Cass. Sez. III n. 36366 del 9 settembre 2015 (Cc 16 giu 2015)
Presidente: Squassoni  Estensore: Orilia Imputato: Faiola
Urbanistica.Atto abilitativo della P.A. e poteri di valutazione del giudice penale

In tema di reati edilizi, qualora emerga una difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l'intervento realizzato, per il quale sia stato rilasciato un titolo abilitativo, il giudice penale è in ogni caso tenuto a verificare incidentalmente la legittimità di quest'ultimo, senza che ciò comporti la sua eventuale "disapplicazione", in quanto tale provvedimento non è sufficiente a definire di per sé - ovvero prescindendo dal quadro delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, e dalle rappresentazioni di progetto alla base della sua emissione - lo statuto di legalità dell'opera realizzata. (Fattispecie in cui il tribunale del riesame aveva ritenuto illegittimi i permessi in sanatoria, posti a base dell'istanza di dissequestro, sol perché collegati a precedenti concessioni edilizie, a loro volta illegittime in quanto rilasciate da un funzionario condannato per concorso in lottizzazione abusiva. In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha annullato l'ordinanza impugnata per difetto di motivazione, censurando il mancato esame della documentazione amministrativa prodotta dai ricorrenti).


 RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma con ordinanza 25.11.2014 ha rigettato l'appello proposto da Faiola Giusepp contro il provvedimento del GIP che aveva a sua volta respinto l'istanza da lui proposta, quale terzo intestatario, per ottenere il dissequestro di alcuni immobili sequestrati nell'ambito di un procedimento penale per lottizzazione abusiva e confiscati con sentenza del Tribunale del 26.3.2008, confermata dalla Corte d'Appello con successiva sentenza 6.6.2012.

Il Tribunale ha motivato la decisione osservando che i permessi di costruire in sanatoria nn. 3110 e 3111 del 19.5.2014 rilasciati al ricorrente e da questi invocati a sostegno della richiesta, dovevano ritenersi illegittimi perchè collegati a due precedenti concessioni edilizie a loro volta illegittime in quanto rilasciate da funzionario condannato per concorso nel reato di lottizzazione abusiva.

2. Per l'annullamento della ordinanza, i difensori hanno proposto ricorso per cassazione denunziando con unico motivo ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), la mancanza e manifesta illogicità della motivazione e, comunque la mera apparenza e carenza della stessa: limitare l'analisi alla persona del funzionario autore del rilascio dei primi permessi ritenuti illegittimi nell'ambito di altro processo penale ancora sub iudice per dedurre la presunta illegittimità anche dei secondi (rilasciati oltre tutto da un diverso funzionario) senza estendere l'analisi alla correttezza dei nuovi atti amministrativi costituenti il presupposto, si risolve - secondo il ricorrente - in un evidente difetto motivazionale che vulnera di nullità l'impugnato provvedimento.

Precisa che il difetto motivazionale appare ancor più evidente ove si consideri che i permessi di costruire in sanatoria non si limitano a richiamare i primi, ma sono diretta conseguenza dell'adozione del nuovo piano particolareggiato, facendo riferimento alla relativa delibera di adozione presente integralmente in atti: ritiene quindi che l'indagine sulla legittimità dei permessi non possa prescindere dall'indagine sulla legittimità dell'adozione della citata variante al piano particolareggiato, che il Tribunale ha del tutto omesso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Il tema posto all'esame della Corte riguarda i limiti del controllo del giudice penale sull'atto amministrativo ai fini dell'accertamento della sussistenza di reati in materia urbanistica ed edilizia.

