Cass. Sez. III n. 10444 del 23 marzo 2020 (CC  29 nov 2019)
Pres. Rosi Est. Zunica Ric. Luciani
Urbanistica.Ambito di applicazione dell’ordine di esecuzione  

L’ordine di demolizione del manufatto abusivo di cui all’art. 31 comma 9 del d.P.R. n. 380 del 2001 riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di “restitutio in integrum” dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari, nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione.


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 31 ottobre 2018, il Tribunale di Velletri, in sede esecutiva, rigettava l’istanza, avanzata nell’interesse di Antonio Luciani, finalizzata a ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione disposto a suo carico con sentenza di condanna resa il 5 luglio 2011 dal Tribunale di Velletri, divenuta irrevocabile il 14 novembre 2014, relativa a violazioni edilizie.
 2. Avverso l’ordinanza del Tribunale laziale, Luciani, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato, osservando in primo luogo che l’ordine di demolizione non era stato notificato al proprietario, ovvero al Comune di Velletri, che nelle more ha acquisito al proprio patrimonio il bene, il che presuppone, al fine di consentire l’esercizio della facoltà di dichiaralo di interesse pubblico, la necessità di essere informato dell’ordine demolitorio.
In secondo luogo, la difesa lamenta che l’ordine di demolizione è stato indebitamente esteso anche ai manufatti costruiti successivamente in aderenza a quello da demolire, in quanto ritenuti erroneamente complementari e accessori rispetto al manufatto principale, sebbene per tali opere penda altro procedimento penale, dovendosi peraltro considerare che in loco vi è pure l’abitazione edificata legittimamente da Luciani, di cui le altre opere costituiscono una pertinenza.
Dunque, l’esigenza della difesa non era tanto quella di ottenere la revoca della demolizione, ma quella di sospenderne l’esecuzione, in attesa dei procedimenti penali e amministrativi volti ad accertare la liceità o a regolarizzare tali opere.
Infine, la difesa si duole della mancata considerazione, da parte della Procura, del pericolo concreto di smottamenti in conseguenza della fase esecutiva della demolizione, avendo l’ing. Giulio Nardini precisato, nella sua relazione tecnica depositata in data 2 luglio 2018, sia che il ricorrente si era attivato per provvedere alle verifiche necessarie, sia che la demolizione parziale avrebbe comportato una notevole riduzione della capacità resistente della struttura residua, con notevole pregiudizio per la privata e pubblica incolumità.            
   
CONSIDERATO IN DIRITTO

        Il ricorso è infondato.
        1. Iniziando dal primo profilo di doglianza, occorre evidenziare che la questione dell’omessa notifica dell’ordine di demolizione al Comune non è dirimente, non avendo al riguardo Luciani uno specifico interesse rispetto a un tema che al più concerne l’ente comunale, fermo restando che, come ben osservato nell’ordinanza impugnata, la eventuale acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio del Comune non è incompatibile con l’ordine demolitorio.
       2. Quanto al secondo profilo, deve osservarsi che l’ordinanza impugnata non presta il fianco alle censure difensive, avendo il giudice dell’esecuzione rilevato, richiamando in tal senso la relazione tecnica redatta il 20 aprile 2017 dall’Ufficio Tecnico del Comune di Velletri, che per le opere oggetto della sentenza di condanna non era stato rilasciato, successivamente, alcun permesso in sanatoria e che per le opere realizzate in epoca successiva ai fatti di causa, parimenti non era presente alcun valido titolo abilitativo, tanto è vero che il Comune di Velletri, in data 13 luglio 2016, aveva emesso una ulteriore ordinanza di demolizione.
I tecnici comunali Veroni e Galli, incaricati della verifica, scaturita peraltro da un sopralluogo, avevano altresì accertato che in loco non erano presenti manufatti preesistenti al fabbricato di 900 mq. per cui è intervenuta condanna definitiva.
Orbene, alla luce di tale accertamento fattuale, cui è stato aggiunto il rilievo che alcuna documentazione circa eventuali ricorsi giurisdizionali era stata allegata, il giudice dell’esecuzione è pervenuto alla ragionevole conclusione secondo cui la demolizione avrebbe dovuto riguardare sia le opere oggetto della sentenza di condanna, sia quelle accessorie e complementari eseguite successivamente sine titulo, sulle quali si riverbera il carattere abusivo delle costruzioni originarie, ciò in coerenza con il condiviso orientamento di questa Corte (Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016, dep. 2017, Rv. 268831 e Sez. 3, n. 21797 del 27/04/2011, Rv. 250389), secondo cui l’ordine di demolizione del manufatto abusivo di cui all’art. 31 comma 9 del d.P.R. n. 380 del 2001 riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di “restitutio in integrum” dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari, nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione.
Pertanto, come correttamente rilevato anche dal Procuratore generale, la doglianza difensiva deve ritenersi non meritevole di accoglimento, anche perché formulata in termini non adeguatamente specifici.
       3. In ordine infine all’ultimo profilo di doglianza, non può che osservarsi che, come sottolineato nell’ultimo passaggio argomentativo dell’ordinanza impugnata, di eventuali rischi per l’incolumità pubblica e privata si dovrà di certo tenere conto in sede esecutiva, dovendo essere garantita la sicurezza dei luoghi e delle persone al momento della demolizione, per cui sarà necessaria, ovviamente, un’accurata verifica prima durante e dopo il ripristino dello status quo ante.
       4. In definitiva, stante l’infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse di Luciani va rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento, ex art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29/11/2019