Cass. Sez. III n. 17729 del  29 aprile 2016 (ud.10 mar 2016)
Presidente: Rosi  Estensore: Scarcella Imputato: Abbate e altro
Urbanistica.Sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione e onere motivazionale

In tema di reati edilizi, il giudice, nella sentenza di condanna, può legittimamente subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva, in quanto tale ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, dovendo tuttavia spiegare perchè, nel formulare il giudizio prognostico di cui all'art. 164, comma primo, cod. pen., ritenga necessario porre l'esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio.

RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza emessa in data 28/05/2015, depositata in data 4/06/2015, la Corte d'appello di PALERMO, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Palermo emessa in data 25/09/2013, subordinava il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive, da effettuarsi entro gg. 90 dall'irrevocabilità della sentenza; giova precisare che i ricorrenti sono stati riconosciuti colpevoli di reati in materia edilizia, antisismica ed in materia di conglomerato cementizio armato in relazione a fatto accertato in data 14/07/2011, e condannati alla pena di mesi 2 di arresto ed Euro 10.000,00 di ammenda ciascuno, con il concorso di attenuanti generiche e ritenuta la continuazione.

    2. Hanno proposto congiunto ricorso A.P. e S. P. a mezzo del comune difensore fiduciario cassazionista, impugnando la sentenza predetta con cui deducono tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen..

    2.1. Deducono, con il primo ed il secondo motivo - meritevoli di illustrazione congiunta attesa l'omogeneità dei profili di doglianza ad essi sottesi il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione alla subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive e correlato vizio motivazionale.

    In sintesi, la censura investe l'impugnata sentenza in quanto, sostengono i ricorrenti, la Corte d'appello sarebbe incorsa in una palese erronea interpretazione dell'art. 163 cod. pen., essendosi limitata a ribadire l'astratta possibilità di subordinare il beneficio alla demolizione delle opere abusive, collegando entrambi gli istituti alla medesima e diretta finalità di garantire l'eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli delle condotte criminose; l'art. 163 cod. pen., a differenza del disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, ha una finalità social -

    preventiva e consistente nel giudizio prognostico circa la possibilità che il colpevole si asterrà dal commettere futuri reati; nessuna garanzia dell'eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli delle condotte criminose assolverebbe l'art. 163 cod. pen., sicchè il ricorso alla subordinazione è espressamente ipotetico e rimesso alla discrezionalità del giudice; l'art. 165 cod. pen. non prevede alcuna automatismo ma impone una valutazione legata all'art. 164 cod. pen., sicchè il ritenuto automatismo tra sospensione condizionale ed ordine di demolizione si concretizzerebbe nell'indiscriminata apposizione di una condizione che: a) eliderebbe ogni differenza tra l'ipotesi facoltativa del comma 1 e quella obbligatoria del comma 2; b) comporterebbe una modifica strutturale dell'art. 163 cod. pen., la cui ratio è compatibile con la demolizione se ha lo scopo di rafforzare la funzione ed assolva alla necessità di soddisfare più celermente le ragioni della p.o. o del danneggiato, elementi nella specie del tutto insussistenti nè presi in considerazione dalla sentenza impugnata. Si sostiene, infine, nel secondo motivo di ricorso, che la sentenza sarebbe viziata da carenza ed insufficienza della motivazione quanto alla subordinazione dell'art. 163 cod. pen. alla demolizione in quanto era necessario spiegare perchè, sul piano prognostico di cui all'art. 164 c.p., comma 1, si ritenesse necessario porre l'esecuzione dell'ordine di demolizione quale condizione per fruire del beneficio di cui all'art. 163 cod. pen., soprattutto a fronte di una sentenza di primo grado che aveva riconosciuto "tout court" il beneficio.

    2.2. Deducono, con il terzo motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), sotto il profilo del vizio di motivazione circa il mancato contenimento della pena.

    In sintesi, la censura investe l'impugnata sentenza in quanto, sostengono i ricorrenti, la Corte d'appello ha respinto la doglianza sull'eccessività della pena assumendo che la p.b. era stata determinata in misura di poco superiore al minimo edittale ed era dunque congrua e proporzionata sull'entità del fatto; diversamente, avuto riguardo ai minimi edittali di gg. 5 di arresto ed Euro 10328 di ammenda, la p.b. detentiva, fissata in mesi 2 di arresto, era dodici volte superiore alla pena minima edittale, sicchè la Corte d'appello non avrebbe giustificato adeguatamente l'esercizio del proprio potere discrezionale, soprattutto a fronte della valutazione del primo giudice, che aveva contenuto gli aumenti in gg. 5 di arresto per la continuazione; la locuzione "congrua" e di poco superiore al minimo edittale sarebbe talmente vaga ed indeterminata da inficiare la motivazione dell'impugnata sentenza sul punto.
    
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    3. I ricorsi sono parzialmente fondati, in relazione al primo motivo.

