Cass. Sez. III sent. 21220 del 30 maggio 2007 (Ud. 11 apr. 2007)
Pres. De Maio Est. Ianniello Ric. Vitali
Urbanistica. Interventi precari

Richiedono il permesso di costruire non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie ma anche le opere di qualsiasi genere stabilmente connesse al suolo o nel suolo, quale che sia il modo in cui si esprima tale connessione, dovendosi intendere per stabilità non l'inamovibilità della struttura, ma l'oggettiva destinazione della stessa a soddisfare un bisogno non provvisorio, temporaneo o contingente

Con sentenza del 14 febbraio 2006, il Tribunale di Agrigento, sezione distaccata di Licata ‑ ha assolto Angelo Vitali, a seguito di giudizio col rito abbreviato, dai reati di cui agli artt. A) 44, 1° comma, lett. c) del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, B) 61, n. 2 cod. pen., 54, 55 e 1161 cod. nav., C) 61, n. 2 cod. pen., 646571 D.P.R. n. 380/01 e D) 61 n. 2 cod. pen. e 163 del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, contestati per avere realizzato in una zona demaniale e sottoposta a vincolo ambientale opere consistenti in un manufatto della superficie coperta di mq. 40 realizzato con 12 paletti in cemento precompresso collegati all'estremità superiore con tavole in legno costituenti la struttura portante della copertura con onduline in fibrocemento e tetto a due falde inclinate con altezza alla gronda di mt. 2,30 e al collo di mt. 2,70 nonché un pozzo ad anelli in cemento precompresso del diametro di mt. 1,30 e della profondità a pelo d'acqua di mt. 1,50 destinato a scopi irrigui, in assenza di permesso di costruire e delle necessarie autorizzazioni e con violazione delle norme in materia di costruzioni in conglomerato cementizio. Come accertato in Licata il 19 novembre 2003.
Il giudice ha ritenuto che le opere contestate non richiedessero il permesso di costruire in quanto si tratterebbe di «opere avventizie in strutture prefabbricate che non comportano una modificazione stabile del territorio e non sono radicate o incorporate al suolo»; che quanto alla contestazione di cui all'art. 1161 cod. nav. non fosse emersa la prova della natura demaniale del terreno su cui l'opera era stata realizzata; quanto al 163 del D. Lgs. n. 490/99, che data la natura precaria e temporanea delle opere, esse non inciderebbero significativamente sull'assetto e sulla corretta gestione del territorio, anche in ragione della loro specifica finalità di soddisfare la naturale vocazione agricola dei terreni in questione; che infine non vi sarebbe stata realizzazione di opere in conglomerato cementizio, «trattandosi della semplice posa in opera di paletti di cemento preconfezionato la cui realizzazione avviene al di fuori dell'attività di cantiere».


Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello dì Palermo, deducendo l'erronea applicazione della legge penale, quanto all'assoluzione dell'imputato dai reati di cui all'art. 44 dei D.P.R. n. 380101 e 163 D. Lgs. n. 490/99.
Conclude pertanto chiedendo l'annullamento della sentenza in parte qua, con i provvedimenti conseguenti.
Il ricorso è fondato.


Secondo la giurisprudenza di questa Corte richiedono il permesso di costruire non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie ma anche le opere di qualsiasi genere stabilmente connesse al suolo o nel suolo, quale che sia il modo in cui si esprima tale connessione, dovendosi intendere per stabilità non l'inamovibilità della struttura, ma l'oggettiva destinazione della stessa a soddisfare un bisogno non provvisorio, temporaneo o contingente (cfr., per tutte, Cass. 15 aprile 2005 n. 14044).


Ancora più rigorosa appare inoltre la disciplina relativa alle opere su beni soggetti a vincoli ambientali, che necessitano dell'autorizzazione pubblica in funzione di salvaguardia dei valori ambientali protetti ove alterino comunque in maniera non irrilevante lo stato dei luoghi.
Alla stregua di tali regole, perdono rilievo le considerazioni poste alla base della sentenza di assoluzione e relative al fatto che le opere contestate al ricorrente non sono radicate o incorporate nel suolo, per cui si tratterebbe di opere avventizie" che non necessitano del permesso di costruire e che per la loro "natura precaria e temporanea" non inciderebbero "significativamente sull'assetto e la corretta gestione del territorio". Tali considerazioni infatti omettono ogni valutazione in ordine alla natura stabile dell'opera, quale desunta dalla sua funzione e quindi in ordine a quella stabile modificazione del territorio che rende necessari sia il permesso di costruire che l'autorizzazione ambientale.
Per tali ragioni, la sentenza impugnata va annullata limitatamente ai capi impugnati dal Pm, con rinvio al Tribunale di Agrigento.

PQM


La Corte annulla la sentenza impugnata, limitatamente ai reati di cui ai capi A) e D), con rinvio al Tribunale di Agrigento.