Cass. Sez. III n. 38733 del 4 ottobre 2012 (Cc. 20 mar. 2012)
Pres. Mannino Est. Fiale Ric. Ferrero ed altro
Urbanistica. Lottizzazione abusiva mediante realizzazioni impianti fotovoltaici

La Suprema Corte affronta, per la prima volta, la questione concernente la configurabilità o meno del reato di lottizzazione abusiva conseguente alla realizzazione di due impianti contigui di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica

 

 

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. MANNINO Saverio - Presidente - del 20/03/2012
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 686
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - N. 36787/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) FERRERO FILIPPO WILLY N. IL 07/11/1973;
2) PAVESE MAURIZIO N. IL 14/06/1973;
avverso l'ordinanza n. 88/2011 TRIB. LIBERTÀ di BRINDISI, del 24/06/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
sentite le conclusioni del PG Dott. Gaeta Pietro il quale ha chiesto il rigetto del ricorsi, e in subordine ha formulato eccezione di incostituzionalità della L. R. Puglia n. 1 del 2008, art. 27, comma 1, lett. a) e art. 3 Cost.;
Udito il difensore avv.ti Luciano Paciello per Pavese e Cristiano Michela per Ferrero che hanno chiesto l'accoglimento dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del riesame di Brindisi, con ordinanza del 24 giugno 2011, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal GIP dello stesso Tribunale l'11.6.2011 ed avente ad oggetto due impianti contigui di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica, ciascuno della potenza nominale di poco inferiore ad 1 MW, siti in località "Argiano" del Comune di Mesagne, ipotizzando nei confronti (tra gli altri) di Ferrero Filippo Willy e Pavese Maurizio i reati di cui:
- al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 30 e 44, lett. c), per avere concorso nella lottizzazione abusiva di un terreno agricolo, frazionato attraverso due atti di compravendita contestualmente stipulati con il venditore Cosimo Romanelli, al fine di realizzare due impianti fotovoltaici;
- al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), per avere - il Ferrero nella qualità di rappresentante legale della s.r.l. "SOLMAR" (committente) e della s.r.l. "SOLARIS TECH" (esecutrice delle opere) ed il Pavese nella qualità di rappresentante legale della s.r.l. "ENERSOL" (altra committente) ed anche di direttore dei lavori in entrambi gli appalti - dato inizio alla costruzione di due contigui impianti di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica, ciascuno della potenza nominale di poco inferiore ad 1 MW, previa presentazione di due DIA ed in assenza della prescritta autorizzazione unica regionale, procedendo in tal modo ad un'artificiosa suddivisione di un unico impianto nei due contigui anzidetto formalmente intestati rispettivamente alle due società "SOLMAR" ed "ENERSOL" ma facenti capo alla medesima proprietà, allo scopo di eludere la procedura per il rilascio dell'autorizzazione unica regionale;
- all'art. 323 cod. pen., per avere concorso con il dirigente dell'ufficio urbanistica ed edilizia del Comune di Mesagne a violazioni di legge perpetrate al fine di procurare ad essi un ingiusto vantaggio patrimoniale;
- agli artt. 463 e 485 cod. pen., per la falsa attestazione di univocità di ciascuna iniziativa imprenditoriale rispetto ad impianti contigui e per la redazione di atti procedimentali recanti la firma falsa di Romanelli Cosimo.
2. Il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistente il fumus dei reati urbanistico-edilizi ipotizzati ed il pericolo che la libera disponibilità dei beni potesse aggravarne o protrarne le conseguenze, trattandosi di impianti che non possono considerarsi ultimati, per i quali non è stata eseguita la valutazione d'impatto ambientale, e che - se utilizzati -determinerebbero una irrimediabile compromissione dell'interesse alla corretta programmazione del territorio.
Ha osservato, in particolare, che:
a) i due impianti sottoposti a sequestro, formalmente appartenenti a due diverse società, sono in realtà riconducibili ad un unico centro economico-giuridico);
b) per il complesso produttivo artificiosamente frazionato non è stata rilasciata la autorizzazione unica prescritta dal D.Lgs. n. 387 del 2003 ed estesa ai profili urbanistici ed edilizi;
c) illegittimamente ed allo scopo di aggirare la normativa di settore si è fatto ricorso alla presentazione di due DIA distinte secondo le previsioni della L.R. Puglia 19 febbraio 2008, n. 1, art. 27 come modificata dalla L.R. 21 ottobre 2008, n. 31.