    4. Ed invero, la Corte d'appello sul punto relativo alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive, motiva osservando: a) che l'eliminazione dei nuovi manufatti s'impone in ragione delle loro assoluta illiceità urbanistica e quale conseguenza automatica del giudizio di penale responsabilità dei ricorrenti; b) che la subordinazione trova giustificazione ex art. 165 cod. pen. nella finalità di garantire l'eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli delle condotte criminose, richiamando giurisprudenza di questa Corte sul punto.

    Ritiene il Collegio fondate le censure difensive svolte nei primi due motivi di ricorso, dovendo infatti dare continuità ad un principio, già affermato da questa Corte, secondo cui in caso di condanna per reati edilizi, è correttamente esercitato il potere discrezionale di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dei manufatti abusivamente realizzati quando, in considerazione delle circostanze di fatto, la prognosi di astensione del reo dal commettere nuovi reati può essere positivamente pronunciata solo in presenza di una manifestazione di effettivo ravvedimento, che si traduce nell'adempimento di un obbligo di "facere" direttamente funzionale al ripristino del bene offeso (Sez. 3, n. 3139 del 03/12/2013 - dep. 23/01/2014, Domingo e altro, Rv.

    258587; Sez. 3, sentenza n. 43576 del 2014, ric. Principalli ed altro, non massimata).

    5. A norma dell'art. 165 c.p., comma 1, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

    E' principio consolidato di questa Suprema Corte che "il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena infinta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, legittimamente può subordinare detto beneficio all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell'opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile" (Sez. U, n. 714 del 20/11/1996, Luongo, Rv. 206659).

    Occorre, però, che dell'esercizio facoltativo di tale facoltà il giudice dia conto, ove esercitata nei confronti di persone che, come nel caso di specie, non hanno mai fruito del beneficio della sospensione condizionale.

    La sentenza di primo grado non aveva subordinato il beneficio della sospensione condizionale alla demolizione del manufatto. La Corte territoriale, investita di specifico gravame sul punto da parte del P.G., ha invece accolto l'impugnazione subordinando il beneficio alla demolizione, motivandone le ragioni nei termini di cui al precedente 4.

    La Corte d'appello, nella sostanza, si è limitata a prendere atto della astratta possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena, ma ha omesso del tutto di considerare che l'esercizio discrezionale di tale facoltà deve essere effettuato (e necessariamente motivato) alla luce del giudizio prognostico di cui all'art. 164, cod. pen. e coniugarsi con la funzione special -

    preventiva dell'istituto.

    Non è dunque sufficiente affermare che l'ordine di demolizione ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, ma è necessario spiegare perchè, sul piano prognostico di cui all'art. 164 c.p., comma 1, si ritenga necessario porre l'esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

    Altrimenti ragionando si finirebbe per elidere ogni differenza tra l'ipotesi, facoltativa, di cui all'art. 165 c.p., comma 1, e quella, obbligatoria, di cui all'art. 165 c.p., comma 2.

    La sentenza, va dunque annullata in parte qua.

    6. Infondato è invece il terzo motivo.

    Ed invero, la Corte d'appello motiva sul trattamento sanzionatorio precisando che la p.b. è stata determinata in mesi due di arresto e Euro 12000,00 di ammenda, ritenendo detta pena "congrua e proporzionata all'entità del fatto", essendo di poco superiore rispetto al minimo edittale".

    Detta affermazione è stata censurata dai ricorrenti in base all'assunto che la pena detentiva, il cui minimo è fissato ex lege in gg. 5 di arresto (art. 25 cod. pen.) sarebbe quindi superiore di 12 volte al minimo, donde il vizio motivazionale sul punto.

    A disattendere la tesi difensiva, ritiene il Collegio, è sufficiente richiamare l'orientamento giurisprudenziale di legittimità, ormai consolidato, secondo cui la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013 - dep. 17/05/2013, Serratore, Rv. 256197). Nella specie, tenuto conto della forbice edittale prevista per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 5.164 a 51.645 euro), tenuto conto delle determinazione della p.b. in mesi 2 di arresto ed Euro 12.000 di ammenda, la stessa è stata applicata in misura non superiore a quella media, donde la motivazione della Corte d'appello, in applicazione della citata giurisprudenza, ben può ritenersi adeguata.

    7. L'impugnata sentenza dev'essere, conclusivamente, annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Palermo, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, al fine di rimediare al relativo deficit motivazionale, rigettandosi i ricorsi quanto al terzo motivo, ciò che determina l'irrevocabilità delle statuizioni in punto di responsabilità e di trattamento sanzionatorio, dovendo peraltro rilevarsi che il termine di prescrizione maturerà solo in data 14/07/2016.
    
    P.Q.M.

    La Corte annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla condizione apposta alla sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Palermo; rigetta i ricorsi nel resto.

    Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 10 marzo 2016.

    Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2016