Cass. Sez. III n. 5486 del 7 febbraio 2024 (CC 9 nov. 2023)
Pres. Ramacci Est. Andronio Ric. Cotroneo
Urbanistica.Illegittimità permesso in sanatoria condizionato

E' illegittimo, e non determina l’estinzione del reato edilizio di cui all’art. 44, lettera b), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 17 marzo 2023, il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza con cui era stata chiesta l’apertura di incidente di esecuzione volto ad ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione parziale del manufatto abusivo adottato nell’ambito della procedura n. 124/2020 ed oggetto di sentenza irrevocabile.

2. Avverso l’ordinanza, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, denunciando, con un unico motivo di ricorso, la violazione degli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 e il vizio della motivazione del provvedimento impugnato. Il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe errato nell’invocare il comma 3 dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 al fine di giustificare il rigetto dell’istanza di sospensione, rilevando l’ormai compiuto decorso dei sessanta giorni che detta disposizione assegna all’amministrazione comunale competente per pronunciarsi su di una richiesta di permesso in sanatoria, senza che, appunto, detta amministrazione si sia pronunciata. Il ricorrente, richiamando a sostegno delle proprie argomentazioni pronunce di legittimità, ribadisce che il silenzio-rifiuto da parte della Pubblica Amministrazione non avrebbe in ogni caso potuto inibire il vaglio da parte della giurisdizione penale della persistente offensività della violazione del bene giuridico di rilevanza pubblica; il Tribunale avrebbe dovuto infatti verificare in termini concreti e attuali la possibile sanabilità della violazione commessa. Tale violazione di legge avrebbe condizionato la complessiva motivazione, essendosi limitato il giudicante a richiamare l’esito dell’istanza di sanatoria presentata e a collegarla illegittimamente ad un frammento della deposizione resa dal tecnico di parte firmatario della suddetta istanza. Il vizio di motivazione del provvedimento impugnato si sostanzierebbe nel fatto che il Tribunale avrebbe acriticamente aderito alla conclusione del tecnico del Comune senza entrare nel merito del progetto di sanatoria, travisando inoltre il contenuto della consulenza tecnica di parte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
L’unico motivo – con il quale si censurano la violazione di legge ed il vizio della motivazione del provvedimento impugnato relativamente all’inosservanza degli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001– è inammissibile. Diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, il Tribunale, nel motivare il rigetto dell’istanza di sospensione o revoca dell’ordine di demolizione, non ha imperniato la propria decisione sul solo diniego tacitamente espresso dalla Pubblica Amministrazione competente sulla richiesta di permesso in sanatoria – pur molto significativo – ma ha valorizzato altri elementi, come le dichiarazioni della teste Campisi, la quale ha riferito che la demolizione comunque non è stata effettuata e che a causa dei vincoli insistenti sulla zona ove l’immobile è costruito si tratta di una costruzione non sanabile. Inoltre, lo stesso consulente di parte ha aderito a tali conclusioni sottolineando che la sopraelevazione oltre il terzo piano non è sanabile; circostanza ammessa e non contestata dallo stesso ricorrente, il quale afferma di avere proposto un’istanza di sanatoria condizionata alla demolizione di parte dell’edificio. Ed è sufficiente ricordare che è illegittimo, e non determina l’estinzione del reato edilizio di cui all’art. 44, lettera b), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica (ex plurimis, Sez. 3, n. 28666 del 07/07/2020, Rv. 280281).
Nel caso di specie, dunque, non è ravvisabile alcuna ipotesi di violazione di legge, avendo operato il Tribunale nel rispetto dell’art. 36, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001, con adeguata e coerente motivazione in punto di fatto, a fronte di una prospettazione difensiva manifestamente infondata.

4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso il 09/11/2023