Cass. Sez. III n. 41586 del 16 novembre 2021 (UP 15 ott 2021)
Pres. Rosi Est. Galterio Ric. Mantova
Urbanistica.Ordine di demolizione impartito dal giudice e soggetti destinatari

La sanzione accessoria della demolizione del fabbricato abusivo può essere pronunciata nei confronti del proprietario o comunque di colui che materialmente dispone delle opere e che, pertanto, può provvedere all'adempimento, non potendosi la sua efficacia estendere nei confronti dei soggetti ad altro titolo coinvolti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, per i quali la possibilità di adempiere sarebbe necessariamente subordinata alla volontà del proprietario, avendo costoro concorso alla realizzazione dell’abuso in virtù di un rapporto obbligatorio (vuoi di appalto, vuoi di prestazione d’opera, vuoi di lavoro dipendente o di altra tipologia) corrente con il titolare del diritto reale o del potere di fatto sul terreno o sull’immobile preesistente, che attesa la sua natura personale, è del tutto autonomo da quello che lega il proprietario o committente all’area su cui l’opera viene realizzata


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 8.4.2019 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia resa dal giudice di primo grado che aveva condannato Aniello Lanzuise, nella qualità di proprietario e committente, e Gerardo Mantova, in veste di direttore dei lavori, per i reati di cui agli artt. 44 lett B), 93 e 95 d.P.R. 380/2001 per aver realizzato, in assenza di permesso di costruire e senza aver depositato gli elaborati progettuali presso il competente ufficio del Genio Civile come previsto per gli interventi in zona sismica, una tettoia di  circa 80 mq  a falda spiovente saldamente ancorata al suolo a mezzo di travi, ha assolto il proprietario con la formula perché il fatto non costituisce reato reputando incolpevole l’affidamento da costui riposto nel parere di conformità dell’ufficio tecnico comunale alla CILA inviatagli nel dicembre 2013 relativa al suddetto manufatto, mentre ha confermato la pena di due mesi di arresto ed € 6.000 di multa inflitta al Mantova sul rilievo che la sua veste di tecnico non gli consentiva di ritenere che una semplice comunicazione di inizio lavori potesse consentire la realizzazione dell’opera. Ha altresì confermato l’ordine di demolizione e la sospensione condizionale della pena, pur escludendo la subordinazione dell’ordine demolitorio al beneficio di cui all’art. 163 cod. proc. pen..
2. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo lamenta la contraddittorietà della motivazione che nell’assolvere il committente e condannare il direttore dei lavori aveva operato un’ingiustificata discriminazione atteso che l’affidamento ingenerato dall’attestazione di conformità della CILA da parte dell’ufficio tecnico comunale specie a fronte dell’oscillazione giurisprudenziale sulla necessità del permesso di costruire per le tettoie cd. aperte come quella realizzata nella fattispecie doveva essere lo stesso qualunque ne fosse il destinatario e, semmai, al contrario determinare a fortiori la scusabilità dell’errore in cui era incorso l’imputato che proprio in virtù delle sue specifiche competenze era ben più consapevole rispetto ad un privato delle difformità dei pareri che avrebbero potuto essere espressi al riguardo. Sostiene che peraltro il parere di conformità era stato dall’UTC inviato allo stesso imputato che comunque non avrebbe avuto alcun interesse, ove fosse stato a conoscenza della necessità di ottenere un permesso di costruire, a non renderne edotto il committente.
2.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 31 d.P.R. 380/2001 e al vizio motivazionale, la mancata revoca dell’ordine di demolizione nei propri confronti che non vantando alcun diritto reale né godendo di alcun potere di fatto sull’opera non consentiva di radicare in capo al medesimo alcun obbligo di facere su beni appartenenti al proprietario nei confronti del quale l’ordine demolitorio era stato invece revocato.
2.3. Con il terzo motivo eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato per essere il relativo termine spirato in data 28.5.2019, chiedendo a questa Corte la relativa declaratoria di improcedibilità.
    3. Con memoria in replica alla requisitoria scritta del Procuratore Generale che ha concluso per l’inammissibilità dell’impugnativa la difesa ha insistito nell’accoglimento del ricorso, contestando in particolare i precedenti giurisprudenziali citati dall’organo dell’accusa che  ove correttamente interpretati esprimevano il principio sostenuto dal ricorrente secondo il quale l’ordine di demolizione deve essere eseguito nei confronti di chiunque si trovi in un rapporto con il bene derivante da un diritto reale o personale di godimento, certamente non configurabile in capo all’imputato