È configurabile, pertanto, il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), essendo stati realizzati con DIA lavori complessivamente non riconducibili a tale procedimento abilitante;
d) è configurabile, altresì, il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 30 e 44, lett. c), (concorso in lottizzazione abusiva), essendo stata conferita ad un terreno agricolo una diversa destinazione urbanistica non prevista dalla pianificazione comunale. 3. Avverso tale ordinanza hanno proposto due separati ricorsi il difensore del Ferrero ed il Pavese personalmente, svolgendo in essi censure sostanzialmente coincidenti.
3.1 Si denuncia, con un primo motivo di doglianza, violazione di legge con specifico riferimento all'errata individuazione della disciplina normativa applicabile alle procedure in contestazione, avendo riguardo all'epoca del perfezionamento -delle denunzie di Inizio attività relative al due impianti, che - essendo state avviate in adesione alla Delib. di Giunta regionale n. 35 del 2007 ed in forza di quanto disposto dalla L.R. Puglia n. 1 del 2008, art. 17 - si erano "consolidate" in epoca anteriore all'entrata in vigore della L.R. n. 31 del 2008.
Le DIA "consolidatesi" prima dell'entrata in vigore della L.R. 21 ottobre 2008, n. 31, non possono considerarsi travolte dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 119/2010, che ha dichiarato l'illegittimità della L. n. 31, art. 3, commi 1 e 2, ponendo così fine all'utilizzabilità, in territorio pugliese, dello strumento della DIA per impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili con potenza fino ad 1 MW e ripristinando l'applicabilità del D.Lgs. n. 387 del 2003 e dei relativi limiti e modalità procedurali per l'autorizzazione di nuove iniziative nel campo del fotovoltaico. La Consulta non ha dichiarato, infatti, l'illegittimità anche dell'art. 7, comma 1, della legge regionale n. 31/2008, che faceva salva l'efficacia delle DIA già depositate per le quali rosse trascorso il termine di 30 giorni dalla formale presentazione (nella specie le DIA erano state depositate il 18.7.2008).
Nè elementi contrastanti con l'interpretazione anzidetta potrebbero trarsi dalla successiva sentenza n. 366/2010 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'Illegittimità della L. 19 febbraio 2008, art. 27, comma 1 - lett. b), n. 1, della Regione Puglia, limitando però tale pronuncia ai soli impianti eolici. Deve tenersi conto, poi, che la Legge Statale 13 agosto 2010, n. 129, in sede di conversione del D.L. 8.7.2010, n. 105, ha introdotto l'art. 1 quater secondo il quale "sono fatti salvi gli effetti relativi alle procedure di denuncia di inizio attività di cui agli artt. 22 e 23 del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che risultino avviate in conformità a disposizioni regionali, recanti soglie superiori a quelle di cui alla tabella A del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, a condizione che gli impianti siano entrati in esercizio entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
3.2 La seconda doglianza svolta nei ricorsi prospetta violazione di legge e radicale vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di un unico centro di interessi tra le società che hanno commissionato la realizzazione del due impianti.
Negli atti di gravame vengono esposti una pluralità di elementi che dimostrerebbero l'autonomia delle due società e delle relative iniziative imprenditoriali e viene altresì eccepito che il Tribunale avrebbe fatto riferimento, per escludere tale autonomia, ad un concetto di unitarietà degli impianti esplicitato con una circolare emanata in data 1.8.2008 dal dirigente dell'Assessorato regionale "Sviluppo economico ed innovazione tecnologica", formulato in epoca successiva a quella in cui i titoli abitativi in oggetto si erano già ampiamente consolidati e che, comunque, per la peculiarità della fonte, non può essere considerato elemento integrante di fattispecie penate.
3.3 Si eccepisce, poi, la inconfigurabilità del reato di lottizzazione abusiva.
Al riguardo si osserva che: a) non vi sarebbe stato un frazionamento illegittimo del terreno, perché allorquando intervennero i due atti di trasferimento vi erano già "due entità fisiche e catastali distinte"; b) non sarebbe ravvisarle una "univoca destinazione a scopi edilizi", essendo stati realizzati esclusivamente piccoli basamenti in cemento che sostengono i pannelli fotovoltaici ed una singola cabina elettrica, distinta per ogni impianto, quale punto di raccolta dell'energia prodotta; c) non era necessaria alcuna opera di urbanizzazione primaria o secondaria, ne' si imponeva il rispetto di standard urbanistici o la individuazione di aree da dismettere al Comune; d) non era necessaria una variante allo strumento urbanistico, poiché nelle previsioni del piano regolatore generate del Comune di Mesagne le zone classificate come agricole non sono destinate esclusivamente all'agricoltura ed alla silvicoltura e la zona agricola è comunque compatibile con gli impianti di energì a rinnovabile ai sensi del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 7. 3.4 Un'ultima eccezione è riferita, infine, alla carenza assoluta di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus del reato di cui all'art. 323 cod. pen. e delle fattispecie di falso contestate. CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La normativa di riferimento.
