Cass. Sez. III n. 17217 del 4 maggio 2011 (Ud. 17 feb. 2011)
Pres. Gentile Est. Fiale Ric. Galletti ed altra
Urbanistica. Violazioni normativa antisismica e natura permanente dei reati

Il reato di cui agli artt. 93 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (omesse denunzia dei lavori e presentazione dei progetti) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la prescritta denuncia con l’allegato progetto ovvero non porta ad ultimazione il lavoro medesimo. Fino al verificarsi delle condizioni anzidette, infatti, persiste la lesione del bene giuridico protetto, perché l’ufficio tecnico regionale non è messo in grado di controllare la conformità delle opere alle norme tecniche stabilite al riguardo: il contravventore, inoltre, potrà fare cessare la condotta antigiuridica presentando la denuncia anche dopo l’inizio dei lavori (oltre che interrompendo i medesimi). Ne consegue, attesa la ratio della norma, che il dovere di agire imposto dall’art. 93 perdura nel tempo anche dopo l’inizio dei lavori, benché cominci ad essere vincolante prima di tale inizio.
Il reato di cui agli artt. 94, 1° comma, e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Nelle more il contravventore esegue e prosegue lavori non autorizzati in relazione ai quali l’ufficio tecnico regionale non ha verificato la conformità alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. MARIO GENTILE                                      - Presidente
Dott. ALDO FIALE                                            - Rel. Consigliere
Dott. RENATO GRILLO                                     - Consigliere
Dott. LUIGI MARINI                                           - Consigliere
Dott. GIULIO SARNO                                        - Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) GALLETTI GIUSEPPE N. IL 15/10/1935
2) PLATANIA MARIA N. IL 29/05/1937
- avverso la sentenza n. 4906/2006 CORTE APPELLO di CATANIA, del 16/04/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/02/2011 la relazione fatta dal
-Consigliere Dott. ALDO FIALE
-Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sante Spinaci che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


La Corte di appello di Catania, con sentenza del 16.4.2010, confermava la sentenza 4.11.2008 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva affermato la responsabilità penale di Galletti Giuseppe e Platania Maria in ordine ai reati di cui:
- all'art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato, in assenza del prescritto permesso di costruire, in aderenza ad un immobile preesiste ed in ampliamento dello stesso, un fabbricato in duplice elevazione, su una superficie di mq. 50 per piano - acc. in Catania, il 3.3.2006);
- agli artt. 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001 (per avere realizzato i lavori anzidetti, in zona sismica, senza avere dato il richiesto preavviso scritto, senza l'autorizzazione preventiva dell'ufficio tecnico regionale e senza la direzione di tecnico abilitato);
- agli artt. 64, 65, 71 e 72 D.P.R. n. 380/2001;
e, riconosciute ad entrambi circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., aveva condannato ciascuno alla pena complessiva (condizionalmente sospesa) di mesi uno di arresto ed euro 8.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- la incongruità del disconoscimento della intervenuta ultimazione dei lavori in epoca antecedente al 31 marzo 2003, "con tutte le connesse conseguenze sul piano dell'applicazione dell'indulto e del computo della prescrizione";
- la prescrizione, in particolare, dei reati di cui agli artt. 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.


1. I reati - in una situazione in cui i giudici del merito hanno accertato, in punto di fatto, che le opere abusive erano ancora in corso di esecuzione alla data dell'accertamento e di ciò hanno dato conto con motivazione adeguata e coerente - non sono prescritti.


2. Il reato di costruzione edilizia senza permesso di costruire, in particolare - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (vedi, tra le pronunzie massimate più recenti, Cass., Sez. III: 10.6.2005, n. 21959, Di Liberto; 3.6.2003, n. 33013, Sorrentino) - ha natura permanente e la permanenza cessa con il totale esaurimento dell'attività illecita, cioè o con la totale sospensione dei lavori, sia essa volontaria (da provare rigorosamente) o dovuta a provvedimento autoritativo, ovvero con l'ultimazione dell'opera nel suo complesso, compresi i lavori di rifinitura interni ed esterni (intonaci, infissi, tinteggiatura, impianti idrici, elettrici e di riscaldamento etc.).
Nella fattispecie in esame i lavori non erano "ultimati' nel senso anzidetto all'epoca dell'accertamento (3.3.2006), allorquando i verbalizzanti riscontrarono la presenza di macchinari edili, quali una piccola betoniera, una puleggia per sollevamento di materiali installata all'interno del terrazzino, nonché mattoni, bidoni ed impalcature smontate. Non risultavano completati, inoltra, il parapetto del terrazzo e le rifiniture esterne ed interne del manufatto.

3. Quanto alla disciplina per le costruzioni in zone sismiche, nella giurisprudenza di questa Corte deve ritenersi ormai pacificamente consolidata l'affermazione della natura permanente del reato di violazione delle norme tecniche (già previsto dagli artt. 3 e 20 della legge n. 64/1974 ed attualmente dagli artt. 83 e 95 del T.U. n. 380/2001), con la specificazione che, ai fini della prescrizione, tale permanenza ha termine con la ultimazione o la definitiva cessazione dei lavori di costruzione del manufatto (vedi Cass., Sez. Unite 27.2.2002, n. 17178, Cavallaio).

3.1 A giudizio del Collegio non vi è motivo di dubitare della natura permanente anche del reato di cui agli artt. 94, 4° comma, e 95 del D.P.R. n. 380/2001 [contestato tra gli altri nella vicenda che ci occupa], ove il legislatore punisce l'inottemperanza alla disposizione secondo la quale "I lavori devono essere diretti da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze".
In questo caso la ratio legis è rivolta ad evitare che - in considerazione della particolare delicatezza dell'edificazione in territori soggetti al fenomeno sismico e, quindi, a sollecitazioni telluriche che potrebbero compromettere la statica degli edifici - la realizzazione di interventi edilizi venga affidata a soggetti sprovvisti delle necessarie competenze tecnico-scientifiche, sicché (come emerge ad evidenza, del resto, dallo stesso dato letterale della norma) il reato perdura oltre l'inizio della costruzione e per tutto lo svolgimento dell'attività costruttiva.

3.2 Non altrettanto pacifica, invece, è la soluzione della questione della natura giuridica delle contravvenzioni di edificazione in zona sismica senza previa preavviso allo sportello unico, ovvero omettendo la sottoposizione del progetto al vaglio della pubblica autorità, nonché di inizio dei lavori in assenza dell'autorizzazione dell'autorità competente.
In relazione alle prescrizioni poste dagli artt. 17 e 18 della legge 2.2.1974, n. 64 e sanzionate dal successivo art. 20 - era venuto a consolidarsi un orientamento, espresso anche dalle Sezioni Unite con la sentenza 14.7.1999, n. 18, P.M. in proc. Lauriola ed altri, secondo il quale le correlate contravvenzioni avevano natura di reato istantaneo con effetti permanenti.
Tale principio di diritto, confermato dalla quasi totalità delle pronunzie anche dopo l'entrata in vigore del T.U. sull'edilizia (D.P.R. n. 380/2001), è stato tuttavia contrastato da un orientamento minoritario recente, che é approdato alla soluzione opposta secondo la quale, a seguito dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 380/2001, i reati attualmente previsti dagli artt. 93 e 94 di detto testo normativo, sanzionati dall'art. 95, hanno natura di reati permanenti [vedi le ampie argomentazioni svolte in proposito da Cass., Sez. III, 21.1.2008, n. 3069, Mirabelli e ribadite con mero richiamo da Cass., Sez. III, 19.9.2008, n. 35912. Nel contrario senso tradizionale si è però espressa, senza dare atto del contrasto, sempre la III Sezione con la sentenza 7.11.2008, n. 41858].
Questo Collegio condivide l'orientamento minoritario di cui si è dato conto dianzi, il quale - atteso che sono "istantanei" solo quei reati in cui la condotta tipica esaurisce la lesione del bene tutelato, mentre sono "permanenti" quelli in cui la condotta volontaria del soggetto protrae nel tempo la lesione del bene - si configura nel senso che:
- Il reato di cui agli artt. 93 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (omesse denunzia dei lavori e presentazione dei progetti) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la prescritta denuncia con l'allegato progetto ovvero non porta ad ultimazione il lavoro medesimo.
Fino al verificarsi delle condizioni anzidette, infatti, persiste la lesione del bene giuridico protetto, perché l'ufficio tecnico regionale non è messo in grado di controllare la conformità delle opere alle norme tecniche stabilite al riguardo: il contravventore, inoltre, potrà fare cessare la condotta antigiuridica presentando la denuncia anche dopo l'inizio dei lavori (oltre che interrompendo i medesimi). Ne consegue, attesa la ratio della norma, che il dovere di agire imposto dall'art. 93 perdura nel tempo anche dopo l'inizio dei lavori, benché cominci ad essere vincolante prima di tale inizio.
- Il reato di cui agli artt. 94, 1° comma, e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Nelle more il contravventore esegue e prosegue lavori non autorizzati in relazione ai quali l'ufficio tecnico regionale non ha verificato la conformità alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità.
Appare opportuno ricordare, in proposito, che la Corte Costituzionale [con la sentenza n. 520/1987, con la quale è stata dichiarata inammissibile la questione di costituzionalità degli artt. 3 e 20 della legge n. 64/1974, in relazione agli articoli 2 e 32 della Costituzione, per la mancata previsione, da parte del legislatore, della natura permanente di quel reato] ha evidenziato che la definizione del carattere permanente o istantaneo del reato non può dipendere da una espressa qualificazione del legislatore, ma deve dipendere dall'interpretazione del giudice il quale, solo se accerta che la lesione dell'interesse protetto è collegata ad una condotta perdurante nel tempo nella sua tipicità, può attribuire natura permanente al reato.
Alla stregua di tale assunto osserva il Collegio che - conformemente alla ratio dei precetti (notificare al Comune che si intende procedere a lavori incidenti sulla pubblica incolumità e mettere l'ufficio tecnico regionale in grado di verificare la conformità dei lavori alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone di media o alta sismicità) l'autorizzazione non svolge unicamente il ruolo di rimozione di un ostacolo all'esercizio della facoltà di edificazione, ma é soprattutto rivolta a controllare la realizzabilità dell'edificazione medesima nel rispetto della normativa vigente; consegue a ciò che l'esigenza di controllo non cessa con la scadenza del termine fissato per la richiesta dell'autorizzazione, ma prosegue anche successivamente a tale momento.
