TAR Lazio (RM), Sez. II-Bis, n. 8343, del 19 settembre 2013
Urbanistica. Zonizzazione urbanistica e limitazione al diritto di proprietà.

La zonizzazione del territorio, con i connessi vincoli è connaturata normalmente alla pianificazione urbanistica comunale e non può essere considerata ex se un’azione ablatoria, in quanto la possibilità che il diritto di proprietà subisca limitazioni in ragione dell’interesse pubblico costituisce un rischio fisiologico connesso al diritto stesso. A ciò va aggiunto che le evenienze generatrici di affidamento “qualificato”, sulla scia della giurisprudenza ormai consolidata, sono ravvisate in ragione dell’esistenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra Comune e proprietari, giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione. In mancanza di tali evenienze, infatti, non è configurabile un’aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria, ma una mera spes e quindi solo l’aspettativa generica ad una reformatio in melius, analoga a quella di qualunque altro proprietario di aree che aspiri all’utilizzazione più proficua dell’immobile, posizione cedevole rispetto alle scelte urbanistiche dell’Amministrazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 08343/2013 REG.PROV.COLL.

N. 05288/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 5288 del 2008, proposto dalla Soc. FE.NO 1984 COSTRUZIONI a rl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Pallottino, Paolo Stella Richter e Pasquale Di Rienzo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Oslavia, 12;

contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Elisa Caprio, con domicilio eletto presso gli Uffici dell’Avvocatura regionale in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
- il COMUNE di ROMA (ora Roma Capitale), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall' avv. Andrea Magnanelli, con lo stesso elettivamente domiciliato in Roma, presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina, in via Tempio di Giove, 21;

per l'annullamento

della Delibera del Consiglio Comunale di Roma n. 18 del 12.2008, di ratifica dell’Accordo di Pianificazione inerente al Nuovo Piano Regolatore Regionale del Comune sottoscritto dal Presidente della Giunta Regionale e dal Sindaco di Roma nonché di approvazione del Nuovo PRG del Comune ai sensi dell’ art.66 bis della l.r. n. 38 del 1999; della Delibera di Giunta regionale n. 80 dell’8.2.2008 di ratifica dell’Accordo di Pianificazione inerente il Nuovo PRG del Comune di Roma e di ogni altro atto preordinato, connesso e/o conseguente al provvedimento pianificatorio impugnato.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Roma (ora Roma Capitale) e della Regione Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2012 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. La Società FE.NO 1984 COSTRUZIONI a rl – proprietaria di un terreno situato nel Comune di Roma (ora Roma Capitale), in Catasto al Foglio 224, all.441, part.lle nn.211 e 224, sito all’interno del comprensorio dell’Acqua Traversa, con accesso da via Roccaraso, disciplinato dalla Convenzione urbanistica atto Notaio Russo Aiello, rep. 42397 del 1935, già ricompreso nel P.P.A adottato dal Comune di Roma con delibera C.C. n.4145 del 1982 e inserito tra le aree omogenee di tipo B del DM 1444 del 1968 – riferisce che, per effetto degli impegni assunti dalla proprietà anche per la partecipazione alla cessione di aree gratuite in zona al Comune, la vocazione edificatoria del terreno è stata ripetutamente confermata in vari atti dello stesso Comune.

Sulla base di tali diritti alla edificabilità acquisiti unitamente ai terreni, la società in data 7.8.1989 ha presentato al Comune di Roma istanza (poi integrata in data 7.3.1991), per il rilascio della concessione edilizia per la costruzione di un villino signorile, nel rispetto del regime convenzionale di zona. Su quest’istanza si sarebbe formato il silenzio rifiuto comunale, impugnato con separato ricorso RG n.5987/1991, all’esame dell’odierna udienza.

Nel frattempo in data 14.2.2000 la ricorrente ha presentato la medesima istanza di concessione edilizia, già presentata in data 7.3.1991, e il Comune con la D.D. 19.12.2001, n. 1875 ha sospeso il rilascio della concessione edilizia richiesta per pretesa contrarietà con la variante al PRG c.d. “Piano delle Certezze”, adottata con delibera C.C. n. 92 del 1997 (entrambi i provvedimenti impugnati con atto recante motivi aggiunti al ricorso RG 5987/1991, notificato in data 10.4.2001). Nelle more della fissazione del ricorso il Comune ha adottato il Nuovo PRG, riconfermando per l’area la destinazione a verde e servizi pubblici. A seguito di ciò la società ha presentato osservazioni, rigettate dalla delibera di controdeduzioni per la pretesa valenza ambientale della zona e carenza di standard urbanistici.