Le disposizioni in materia di autorizzazione alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono state inizialmente poste dal D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (di attuazione della direttiva 2001/77/CE), il cui art. 12 stabilisce, ai comma 3, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sono soggetti ad un'autorizzazione unica rilasciata dalla Regione (o dalla Provincia delegata) nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico- artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.
L'art. 12 (comma 5) ha anche previsto una procedura autorizzatoria semplificata in relazione agli impianti con una capacità di generazione inferiore rispetto alle soglie di cui alla tabella A, allegata al medesimo D.Lgs., diversificate per ciascuna fonte rinnovabile: agli impianti rientranti nelle suddette soglie si applica la disciplina della DIA, di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 22 e 23. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui al D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 8 e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacita di generazione e caratteristiche del siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività. Ai sensi del comma 7, infine, "gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1, lett. b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla L. 5 marzo 2001, n. 57, artt. 7 e 8, nonché del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 14".
La tabella "A" allagata al D.Lgs. n. 387 del 2003 ha previsto, per la fonte di energia solare fotovoltaica, il limite di potenza di 20 KW oltre al quale l'impianto deve essere avviato mediante autorizzazione unica e non mediante la DIA di cui agli D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 22 e 23.
La Giunta regionale pugliese, con provvedimento del 21.1.2007, sostanzialmente in deroga alla disciplina primaria poste dal D.Lgs. n. 387 del 2003, prevedeva che gli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 20 KW e fino a 1 MW, realizzati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, non erano soggetti ad autorizzazione unica ma a DIA.
La L. R. Puglia 16 febbraio 2006, n. 1, art. 27 (Applicazione della disciplina di denuncia inizio attività per impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili) disponeva:
"1. Per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 2, comma 1, (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), con potenza elettrica nominale fino a 1 MWe da realizzare nella Regione Puglia, fatte salve le norme in materia di valutazione di impatto ambientate e di valutazione di incidenza, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività (DIA), di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 360, artt. 22 e 23 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche e integrazioni, nei seguenti casi:
a) impianti fotovoltaici posti su edifici industriali, commerciali e servizi, e/o collocati a terra internamente a complessi industriali, commerciali e servizi esistenti o da costruire;
b) impianti eolici on-shore.
2. Gli impianti di cui al comma 1 possono anche essere realizzati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, tenuto, peraltro, conto di quanto specificato dal D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 7.
La L.R. Puglia 21 ottobre 2001, n. 31, art. 3 disponeva: "1. Per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui al D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 2, comma 1, con potenze elettriche nominali superiori a quelle previste alla tabella A di cui alla L. 31 dicembre 2007, n. 244 art. 2, comma 158, lett. g), (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 200), e fino a 1 MWe, da realizzare nella regione Puglia, fatte salve le norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività (DIA), di cui agli artt. 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e successive modifiche e integrazioni, nei seguenti casi:
a) impianti fotovoltaici posti su edifici, esistenti o da costruire, con destinazione civile, industriale, agricola, commerciate e servizi, e/o collocati a terra internamente a complessi, esistenti o da costruire, di fabbricati civili, Industriali, agricoli, commerciali e servizi;
b) impianti fotovoltaici in zona agricola, a condizione che l'area asservita all'intervento sia estesa almeno due volte la superficie radiante. La superficie non occupata dall'impianto deve essere destinata esclusivamente a uso agricolo. Gli impianti collocati a terra in un'area agricola costituita da terreni appartenenti a unico proprietario, ovvero costituita da più lotti derivanti dal frazionamento di un'area di maggiore estensione, effettuato nel biennio precedente afta domanda, ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per ricorrere alla procedura di DIA, sono considerati come un unico impianto;
2. è comunque salva la facoltà dell'interessato di chiedere l'autorizzazione comunale per gli interventi di cui al comma 1. La L. R. n. 31 del 2008, art. 6 ha abrogato, inoltre, la L. R. n. 1 del 2008, art. 27.
