Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1372, del 6 marzo 2013
Rumore.Legittimità ordinanza sindacale per limitare emissioni acustiche causate dall’attività di supermercato

E’ legittima l’ordinanza sindacale con la quale era stato intimato alla società di provvedere entro 30 giorni, a far realizzare adeguate opere nel locale al fine di garantire che le emissioni acustiche causate dall’attività del supermercato fossero conformi ai valori limite previsti dal d.P.C.M. 14.11.1997. Il potere di cui al richiamato art. 9 della l. n. 4471995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile ed urgente in materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sè una minaccia per la salute pubblica, anche se in concreto è offeso un solo soggetto. Mentre quella riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità è una mera facoltà, il potere del Sindaco di emanare la ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995 è un dovere connesso all’esercizio delle sue pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi, anche se è leso un solo soggetto, spogliandosi del potere, di valore pubblicistico, di reprimere l’inquinamento acustico e attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi consentiti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01372/2013REG.PROV.COLL.

N. 02260/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2260 del 2012, proposto da: 
Ceresa s.n.c. di Ceresa Massimiliano, Stefano & C., rappresentato e difeso dagli avv. Alberto Maraschi e Renzo Gattegna, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Pietro Borsieri, n.3;

contro

Comune di Spino d'Adda, in persona del Sindaco pro tempore,rappresentato e difeso dall'avv. Brunello De Rosa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Riccardo Viceré, in Roma, Lungotevere Flaminio, n. 36;

per la riforma

della sentenza della sentenza del T.A.R. Lombardia - Sezione Staccata di Brescia, Sezione I, n. 01276/2011, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento dell’ordinanza 23.6.2009 del Sindaco di Spino d’Adda n. 20 reg. ord. - prot. n. 10450, con la quale si ingiungeva alla ricorrente di realizzare adeguate opere presso l’unità locale sita nel territorio di quel Comune al fine di garantire che le emissioni acustiche causate dall’attività del supermercato fossero conformi ai valori limite previsti dalla legge;

per l’annullamento o revoca di detta ordinanza;

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Spino d'Adda;

Vista la memoria prodotta dalla parte resistente a sostegno delle proprie difese;

Vista la propria ordinanza 13 giugno 2012 n. 2266;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2012 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti l’avv. A. Romano su delega dell’avv. A. Maraschi e l’avv. R. Gattegna su delega dell’avv. B. De Rosa;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

Con il ricorso in appello in esame la Ceresa s.n.c. di Ceresa Massimiliano, Stefano & C. ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’ordinanza del 23.6.2009 del Sindaco del Comune di Spino d’Adda, con la quale era stato ordinato alla società di provvedere - entro 30 giorni. - a far realizzare adeguate opere nel locale sito nel Comune, in via mons. Quaini n. 18, al fine di garantire che le emissioni acustiche causate in danno del sig. Stefano Bisetto dall’attività del supermercato fossero conformi ai valori limite previsti dal d.P.C.M. 14.11.1997; con detta sentenza, stante la reiezione del gravame, il T.A.R. ha ritenuto di prescindere dalla verifica della necessità della evocazione in giudizio di controinteressati.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Insufficienza ed illogicità di motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto il motivo di ricorso della attuale appellante con cui erano stati dedotti violazione dell’art. 9 della l. n. 447/1995 ed eccesso di potere.

Erroneamente il T.A.R. non ha condiviso la tesi che la sussistenza accertata con l’ordinanza sindacale impugnata di un fenomeno di inquinamento nei confronti di un unico soggetto comportava l’individuazione della Autorità competente ad ordinare l’abbattimento delle emissioni dannose non nel Sindaco, ex art. 9, comma 1 della l. n. 447/1995, ma nella Autorità giudiziaria ordinaria, ex art. 844 del c.c..

Contraddittoriamente il T.A.R. ha riconosciuto il potere sindacale di emettere una ordinanza contingibile ed urgente allo scopo di realizzare un immediato ed efficace contrasto all’inquinamento acustico e poi ha riconosciuto la legittimità della impugnata ordinanza che ha invitato il trasgressore solo ad individuare generiche misure da adottarsi per il futuro.

2.- Insufficienza e contraddittorietà della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto l’ordinanza impugnata non inficiata dal vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Erroneamente con la impugnata sentenza è stata disconosciuta la valenza della produzione di una consulenza tecnica redatta nel corso di un separato giudizio.

