Cass. Sez. III n. 15260 del 9 aprile 2009 (Ud. 11 feb. 2009)
Pres. Onorato Est. Petti Ric. Scalici
Urbanistica. Pertinenza e ampliamento

Nella materia edilizia per pertinenza deve intendersi un’opera che non sia parte integrante o costitutiva di un altro fabbricato, così che deve escludersi tale qualifica all’ampliamento di un edificio anche se finalizzato al completamento o miglioramento dei bisogni cui l’immobile principale è destinato. Il concetto di pertinenza non va confuso con quello di parte dell’edificio. In materia di reati edilizi, l’ampliamento di un fabbricato preesistente non può considerarsi pertinenza, ma diventa parte dell\'edificio perché, una volta realizzato, ne completa la struttura per meglio soddisfare i bisogni cui è destinato in quanto privo di autonomia rispetto all’edificio medesimo. Invece la pertinenza, ancorché posta a servizio dell’edificio principale, deve avere una propria autonomia strutturale. D’altra parte, non ogni intervento pertinenziale è esonerato dal permesso di costruire, ma esclusivamente quelli di scarsa rilevanza, non solo sotto il profilo quantitativo (ossia, quelli con volumetria non superiore al quinto di quella dell’edificio principale), ma anche sotto quello qualitativo (e, cioè, sempre che le norme tecniche degli strumenti urbanistici non li considerino comunque "interventi di nuova costruzione", tenuto conto della zonizzazione e del loro impatto ambientale e paesaggistico), come risulta dalla previsione dell’ari. 3, comma primo. lett. e.) del testo unico sull’edilizia

UDIENZA 11.02.2009

SENTENZA N. 257

REG. GENERALE n.35308/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro Petti Consigliere
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott. Mario Gentile Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto dal difensore di Scalici Ninfa, nata a Capaci il 25 marzo del 1955, avverso l\'ordinanza del tribunale del riesame di Palermo dell\' 11 luglio del 2008;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il procuratore generale nella persona del dott. Gioacchino Izzo il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
- sentito il difensore avv Luigi Nappa che ha concluso per l\' accoglimento del ricorso;
- letti il ricorso e l\'ordinanza denunciata osserva quanto segue:


IN FATTO


Il tribunale di Palermo, con ordinanza dell\'11 luglio del 2008, rigettava la richiesta di riesame del provvedimento di sequestro preventivo di un muro di recinzione e di alcuni pilastri in cemento armato, adottato dal giudice per le indagini preliminari presso il medesimo tribunale in danno di Scalici Ninfa, indiziata della contravvenzione di cui all\'articolo 44 lettera b) del D.P.R. n 380 del 2001.


A fondamento della decisione il tribunale osservava che non era applicabile alla fattispecie l\'articolo 5 della legge regionale n 37 del 1985 poiché non si trattava di opere pertinenziali ma di un nuovo complesso edilizio a servizio del quale era stato predisposto il muro di recinzione; che sussisteva l\'esigenza cautelare di evitare la prosecuzione dell\'attività criminosa.


Ricorre per cassazione l\'indagata per mezzo del proprio difensore deducendo violazione di legge e mancanza e contraddittorietà della motivazione: assume che il tribunale avrebbe omesso di esaminare le ragioni addotte dalla ricorrente, la quale aveva evidenziato che trattatasi di pertinenza.


IN DIRITTO


Il ricorso è inammissibile.


In questa materia il ricorso per cassazione può essere proposto a norma dell\'articolo 325 c.p.p. soltanto per violazione di legge. Secondo l\'orientamento di questa corte, ribadito dalla Sezioni unite con la sentenza Ferazzi del 2004, nel concetto di violazione di legge può comprendersi anche la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all\'inosservanza di una precisa norma processuale (articolo 125), la quale impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione né tanto meno il travisamento della prova, censurabili a norma della lettera e) dell\'articolo 606 c.p.p.


Nella fattispecie il tribunale con una valutazione in fatto non censurabile in questa sede ha stabilito che i pilastri di cemento armato che erano stati già realizzati erano finalizzati alla costruzione di un nuovo complesso autonomo rispetto a quello preesistente e che il muro di recinzione era destinato a delimitare tale nuovo complesso abusivo. Non si trattava quindi di un intervento pertinenziale come affermato dal ricorrente.


D\' altra parte, nella materia edilizia per pertinenza deve intendersi un\'opera che non sia parte integrante o costitutiva di un altro fabbricato, così che deve escludersi tale qualifica all\'ampliamento di un edificio anche se finalizzato al completamento o miglioramento dei bisogni cui l\'immobile principale è destinato (cfr Cass 33657 del 2006). Invero il concetto di pertinenza non va confuso con quello di parte dell\'edificio. In materia di reati edilizi, l\'ampliamento di un fabbricato preesistente non può considerarsi pertinenza, ma diventa parte dell\'edificio perché, una volta realizzato, ne completa la struttura per meglio soddisfare i bisogni cui è destinato in quanto privo di autonomia rispetto all\'edificio medesimo. Invece la pertinenza, ancorché posta a servizio dell\'edificio principale, deve avere una propria autonomia strutturale.(cfr Cass 3160 del 2003;18299 del 2003;36941 del 2005) D\'altra parte, non ogni intervento pertinenziale è esonerato dal permesso di costruire, ma esclusivamente quelli di scarsa rilevanza, non solo sotto il profilo quantitativo (ossia, quelli con volumetria non superiore al quinto di quella dell\'edificio principale), ma anche sotto quello qualitativo (e, cioè, sempre che le norme tecniche degli strumenti urbanistici non li considerino comunque "interventi di nuova costruzione", tenuto conto della zonizzazione e del loro impatto ambientale e paesaggistico), come risulta dalla previsione dell\'art. 3, comma primo, lett. e.) del testo unico sull\'edilizia.


Dall\'inammissibilità del ricorso discende la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa della ricorrente nella determinazione della causa d\'inammissibilità secondo l\'orientamento espresso dalla Corte costituzionale con la sentenza n 186 del 2000.


P.Q.M.
La Corte


Letto l\'articolo 616 c.p.p.
Dichiara
Inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.


Così deciso in Roma l\'11 febbraio del 2009
Deposito in Cancelleria il 09/04/2009