La L. R. Puglia 21 ottobre 2006, n. 31, art. 7 disponeva:
"1- Fatto salvo quanto previsto dall'art. 2, comma 5, dall'art. 4, commi 6 e 7, e dall'art. 5, comma 2, la presente legge si applica a tutte le procedure in corso per le quali non risultino formalmente concluse le conferenze di servizi di cui al D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, ovvero non sia validamente trascorso il termine di trenta giorni dalla formate presentazione di dichiarazione di inizio attività, depositata a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 22 e 23.
La L. n. 1 del 2008 e L. n. 31 del 2008 della Regione Puglia - come si evince dalle disposizioni dianzi trascritte - avevano inteso semplificare ulteriormente il procedimento amministrativo in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili, prevedendo la semplice DIA anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici di maggiore potenza complessiva rispetto a quella fissata dalla legge statale (ossia impianti con potenza elettrica nominale Uno a 1 MW, mentre il D.Lgs. n. 387 del 2003 ha fissato a 20 KW la soglia per la produzione di energia fotovoltaica in regime semplificato).
La Corte Costituzionale ha ritenuto che tale normativa regionale del 2006 contrastasse con il principio fondamentale posto dal D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, comma 5, ove è stato previsto che "con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui al D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 8, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacita di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività". Principio questo che, in quanto qualificabile come fondamentale, operava come limite per la competenza legislativa concorrente della Regione. In particolare: con la sentenza n. 119 del 2010 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della L.R. Puglia 21 ottobre 2008, n. 31, art. 2, commi 1, 2 e 3 e art. 3, commi 1 e 2; successivamente con la sentenza n. 366 del 2010 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della L.R. Puglia 19 febbraio 2008, n. 1, art. 27, comma 1, lett. b).
Risulta quindi travolta da tali pronunce la disciplina specifica posta dall'art. 27 e dall'art. 3 citati, che autorizzava la realizzazione di impianti fotovoltaici di potenza fino ad un megawatt sulla base di una semplice DIA anche in zone a destinazione agricola secondo gli strumenti urbanistici vigenti.
Per completezza espositiva appare opportuno ricordare che, successivamente, il D.Lgs. 3 febbraio 2011, n. 28, ha dato attuazione della difettiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009, che in materia di procedure di autorizzazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili invita gli Stati membri a preferire procedure semplificate e accelerate, prevedendo tra l'altro forme procedurali meno gravose per i progetti di piccole dimensioni (art. 13). In particolare, il D.Lgs. n. 28 del 2011, art. 6 disciplina una procedura abilitativa semplificata per la costruzione e l'esercizio di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, riconoscendo inoltre alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di estendere "la soglia di applicazione della procedura semplificata ... agli impianti di potenza nominale fino a 1 MW elettrico", definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l'esercizio dell'impianto e delle opere connesse sono soggette altresì all'autorizzazione unica, disciplinata ai successivo citato D.Lgs. n. 28 del 2011, art. 5.
È quindi solo con la nuova regolamentazione del 2011 che il legislatore statale ha dato facoltà alle Regioni di estendere l'ambito di applicazione del procedimento autorizzatorio semplificato fino ad una soglia massima di potenza di energia elettrica pari a 1 MW; fermo restando il vincolo per la legislazione regionale costituito dai limiti posti dall'art. 6 citato, che, secondo la giurisprudenza costituzionale (da ultimo C. Cost. n. 99 del 2012), esprime un principio fondamentale che il legislatore regionale è tenuto a rispettare nell'esercizio della sua potestà legislativa concorrente.
Il medesimo D.Lgs. n. 28 del 2011, art. 10, commi 4 e 6, ha poi riguardato proprio gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole dettando specifiche disposizioni per l'accesso agli incentivi statali, con le quali si richiedeva che non fosse destinato all'installazione degli impianti più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente.
