Cass. Sez. III n.42114 del 21 dicembre 2006 (c.c 21 nov. 2006)
Pres. Papa Est.Petti Ric. Ercolano
La variazione essenziale, a differenza della totale difformità, è sanzionata a norma dell'articolo 44 lettera a) .Se però l'intervento con variazioni essenziali è effettuato su immobili vincolati, come è avvenuto nella fattispecie, la violazione essenziale a nonna dell'ultimo comma dell'articolo 32 del testo unico sull'edilizia è parificata alla difformità totale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 21/11/2006
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - N. 1152
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 32101/2006
ha pronunciato la seguente:

 

 

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di Ercolano Maria Luisa, nata a Napoli il 23 marzo del 1949;
avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Chieti del 27 luglio del 2006;
udita la relazione svolta del Consigliere Dott. PETTI Ciro;
sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. D'AMBROSIO Vito, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito il difensore avvocato DE IULIIS Alessandro, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
letti gli atti.
osserva quanto segue:
IN FATTO
Con ordinanza del 27 luglio del 2006, il Tribunale del riesame di Chieti confermava il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari presso il medesimo tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di una veranda coperta di circa mq. 50, distinta con la lett."B" nella planimetria allegata al progetto di variante, di un gazebo di mq. 40 distinto con la lettera "L" nella planimetria allegata al progetto di variante, nonché della struttura in via di costruzione al centro della spiaggia, denominato "Punto Bar stagionale" nella planimetria di cui sopra; dell'area adibita a campo di beach volley, di cui al capo B) della rubrica, nonché dei beni mobili relativi (rete di recinzione e rete divisoria), il tutto in danno di Ercolano Maria Luisa, legale rappresentante dello stabilimento balneare "Lido Bianco" con sede in Francavilla a Mare, quale indagata per i seguenti reati:
a) per il reato p. e p. dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), perché, nella qualità di titolare della concessione demaniale marittima denominata "Lido Bianco", in assenza di permesso di costruire, aveva realizzato in area demaniale le sottoelencate opere:
1) tamponatura di una veranda coperta preesistente mediante realizzazione di un muretto in calcestruzzo e sovrastante installazione di infissi in vetro ed alluminio; 2) tamponatura di un gazebo in legno mediante realizzazione di muratura e sovrastante installazione di pannelli in plexiglas; 3) installazione di un gazebo su una superficie di circa 20 mq.;
b) per il reato p. e p. dall'art. 1161 c.n. perché, nella qualità di cui al capo a), occupava arbitrariamente oltre il 50% della spiaggia libera adiacente al lato nord del lido balneare oggetto della concessione di cui al capo a) installando, su una superficie di circa 220 mq. un campo da beach - volley ed una rete perimetrale di protezione al campo da gioco;
c) per il reato p. e p. D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, per avere realizzato le opere di cui al capo a) su area demaniale posta a meno di 300 metri dalla riva del mare senza essere in possesso dell'autorizzazione di legge. In Francavilla al Mare accertato il 15.6.2006.
Ricorre per Cassazione l'indagata per mezzo del proprio difensore denunciando:
la violazione dell'art. 125 c.p.p. e dell'art. 111 Cost., comma 7, per carenza assoluta della motivazione nella delibazione positiva del fumus commissi delicti, in quanto il tribunale aveva rigettato la richiesta di dissequestro, limitandosi ad adottare una formula apodittica e tautologica in ordine alla ritenuta sussistenza delle "specifiche difformità esistenti", con uno sbrigativo rinvio agli "accertamenti operati sui luoghi" senza l'esame dei titoli abilitativi e senza ulteriore specificazione, anzi aveva dato atto di non essere in possesso di elementi idonei a confutare la veridicità delle risultanze emerse in sede di accertamento;
la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, in quanto le opere riscontrate, quand'anche dovessero essere ritenute irregolari, non potrebbero essere classificate come difformità totali o variazioni essenziali, ma tutt'al più come variazioni non essenziali;
la violazione dell'articolo 321 c.p.p. per l'insussistenza del periculum in mora, trattandosi di opere ultimate che non comportano alcun aumento del carico urbanistico.
