Cass. Sez. III n. 23718 del 8 giugno 2016 (Cc 8 apr 2016)
Presidente: Fiale Estensore: Mengoni Imputato: Pacera.
Urbanistica. Automaticità dell'acquisizione gratuita dell'opera e dell'area al patrimonio comunale

L'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione dell'opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire emessa dall'Autorità amministrativa determina l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera e dell'area pertinente, indipendentemente dalla notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza. (In motivazione la Corte ha precisato che detta notifica costituisce soltanto titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari).

 RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 23/9/2015, il Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento dell'istanza proposta da P.C. e R.O., sospendeva l'ordine di demolizione emesso dal locale Procuratore della Repubblica con riguardo alla sentenza del 20/3/1998, irr. 25/4/1998, limitatamente a due dei manufatti interessati, rigettandola nel resto. Rilevava, in particolare, che in ordine ai due fabbricati sussistevano le condizioni fissate dalla giurisprudenza di legittimità per disporre la sospensione, non anche in ordine al terzo, poichè destinato ad abitazione.

2. Propone ricorso per cassazione il P., a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:

- violazione degli artt. 172 e 173 c.p.; difetto di motivazione. Il Tribunale avrebbe erroneamente rigettato l'eccezione di prescrizione dell'ordine in esame, invero da accogliere alla luce della natura della sanzione stessa, come peraltro recentemente affermato da giurisprudenza di merito (Tribunale di Asti, sent. del 3/11/2014);

questa conclusione - fondata sul profilo punitivo della sanzione -

risulterebbe peraltro coerente con la giurisprudenza Edu, alla luce della quale non potrebbe più negarsi la natura penale dell'ordine di demolizione, con ogni conseguenza anche in punto di prescrizione;

- violazione della L. n. 724 del 1994; erronea valutazione dei documenti allegati alla domanda di condono. Il Giudice avrebbe negato la sospensione con riguardo ad uno dei manufatti, sul presupposto che sarebbe destinato ad abitazione; trattasi, però, di un'asserzione errata, in contrasto con quanto documentato in atti, dai quali detta destinazione non emerge affatto;

- violazione del divieto di bis in idem. L'ordine di demolizione emesso dal pubblico ministero sarebbe in contrasto con l'art. 4, prot. 7 CEDU, in quanto re iterativo di quello già emanato dal Comune di Ischia.

3. Con requisitoria scritta del 26/1/2016, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento, non essendosi il Tribunale pronunciato quanto al rapporto tra ordine di esecuzione disposto dalla pubblica amministrazione ed ordine ingiunzione emesso dal pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso risulta infondato; al riguardo, peraltro, la prima e terza doglianza possono essere trattate congiuntamente, attesane la sostanziale identità di ratio.

Con riguardo, innanzitutto, all'eccepita estinzione per decorso del tempo, osserva questa Corte che - come costantemente affermato in sede di legittimità - l'ordine di demolizione del manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della prescrizione di cui all'art. 173 c.p. in tema di arresto ed ammenda, avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio del bene-interesse violato, imposta per ragioni di tutela del territorio e con carattere reale, come tale priva di finalità punitive. Con la conseguenza, peraltro, che i relativi effetti ricadono sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l'autore dell'abuso, anche quando l'ordine medesimo sia emesso dall'autorità giudiziaria (tra le altre, Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540, cui si rinvia per l'ampia e diffusa trattazione dell'argomento, anche in relazione alle pronunce di merito indicate nel ricorso; negli stessi termini, Sez. 3, n. 36387 del 7/72015, Formisano, Rv. 264736; Sez. 3, n. 19742 del 14/4/2011, Mercurio, Rv. 250336); e con l'ulteriore conseguenza che tale ordine può essere emesso anche nell'ipotesi dell'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. indipendentemente dall'accordo delle parti ed eseguibile a prescindere dal decorso del termine previsto dall'art. 445 c.p.p., comma 2, (Sez. 3, n. 18533 del 23/3/2011, Abbate, Rv. 250291), dovendosi escludere la sua natura di pena accessoria (Sez. 3, n. 24087 del 07/03/2008, Caccioppoli, Rv. 240539;Sez. 6, n, 2880 del 10/06/2002 (dep. 2003), Gobbi, Rv. 223716.