Da ultimo, una ulteriore disposizione specifica per gli impianti fotovoltaici in ambito agricolo e ora prevista dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 65, convertito nella L. 24 marzo 2012, n. 27, che, nel prescrivere in generale che agli impianti -solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non è (più) consentito l'accesso agli incentivi statati di cui al D.Lgs. n. 28 del 2011, ha comunque fatto salve le situazioni pregresse. 2. La ricostruizione degli aspetti essenziali dotto vicenda. In data 18.7.2008, Cosimo Romanelli, proprietario di due particelle catastali immobiliari in località "Argiano" del Comune di Mesagne (rispettivamente le particelle 46 e 10 del foglio 1), ha presentato a quella amministrazione comunale due distinte DIA, ciascuna di esse riferita alla realizzazione di un impianto fotovoltaico di 999,600 kw.
Quanto alla particella n. 46:
- in data 28.7.2009 una pluralità di persone, tra cui il Pavese Maurizio, costituivano la s.r.l. "ENERSOL", avente come oggetto anche le attività di realizzazione e gestione di centrali elettriche e fotovoltaiche";
- in data 21.9.2009, sei persone tra i soci della "ENERSOL", tutte rappresentate nell'atto da Ferrero Filippo Willy quale procuratore spedale, acquistavano la particella n. 46 dal Romanelli ed il 16.11.2009 la concedevano in fitto alla "ENERSOL";
- il 24.11.2009, risulta presentata altra DIA dal Romanelli, con l'indicazione di Pavese Maurizio quale direttore dei lavori e della s.r.l. "SOLARIS TECH", amministrata da Ferrero Filippo Willy, quale impresa esecutrice; Romanelli, però, ha disconosciuto la firma apposta su tale DIA;
- Il 9.4.2010 gli acquirenti della particella n. 46 chiedevano, in qualità di nuovi proprietari, la voltura della DIA del 18.7.2008;
seguiva, in data 7.10.2010, nuova richiesta di voltura in favore della "ENERSOL";
- il Pavese, quale amministratore della "ENERSOL", comunicava la fine dei lavori il 17.12.2010 e, con autocertificazione del 25.1.2011 (recante vero l'erronea -data 25.1.2010), attestava "l'univocità dell'iniziativa imprenditoriale rispetto ad eventuali impianti contigui esistenti".
Quanto alla particella n. 10:
- in data 5.6.2009 Ferrero Filippo Willy ed altri costituivano la s.r.l. "SOLMAR", avente il medesimo oggetto sociale della "ENERSOL";
- in data 21.9.2009, i soci della "SOLMAR", tutti rappresentati nell'atto da Ferrero Filippo Willy quale procuratore speciale, acquistavano la particella n. 10 dal Romanelli ed il 16.11.2009 la concedevano in fitto alla "SOLMAR";
- il 9.4.2010 gli acquirenti della particella n. 10 chiedevano, in qualità di nuovi proprietari, la voltura della DIA del 18.7.2008;
seguiva, in data 7.10.2010, nuova richiesta di voltura in favore della "SOLMAR";
- il Ferrero, quale amministratore della "SOLMAR", comunicava la fine dei lavori il 17.12.2010 e, con autocertificazione del 25.1.2011 (recante anch'essa l'erronea data 25.1.2010), attestava l'univocità dell'iniziativa imprenditoriale rispetto ad eventuali impianti contigui esistenti".
Ciascuno degli impianti realizzati sulle due particelle contigue esprimeva singolarmente una potenza superiore a 20 Kw. ma di poco inferiore ad 1 Mw.: le DIA presentate, dunque, si ponevano in difformità dalla legislazione statale. Ad esse si era fatto ricorso con riferimento alla L.R. n. 1 del 2008, art. 27, la cui normativa, però, era stata modificata dalla LR. n. 31/2006, entrata in vigore quando l'esecuzione delle opere non era ancora iniziata. 3. Le considerazioni svolte dal Tribunale del riesame. 3.1 L'ordinanza impugnata ha affermato l'unitarietà dell'iniziativa imprenditoriale, che ha portato, di fatto, alla realizzazione di un unico impianto esprimente una potenza elettrica nominale complessiva ampiamente superiore ad 1 Mw. con modalità rivolte ad eludere il rilascio dell'autorizzazione unica regionale.
