Cass. Sez. III n. 15966 del 28 aprile 2021 (UP 30 mar 2021)
Pres. Ramacci Est. Cerroni Ric. Gramegna
Urbanistica.Illegittimità confisca immobile abusivo

Non può essere disposta la confisca, né obbligatoria né facoltativa, del manufatto abusivo a seguito della condanna  per il reato previsto dall’art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in quanto la stessa è incompatibile con l’ordine di demolizione, unica sanzione che consegue obbligatoriamente all’accertamento del predetto illecito



RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 marzo 2020 la Corte di Appello di Bari, in riforma della sentenza del 12 aprile 2019 del Tribunale di Bari, ha tra l’altro rideterminato in mesi tre di arresto ed euro diecimila di ammenda, unitamente alla confisca e alla distruzione del manufatto abusivo, la pena inflitta a Giuseppe Domenico Gramegna per il reato di cui all’art. 44 lett. b) d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione con due articolati motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo, invocando violazione di legge, il ricorrente ha lamentato l’avvenuta reformatio in peius contenuta nella decisione impugnata, dal momento che la Corte territoriale aveva disposto la confisca e la distruzione del manufatto oggetto di contestazione mentre il primo Giudice nulla aveva provveduto al riguardo, senza che peraltro l’omissione fosse stata oggetto di impugnazione.
2.2. Col secondo motivo, lamentando vizio motivazionale, il ricorrente ha censurato la decisione laddove essa lo aveva posto in correlazione col manufatto, partendo dal presupposto che lo stesso imputato era nella detenzione delle chiavi del fondo. In realtà non vi era mai stato un accertamento circa la proprietà del fondo mentre, in difetto di elementi precisi in relazione all’epoca di realizzazione dell’opera, non sussistevano puntuali riscontri tali da ricondurre la responsabilità in capo al ricorrente, evocato in giudizio solamente perché in tempo anteriore all’accertamento era stato possessore del medesimo fondo.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso di annullare il provvedimento impugnato limitatamente alla confisca, e di dichiarare il ricorso inammissibile nel resto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso, inammissibile nel resto, è fondato nei limiti di seguito indicati.
4.1. In relazione al primo motivo di censura, lo stesso ricorrente – per vero dolendosi formalmente tanto dell’ordine di demolizione quanto della confisca del manufatto abusivo – ha evocato i consolidati principi giurisprudenziali dettati peraltro solamente in tema di misure di sicurezza.
Al riguardo, infatti, è fermo il principio secondo il quale, nell’ipotesi in cui il Pubblico ministero non abbia proposto impugnazione, il giudice d’appello, anche quando la misura di sicurezza sia obbligatoria e sia stata illegittimamente esclusa o non ritenuta dal giudice di primo grado, non può disporla, modificando in danno dell’imputato la sentenza da quest’ultimo impugnata, in quanto l’art. 597, comma terzo, cod. proc. pen. estende il divieto di reformatio in peius anche all’applicazione di una misura di sicurezza nuova o più grave (ad es. Sez. 3, n. 12999 del 12/11/2014, dep. 2015, Vasile e altri, Rv. 262991; Sez. 6, n. 7507 del 04/02/2009, Iorgu, Rv. 242919).
4.1.1. In tal senso, quindi, la Corte territoriale ha pronunciato ultra petita in difetto di impugnazione del Pubblico ministero, ma analogo principio non può essere applicato in relazione alla disposta demolizione.
4.1.2. Vero è, infatti, che il divieto della reformatio in peius che, nel caso di impugnazione proposta dal solo imputato, l’ordinamento processuale impone al giudice di appello, attiene alle ipotesi di aggravamento - per specie o quantità - della pena, di applicazione di nuova o più grave misura di sicurezza, di pronunzia di proscioglimento con formula meno favorevole o di revoca di benefici; in detto divieto non è compreso l’ordine di demolizione della costruzione abusiva, impartito dal giudice ai sensi dell’art. 7 legge 28 febbraio 1985, n. 47, trattandosi non di pena accessoria, ma di sanzione amministrativa di tipo ablatorio, consequenziale alla sentenza di condanna e la cui irrogazione costituisce atto dovuto (Sez. 5, n. 13812 del 11/11/1999, Giovannella ed altro, Rv. 214608; cfr. altresì Sez. 3, n. 38471 del 30/05/2019, Stroppa, Rv. 277836, quanto all’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi previsto in caso di sentenza di condanna dall’art. 181, comma 2, d.lgs. n. 42 del 2004, ove non sia stato disposto con la sentenza di primo grado).
Va da sé che il richiamo normativo deve intendersi ora operato alla norma di cui all’art. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Invero, in definitiva, non può essere pertanto disposta la confisca, né obbligatoria né facoltativa, del manufatto abusivo a seguito della condanna – come in specie - per il reato previsto dall’art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in quanto la stessa è incompatibile con l’ordine di demolizione, unica sanzione che consegue obbligatoriamente all’accertamento del predetto illecito (Sez. 3, n. 9170 del 28/10/2009, dep. 2010, Vulpio, Rv. 246200).
4.2. Per quanto poi riguarda il secondo motivo di ricorso, il ricorrente manifestamente non si confronta col percorso motivazionale della sentenza impugnata.
In proposito, infatti, la Corte ha correttamente evidenziato l’irrilevanza della questione sollevata dagli appellanti (il gravame si è invero concluso con la conferma della condanna del solo odierno ricorrente) circa la verifica della qualità di proprietari del fondo vantata dai terzi denuncianti, atteso che alla costruzione del manufatto abusivo non poteva che essersi dedicato il possessore del fondo, ossia quantomeno l’odierno ricorrente unico detentore delle chiavi di accesso, che consentivano di aprire il cancello che delimitava l’azienda agricola.
Né poteva essere questione alcuna di ventilata prescrizione, atteso che, in tema di reati edilizi e ai fini del decorso del termine di prescrizione, deve ritenersi “ultimato” solo l’edificio concretamente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, coincidendo l’ultimazione con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci, gli infissi e le parti annesse all’abitazione, come i locali destinati a garage o magazzino (ad es. Sez. 3, n. 46215 del 03/07/2018, N., Rv. 274201). Al riguardo, la Corte territoriale (cfr. pag. 5) ha dato ampio e non contestato conto circa l’incompletezza della struttura al momento degli accertamenti di polizia giudiziaria, sì che alcun dubbio può residuare su responsabilità e mancato maturarsi di termini prescrizionali.
5. Alla stregua dei rilievi che precedono, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla confisca, misura che elimina. Nel resto il ricorso, attesa la residua manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione, va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca che elimina.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 30/03/2021