Cass. Sez. III n. 25618 del 6 luglio 2010 (Ud.  8 giu. 2010)
Pres. Lupo Est. Amoresano Ric. Wirz
Urbanistica. Permanenza del reato

E' pacifico che il reato di costruzione in difetto di permesso di costruire ha natura permanente e la permanenza cessa con l’ultimazione dell’opera ivi comprese le rifiniture: altra cosa è, invece, la nozione di ultimazione contenuta nell’art.31 L.47 del 1985 (che anticipa tale momento a quello del completamento della struttura) che è applicabile solo in materia di condono edilizio.

 

UDIENZA dell'8.06.2010

SENTENZA N. 1106

REG. GENERALE N. 730/2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli ill.mi Sigg.


Dott. Ernesto Lupo Presidente
Dott. Agostino Cordova Consigliere
Dott. Ciro Petti Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere
Dott. Santi Gazzara Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) Wirz Maria Elena nata il 00.00.0000
- avverso la sentenza del 9.10.2008 della Corte di Appello di Napoli
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P. G., dr. Francesco Salzano, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso


OSSERVA


1) Con sentenza del 9.10.2008 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli, sez. dist. di Marano, del 6.10.2006, con la quale Maria Elena Wirz, era stata condannata per il reato di cui all'art.44 lett. b) DPR. 380/2001 per avere, in assenza del permesso di costruire, realizzato "copertura ad un piano terra composta da pilastri in ferro e pannelli isotec occupante una superficie di circa 150 mq, con tompagnatura in travelle rosse" (capo a), agli artt.64,71, 65 e 72 DPR 380/01 (capo b), agli artt.83 e 95 DPR 380/01 (capo c), dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo c) perchè estinto per prescrizione ed assolveva l'imputata dal reato di cui al capo a) perchè il fatto non sussiste; rideterminava la pena per il reato di cui al capo a) in mesi quattro di arresto ed euro ottomila di ammenda, confermando nel resto.


2) Propone ricorso per cassazione la Wirz, a mezzo del difensore, per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla omessa declaratoria della prescrizione anche del reato di cui al capo a). Con i motivi di appello non era stata formulata esplicita richiesta in proposito, non essendo ancora maturata la prescrizione. Siffatta richiesta però era stata avanzata in sede di conclusioni, ma la Corte aveva completamente omesso di prenderla in considerazione sia pure per rigettarla. Eppure dalla testimonianza Santoro era emerso che i lavori erano stati completati tra la fine del 2002 e gli inizi del 2003. Del resto, il teste Parisi aveva escluso che all'atto del sopralluogo fossero in corso i lavori. Dovendo la data del commesso reato essere retrodata a fine dicembre, inizio gennaio 2003 (e non al marzo 2004 come indicato nel capo di imputazione) il reato era ampiamente prescritto.


3) Il ricorso è manifestamente infondato.


3.1) Dal verbale di udienza del 9.10.2008 non risulta che la difesa abbia espressamente eccepito la intervenuta prescrizione del reato di cui al capo a), essendosi in sede di conclusioni limitata a riportarsi ai motivi di appello (nei quali, come riconosce la stessa ricorrente, non era stata proposta alcuna deduzione in proposito). La Corte territoriale quindi non aveva alcun obbligo di motivare sul punto. Quanto alla rilevabilità d'ufficio della prescrizione medesima, dalla contestazione risultava che la data del commesso reato era indicata nel 29.3.2004 e, in presenza di siffatta contestazione, l'imputata non aveva fornito la prova certa della realizzazione dell'opera in epoca antecedente. Risultava piuttosto accertato che, perfino alla data del sopralluogo del 29.3.2004, il manufatto non era ancora completato. Nella sentenza del Tribunale si dà atto, infatti, che era stata realizzata solo la struttura, tanto che all'interno non vi erano tramezzi e neppure la scala di collegamento con il piano sottostante. Ed è pacifico che il reato di costruzione in difetto di permesso di costruire ha natura permanente e la permanenza cessa con l'ultimazione dell'opera ivi comprese le rifiniture; altra cosa è, invece, la nozione di ultimazione contenuta nell'art.31 L.47 del 1985 (che anticipa tale momento a quello del completamento della struttura) che è applicabile solo in materia di condono edilizio (cfr. ex multis Cass .pen.sez.3 n.33013 del 3.6.2003).

Il reato, quindi, non era certamente prescritto al momento della emissione della sentenza di appello, essendo, la prescrizione medesima rimasta sospesa dal 35.2006 al 29.82006 (rinvio udienza per impedimento difensore), dal 20.5.08 al 14.7.2008 (rinvio per impedimento difensore), dal 14.7.2008 all'8.10.2008 (tale ultima sospensione determinata da rinvio dell'udienza per impedimento dell'imputata va calcolata in giorni 60), e quindi per complessivi mesi 5 e giorni 20.

Sicché la prescrizione sarebbe maturata il 20 marzo 2009 e, quindi, dopo la emissione (9.10.2008) della sentenza della Corte di Appello.


E' appena il caso, infine, di ricordare che la manifesta infondatezza del ricorso impedisce la declaratoria della prescrizione maturata successivamente.


Con la sentenza delle sezioni unite n.23428/05- Bracale è stato enunciato il principio che l'intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d'ufficio.


L'intrinseca incapacità dell'atto invalido di accedere davanti al giudice dell'impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".


3.2) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell'art.616 c.p.p.


P. Q. M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.


Così deciso in Roma 1'8 giugno 2010


DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  24 Giu. 2010