Trattasi, infatti, di impianto creato su particelle contigue originariamente appartenenti ad unico proprietario (il Romanelli) e successivamente trasferite a soggetti giuridici formai mente distinti ma in realtà riferibili ad un unico centro direzionale e di interessi gravitante intorno alle figure di Ferrero Filippo Willy e Pavese Maurizio. Ciò è stato dedotto dalie seguenti circostanze:
- la simultaneità degli atti pubblici di acquisto dei suoli, in entrambi i quali il Ferrero è intervenuto come procuratore speciale di tutti gli acquirenti;
- le particelle erano state date in affitto - sempre con atti simultanei - a due società, rispettivamente amministrate dal Ferrero e dal Pavese, che avevano sede legale allo stesso indirizzo di Settimo Torinese;
- l'impresa esecutrice dei lavori era stata in entrambi i casi la s.r.l. "SOLARIS TECH", amministrata da Ferrero Filippo Willy;
- i due impianti presentavano caratteristiche strutturali convergenti;
- le procedure amministrative, dalla fase dell'avvio e fino alla conclusione, si erano svolte su binari paralleli perfettamente sovrapponiteli (sintomatica appariva anche la circostanza che le due certificazioni relative alla "univocità dell'iniziativa imprenditoriale" recavano il medesimo errore circa la data di compilazione: 25.1.2010 invece che 25.1.2011).
È stato posto altresì in rilievo che il fenomeno era ben noto alle autorità regionali, tanto che il dirigente dell'Assessorato "Sviluppo economico ed innovazione tecnologica", già in data 1.8.2008, aveva emanato una circolare nella quale si sollecitava "Va massima attenzione all'eventuale presenza di connessioni tra più denunce di inizio attività", in quanto "disattenzioni applicative da parte dei proponenti, se non veri e propri comportamenti illegittimi potrebbero alimentare il ricorso alla DIA anche laddove si sia in presenza di impianti la cui potenza nominale elettrica complessiva oltrepassi i limiti posti dalla L.R. n. 1 del 2006, art. 27 ... Appare pertanto opportuno che le amministrazioni comunali pongano la massima cautela nella verifica dell'esistenza di tali situazioni che, a titolo esemplificativo, potrà essere ricavata dalla significativa ricorrenza di elementi sintomatici quali... l'unicità del proprietario delle aree, l'unicità dell'iniziativa industriale, a sua volta ricavabile dall'unicità dei proponenti ovvero del referenti aziendali...".
3.2 Quanto alla normativa applicabile, il Tribunale ha rilevato che le situazioni giuridiche fondate sui titoli abilitativi in contestazione non possono ritenersi "consolidate" per effetto del D.L. 8 luglio 2010, n. 105, emanato allo scopo di porre rimedio agli effetti prodotti dalla sentenza n. 119/2010 della Corte Costituzionale (che aveva dichiarato l'illegittimità della L.R. Puglia 21 ottobre 2008, n. 31, art. 3, commi 1 e 2).
La L. 13 agosto 2010, n. 219, art. 1 quater di conversione del D.L. n. 105 del 2010, stabilisce, infatti, che "sono fatti salvi gli effetti relativi alle procedure di denuncia di inizio attività di cui agli artt. 22 e 23 del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che risultino avviate in conformità a disposizioni regionali, recanti soglie superiori a quelle di cui alla tabella "A" del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (20 Kw), a condizione che gli impianti siano entrati in esercizio entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ossia entro il 16.1.2011. Tale disposizione il Tribunale ha considerato non applicabile agli impianti in oggetto, perché le relative procedure di DIA non erano state avviate "in conformità" alla normativa regionale all'epoca vigente, stante proprio l'artificiosa suddivisione di un intervento In concreto unitario.
Deve tenersi presente, inoltre, che neppure può ritenersi sussistente la condizione dell'entrata in esercizio entro il 16 gennaio 2011, poiché negli stessi ricorsi viene dato conto di una missiva inviata dal Consiglio di amministrazione della "ENERSOL" alla "SOLARIS TECH" (da questa ricevuta il 23.4.2011) ove veniva contestata la mancata entrata in esercizio dell'Impianto per il non ancora realizzato allacciamento alla rete.