La questione, peraltro non nuova, è stata risolta in giurisprudenza con l'affermazione del principio secondo cui in materia urbanistica, qualora venga realizzata un'opera sulla base di una concessione edilizia in sanatoria, il giudice penale ha l'obbligo di sindacare in via incidentale l'eventuale illegittimità dell'atto amministrativo, trattandosi di un provvedimento che costituisce il presupposto dell'illecito penale, senza necessità di procedere alla disapplicazione del medesimo (cass. Sez. 3, Sentenza n. 26144 del 22/04/2008 Cc. dep. 01/07/2008 Rv. 240728; Sez. 3, Sentenza n. 41620 del 02/10/2007 Cc. dep. 13/11/2007 Rv. 237995; Sez. U, Sentenza n. 11635 del 12/11/1993 Ud. dep. 21/12/1993 Rv. 195359, Borgia).

Come precisato dalla sezioni unite con la sentenza Borgia da ultimo cit. non può ritenersi che, sussistendo l'accertata aporia dell'opera edilizia rispetto agli strumenti normativi urbanistici ovvero alle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale, il giudice penale debba ugualmente concludere per la mancanza di illiceità penale solo perchè sia stata rilasciata la concessione edilizia, la quale nel suo contenuto, nonchè per le caratteristiche strutturali e formali dell'atto, non è idonea a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell'opera realizzanda senza rinviare al quadro delle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle stesse rappresentazioni grafiche del progetto, a seguito della cui approvazione, tale atto amministrativo viene emesso.

Nè il limite anzidetto al potere di accertamento penale del giudice può essere posto evocando l'enunciato della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E, in quanto tale potere non è volto ad incidere sulla sfera dei poteri riservati alla pubblica amministrazione, e quindi ad esercitare un'indebita ingerenza, ma trova fondamento e giustificazione in una esplicita previsione normativa, la quale postula la potestà del giudice di procedere ad un'identificazione in concreto della fattispecie sanzionata. Al giudice penale non è affidato alcun, sindacato sull'atto amministrativo ma, nell'esercizio della potestà riconosciutagli, egli è tenuto ad accertare la conformità tra ipotesi di fatto (opera eseguenda o eseguita) e fattispecie legale, in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extra penale convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto l'illegittimità dei permessi in sanatoria ottenuti dal ricorrente sol perchè ancorati alle due precedenti concessioni del 2002 formate dal dirigente della Ripartizione Urbanistica del Comune di Fondi, condannato per concorso in lottizzazione abusiva per aver fornito il determinante contributo consistente nel rilascio delle descritte concessioni; ha ritenuto significativo il fatto che i due permessi in sanatoria non facessero alcun riferimento a tale illegittimità nè alla sussistenza di un accertamento in sede giudiziaria.

Un tale percorso argomentativo però si rivela meramente apparente perchè l'indagine che si richiedeva ai giudici di merito secondo i principi richiamati avrebbe dovuto comportare una verifica, seppur incidenter tantum, della correttezza dell'iter seguito dalla pubblica amministrazione sulla scorta della documentazione prodotta dal ricorrente (la Delib. G.M. 11 ottobre 2013, con cui è stata adottata la variante del piano particolareggiato di zona, la Convenzione per la cessione gratuita di aree standard al patrimonio comunale e l'Appendice alla cessione).

Invece, si è fatta semplicisticamente discendere l'illegittimità dei permessi in sanatoria sulla base di un mero sillogismo, basato sul rilievo che i nuovi provvedimenti in sanatoria richiamavano altre concessioni rilasciate da un funzionario sottoposto a procedimento penale, con evidente elusione del dovere di motivazione (in proposito va ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge (art. 325 c.p.p.), in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (tra le varie, cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 25932 del 29/05/2008 Cc. dep. 26/06/2008; Conf. S.U., 29 maggio 2008 n. 25933; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 43068 del 13/10/2009 Cc. dep. 11/11/2009).

Si rende necessario pertanto l'annullamento con rinvio affinchè il Tribunale di Roma in diversa composizione soggettiva proceda a rivalutare la legittimità del provvedimento operato sui beni del ricorrente tenendo conto dei principi di diritto esposti.

P.Q.M.

annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2015.