IN DIRITTO
Per delimitare il campo d'indagine devoluto a questa Corte, è opportuno premettere che in questa materia, a norma dell'art. 325 c.p.p., il ricorso per Cassazione può essere proposto solo per violazione di legge. Secondo l'orientamento prevalente di questa Corte, ribadito dalle Sezioni unite con la sentenza n. 2 del 2004, Ferrazzi, nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non l'illogicità della motivazione che è prevista come autonomo mezzo d'annullamento dall'art. 606 c.p.p., lett. e). Inoltre il controllo del giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell'accusa, ma deve limitarsi all'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato (cfr per tutte Cass Sez un 25 marzo 1993 Gifunni).
Ciò premesso, si rileva che tutti e tre i motivi sono infondati. Con riferimento ai primi due, che vanno esaminati congiuntamente perché logicamente connessi, premesso che in caso di conferma la motivazione del tribunale del riesame si integra con quella del provvedimento impugnato, si osserva che il collegio ha precisato che l'indagata aveva realizzato consistenti ampliamenti e modifiche nelle strutture aumentando la volumetria di alcuni locali e la tipologia di altri. Per quanto concerne l'analisi delle specifiche difformità il tribunale ha richiamato gli accertamenti compiuti dalla polizia che sono stati riportati nel capo d'imputazione. Quindi, contrariamente all'assunto dell'indagata t sono state specificate le singole difformità tanto è vero che esse sono state richiamate nello stesso ricorso. In particolare l'indagato, invece di installare un ombrellone, ha realizzato un gazebo ed ha chiuso il gazebo e la veranda preesistenti accorpando la veranda stessa al chiosco in modo da formare un unico ambiente ed aumentare così nel complesso la ricettività dello stabilimento. In tale modo ha, non solo modificato la volumetria dei preesistenti manufatti, ma anche trasformato in locali chiusi quelli che erano ambienti aperti. Il difensore assume che la tamponatura della veranda era stata già prevista nel progetto ed era stata autorizzata. In proposito si rileva che, per quanto concerne quest'ultimo manufatto, il tribunale ha dato atto che le difformità erano state segnalate dalla polizia giudiziaria e che in questa fase delle indagini non disponeva di elementi per contestare l'assunto della polizia. Siffatta valutazione va condivisa, in quanto solo nel prosieguo delle indagini, eventualmente mediante una perizia, si potrà stabilire se, per quanto concerne la sola veranda (per gli altri manufatti non v'è contestazione sulle difformità), le divergenze rilevate dalla polizia giudiziaria siano o no sussistenti.
Tanto premesso, si osserva che, a norma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, si verifica la difformità totale allorché l'opera realizzata è diversa per caratteristiche topologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quella oggetto del permesso stesso ovvero allorché vengono realizzati volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. In linea di massima sussiste la totale difformità allorché i lavori riguardino un'opera diversa per conformazione struttura, destinazione o ubicazione rispetto a quella assentita ovvero allorché vengono realizzati volumi oltre i limiti del progetto approvato. In quest'ultimo caso però l'opera abusiva deve presentare il duplice requisito dell'autonoma utilizzabilità e della specifica rilevanza. Per l'autonoma utilizzabilità non si richiede però che la struttura difforme sia separata da quella assentita, ma solo che sia suscettibile di un uso diverso o indipendente da quello dell'opera autorizzata (ad esempio trasformazione di un sottotetto in mansarda - Cass 5891 del 1990). Con riferimento alla specifica rilevanza, la norma si riferisce non ad una qualsiasi difformità ma a quella che abbia una rilevanza apprezzabile sia in modo oggettivo sia con riferimento alla struttura realizzata (Cfr cass. sez 3^ 3350 del 2004).