3 li Collegio ritiene che le anzidetto valutazioni effettuate dai Tribunale del riesame siano corrette e non censurabili: sia perché risulta illustrata razionalmente l'unitarietà dell'Iniziativa imprenditoriale (non smentita dalle forme diverse di finanziamento di ciascuna delle due operazioni, in quanto ciò che conta è la convergenza del vantaggio finale di esse, ripartibile previa detrazione degli oneri rispettivamente assunti e delle spese da ciascuno in concreto sostenute); sia per l'impossibilità di fare legittimo riferimento alla L.R. n. 1 del 2008, art. 27. In buona sostanza:
- le DIA presentate in data 18.7.2006 da Cosimo Romanelli erano illegittime a cagione del surrettizio frazionamento dell'intervento e, in quanto tali, non potevano produrre effetti giuridici;
- le medesime DIA erano da considerarsi comunque automaticamente "decadute", in applicazione del principio generale deducibile del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 15, comma 4, poiché i lavori non erano ancora iniziati allorquando erano entrate in vigore le contrastanti e più restrittive disposizioni urbanistiche poste dalla L.R. n. 31 del 2008, art. 3, comma 1 - lett. b), (dichiarato poi incostituzionale con sentenza del 26 marzo 2010, n. 119);
- nessun effetto poteva farsi discendere dall'art. 7 della citata L.R. n. 31 del 2008, che, con disposizione transitoria, estendeva l'applicabilità della normativa da quella legge introdotta alle procedure in corso per le quali non fosse validamente trascorso il termine di 30 giorni dalla formale presentazione di dichiarazione di Inizio attività al sensi del D.P.R. n. 380 del 2001 (nella vicenda in esame, infatti, non vi era alcuna procedura in corso ed il procedimento anteriormente esperito, anche qualora fosse stato rituale, avrebbe dovuto essere ripetuto per aderire alle nuove previsioni urbanistiche).
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha evidenziato, in proposito, che la decadenza per la sopravvenienza di previsioni urbanistiche contrastanti rinviene la propria ratio in una valutazione legale di prevalenza dell'interesse pubblico al razionale sviluppo del territorio rispetto all'interesse privato del soggetto che - pure avendo già ottenuto il titolo abilitativo - non ha dato ancora inizio ai favori (C. Stato: Sez. 4^, 10.8.2007, n. 4423; Sez. 5^, 28.6.2000, n. 363).
Nel caso in esame - ai sensi della L.R. n. 31 del 2008, art. 3, comma 1, - lett. b) - l'utilizzazione della DIA per gli impianti fotovoltaici in zona agricola, era subordinata alle condizioni che l'area asservita all'intervento fosse estesa almeno due volte la superficie radiante e che la superficie non occupata dall'impianto dovesse essere destinata esclusivamente a uso agricolo. In concreto, invece (secondo quanto si legge nell'ordinanza impugnata), le aree interessate erano estese, rispettivamente, mq. 23.300 e mq. 45.71, e su di esse erano stati realizzati impianti per mq. 23.300 e mq. 25.000 mentre non risulta che fossero insediate colture. Veniva altresì previsto, dalle nuove disposizioni normative introdotte dalla L.R. n. 31 del 2008, che gli impianti collocati a terra in un'area agricola costituita da terreni appartenenti a unico proprietario, ovvero costituita da piò lotti derivanti dal frazionamento di un'area di maggiore estensione, effettuato nel biennio precedente alla domanda, ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per ricorrere alla procedura di DIA, erano considerati come un unico impianto.
3.4 Nella situazione dianzi delineata risulta irrilevante la questione di legittimità costituzionale della L.R. Puglia n. 1 del 2008, art. 27, comma 1, lett. a), - formulata in udienza dal P.M, (in via subordinata) in relazione all'art. 3 della Costituzione, sul rilievo che la pronuncia di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 366 del 2010 della Corte Costituzionale ha riguardato soltanto gli impianti eolici per la produzione dell'energia elettrica (di cui alla lett. b) e non gli impianti fotovoltaici - proprio perché, nella specie, illegittimamente si era fatto ricorso alla disposizione normativa denunciala.
Va ribadito, infatti, che alle DIA del 18.7.2008, pure in seguito al decorso del termine di 30 giorni dalla presentazione ed al mancato tempestivo esercizio del potere inibitorio da parte della P.A., non può riconoscersi alcun "affidamento consolidato" meritevole di protezione.
4. Il "fumus" del reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), le considerazioni sopra svolte giustificano, ad evidenza, la ravvisata sussistenza del fumus del reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b).
Va rilevato, in proposito, che all'autorizzazione unica prescritta dal D.Lgs. n. 387 del 2003 e dal D.Lgs. n. 26 del 2011 deve riconoscersi carattere omnicomprensivo esteso a tutti i profili connessi alla realizzazione ed all'attivazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. Essa - avendo come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistica-edilizia dell'intervento - costituisce titolo a costruire e ad esercitare l'impianto in conformità ai progetto approvato ed è sostitutiva del permesso di costruire. Spetta infatti al Comune, nell'ambito della conferenza di servizi che precede il rilascio, far valere il proprio interesse ad una corretta localizzazione urbanistica dell'impianto ed alla sua conformità edilizia (vedi C. Stato: Sez. 5^, 26.2.2010, n. 1139; Sez. 3^, parere del 14.10.2008, n. 2849).