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’intervenuta prescrizione dei reati in contestazione per essere il relativo termine spirato, considerato quale dies a quo la data di accertamento indicata al 10.2.2011 in entrambi i capi di imputazione, il 28.5.2019, impone di valutare preliminarmente la corretta instaurazione del rapporto processuale per effetto della impugnazione in esame.
Dirimente al riguardo è la non manifesta infondatezza del secondo motivo con il quale si censura l’omessa revoca dell’ordine di demolizione nei confronti dell’imputato condannato nella veste di direttore tecnico dei lavori abusivi. Se l’ordine in esame è stato ritualmente revocato nei confronti del proprietario committente stante l’assoluzione per insussistenza del fatto pronunciata nei suoi confronti, la sanzione accessoria in esame non poteva ciò nondimeno essere mantenuta nei confronti dell’imputato che, seppur condannato per i reati edilizi in contestazione, mai avrebbe potuto, in quanto esecutore materiale dell’opera abusiva procedere autonomamente alla demolizione di un manufatto sul quale non ha alcun diritto reale o di godimento, né un potere di fatto.
L’approdo cui è già pervenuta questa Corte, nell’affermare il principio secondo il quale il giudice, nel disporre la condanna dell'esecutore e/o del direttore dei lavori per il reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380/2001, non può subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla effettiva eliminazione delle opere abusive (Sez. 3, n. 17991 del 21/01/2014, Rv. 261497, negli stessi termini ribadito da Sez. 3, n. 41051 del 15/09/2015 - 13/10/2015, Fantaccini, Rv. 264976), si fonda sul rilievo, che di esso costituisce il necessario antecedente logico giuridico, che solo il proprietario, ai sensi dell'art. 31 del citato d.P.R., può ritenersi soggetto passivamente legittimato rispetto all'ordine di demolizione, non estendendosi quindi il relativo obbligo anche al direttore dei lavori.
Del resto, se è vero che il carattere reale della sanzione amministrativa prevista dall’art. 31 T.U. Edilizia fa sì che i suoi effetti ricadano al momento dell’esecuzione direttamente sul soggetto che è in rapporto con il bene vantando su di esso un diritto reale o di godimento a prescindere dagli atti traslativi intercorsi successivamente alla sua emanazione con la sentenza diventata irrevocabile, è altresì indiscutibile che sia proprio la suddetta natura reale unitamente al contenuto ripristinatorio dell’ordine ad imporre l’individuazione dei destinatari nei soli soggetti che abbiano un potere di fatto o che vantino un diritto reale o di godimento sul bene al momento della pronuncia, i quali soltanto possono  perciò  provvedere all'adempimento dell’obbligo di facere in cui si sostanzia l’ordine di demolizione.
Deve conseguentemente ribadirsi con riferimento alla pronuncia della sanzione accessoria che la stessa può essere pronunciata nei confronti del proprietario o comunque di colui che materialmente dispone delle opere e che, pertanto, può provvedere all'adempimento, non potendosi la sua efficacia estendere nei confronti dei soggetti ad altro titolo coinvolti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, per i quali la possibilità di adempiere sarebbe necessariamente subordinata alla volontà del proprietario, avendo costoro concorso alla realizzazione dell’abuso in virtù di un rapporto obbligatorio (vuoi di appalto, vuoi di prestazione d’opera, vuoi di lavoro dipendente o di altra tipologia) corrente con il titolare del diritto reale o del potere di fatto sul terreno o sull’immobile preesistente, che attesa la sua natura personale, è del tutto autonomo da quello che lega il proprietario o committente all’area su cui l’opera viene realizzata.
Si impone, in difetto delle condizioni per l'adozione di una formula assolutoria nel merito stanti le censure di natura motivazionale di cui si compone il presente ricorso, l’annullamento della decisione in esame senza rinvio per essersi i reati estinti per prescrizione. Ed invero, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274). L'esito di tale valutazione nel caso in esame, non può che essere negativo laddove si consideri la doppia conforme valutazione di responsabilità in ordine al concorso doloso dell’imputato
    
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i reati sono estinti per prescrizione
Così deciso il 15.10.2021