Si ha difformità parziale allorché le opere apportino variazioni circoscritte in senso qualitativo o quantitativo all'opera assentita. Un discorso a parte deve farsi per le variazioni essenziali alle quali si è fatto riferimento anche nel ricorso.
In proposito va rilevato che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 32, affida alle regioni il compito di definire le variazioni essenziali nel rispetto dei principi direttivi fissati dalla legge statale. In base a tali direttive non possono comunque considerarsi variazioni essenziali le situazioni che l'articolo 31 riconduce alle ipotersi di totale difformità e che l'essenzialità ricorre quando si verificano una o più delle situazioni indicate nell'art. 32 citato, tra le quali, per quello che rileva nella fattispecie, va segnalato l'aumento consistente della cubatura, escluso quello che incide sui volumi tecnici o sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
La variazione essenziale, a differenza della totale difformità, è sanzionata a norma dell'articolo 44 lettera a).Se però l'intervento con variazioni essenziali è effettuato su immobili vincolati, come è avvenuto nella fattispecie, la violazione essenziale a norma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 32, u.c., è parificata alla difformità totale.
L'accertamento della natura della variazione o della difformità richiede spesso approfondite indagini fattuali che sono riservate al giudice del merito. In questa fase si può ritenere che l'indagato costruendo un gazebo in luogo di un semplice ombrellone di tipo "hawaiano", ha realizzato un'opera tipologicamente e strutturalmente diversa da quella assentita e che, chiudendo la veranda ed un preesistente gazebo, ha, quanto meno, aumentato la cubatura della costruzione assentita realizzando una variazione essenziale. L'indagata ha inoltre recintato una parte rilevante della spiaggia asservendola allo stabilimento e sottraendola all'uso dei bagnanti. Tale intervento configura astrattamente l'ipotesi criminosa contestata giacché non possono sussistere dubbi sulla configurabilità del reato di occupazione di suolo demaniale. Invero, come risulta dal provvedimento impugnato, la concessione amministrativa all'uso della spiaggia non implicava la sua occupazione e la conseguente sottrazione all'uso pubblico. Anche il terzo motivo è infondato. Il reato di occupazione di suolo demaniale ha natura permanente e la permanenza non cessa con il completamento dell'opera ma si protrae per tutto il periodo in cui perdura l'occupazione mediante l'utilizzazione del bene. Il sequestro preventivo, evitando l'utilizzazione del bene, fa cessare la permanenza ed evita quindi l'aggravamento del reato. Con riferimento alle opere edili il tribunale con motivazione adeguata ha ritenuto configurabile concretamente un aggravio del carico urbanistico. Invero la struttura realizzata sull'arenile, in luogo del semplice ombreggio, era dotata di rete idrica ed elettrica e la chiusura della veranda aveva comportato una maggiore utilizzazione del servizio di ristorazione con conseguente aumento del carico urbanistico. In proposito le Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 2 del 2003, citata dallo stesso ricorrente, hanno statuito che l'utilizzazione dell'immobile costruito in violazione degli strumenti urbanistici vigenti non modifica il perfezionamento del reato già avvenuto e nulla aggiunge alla lesione del bene formalmente tutelato, che è quello del previo controllo pubblico sulle trasformazioni del territorio, ma sicuramente aggrava e prolunga la lesione dell'equilibrio urbanistico del territorio, che è il valore sostanziale al quale è finalizzato il controllo pubblico, e può aggravare il carico urbanistico. Nel caso in esame il tribunale si è attenuto al principio enunciato dalle Sezioni unite avendo accertato che con l'utilizzazione del bene, trattandosi di manufatti collegati alla rete idrica ed elettrica, sarebbe stato aggravato il carico urbanistico della zona e con l'occupazione della spiaggia sarebbe stata perpetuata l'occupazione dell'arenile.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 623 c.p.p. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2006