Da ultimo il Nuovo PRG del Comune, approvato con le delibere in epigrafe, ha trasformato la vigente disciplina del lotto della ricorrente destinandolo a “verde pubblico e servizi pubblici di livello locale” (Tav.3.10).

Avverso le delibere regionale e comunale indicate in epigrafe la società ha proposto ricorso dinanzi a questo Tribunale, deducendo quali motivi 1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 134 e 142 del dlgs. n. 42 del 2004, degli artt. 19 e 22 della l.r. n. 24 del 1998. Violazione del giudicato esterno. Eccesso di potere per errore nei fatti presupposti, insufficiente istruttoria, contraddittorietà ed illogicità manifesta, le delibere in questione avrebbero espunto il terreno dal perimetro della zona convenzionata dell’Acqua Traversa, sul presupposto del particolare valore ambientale del settore, senza tener conto delle pronunce del Tar (sez. I ter n. 71/1996) e del Consiglio di Stato (sez. VI, 24.11.2000, n. 6245), aventi efficacia erga omnes, disponendo l’annullamento del vincolo paesistico imposto sul comprensorio dal DM 12.12.1991, ai sensi della legge n. 1497 del 1939.

Infatti, neanche il PTP n. 15/7 Veio Cesano, approvato con l.r. n. 24 del 1998 avrebbe mai trovato applicazione al terreno della società, tenuto conto dell’art. 19 di detta legge regionale che limita gli effetti dell’approvazione del PTP alle aree e ai beni dichiarati di notevole interesse pubblico e a quelli sottoposti a vincolo paesistico.

Inoltre, l’area in questione non rientrerebbe nella definizione di bene paesaggistico di cui all’art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004. Alla data del 6.9.1985 l’intero comprensorio della zona convenzionata dell’Acqua Traversa risultava ricompreso nel perimetro del piano pluriennale di attuazione adottato con delibera C.C. n. 4145 del 1982 nonché in zona omogenea di tipo B, ai sensi dell’art.1 del DM n.1444 del 1968.

2) Eccesso di potere per illogicità, disparità di trattamento e contraddittorietà con precedenti atti della medesima amministrazione comunale, la motivazione del Comune e della Regione a sostegno della nuova destinazione a Verde pubblico e servizi, attribuita al terreno della ricorrente, ovvero la pretesa carenza di standard per la zona dell’Acqua Traversa sarebbe infondata alla luce anche dell’art. 48, comma 3, lett. f) delle NTA, che ammette interventi di nuova edificazione nella zona tessuto T3-espansione novecentesca della “Città consolidata”, nel cui ambito rientra la zona convenzionata dell’Acqua Traversa: alla espressa previsione di nuove costruzioni da adibire ad attività collettive dovrebbe essere consentita la costruzione di abitazioni singole con carico urbanistico e peso insediativo più basso rispetto a quello dei servizi collettivi.

3) Violazione dell’art.10 l. n. 1150/1942 e dell’art. 3 l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per falsità dei presupposti e contraddittorietà con precedenti atti della stessa amministrazione. Eccesso di potere per totale assenza di istruttoria ed insufficiente motivazione le ragioni addotte sull’assenza di standard urbanistici della zona sarebbe illogica e contraddittoria, non tenendo conto degli standard previsti dalle precedenti delibere C.C. del 1992 e del 1995; da qui la carenza di istruttoria e della motivazione, in considerazione anche delle precedenti pronunce del Tar e del Consiglio di Stato citate.

4) Violazione del regime urbanistico convenzionato del comprensorio. Violazione del giudicato. Violazione e falsa applicazione del DM 1444 del 12.4.1968. Violazione degli accordi intervenuti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria,erronea motivazione e per indebito arricchimento, le condizioni per la edificabilità della zona si sarebbero realizzate per effetto degli atti adottati precedentemente dall’Amministrazione nonché a seguito delle predette pronunce giurisdizionali, con la conseguente operatività della convenzione anche a vantaggio del terreno in questione.

5) Violazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 della l.n. 1150 del 1942. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà della istruttoria, le variazioni apportate alle norme delle NTA rispetto a quelle del precedente strumento urbanistico sarebbero pari al 30 per cento, con 13 nuovi articoli e l’introduzione del contributo straordinario nonché gli aggiustamenti grafici e le modifiche delle originarie previsioni in materia di compensazione edificatoria e di densità edilizia, con conseguente approvazione di uno strumento urbanistico sostanzialmente diverso da quello adottato.

6) Violazione dell’art. 16 del d.P.R. 380 del 2001 e dell’art. 28 della l.n. 1150 del 1942. Violazione dell’art. 97 Cost. sui principi cardine dell’azione amministrativa. Violazione della riserva di legge in materia di imposizione di prestazioni patrimoniali, art. 23 Cost. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, il contributo straordinario di cui all’art. 20 delle NTA, applicabile anche ai terreni in questione sarebbe illegittimo in quanto imposto senza la preliminare indicazione dei criteri di individuazione delle “rilevanti valorizzazioni immobiliari” soggette a tale gravoso onere, mancando altresì i criteri per la quantificazione esatta dell’onere aggiuntivo imposto e soprattutto in assenza di una legge che lo prevede espressamente, in violazione dell’art. 23 della Costituzione.

7) Violazione degli artt. 28 e ss. e dell’art. 66 bis della l.r. n.38 del 1999. Violazione dell’art. 27.1 della l.r. n. 24 del 1998 e dell’art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004, la fase di approvazione del Nuovo PRG ha coinciso con l’approvazione delle modifiche ai PTP e l’adozione del PTRP che riassume e coordina i piani territoriali paesistici approvati. La sovrapposizione di tali strumenti di programmazione urbanistica e paesaggistica, pubblicati in data 14.2.2008, avrebbe comportato uno stravolgimento delle procedure previste per legge: la errata perimetrazione del terreno non modificata dal PRG ormai approvato né dal PTPR, che ha recepito la valutazione comunale di “rilevante valore ambientale”, facente parte di “parchi e riserve naturali”, senza la possibile ammissione di osservazioni in contrasto con il PRG approvato.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma (ora Roma Capitale) per resistere al ricorso, chiedendone la reiezione attesa l’infondatezza dei motivi.

In prossimità dell’udienza pubblica parte ricorrente ha prodotto documentazione e memoria difensiva fornendo ulteriori argomentazioni ai fini della difesa.

Con successiva memoria Roma Capitale ha replicato alle argomentazioni di parte ricorrente con articolate considerazioni e rilievi e ha concluso per la reiezione del ricorso.

All’udienza pubblica del 20 dicembre 2012 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Preliminarmente, si osserva che il gravame in esame è stato preceduto da altri ricorsi proposti dalla società ricorrente per l’annullamento, tra l’altro, di atti pianificatori limitativi dell’edificabilità sul terreno in questione (RG. N. 5987/1991) nonché delle delibere regionali di adozione del PTPR, recante la classificazione dell’area tra i “parchi e riserve naturali” (RG n. 4005/2008), entrambi i ricorsi all’esame dell’odierna udienza.

3. Nel merito il ricorso presenta profili di infondatezza per le ragioni di seguito riportate.

3.1. Come precedentemente rappresentato, parte ricorrente contesta con il primo e secondo motivo – esaminati congiuntamente per economia espositiva - le delibere impugnate con riferimento alla destinazione urbanistica assegnata all’area (verde pubblico e servizi pubblici di livello locale) e la conseguente inedificabilità della stessa; lamenta che il terreno risulterebbe espunto dal perimetro della zona convenzionata dell’Acqua Traversa, sul presupposto del particolare valore ambientale del settore (non tenendo conto dell’annullamento del vincolo paesistico imposto sul comprensorio dal DM 12.12.1991, ai sensi della legge n. 1497 del 1939, a seguito delle pronunce del Tar - sez. I ter n. 71/1996 - e del Consiglio di Stato -sez. VI, n. 6245/2000 - aventi efficacia erga omnes) e della carenza di standard urbanistici (senza considerare che, invece, all’area Convenzionata dell’Acqua Traversa, rientrando nella zona tessuto T3-espansione novecentesca della “Città consolidata”, troverebbe applicazione l’art. 48, comma 3, lett. f) delle NTA - che ammette interventi di nuova edificazione da adibire ad attività collettive - e dovrebbe essere consentita la costruzione di abitazioni singole con carico urbanistico e peso insediativo più basso rispetto a quello dei servizi collettivi).

3.2. Al riguardo, va innanzitutto rilevato che la qualificazione urbanistica assegnata all’area dalle delibere impugnate di approvazione del NPRG confermano e recepiscono le previsioni di inedificabilità già contenute nella delibera di adozione della Variante al PRG del Comune c.d. Piano delle Certezze, destinando l’area a “verde pubblico e servizi pubblici di livello locale” (Tav.3.10).

A tale proposito, osserva il Collegio che, in sede di pianificazione generale costituisce principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui le scelte effettuate dall’Amministrazione, all’atto dell’adozione del PRG sulle destinazioni delle singole aree, costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità (cfr. Cons.Stato, Ad.Plen.22 dicembre 1999, n.24; idem, sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5869; idem, 30 luglio 2012, n. 4319); infatti, in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, l'Amministrazione ha la più ampia discrezionalità nell'individuare le scelte ritenute idonee per disciplinare l'uso del proprio territorio (e anche nel rivedere le proprie precedenti previsioni urbanistiche), valutando gli interessi in gioco e il fine pubblico, e tra l’altro non deve fornire motivazione specifica delle singole scelte urbanistiche (cfr. con riferimento al NPRG del Comune di Roma, Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2011, n.6049; Tar Lazio, sez. II bis, 18 aprile 2011, n. 3347).

In tal senso, la scelta compiuta in un PRG (o in una Variante) di imprimere una particolare destinazione urbanistica ad una zona non necessita di particolare motivazione delle singole scelte operate, in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali – di ordine tecnico-discrezionale - seguiti nell’impostazione del piano, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifiche considerazioni (cfr. Cons.Stato, sez. IV, 7 aprile 2010, n. 1986; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 15 aprile 2010, n. 1089; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 15 aprile 2010, n. 357; Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 novembre 2010, n. 8074).

Peraltro, in sede di adozione di nuovo strumento urbanistico l’Amministrazione può introdurre anche innovazioni per migliorare le vigenti prescrizioni urbanistiche alle nuove esigenze, e ciò anche nel caso in cui la scelta effettuata imponga sacrifici ai proprietari interessati e li differenzi rispetto agli altri che abbiano già proceduto all’utilizzazione edificatoria dell’area secondo la previgente destinazione.

In ogni caso, in materia di pianificazione urbanistica, occorre tener conto della congruenza delle scelte con le linee di sviluppo del territorio illustrate nella relazione tecnica e documenti accompagnatori. Al riguardo, la giurisprudenza ritiene che sia sufficiente proprio detta congruenza delle scelte, attenuando così in tali casi l’onere motivazionale degli strumenti di piano che si risolve nella mera indicazione della congruità con le direttrici di sviluppo del territorio esposte nella relazione tecnica o più in generale nei documenti che accompagnano la predisposizione del piano stesso (cfr, da ultimo, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 19 luglio 2011, n. 1088).

In particolare, osserva il Collegio che l’impugnato NPRG della città di Roma “persegue gli obiettivi della riqualificazione e valorizzazione del territorio, secondo i principi della sostenibilità ambientale e della perequazione urbanistica e nel rispetto dei criteri di economicità, efficacia, pubblicità e semplificazione dell’azione amministrativa” (art.1, comma 2, NTA).

Il complesso procedimento che ha portato all’approvazione del NPRG, a seguito anche dell’Accordo di Pianificazione sottoscritto tra Comune e Regione, come risultante dalla sua articolata documentazione, denota da parte dell’Amministrazione lo svolgimento di un percorso istruttorio procedimentale con l’esame delle situazioni di pianificazione urbanistiche pregresse, tenendo conto così di una continuità delle scelte già operate, consentendo i processi di trasformazione sulla base di alcune “invarianti” quali, tra le altre, la scelta ambientale (ripresa dalla disciplina del c.d. Piano delle Certezze, così come indicato anche nelle Relazioni di accompagnamento alle Delibere in questione).

Inoltre, va rilevato che le scelte pianificatorie, alla luce della strutturata sequenza procedimentale di approvazione degli strumenti urbanistici in questione, con la peculiare procedura “a formazione progressiva” e il passaggio tra più atti, con la Conferenza di Copianificazione, sono state sottoposte ad una fase di riesame e di verifica delle “compatibilità di sistema” con la possibilità anche di eventuali modifiche formali o di dettaglio (e, in tale sede, non risultano rilievi riguardo il caso di specie), senza la necessità – come in seguito precisato – né di un ritorno degli atti in Consiglio comunale né di una ripubblicazione del PRG (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 settembre 2009, n. 5818; idem, 13 luglio 2010, n. 4546).

Pertanto, nel richiamare in generale quanto sopradetto riguardo la natura ampiamente discrezionale degli atti comunali di pianificazione urbanistica, si precisa che i proprietari delle aree investite dall’esercizio in concreto della potestà pianificatoria hanno una mera aspettativa e non un interesse legittimo a che le scelte di piano accontentino le loro aspirazioni; o comunque non peggiorino la loro precedente situazione edificatoria (il che nella specie non si è verificato attesa la destinazione dell’area già prevista dalla determinazione urbanistica immediatamente precedente in Variante), salvo le particolari situazioni di aspettativa e affidamento.

D’altra parte va evidenziato che la zonizzazione del territorio, con i connessi vincoli è connaturata normalmente alla pianificazione urbanistica e non può essere considerata ex se un’azione ablatoria, in quanto la possibilità che il diritto di proprietà subisca limitazioni in ragione dell’interesse pubblico costituisce un rischio fisiologico connesso al diritto stesso (cfr. Corte Cost. 20 maggio 1999, n. 179).

A ciò va aggiunto che le evenienze generatrici di affidamento “qualificato”, sulla scia della giurisprudenza ormai consolidata, sono ravvisate in ragione dell’esistenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra Comune e proprietari, giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. II, 20 aprile 2010, n. 2034: Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 2 marzo 2011, n. 1950). In mancanza di tali evenienze, infatti, non è configurabile un’aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria, ma una mera spes e quindi solo l’aspettativa generica ad una reformatio in melius, analoga a quella di qualunque altro proprietario di aree che aspiri all’utilizzazione più proficua dell’immobile, posizione cedevole rispetto alle scelte urbanistiche dell’Amministrazione; onde non può essere invocata la c.d. polverizzazione della motivazione, la quale si porrebbe in contrasto con la natura generale dell’atto e i criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione dello stesso (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 24 del 1999; idem, sez. IV, 12 maggio 2010 , n. 2843; idem, 9 dicembre 2010, n. 8682; idem, 4 aprile 2011, n. 2104).

Peraltro, si osserva che i casi di convenzioni di lottizzazione e di accordi con gli enti locali possono costituire una posizione di aspettativa qualificata – che giustifica un più incisivo onere motivazionale degli atti di urbanistica nonché il rispetto delle garanzie procedimentali – soltanto in sede esecutiva ossia a seguito di convenzioni di lottizzazione divenute “operative” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3294; idem, 3 novembre 2008, n. 5478).

Orbene, alla luce anche di quanto documentato, non appaiono probanti i documenti sub 5) e 6) allegati, riguardo l’operatività della Convenzione suddetta e dell’avvenuta accettazione della cessione gratuita delle aree al Comune, tenuto conto che detti atti risultano intercorsi tra l’amministrazione e soggetti diversi dalla società ricorrente, mancando la specifica indicazione della medesima negli atti prodotti, come risulta anche dalla mancata inclusione della stessa nell’elenco di cui alla relativa Delibera del C.C.. Tra l’altro anche il documento sub 7), allegato in atti, relativo all’estratto dell’inventario del patrimonio immobiliare del Comune, non comprova quanto sostenuto da parte ricorrente: infatti risultano riportate in elenco le aree indicate al Catasto al Foglio 224 –come quello in questione – ma relative a particelle (e Allegati) diverse da quelle di proprietà della ricorrente. Tale documentazione non dimostra il perfezionamento del procedimento convenzionale nei confronti della società rilevando, quindi, la inoperatività della Convenzione nei confronti della medesima.

Pertanto, la mancata configurazione di un affidamento qualificato nel caso in esame, derivante da un vincolante atto di adesione, impedisce anche la possibilità richiesta da parte ricorrente con l’annullamento degli atti di ottenere una riedizione del potere di pianificazione. Infatti, le predette conclusioni determinano il superamento della ricostruzione delle argomentazioni di parte ricorrente, anche con riferimento ai profili della violazione delle garanzie partecipative, di illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza e difetto di motivazione con riferimento agli atti impugnati.

Per altro verso, con riferimento anche ai profili di illegittimità censurati con il 4° e 5° motivo – che per connessione vengono qui esaminati – riguardo la illegittimità degli atti impugnati a seguito delle intervenute modifiche in sede di approvazione dello strumento urbanistico rispetto a quanto deliberato in sede di adozione dello stesso e la conseguente necessità della sua ripubblicazione, il Collegio richiama l’orientamento assunto sul punto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, sez. IV n. 5818 del 2009, richiamata dalla sentenza della medesima Sezione n. 4321 del 2012, a cui ha aderito anche questa Sezione (cfr. per tutte, 1 ottobre 2012, n. 8237).

A ciò va aggiunto che la comprovata natura non sostanziale delle modifiche apportate dalla Conferenza di Copianificazione, come più volte sostenuto, e la peculiare procedura “a formazione progressiva” seguita nell’adozione e approvazione del Piano esclude la sussistenza del preteso obbligo di nuova pubblicazione del Piano stesso e conferma la legittimità della procedura seguita dall’Amministrazione(cfr. Cons.Stato, sez. IV, n. 4546/2010; idem, n. 4319/2012).

Di qui la infondatezza delle doglianze di insufficiente istruttoria, erroneità nei presupposti e contraddittorietà.

4. Quanto poi alla censurata violazione del giudicato di cui al 3° e 4° motivo – riguardo la dichiarata efficacia erga omnes dell’annullamento del vincolo paesistico di cui al DM 12.12.1991, sull’intera zona a seguito delle predette sentenze del Tar e del Consiglio di Stato – la stessa non appare condivisibile in quanto occorre evidenziare che l’assetto degli interessi conseguenti ai giudicati di annullamento richiamati appare differenziato con riferimento alla situazione di fatto di ciascuna area in questione nonché in punto di diritto riguardo le aree stesse; si rileva, infatti, che è principio comune in giurisprudenza che l’estensione degli effetti di un giudicato a soggetti estranei alla lite, ma titolari di posizioni giuridiche analoghe alla fattispecie decisa, non costituisce per l’Amministrazione adempimento di uno specifico obbligo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 dicembre 2011, n. 6743; Tar Lazio, Roma, sez. I, 5 aprile 2011, n. 2978); infatti l’Amministrazione può determinarsi nel senso di non estendere a tutti i terreni interessati gli effetti del parziale annullamento giurisdizionale.

Si aggiunga inoltre che la non operatività della Convenzione per la società, come sopra precisato, non consente di riconoscere alcuna particolare tutela alla stessa, in disparte anche la circostanza che il comprensorio dell’Acqua Traversa, dove sono localizzati i terreni in questione, è stato ricompreso nella perimetrazione del P.T.P. Veio-Cesano, recepito dal PTPR adottato.

5. Passando all’esame del 5° e 6° motivo con cui parte ricorrente deduce in via generale la illegittimità del contributo straordinario di cui all’art. 20 delle NTA, applicabile anche ai terreni in questione, il Collegio osserva che i rilievi svolti dalla società non appaiono idonei a modificare l’orientamento giurisprudenziale sull’argomento da parte del Consiglio di Stato (cfr. sez. IV, n. 4545 del 2010), che ha ritenuto in generale legittima tale disposizione riscontrando, tra l’altro, la natura facoltativa degli istituti perequativi e compensativi applicabili sulla base di una libera scelta degli interessati, escludendo così l’ipotesi di una forzosa ablazione della proprietà e di una prestazione patrimoniale imposta (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 28 dicembre 2012, n. 10823).

