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Cass. Sez. III sent. 40843 del 10 novembre 2005 (ud. 11 ottobre 2005)
Pres. Papadia Est. Petti Ric. Daniele
Urbanistica – Interventi edilizi su abuso preesistente

La ricostruzione e ristrutturazione di una vecchia terrazza non può qualificarsi intervento di manutenzione straordinaria non soggetto a concessione(ora permesso) anche se non ha comportato modificazione della sagoma o dei volumi preesistenti, giacché gli interventi di manutenzione straordinaria sottoposti alla sola autorizzazione(ora denuncia d'inizio d'attività) presuppongono che l'edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente. L'intervento su una costruzione abusiva, ancorché l'abuso non sia stato represso, costituisce ripresa dell'attività criminosa originaria integrante un nuovo reato identico a quello precedente e non attività irrilevante sotto il profilo penale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 11/10/2005
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 1786
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 27547/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DANIELE IOLANDA, nata a Catanzaro il 21 gennaio 1939;
avverso la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro del 19 marzo 2003;
udita la relazione svolta del consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale in persona del Dott. Mario Fraticelli, il quale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essersi i reati ascritti estinti per prescrizione;
sentito il difensore il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
Letti il ricorso e la sentenza denunciata;
osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 19 marzo 2003, la Corte d'appello di Catanzaro confermava quella pronunciata dal tribunale della medesima città, con cui Daniele Iolanda era stata condannata alla pena di gg. 12 di arresto ed E. 3700,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, quale responsabile dei seguenti reati:
a) della contravvenzione di cui all'art. 20 lett. b) legge 28 febbraio 1985 n. 47 per avere installato una tettoia in ferro con pannelli d'alluminio in assenza della prescritta concessione edilizia;
b) della contravvenzione di cui agli artt. 17 e 18 e 20 legge n. 64 del 1974 per avere eseguito i lavori anzidetti in zona sismica senza notificare preavviso al sindaco ed all'ufficio del genio civile ed omettendo la contestuale trasmissione del relativo progetto. Fatti accertati in Catanzaro il 3 giugno del 2000.
A sostegno della decisione la corte territoriale osservava che la tettoia menzionata nel capo d'imputazione era in realtà un "terrazzo coperto" perché il manufatto era completamente chiuso con lamierato ed era stato adibito a spazio sfruttabile annesso all'abitazione e per tale ragione non rientrava ne' tra le interventi di manutenzione straordinaria ne' tra le pertinenze;che i reati non si erano prescritti in quanto non risultava che l'opera risalisse al 1990,anzi avendo caratteristiche diverse dall'originaria tettoia, peraltro anch'essa abusivamente costruita, era soggetta a provvedimento concessorio.
Ricorre per cassazione l'imputata denunciando:
a) la nullità della sentenza per la violazione degli artt. 521,522 e 192 c.p.p. in relazione all'art. 606 lettere b) e c) perché la corte territoriale, qualificando il manufatto in questione come terrazzo coperto completamente chiuso con del lamierato, aveva affermato la responsabilità della prevenuta per un fatto diverso da quello contestato; inoltre la tettoia, non essendo suscettibile di autonoma utilizzazione,andava qualificata come pertinenza dell'abitazione della quale costituiva "un vano accessorio"; infine quello in questione non configurava un intervento di nuova costruzione, ma di manutenzione straordinaria consistito nel rifacimento del tetto di un precedente manufatto: trattandosi di pertinenza e di intervento di manutenzione straordinaria non era necessaria alcuna concessione edilizia;
b) violazione dell'articolo 157 c.p. per l'omessa declaratoria di estinzione di entrambi i reati per prescrizione: quella costruzione era stata completata nel 1992 e non già nell'arco di dieci anni come ritenuto dai giudici di merito; il cambiamento del materiale di copertura non poteva essere considerato come atto di completamento dell'opera iniziata dieci anni prima, trattandosi di mero intervento di manutenzione a causa dell'usura del tempo;
c) violazione degli artt. 17, 18 e 20 legge n. 64 del 1974 perché, per la natura della struttura in questione, non era necessaria alcuna denuncia al competente ufficio del Genio civile.
DIRITTO
Il ricorso è fondato solo con riferimento alla estinzione del reato di cui al capo b) per prescrizione.