E’ illogica la impugnata ordinanza sindacale fondata su un accertamento dell’A.R.P.A. insufficientemente limitato a misurazioni effettuate nell’appartamento del soggetto interessato.

Con memoria depositata il 5.4.2012 si è costituito in giudizio il Comune intimato, che ha eccepito la irricevibilità, la inammissibilità e la improcedibilità dell’appello, nonché ne ha dedotto la infondatezza, concludendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 7.6.2012 il costituito Comune ha eccepito la inammissibilità del secondo motivo di appello per violazione del disposto dell’art. 104 del c.p.a., consistendo in un motivo nuovo rispetto a quelli formulati nel ricorso di prime cure; ha altresì dedotto la infondatezza dei motivi di gravame, concludendo per la reiezione.

Con ordinanza 13 giugno 2012 n. 2266 la Sezione, ritenuto prevalente il danno prospettato dalla appellante, ha accolto la istanza di sospensione della sentenza impugnata.

Alla pubblica udienza del 25.9.2012 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla Ceresa s.n.c. di Ceresa Massimiliano, Stefano & C., di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento della ordinanza del 23.6.2009 del Sindaco di Spino d’Adda, con la quale le era stato ordinato di provvedere - entro 30 giorni - a realizzare adeguate opere in un locale sito nel Comune ove è situato un supermercato, al fine di garantire che le emissioni acustiche causate dalla attività ivi svolta in danno del sig. Stefano Bisetto fossero conformi ai valori limite previsti dal d.P.C.M. 14.11.1997.

2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che, posto che l’ordinanza sindacale impugnata imponeva espressamente alla attuale appellante di realizzare opportuni interventi nei confronti del sig. Stefano Bisetto, la accertata sussistenza di un fenomeno di inquinamento in danno di un unico soggetto comportava l’individuazione della Autorità competente ad ordinare l’abbattimento delle emissioni dannose non nel Sindaco, ex art. 9, comma 1 della l. n. 447/1995, ma nella Autorità giudiziaria ordinaria, ex art. 844 del c.c..

Erroneamente avrebbe invece ritenuto il T.A.R. che l'accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l'intera collettività) giustificava l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con lo strumento previsto dall'art. 9, comma 1, di detta l. n. 447/1995.; ciò in quanto la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l'intera collettività, ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche ove sia in discussione la salute del singolo.

La interpretazione data dal primo Giudice a detto articolo di legge sarebbe invece contraria al dettato normativo, che prescrive l’intervento in questione a tutela dell’ambiente nel suo complesso o della generale situazione dello spazio in cui si svolge la vita comune e del suo equilibrio ecologico; anche se la lesione di detto equilibrio si risolve in ultima analisi in danni alla salute ed alla qualità della vita delle singole persone, la P.A. avrebbe titolo per intervenire solo contro comportamenti idonei a determinare una lesione di interessi legittimi passibili di estensione alla collettività, anche se momentaneamente involgenti il diritto di una singola famiglia.

Pertanto quando l’inquinamento acustico colpisce solo una proprietà l’unico strumento di tutela sarebbe rappresentato dalla azione in sede civile da parte del soggetto che si reputa leso.

2.1.- Osserva la Sezione che il T.A.R., richiamati al riguardo l’art. 15, comma 1, della l.r. n. 13/2001 e l'art. 9, comma 1, della L. n. 447/1995, ha ritenuto che questa norma non può essere riduttivamente intesa come una mera riproduzione, nell'ambito della normativa di settore in tema di tutela dall'inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza contingibile ed urgente tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico al Sindaco in materia di sanità ed igiene pubblica, ma che invece la stessa deve essere logicamente e sistematicamente interpretata nel particolare significato che assume all'interno di una normativa dettata allo scopo primario di realizzare un efficace contrasto al fenomeno dell'inquinamento acustico, che è stato ritenuto sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con l'efficace strumento previsto (soltanto) dall'art. 9, comma 1, della citata l. n. 447/1995.

Ha quindi affermato che la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l'intera collettività, ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche ove sia in discussione la salute di una singola famiglia (o anche di una sola persona) e che non può essere certamente reputato ordinario strumento di intervento (sul piano amministrativo) la facoltà riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità.

La Sezione condivide la tesi fatta propria dal primo Giudice, che il potere di cui al richiamato art. 9 della l. n. 4471995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile ed urgente in materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sè una minaccia per la salute pubblica, anche se in concreto è offeso un solo soggetto..