5. Quanto precede si ricava dalla disciplina stessa della materia.

Ed invero, il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, prevede - con riguardo alle opere realizzate in assenza di permesso di costruire o in totale difformità, ovvero con variazioni essenziali - un'articolata disciplina volta alla demolizione delle stesse; in particolare, l'autorità comunale ingiunge al proprietario ed al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione dell'intervento; viene quindi concesso un termine di 90 giorni per adempiere, decorso inutilmente il quale il bene e l'area di semine vengono acquisiti di diritto, e gratuitamente, al patrimonio del Comune; l'opera acquisita è infine demolita con apposita ordinanza, salvo che con deliberazione consiliare "non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali". Lo stesso art. 31, inoltre, stabilisce che per le opere abusive di cui al medesimo articolo, il Giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 44, ordina la demolizione delle opere stesse se non sia stata altrimenti eseguita.

6. Questo complessivo dato normativo è prevalentemente interpretato nel senso che l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione dell'opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire emessa dall'Autorità amministrativa determina l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera e dell'area pertinente, indipendentemente dalla notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza (Sez. 3, n. 45705 del 26/10/2011, Perticaroli, Rv. 251321; Sez. 3, n. 22237 del 22/4/2010, Gotti, Rv. 247653; Sez. 3, n. 39075 del 21/5/2009, Bifulco, Rv. 244891; Sez. 3, n. 1819 dei 2/1072008, dep. 19/1/2009, Ercoli, Rv. 242254); ed invero, questa notifica - prevista dall'art. 31, comma 4, cit. - costituisce soltanto titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, e deve esser disposta allorquando, pur dopo il trasferimento di proprietà, il responsabile dell'abuso non voglia spogliarsi del bene.

L'effetto ablatorio, quindi, si verifica ope legis, alla scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di demolire.

7. Quanto, poi, all'ordine emesso dal Giudice (come nel caso di specie), trattasi di un provvedimento accessorio rispetto alla condanna principale e costituisce esplicitazione di un potere sanzionatorio, non residuale o sostitutivo ma autonomo rispetto a quelli dell'autorità amministrativa, attribuito dalla legge al Giudice penale (per tutte, Sez. U, n. 15 del 1976/1996, Monterisi, Rv. 205336, a mente della quale l'ordine di demolizione adottato dal Giudice ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all'esecuzione nelle forme previste da codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorchè applicativo di sanzione amministrativa. Di seguito, tra le altre, Sez. 3, n. 81 dell'11/11/2009, Dalia, Rv. 245892). E con la precisazione - decisiva nell'ottica della terza doglianza, nonchè delle considerazioni svolte dal Procuratore generale - per cui l'ordine emesso dal Giudice non costituisce giammai bis in idem rispetto a quello eventualmente disposto dall'autorità amministrativa, operando i due su distinti livelli e necessitando di un doveroso coordinamento, all'evidenza, soltanto in sede esecutiva;

quel che, pertanto, non obbligava il Giudice di Napoli a pronunciarsi sul punto, attesa la manifesta infondatezza della questione.

8. La disciplina in esame, peraltro, non si pone in contrasto con la normativa convenzionale richiamata nel ricorso.

Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di affermare (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, cit.) la compatibilità dell'ordine di demolizione e del sequestro eseguiti dopo la cessione a terzi del manufatto abusivo con le norme CEDU, come interpretate dalla Corte Europea con sentenza 20 gennaio 2009, nel caso Sud Fondi c/Italia (Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti e altri, Rv. 245918. Nello stesso senso, Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Arrigoni, Rv. 245403).