La corte territoriale, qualificando l'opera in questione come "terrazzo coperto"adibito a spazio sfruttabile annesso all'abitazione non ha affermato la responsabilità dell'imputata per un fatto diverso da quello contestato, con conseguente violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, giacché non ha apportato alcuna modificazione agli elementi essenziali del fatto, ma ha solo qualificato in maniera diversa l'opera. La riprova dell'assenza di qualsiasi violazione del diritto di difesa si trae dal fatto che l'affermazione della corte territoriale, secondo la quale quel manufatto era stato adibito a "spazio sfruttabile annesso all'abitazione", coincide con la qualificazione data all'opera dalla stessa ricorrente allorché alla pagina due del ricorso l'ha qualificata "vano accessorio" adibito a servizio dell'abitazione. D'altra parte la corte ha parlato di "terrazzo coperto" perché la tettoia in questione, come precisato nella sentenza di primo grado, serviva da copertura al terrazzo dell'abitazione in uso alla prevenuta. Ciò chiarito, occorre stabilire se quel manufatto accessorio all'abitazione principale ab origine richiedesse la concessione edilizia(ora permesso di costruire) o configurasse un intervento di manutenzione straordinaria disciplinato dagli artt 31 e 48 legge 5 agosto 1978 n. 547, per il quale non era necessaria la concessione essendo sufficiente la semplice autorizzazione sindacale, della quale comunque l'imputata era sprovvista, ovvero un 'opera pertinenziale, per la quale ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 25 del 1982 era sufficiente l'autorizzazione gratuita, della quale la prevenuta era pure sprovvista. L'opera in questione non puo' qualificarsi ne' come intervento di manutenzione straordinaria sull'immobile al quale accedeva ne' come pertinenza. In base all'articolo 31 legge n 457 del 1978 si consideravano interventi di manutenzione straordinaria non soggetti alla concessione edilizia (ora permesso) le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici nonché per realizzare ed integrare i servizi igienici sempre che non alterassero i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari. La definizione è stata sostanzialmente riprodotta nell'articolo 3 del D.leg.vo n. 380 del 2001. Il manufatto in questione ab origine non poteva qualificarsi intervento di manutenzione straordinaria diretto al recupero di un edificio preesistente perché non era finalizzato al recupero e comunque modificava la sagoma dell'edificio nonché la superficie utilizzabile. Tale opera non era una pertinenza in senso urbanistico. Invero, secondo la giurisprudenza di questa corte, la nozione di "pertinenza urbanistica", ha peculiarità specifiche, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi invero, di un'opera che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale - preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso (Cass. 5331 del 1992; 8835 del 1989; Cass n. 4134 del 1998). In altre parole, pur essendo destinata a servizio ed ornamento di un edificio, deve avere una propria autonomia funzionale e non deve costituire parte integrante dell'edificio al quale accede. Invece nella fattispecie l'opera in questione costituiva parte integrante dell'edificio al quale accedeva, come riconosciuto dalla stessa ricorrente che la qualifica "vano accessorio" dell'unità abitativa. Orbene per giurisprudenza consolidata di questa sezione la chiusura, con vetro ed alluminio o altri elementi, di balconi, la trasformazione di terrazzi, tettoie ecc in verande ed in genere ogni opera diretta ad asservire spazio all'abitazione principale non costituisce intervento di manutenzione straordinaria ne' pertinenza, ma ampliamento del fabbricato e come tale integrante in difetto di concessione il reato di cui all'art. 20 lett. b) legge n. 47 del 1985, ora quello di cui all'art. 44 lett. b) D.legvo n. 380 del 2001 (cfr. Cass. 12274 del 1987, 5129 del 1983;3160 del 2002).
Allorché la prevenuta ha provveduto alla ricostruzione o comunque alla ristrutturazione della vecchia "tettoia" ha posto in essere una nuova attività criminosa funzionalmente connessa a quella precedente per la quale la permanenza era cessata con il completamento della costruzione. La ricostruzione e ristrutturazione della vecchia terrazza non può qualificarsi intervento di manutenzione straordinaria non soggetto a concessione (ora permesso) anche se non ha comportato modificazione della sagoma o dei volumi preesistenti, giacché gli interventi di manutenzione straordinaria sottoposti alla sola autorizzazione (ora denuncia d'inizio d'attività) presuppongono che l'edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente. L'intervento su una costruzione abusiva, ancorché l'abuso non sia stato represso, costituisce ripresa dell'attività criminosa originaria integrante un nuovo reato identico a quello precedente e non attività irrilevante sotto il profilo penale. In altre parole, allorché l'opera abusiva perisca in tutto o in parte, il prop tario non acquista il diritto di ricostruirla o comunque di ristrutturarla senza alcun titolo abilitativo anche se originariamente l'abuso non sia stato represso. Legittimamente quindi è stata affermata la responsabilità della prevenuta per la nuova attività posta in essere. La data di consumazione del reato di cui al capo A) è stata quindi correttamente fissata al 3 giugno del 2000 allorché è stata ricostruita e completata la vecchia "tettoia". Il reato non si è prescritto perché il processo già fissato per l'udienza del 2 dicembre del 2004 ossia in epoca antecedente la maturazione del termine prescrizionale, si è dovuto interrompere con ordinanza collegiale, perché all'epoca erano ancora pendenti i termini per proporre la domanda di sanatoria, fino all'odierna udienza, prima utile dopo la cessazione della causa che aveva determinato l'interruzione.
Il reato di cui al capo b), essendo punito con la sola pena dell'ammenda si era già prescritto al momento dell'interruzione. Il ricorso, ancorché infondato, non può considerarsi manifestamente tale. L'insussistenza del reato di cui al capo b) non appare evidente perché qualsiasi costruzione, riparazione o sopraelevazione realizzata in zona sismica deve essere preventivamente denunciata all'ufficio tecnico regionale per consentirgli i controlli del caso, a prescindere dal titolo abilitativo richiesto.
Per le considerazioni sopra svolte, relativamente alla contravvenzione sub b), la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, con la conseguente eliminazione della relativa pena di gg. 2 di arresto ed E. 100,00 di ammenda.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 620 c.p.p..
ANNULLA senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo b) perché estinto per prescrizione. Elimina la relativa pena di gg. 2 di arresto ed E. 100,00 di ammenda Rigetta nel resto il ricorso. Ordina trasmettersi copia della sentenza all'ufficio tecnico della Regione Calabria.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre del 2005.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2005