Aggiungasi che mentre quella riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità è una mera facoltà, il potere del Sindaco di emanare la ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995 è un dovere connesso all’esercizio delle sue pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi, anche se è leso un solo soggetto, spogliandosi del potere, di valore pubblicistico, di reprimere l’inquinamento acustico e attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi consentiti.

Deve quindi ritenersi che le facoltà concesse al privato dall’art. 844 del c.c. e i doveri della P.A. previsti dalla normativa in materia di attività produttive, laddove fissa le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità, hanno finalità e campi di applicazione distinti, atteso che la norma civilistica tutela il diritto di proprietà ed è finalizzato a disciplinare i rapporti di natura patrimoniale tra i privati proprietari di fondi vicini, mentre l’altra normativa ha carattere pubblicistico, dal momento che persegue finalità di interesse pubblico ed è volta a regolare i rapporti tra i privati e la P.A..

Deve quindi ritenersi che condivisibilmente il Giudice di primo grado ha ritenuto competente il Sindaco del Comune di cui trattasi ad esercitare i poteri di cui all’art. 9 della l. n. 4471995 ordinando l’abbattimento delle emissioni dannose in questione.

 

3.- Con il motivo in esame è stato anche dedotto che contraddittoriamente il T.A.R. ha da un lato riconosciuto la sussistenza del potere sindacale di emettere una ordinanza contingibile ed urgente allo scopo di realizzare un immediato ed efficace contrasto all’inquinamento acustico e dall’altro ha affermato la legittimità della impugnata ordinanza che ha invitato il trasgressore solo ad individuare generiche misure da adottarsi per il futuro, senza neppure indicare un termine a pena di decadenza entro il quale le stesse dovessero essere adottate.

3.1.- Osserva in proposito la Sezione che con l’ordinanza n. 20 del 2009 impugnata è stato intimato la legale rappresentante della attuale appellante di provvedere entro 30 giorni dal ricevimento della stessa, e comunque compatibilmente con i tempi necessari all’ottenimento di tutti gli eventuali nulla osta od autorizzazioni previste dalla vigente normativa, a realizzare gli interventi opportuni per garantire che le emissioni acustiche fossero conformi ai valori limite previsti dal d.P.C.M. 14 novembre 1997.

Detto provvedimento non conteneva quindi solo un generico invito ad adottare misure di contenimento dell’inquinamento acustico per il futuro senza indicazione di un termine di decadenza, atteso che non contraddittoriamente, ma in logica contemperazione dell’interesse pubblico alla eliminazione dell'inquinamento acustico con i vincoli di legge imposti al privato per poter effettuare interventi edilizi sulla proprietà, ha concesso che il termine, perentorio e non decadenziale, assegnato per l’incombente fosse dilatabile sino al conseguimento degli indispensabili titoli edilizi.

Aggiungasi che se è vero è che l'istituto dell'ordinanza contingibile e urgente, con la quale è consentito fronteggiare le situazioni di emergenza anche al prezzo del sacrificio temporaneo di posizioni individuali costituzionalmente tutelate, non può essere impiegato per conferire un assetto stabile e definitivo agli interessi coinvolti, questo non significa che i provvedimenti contingibili debbano considerarsi automaticamente illegittimi solo perché sprovvisti di un termine finale di durata o di efficacia (Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2011, n. 3922 e 13 agosto 2007, n. 4448). Sicché anche misure non definite nel loro limite temporale possono essere reputate legittime, quando, come nel caso che occupa, siano razionalmente collegate alla concreta situazione di pericolo accertata rapportata alla situazione di fatto.

4.- Con il secondo motivo di appello è stato dedotto che erroneamente con la impugnata sentenza è stato asserito che l’impugnato provvedimento era fondato su una attività conoscitiva congrua e rispondente alle ordinarie regole tecniche in materia di misurazione dei fenomeni sonori, nonostante la avvenuta produzione di una consulenza tecnica redatta nel corso di un separato giudizio in cui era stato chiarito che la attuale appellante rispettava i limiti di rumorosità stabiliti dal d.P.C.M. 14.11.1997 e che, nell’accertamento della infrazione per cui è causa, i tecnici dell’A.R.P.A avevano effettuato misurazioni per periodi temporali troppo brevi ed insufficienti al fine di una valutazione significativa dei fenomeni sonori. Anche se detti accertamenti non hanno ancora trovato conferma in una sentenza definitiva essi sono stati raccolti nel pieno rispetto del contraddittorio e non sono stati contestati dai consulenti di parte.

4.1.- Al riguardo va preliminarmente osservato che il Comune resistente ha eccepito la inammissibilità di detto motivo di appello, con il quale è stata denunciata contraddittorietà della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto la impugnata ordinanza inficiata da difetto di istruttoria per mancata considerazione di una C.T.U., per violazione del disposto dell’art. 104 del c.p.a., consistendo in un motivo nuovo rispetto a quelli posti a fondamento del ricorso di prime cure.

Premette il Collegio che inammissibile è di norma l'introduzione, per la prima volta nel giudizio di appello, di doglianze (in fatto e diritto) ulteriori rispetto a quelle che, proposte con atti ritualmente notificati, hanno delimitato il perimetro del “thema decidendum” in prime cure; non si può tener conto di tali profili nuovi perché sollevati in spregio al divieto dei nova sancito dall'art. 104, comma.1, del c.p.a., ed al valore puramente illustrativo delle memorie conclusionali (ex plurimis, Cons. St., sez. V, 30 giugno 2011, n. 3913; ad. plen., 19 dicembre 1983, n. 26).

Nel caso di specie la sentenza ha affermato che irrilevante risultava ai fini del giudizio il richiamo - operato dal legale della ricorrente in sede di discussione alla pubblica udienza del 13.7.2011 - alla conclusioni cui era pervenuto, in sede di relazione, il CTU incaricato dal Tribunale di Crema nell’ambito del procedimento istaurato dalla Ceresa s.n.c. avverso la sanzione amministrativa irrogata; ciò in quanto si trattava di accertamenti posti in essere in altro procedimento e che non avevano ancora trovato accoglimento da parte del giudice, non essendo ivi intervenuta la sentenza.

L’appellante ha contestato la fondatezza di detti rilievi formulati nella sentenza di primo grado riguardo alla deduzione effettuata solo verbalmente in udienza, della quale, non trovando essa riscontro nell’atto introduttivo o in motivi aggiunti, era stata dedotta dal T.A.R. la irrilevanza evidentemente solo “ad colorandum”, perché sarebbe altrimenti incorso nella violazione del divieto di ultrapetizione.

Poiché la deduzione aveva carattere meramente illustrativo e non era formalmente contenuta in ricorso o in motivi aggiunti notificati, deve in conclusione ritenersi, per i principi in precedenza esposti, che essa sia da considerare come non proposta in primo grado e che quindi la censura contenuta al riguardo nell’atto di appello sia comunque inammissibile per violazione dell’art. 104, comma 1, del c.p.a., anche se la deduzione stessa è stata ultroneamente dichiarata irrilevante nella impugnata sentenza, non potendo ciò essere idoneo ad integrare i reali motivi posti a base dell’originario ricorso.

5.- Con il secondo motivo di gravame è stato altresì dedotto che era illogica la impugnata ordinanza sindacale fondata su un accertamento dell’A.R.P.A. insufficiente perché limitato a misurazioni nell’appartamento del soggetto interessato senza misurazione dei livelli di emissione del supermercato e senza rispetto dei termini di compatibilità, dei momenti di rilevamento del rumore ambientale e del rumore di fondo.

5.1.- Al riguardo la Sezione non può che convenire con le argomentazioni al riguardo svolte in sentenza, con riguardo alla circostanza che l’A.R.P.A., nelle controdeduzioni svolte su richiesta dell'Amministrazione comunale ai rilievi sollevati in proposito dall’odierna appellante, aveva asserito che: "la misura del rumore ambientale è stata eseguita quando le sorgenti indagate erano in funzione (ventole di aereazione della sala macchine, scarico merci, movimentazione carrelli, ingresso-uscita camion). Tutti i risultati dei rilievi fonometrici, come dichiarato nella nostra relazione tecnica, non contengono contributi derivanti dalla vicina attività temporanea del cantiere edile e in quanto tale non rappresentativa della normale situazione acustica della zona. Infine da rilevare che i livelli del rumore ambientale misurati durante l'attività del supermercato sono così elevati (59.5 db (A) che prevalgono abbondantemente i potenziali contributi di altre sorgenti di rumore presente nell'intorno, e che, a parte il cantiere, non sono state sentite. Si fa riferimento ad altri motori, condizionatori o altre attività rumorose”.

Dette considerazioni sul riscontrato elevato livello di rumorosità dimostrano che, per dati di comune esperienza, era del tutto irrilevante l’effettuazione della misurazione del rumore ambientale e di quello di fondo nel medesimo lasso temporale.

Anche la esaminata censura è quindi incondivisibile.

6.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

7.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi, Consigliere

Giancarlo Luttazi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)