Il regime sanzionatorio penale, pertanto, nei casi di mancanza dell'autorizzazione unica in oggetto imposta dalla legge statale, resta quello di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), vedi le considerazioni svolte (con riferimento all'autorizzazione unica prevista dal D.Lgs. n. 259 del 2003 per le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione) da Cass., Sez. 3^, 6.7.2005, n. 33735.
Ne deriva che sicuramente legittimo deve considerarsi il disposto sequestro preventivo in relazione a tale reato.
5. La misura di cautela reale non è stata correlata, invece, al reato di cui all'art. 323 cod. pen. e al delitti di falso ipotizzati, sicché l'ordinanza Impugnata non era tenuta sul punto ad una specifica motivazione.
6. L'Imputazione di lottizzazione abusiva.
6.1 A norma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 30, comma 1, si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio:
- quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalie leggi statali o regionali, o senza la prescritta autorizzazione (attività materiale;
- nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le foro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio attività giuridica.
Secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema, il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi:
- in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione;
- ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con la destinazione programmata del territorio comunale. Nei casi in cui si agisca sul territorio con un'attività finalizzata ed idonea a snaturarne la programmazione deve ritenersi inconferente ogni riferimento all'incidenza del nuovo insediamento sullo stato di urbanizzazione esistente.
6.2 Tali principi devono essere applicati alla vicenda in esame, nella valutazione della quale deve tenersi conto che:
a) Ai sensi del D.Lgs. n. 367 del 2003, art. 12, comma 7, "gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1, lett. b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento afta valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla L. 5 marzo 2001, n. 57, artt. 7 e 8, nonché del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 14.
b) Il D.M. 10 settembre 2010 del Ministero dello sviluppo economico (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili) - al punto 15.3 - ha previsto che "Ove occorra l'autorizzazione unica costituisce di per sè variante allo strumento urbanistico. Gli impianti possono essere ubicati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual caso l'autorizzazione unica non dispone la variante dello strumento urbanistico. Nell'ubicazione degli impianti in tali zone si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla L. 5 marzo 2001, n. 57, artt. 7 e 8, nonché del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 14...".
Nel caso di specie, dunque, non siamo di fronte ad interventi ad evidenza contrastanti con la "zonizzazione" del territorio comunale. Il frazionamento dell'ampio comprensorio agricolo già appartenuto al Romanelli è avvenuto in due lotti le cui dimensioni non sono incompatibili con la destinazione di zona e deve ritenersi, già ai sensi del D.Lgs. n. 387 del 2003 (secondo l'interpretazione confermata dalle Linee-guida nazionali), che (Installazione degli impianti in quella zona non comportasse la necessità di variarne la destinazione programmata.
Attraverso l'espediente della utilizzazione delle DIA, però, oltre ad essere stato eluso il procedimento di VIA ed il connesso giudizio di compatibilità ambientale, è stata sottratta all'amministrazione comunale la valutazione dei parametri di cui deve necessariamente tenersi conto per una adeguata ubicazione dell'impianto complessivo in territorio agrario.
Ciò comporta m evidente periculum in mora a fronte del rischio di distorsioni generabile da una crescita "senza regole" del fotovoltaico, stante la necessità di proteggere comunque il terreno agricolo dalle speculazioni industriali e di evitarne una imponente erosione.
Ma allo stato, in relazione alle circostanze emergenti dal provvedimento impugnato, non è possibile valutare se si sia prodotta una violazione delle prescrizioni riferite alle aree agricole dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati nel territorio del Comune di Mesagne, tale da snaturarne sostanzialmente la programmazione. 7. Bastano comunque, per il mantenimento della misura di cautela reale, (Indiscutibile fumus del reato di costruzione abusiva, stante la carenza del titolo abitativo prescritto dalla legge, ed il periculum di compromissione del terreno agrì colo interessato e di quello circostante, discendente dal completamento della "messa in attività" di un impianto non assoggettato alla verifica del rispetto degli aspetti urbanistici ed alle ulteriori necessarie verifiche di compatibilità con l'ambiente, con le colture e la tradizione agroalimentare locali e con il paesaggio rurale.
8. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2012