che le prescrizioni a corredo della concessione edilizia non sarebbero state osservate. Nel merito, infine, argomenta in ordine all’infondatezza dei motivi di appello.

5. Gli appellanti evidenziano di aver presentato al Genio Civile di Caserta denuncia in sanatoria e che in ragione di ciò sarebbe venuto meno l’interesse al ricorso, perché si sarebbe determinato il venir meno dei provvedimenti impugnati.

6. Nelle successive difese l’amministrazione pone in luce che con provvedimento prot. n. 0022105 del 5.05.2022 ha dichiarato la decadenza e annullato in autotutela la SCIA prot. n. 0058164 del 22.12.2021 presentata dalla appellante sig.ra Anna Smeragliuolo per la realizzazione di una platea di fondazione in c.a. e lavori di manutenzione ordinaria per adeguare la struttura dell’ascensore, come da autorizzazione sismica in sanatoria del Genio Civile del 15.10.2021. In particolare, sarebbe emerso che i luoghi di cui alla SCIA in questione sarebbero interessati da diritti reali di terzi non evocati in giudizio con conseguente incompletezza del contradditorio processuale.

7. Dall’esame del provvedimento con il quale è stata annullata in autotutela la SCIA presentata dalla sig.ra Anna Smeragliuolo si evince, che l’ordinanza di demolizione impugnata in prime cure conserva la sua efficacia, sicché non può predicarsi alcun difetto di interesse da parte degli odierni appellanti.

8. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità spiegate dall’amministrazione, stante la manifesta infondatezza delle doglianze contenute nell’odierno gravame.

8.1. Il primo motivo di appello è infondato, nella misura in cui richiama il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti di primo grado con il quale gli originari ricorrenti sostenevano che, nonostante l’amministrazione avesse riprovveduto a valle dell’ordinanza cautelare adottata in loro favore dal giudice di prime cure, non avrebbe tenuto conto in motivazione delle ragioni da questi spiegate. Da un lato, infatti, deve rilevarsi che la motivazione di accoglimento dell’istanza cautelare contenuta nell’ordinanza n. 1942/2018 del primo giudice, da un lato, è assolutamente generica: “Atteso che il ricorso non appare, prima facie, manifestamente infondato e sussiste il periculum in mora, nei sensi esplicitati nell’atto introduttivo del giudizio”; dall’altro, non contiene un remand all’amministrazione, che si determinava a riprovvedere solo in ragione del fatto che la prima ordinanza di demolizione era “per mero errore emessa a carico solo del sig. Attilio SMERAGLIUOLO usufruttuario e non già anche a carico delle sigg.re Daniela e Marilisa SMERAGLIUOLO nude proprietarie”.

8.2. Stessa sorte segue anche il secondo motivo di appello, come chiarito anche dal primo giudice, infatti, l’amministrazione non ha inteso annullare sia pure implicitamente la concessione edilizia n. 63 dell’8.7.1982, ma si è limitata a constatare la mancata ottemperanza alle prescrizioni ivi contenute ( assenza di collaudo e mancata denuncia al Genio civile ), adottando, quindi, l’ordinanza impugnata. Pertanto, il riferimento alla disciplina contenuta nell’art. 21 nonies l. 241/1990, è del tutto errata. Né è invocabile un affidamento in capo agli appellanti, atteso che gli stessi erano perfettamente consapevoli di non aver ottemperato a quanto da loro dovuto. Né si ravvisa una qualche violazione dell’obbligo di motivazione, atteso che l’ordinanza di demolizione poggia sull’inefficacia del titolo edilizio, sicché non è necessaria alcuna esplicita ponderazione delle ragioni pubbliche prevalenti sull’interesse del privato.

8.3. Infondato è anche il terzo motivo, l’amministrazione evidentemente non può che prendere atto della circostanza di non aver rinvenuto nel corpo della pratica edilizia la documentazione de qua, e di certo non era tenuta a sopperire all’inadempimento del privato, attivandosi per una verifica in concreto delle condizioni per l’utilizzo dell’ascensore.

8.4. Non può trovare accoglimento la successiva doglianza, atteso che, come correttamente motivato dal TAR, l’impianto ascensore ricade nel campo di applicazione della l. 1086/1971, che, infatti, fa chiaramente riferimento nel suo art. 1 anche “a opere a struttura metallica quelle nelle quali la statica è assicurata in tutto o in parte da elementi strutturali in acciaio o in altri metalli”. Né può sostenersi la non necessità della denuncia al Genio Civile, la Circolare esplicativa del Servizio Tecnico Centrale n. 11951 del 14.02.1974 e ciò non solo per la lettera della stessa circolare che esclude la soggezione alla Legge n. 1086 del 1971 per le opere di ingegneria meccanica solo “per le parti che si riferiscono alle macchine ed organi di macchine ...e quant’altro non attiene alle costruzioni edilizie in c. a.- normale e precompresso ed a struttura metallica”, ma in questo modo vuol far salvi proprio gli impianti ascensore. Del resto la stessa denuncia in sanatoria avanzata dagli appellanti nel corso del giudizio contraddice quanto argomentato in appello.

8.5. Non merita accoglimento, infine, l’ultimo motivo di ricorso con il quale si contesta sostanzialmente l’adozione di una sanzione diversa da quella che l’amministrazione avrebbe potuto adottare. Errano gli appellanti nel concludere che l’unico strumento a disposizione dell’amministrazione sarebbe quello della sospensione dei lavori ex art. 12, l. 1086/1971, dal momento che l’inefficacia del titolo edilizio causata dall’inottemperanza delle prescrizioni a corredo dello stesso abilita l’amministrazione all’utilizzo del potere di repressione degli abusi edilizi ex art. 27 d.p.r. n. 380/2001. Pertanto, l’adozione dell’ordinanza di demolizione da parte dell’amministrazione comunale è pienamente corretta, non rilevando in alcun modo che il certificato di collaudo sia necessario per il rilascio della licenza d’uso, nel senso che se ciò è vero, del pari vero è che il detto certificato è anche condizioni di efficacia del titolo in sanatoria.

9. In definitiva tutti i motivi di gravame devono essere respinti, risultando infondate tutte le doglianze contenute nell’odierno gravame, la cui infondatezza si desume vieppiù dal comportamento delle appellanti che proprio nel corso del giudizio di appello hanno presentato nuovo certificato di collaudo e denuncia in sanatoria finalizzata all’ottenimento dell’autorizzazione sismica. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna gli appellanti in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge in favore del Comune di Santa Maria Capua Vetere.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF, Estensore

Alessandro Maggio, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere