Cass. Sez. III n. 24236 del 24 giugno 2010 (Ud.  24 mar. 2010)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Muolo
Urbanistica. Varianti leggere

Non può ritenersi configurabile la fattispecie penale di cui all'art. 44, lett. a), del TU. n. 380/2001, a fronte di una “variante leggera in corso d’opera” ritualmente autorizzata allorquando i lavori non siano ancora ultimati.

 

UDIENZA del 24.03.2010

SENTENZA N. 605

REG. GENERALE N. 35745/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. GUIDO DE MAIO                                                              - Presidente -
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI                                           - Consigliere -
Dott. MARIO GENTILE                                                              - Consigliere -
Dott. ALDO FIALE                                                                     - Rel. Consigliere -
Dott. GUICLA IMMACOLATA MULLIRI                                        - Consigliere -

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) MUOLO GIOVANNI N. IL 00/00/0000
2) MUOLO ROCCO N. IL 00/00/0000

- avverso la sentenza n. 353/2007 Tribunale di Brindisi Sez. Dis . di FRANCAVILLA FONTANA, del 21/05/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Guglielmo Passacantando che ha concluso per l'annullamento senza rinvio, perché il fatto non sussiste
- Udito il difensore Avv. Raffaele Candullo, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il Tribunale di Brindisi - Sezione distaccata di Francavilla Fontana, con sentenza del 21.5,2009:
a) ha affermato la responsabilità penale di Muoio Giovanni e Muoio Rocco in ordine al reato di cui:
- all'art. 44, lett. a), D.P.R. n. 380/2001 [per avere, in concorso tra loro - il primo quale proprietario dell'immobile e committente dei lavori, ed il secondo quale direttore degli stessi - realizzato, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, opere edilizie in parziale difformità dal permesso di costruire, in particolare utilizzando, nel rifacimento della facciata esterna del fabbricato, tavelle di pietra diverse, per natura e colorazione, da quelle (di pietra di Cisternino di colore bianco/avana) indicate nella relazione tecnica allegata al progetto approvato - acc. in Villa Castelli, il 18.5.2006, allorquando i lavori erano ancora in corso]
ed ha condannato ciascuno alla pena, condizionalmente sospesa, di euro 10.000,00 di ammenda;
b) ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dei medesimi imputati, in ordine all'ulteriore reato di cui all'art. 181, 1° comma, del D.Lgs. n. 42/2004, per intervenuto rilascio di provvedimento che ha riconosciuto la compatibilità paesaggistica dell'intervento ai sensi dei commi 1 ter e quater dello stesso art. 181.


Avverso tale sentenza hanno proposto separati ma identici "appelli" gli imputati, i quali, oltre a lamentare l'eccessività della pena, hanno eccepito - con principali doglianze l'insussistenza del residuo reato ad essi ascritto, prospettando che i lavori eseguiti in difformità dal permesso di costruire sarebbero riconducibili alla categoria delle "varianti in corso d'opera" ed il Comune di Villa Castelli, previa acquisizione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, aveva rilasciato autorizzazione espressa alla variante con provvedimento del 22.11.2007.


La Corte di Appello di Lecce, con ordinanza del 10.9.2009, ha disposto la trasmissione degli atti a questa Corte Suprema, ai sensi dell'art. 568, ultimo comma, c.p.p.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il motivo principale dei ricorso è fondato e merita accoglimento.


1. La normativa edilizia vigente riconosce all'Amministrazione comunale la possibilità di rilasciare titoli abilitativi che autorizzino la realizzazione di varianti al progetto approvato.


La giurisprudenza distingue tra: varianti in senso proprio; varianti essenziali e varianti c.d. minime.
1.1 Per quanto riguarda le c.d. "varianti in senso proprio", deve rilevarsi che non tutte le modifiche alla progettazione originaria possono definirsi varianti e che queste si configurano solo allorquando il progetto già approvato non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal nuovo elaborato.
La nozione di "variante", infatti, deve ricollegarsi a modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto all'originario progetto e gli elementi da prendere in considerazione, al fine di discriminare un nuovo permesso di costruire dalla variante ad altro preesistente, riguardano la superficie coperta, il perimetro, la volumetria, le distanze dalle proprietà viciniori, nonché le caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed esterne, del fabbricato [vedi C. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 15721].


Il nuovo provvedimento (da rilasciarsi con il medesimo procedimento previsto per il rilascio del permesso di costruire) rimane in posizione di sostanziale collegamento con quello originario ed in questo rapporto di complementarietà e di accessorietà deve ravvisarsi la caratteristica distintiva del permesso in variante, che giustifica - tra l'altro - le peculiarità del regime giuridico cui esso viene sottoposto sul piano sostanziale e procedimentale.


Rimangono sussistenti, infatti, tutti i diritti quesiti e ciò rileva specialmente nel caso di sopravvenienza di una nuova contrastante normativa che, se non fosse ravvisabile l' anzidetta situazione di continuità, renderebbe irrealizzabile l'opera.


In ogni caso deve riconoscersi il carattere di nuovo permesso di costruire ad un provvedimento che, nonostante la qualificazione formale di variante, autorizzi invece la realizzazione di un manufatto completamente diverso da quello originario.


1.2 Costituisce, poi, "variante essenziale" ogni variante incompatibile con il disegno globale ispiratore del progetto edificatorio originario, sia sotto l'aspetto qualitativo che sotto l'aspetto quantitativo.


Nel T.U. n. 380/2001 non si rinviene alcun riferimento espresso all'istituto della variante essenziale ma, per la configurazione dell'ambito di tale istituto, può essere utile tenere conto della definizione (comunque non coincidente e che non ne esaurisce il concetto) di "variazione essenziale" posta dall'art. 32 del T.U. n. 380/2001, Ed ai sensi dell'art. 32 (ferma restando la possibilità di una più articolata specificazione demandata alle Regioni) potrà aversi variazione essenziale "esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni":
a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal D.M. 2-4-1968, n. 1444;
b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio, da valutare in relazione al progetto approvato;
c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.


Non costituiscono in alcun caso variazioni essenziali quelle che incidono sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.


Le istanze per la realizzazione di varianti essenziali sono da considerarsi sostanzialmente quali richieste di un nuovo ed autonomo permesso di costruire e sono soggette, quindi, alle disposizioni vigenti nel momento in cui viene chiesto al Comune di modificare il progetto originario, perché in effetti non si tratta solo di modificarlo, ma di realizzare un'opera diversa, nelle sue caratteristiche essenziali, rispetto a quella originariamente assentita.


1.3 Caratteri peculiari presentano le c.d. "svarianti leggere o minori in corso d'opera" (già disciplinate dall'art. 15, 12° comma, della legge n. 10/1977 e poi dall'art. 15 della legge n. 47/1985, modificato nuovamente dalla legge n. 662/1996).
Attualmente l'art. 22, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 - come modificato dal D,Lgs. n. 301/2002 - prevede che sono sottoposte a denuncia di inizio dell'attività le varianti a permessi di costruire che:
- non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie (e, a giudizio di questo Collegio, tra i "parametri urbanistici" vanno ricomprese anche le distanze tra gli edifici);
- non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia;
- non alterano la sagoma dell'edificio;
- non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire.


La denuncia di inizio dell'attività costituisce "parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale" e può essere presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori: la formulazione dell'art. 22 consente, pertanto, la possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzarle entro la fine dei lavori.


2. Nella fattispecie in esame la difformità riscontrata rientra, a giudizio del Collegio, nella previsione dell'art. 22, 2° comma, del T.U. n. 380/2001.
Essa, in particolare:
- non ha avuto alcuna incidenza su superficie, volumetria, sagoma, parametri urbanistici, destinazione d'uso;
- ha comportato la modificazione di un elemento riferito al progetto, ma non la violazione di una prescrizione fissata nel permesso di costruire [si ricordi che prescrizioni siffatte (che possono ricollegarsi, ad esempio, alle modalità di esercizio di una determinata destinazione d'uso ovvero al rispetto di eventuali servitù o di diritti spettanti a terzi per ragioni di pubblico interesse), secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (vedi sez. IV, 15.7.1993, n. 712), devono essere formulate in termini chiari e precisi].


Il permesso originario di costruire è stato rilasciato il 31.3.2006, previo parere favorevole della competente Soprintendenza; l'8.5.2006, allorquando i lavori erano ancora in corso, è stato accertato che il rivestimento di parte della facciata era avvenuto con materiali di diversa natura e colorazione rispetto a quelli indicati nella relazione tecnica allegata alla richiesta del permesso di costruire; i lavori, conseguentemente, sono stati sospesi; il 10.7.2006 è stata presentata domanda di variante al permesso di costruire e la variante, previa nuova acquisizione del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, è stata autorizzata con provvedimento comunale del 22.11.2007.


Non può ritenersi configurabile, pertanto, la fattispecie penale di cui all'art. 44, lett. a), del T.U. n. 380/2001, a fronte di una "variante leggera in corso d'opera" ritualmente autorizzata allorquando i lavori non erano ancora ultimati.


3. Si impone, in conseguenza, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata - limitatamente ai reato residuo - perché il fatto non sussiste.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,


visti gli arti. 607, 615 e 620 c.p.p.,


annulla senza rinvio la sentenza impugnata - limitatamente al residuo reato - perché il fatto non sussiste.


ROMA, 24.3,2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  24 Giu. 2010