Deve anche aggiungersi che, se il dies a quo é fissato per la regolare e tempestiva ottemperanza di una prescrizione che può essere adempiuta in modo utile anche se tardivo, non viene meno l'obbligo di agire dopo la scadenza del termine.
Nelle fattispecie in esame appaiono cosi integrati entrambi i requisiti della permanenza, in quanto: a) la lesione dell'interesse pubblico tutelato ha carattere continuativo poiché, malgrado la scadenza del termine di legge, permangono pur sempre gli obblighi di informazione dell'autorità comunale, di presentazione dei progetti e di ottenimento dell'autorizzazione regionale, essendo anche oltre quel termine operante il precetto di agire e rilevante penalmente la protrazione dell'omissione; b) il protrarsi della lesione al bene giuridico protetto é imputabile ad una persistente condotta volontaria del soggetto, il quale continua a "produrre l'effetto" del reato sottraendosi al controllo dell'autorità competente.
Ciò non costituisce, a giudizio del Collegio, la riproposizione della c.d. concezione "bifasica" del reato permanente (che imposta la condotta di tale tipo di reato su due tempi: il primo di aggressione dell'interesse tutelato ed il secondo di rimozione di tale illiceità) - da tempo abbandonata in dottrina ed il giurisprudenza - poiché non si afferma l'obbligo per l'agente di "controagire", ma si evidenzia che la durata dell'offesa è espressa da una contestuale duratura condotta colpevole dell'agente medesimo, rilevandosi che, compiuta l'offesa nel momento della scadenza del termine indicato nella norma, ne è possibile configurare nel tempo la prosecuzione, persistendo, malgrado la scadenza del termine, il dovere per il destinatario del precetto di assolvere l'obbligo.
Dopo l'entrata in vigore del T.U. n. 380/2001non può essere altresì trascurata la valutazione dei rapporti di interazione tra la procedura di rilascio del permesso di costruire e quella rivolta al conseguimento dell'autorizzazione per l'edificazione nelle località sismiche.
L'art. 93 di detto T.U. - apportando delle modificazioni semplificative alle procedure già richieste dagli artt. 17 e 19 della legge n. 64/1974 - ha configurato lo sportello unico come l'interlocutore necessario fra le amministrazioni coinvolte nel procedimento di rilascio del titolo abilitativo edilizio e chiunque intenda procedere alla realizzazione di costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni nelle zone sismiche. E' lo sportello unico. infatti che ricevuto il preavviso scritto di cui all'art. 93, cura gli incombenti necessari ai fini dell'acquisizione, anche mediante conferenza di servizi, delle autorizzazioni e certificazioni del competente ufficio tecnico della Regione per le costruzioni in zone sismiche e tali atti devono essere comunicati al Comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di propria competenza.
Il preavviso adempie ad una funzione di controllo della progettazione e configura il primo atto di quel procedimento che, attraverso le successive fasi della presentazione dei progetti e del loro esame tecnico da parte degli uffici competenti, confluisce nel finale giudizio di eseguibilità dell'opera. In mancanza dell'acquisizione dell'autorizzazione regionale il permesso di costruire non può essere rilasciato, sicché appare contraddittorio il riconoscimento della natura permanente (fino all'ultimazione dei lavori) del reato di costruzione in carenza del titolo abilitativo edilizio ed il disconoscimento, invece, della medesima natura al reato di costruzione in assenza di quella autorizzazione che si pone quale presupposto indefettibile del permesso di costruire.

4. Nella fattispecie in esame, però, la questione della natura dei reati sismici contestati non assume rilievo concreto (e perciò si ritiene di non sottoporla nuovamente al vaglio delle Sezioni Unite), non essendo dimostrato che i lavori edilizi in oggetto abbiano avuto "inizio" in data anteriore all'entrata in vigore (coincidente con l'8 dicembre 2005) della legge n. 251/2005.
Solo se una circostanza siffatta fosse stata provata, potrebbe applicarsi - nell'ipotesi in cui si ritenessero istantanee le contravvenzioni di cui agli artt. 93 e 94, 1° comma, del T.U. n. 380/2001 - il più breve termine prescrizionale massimo di anni tre previsto dalla normativa anteriore per le contravvenzioni punite con la sola ammenda.


5. Ne consegue che la scadenza del termine ultimo di prescrizione (di 5 anni, ai sensi degli artt. 157 e 160 cod. pen., come novellati dalla legge n. 251/2005) deve ritenersi fissato - per tutti i reati - al 3.3.2011.


6. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., per ciascun ricorrente, l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.


ROMA, 17.2.2011

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 4/05/2011