6. Quanto al 7° motivo, con cui parte ricorrente contesta lo stravolgimento delle procedure previste dalla legge a seguito della sovrapposizione degli strumenti di programmazione urbanistica e paesaggistica, dovuto alla coincidenza delle fasi di approvazione del NPRG con l’approvazione delle modifiche di PTP e l’adozione del PTPR, osserva il Collegio che appare irrilevante il profilo riguardo la coincidenza delle fasi di approvazione degli atti di pianificazione urbanistica e paesistica da parte del Comune e della Regione, tenuto conto che trattasi di una evenienza temporale, mentre va rilevato che la sequenza dei predetti atti conferma che l’adottato PTPR, dopo l’approvazione definitiva, sostituirà i PTP vigenti – anche quello c.d. Veio – Cesano, già recepito - costituendo un unico piano paesaggistico per l’intera regione.

Con riferimento alla contestazione di parte ricorrente riguardo la impossibilità dell’ammissione delle osservazioni di parte riguardo l’asserita erronea perimetrazione del terreno non modificata dal PRG approvato né dal PTPR adottato, occorre richiamare la specifica disciplina regionale. Al riguardo vanno distinti sotto il profilo procedimentale i PTP, adottati dalla Giunta regionale e approvati con la legge regionale n. 24 del 1998 e il PTPR adottato (D.G.R. n. 556 del 2007 e succ. mod.), anche con riguardo agli aspetti relativi alla partecipazione al processo di pianificazione

Il PTPR, redatto secondo i contenuti della l.r. n. 24 del 1998 sottopone a normativa d’uso l’intera Regione Lazio per salvaguardare i valori del paesaggio e, ai sensi dell’art. 156 del d.lgs. n. 42 del 2004, effettua la verifica e l’adeguamento dei Piani paesistici vigenti, apportando modifiche agli stessi, anche con l’ausilio delle Amministrazioni locali. Infatti, ai sensi dell’art. 23 della l.r. n. 24 del 1998 i Comuni e le Province possono presentare alla Regione, nei termini previsti, documentate e motivate proposte di modifica delle classificazioni per zona dei vincoli paesistici. L’esame delle proposte è effettuato da una Commissione tecnica.

Successivamente all’adozione del PTPR è prevista anche la possibilità della presentazione delle osservazioni (art. 23, commi da 2 a 4) da parte di chiunque abbia interesse direttamente al Comune competente, durante il periodo di affissione del piano (3 mesi). Successivamente, entro i successivi 30 giorni, i Comuni provvedono a raccogliere le osservazioni presentate e ad inviarle, con eseguita istruttoria, alla struttura regionale competente. La predetta normativa regionale all’art. 36 quater prevede disposizioni transitorie applicabili nella fase dell’approvazione del PTPR, tra cui la previsione che sulle proposte presentate dai Comuni, valutate positivamente dalla Giunta e inserite nel PTPR adottato, provvede il Consiglio regionale all’adeguamento dei PTP vigenti con propria deliberazione. Pertanto la normativa in esame consente lo strumento delle osservazioni con le predette modalità di coinvolgimento dei diversi soggetti interessati e, nella specie, non risulta censurabile l’operato delle Amministrazioni in relazione allo specifico percorso istruttorio procedimentale garantito dalle procedure di copianificazione in materia urbanistica e paesistica, in disparte anche la circostanza che non risulta conclusa ancora l’istruttoria riguardo le osservazioni presentate (con profili di carenza di interesse nei riguardi della ricorrente tenuto conto delle osservazioni presentate dalla stessa in data 16.6.2008 al Comune, come risulta in atti).

In definitiva, sulla base delle precedenti considerazioni, il ricorso in quanto infondato va respinto.

La peculiarità della vicenda e la complessità delle questioni dedotte giustificano motivate ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 20 dicembre 2012, 7 febbraio 2013, 9 maggio 2013, con l'intervento dei magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente

Antonio Vinciguerra, Consigliere

Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)