"Si è in quell'occasione precisato che proprio considerando le argomentazioni sviluppate dalla Corte di Strasburgo poteva ricavarsi che la demolizione, a differenza della confisca, non può considerarsi una "pena" nemmeno ai sensi dell'art. 7 C.E.D.U., perchè "essa tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge". Si osservava, inoltre, che la sentenza "nel mentre ha ritenuto ingiustificata rispetto allo scopo perseguito dalla norma, ossia mettere i terreni interessati in una situazione di conformità rispetto alle disposizioni urbanistiche, la confisca (anche di terreni non edificati) in assenza di qualsiasi risarcimento, ha invece espressamente ritenuto giustificato e conforme anche alle norme CEDU un ordine di demolizione delle opere abusive incompatibili con le disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente accompagnato da una dichiarazione di inefficacia dei titoli abilitativi illegittimi. Sembra quindi confermato che la invocata sentenza della Corte di Strasburgo non solo non ha escluso un sequestro o un ordine di demolizione dell'opera contrastante con le norme urbanistiche nei confronti di chiunque ne sia in possesso, anche qualora si tratti di terzo acquirente estraneo al reato, ma ha addirittura implicitamente ritenuto che una tale sanzione ripristinatoria può considerarsi giustificata rispetto allo scopo perseguito dalle norme interne di assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi e non contrastante con le norme CEDU richiamate dai ricorrenti". 10. Tali considerazioni vanno qui ribadite, ricordando anche come autorevole dottrina abbia recentemente ricordato, nel commentare la "sentenza Varvara" (Corte EDU Varvara c. Italia, del 29/10/2013) e la lettura datane dalla Corte Costituzionale (sent.

49/2015), che le sentenze della Corte europea non vanno interpretate ricorrendo all'apparato concettuale e linguistico proprio del diritto interno, in quanto la Corte, quando non utilizza termini che richiamano espressamente il significato che essi hanno nel diritto nazionale, utilizza nozioni definite "autonome", rilevando anche come un diverso approccio potrebbe portare a incomprensioni o distorsioni foriere di gravi conseguenze. 11. Alla luce delle considerazioni sopra svolte deve dunque pervenirsi alla conclusione che l'ordine di demolizione dell'immobile abusivo impartito dal giudice penale ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, diversamente da quanto sostenuto nell'impugnato provvedimento, non ha affatto natura di sanzione penale nel senso individuato dalla normativa CEDU, ostandovi non soltanto la qualificazione giuridica attribuitagli attraverso l'analisi giurisprudenziale, dianzi ricordata, ma anche il fatto che la demolizione imposta dal giudice, come si è più volte rilevato in precedenza, non ha finalità punitive. L'intervento del giudice penale si colloca, come pure si è detto, a chiusura di una complessa procedura amministrativa finalizzata al ripristino delle originario assetto del territorio alterato dall'intervento edilizio abusivo, nell'ambito del quale viene considerato il solo oggetto del provvedimento (l'immobile da abbattere), prescindendo del tutto dall'individuazione di responsabilità soggettive, tanto che la demolizione si effettua anche in caso di alienazione del manufatto abusivo a terzi estranei al reato, i quali potranno poi far valere in altra sede le proprie ragioni. L'intervento del giudice penale, inoltre, non è neppure scontato, dato che egli provvede ad impartire l'ordine di demolizione se la stessa ancora non sia stata altrimenti eseguita".

Il primo e terzo motivo, pertanto, risultano infondati.

9. Negli stessi termini, da ultimo, conclude il Collegio anche quanto al secondo. Ed invero, lo stesso risulta formulato in termini palesemente fattuali, con espresso richiamo alle caratteristiche ed alla metratura di uno degli immobili di cui all'istanza (quello escluso dalla sospensione); elementi che, per certo, non possono essere esaminati in sede di legittimità (come invece chiederebbe il ricorrente), laddove l'oggetto di indagine è limitato allo sviluppo logico-giuridico del provvedimento gravato, senza che possa procedersi ad una nuova e diversa valutazione delle emergenze istruttorie già esaminate in sede di merito.

10. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2016