Consiglio di Stato Sez. V n. 240 del 14 gennaio 2025
Rumore.Ordine di chiusura anticipata di un pubblico esercizio per ragioni legate alla tutela della quiete pubblica

La possibilità per l’amministrazione di ordinare la chiusura anticipata di un pubblico esercizio per ragioni legate alla tutela della quiete pubblica trova fondamento nell’art. 9 Tulps, a mente del quale “oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse”: invero, poiché le situazioni di conflitto con il pubblico interesse, laddove siano coinvolte delle autorizzazioni di polizia, possono anche essere territorialmente o temporalmente circoscritte (in particolare, all’area o al periodo in cui si colloca il fenomeno da eliminare), la modifica dell'orario di apertura di un singolo esercizio è adeguata a rimuovere l’occasione delle condotte moleste per la quiete pubblica (nella specie, i rumorosi assembramenti nelle prospicienze del detto locale), a nulla rilevando – ai fini della legittimità del provvedimento – la circostanza che i fatti lesivi dell’interesse pubblico tutelato fossero o meno imputabili all’esercente del locale o a terzi (non avendo la misura adottata carattere sanzionatorio, bensì preventivo).

Pubblicato il 14/01/2025

N. 00240/2025REG.PROV.COLL.

N. 01862/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1862 del 2023, proposto da
Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca De Paoli e Maria Paola Pessagno, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Barra ed Andrea Esposito, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 527/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2024 il Cons. Valerio Perotti e preso atto del deposito della richiesta di passaggio in decisione senza la preventiva discussione, ai sensi del Protocollo d’intesa del 10 gennaio 2023, da parte degli avvocati De Paoli, Pessagno, Barra ed Esposito;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo della Liguria, la -OMISSIS- s.n.c., titolare dell’esercizio commerciale “-OMISSIS-” ubicato nel centro storico genovese, impugnava l’ordinanza dirigenziale notificatale il 18 giugno 2021, con cui il Comune di Genova aveva sospeso

per un periodo di trenta giorni l’efficacia del titolo autorizzativo relativo al predetto esercizio e disposto che, per i successivi sei mesi, la chiusura del locale sarebbe stata anticipata alle ore 21.00.

Il provvedimento impugnato, adottato ai sensi dell’art. 10 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, era motivato sulla scorta dei rilievi fonometrici disposti dall’amministrazione comunale, che avrebbero fatto registrare, in tutta la zona, emissioni sonore superiori alla soglia massima prevista per le rispettive fasce orarie, nonché delle riprese video e fotografiche che avrebbero dimostrato la maggior presenza di assembramenti di persone nel tratto della pubblica via antistante l’esercizio in questione.

Il provvedimento altresì richiamava due verbali di accertamento del 15 giugno 2021 per infrazioni relative alla raccolta differenziata dei rifiuti, alla mancanza di prodotti gastronomici tipici di altre località, alla mancata tracciabilità dei fornitori ed alle inadeguate modalità di conservazione di alcuni alimenti.

A sostegno delle proprie ragioni la ricorrente deduceva i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione

dell’art. 10 del Regolamento comunale di polizia annonaria. Carenza di motivazione per insufficienza e contraddittorietà. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto e conseguente travisamento della norma violata, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e manifesta. Violazione del principio di proporzionalità. Annullabilità dell’intero procedimento.

2) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione

dell’art. 10 del Regolamento comunale di polizia annonaria. Carenza di motivazione per insufficienza e contraddittorietà. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto e conseguente travisamento della norma violata, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e manifesta. Violazione del principio di proporzionalità. Annullabilità dell’intero procedimento.

3) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione

dell’art. 10 del Regolamento comunale di polizia annonaria. Violazione dei principi del giusto procedimento. Eccesso di potere. Travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità,

contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta. Lesione della libertà costituzionale del diritto di impresa. Annullabilità dell’intero procedimento.

4) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione

dell’art. 10 del Regolamento comunale di polizia annonaria. Violazione dei principi del giusto procedimento. Incompetenza del redattore dell’ordinanza e conseguente travisamento, difetto di

istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta. Violazione del principio di tipicità del provvedimento amministrativo. Lesione della libertà costituzionale del diritto di impresa. Annullabilità dell’intero procedimento.

5) Violazione e/o falsa applicazione di legge ex d.l. 201/2012 (cd. manovra salva-Italia), convertito nella legge 214/2011. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 3 d.l. 223/2006 (cd. decreto

Bersani), convertito nella legge 248/2006. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 2 e 11, d.lgs. 114/1998. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 41 e 97 Cost. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 1, d.l. 1/2012, convertito nella legge 27/2012. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 3 e 7, l. 241/1990. Eccesso di potere per illogicità manifesta e/o sviamento della causa tipica e/o carenza di istruttoria e/o travisamento dei presupposti di fatto e/o difetto di motivazione e/o disparità di trattamento.

La ricorrente proponeva inoltre domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla sospensione e successiva chiusura anticipata dell’attività commerciale, nonché dei danni di immagine e di avviamento provocati da tali misure.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Genova concludeva per il rigetto del ricorso, siccome infondato.

Con successivo provvedimento dirigenziale ex art. 9 Tulps, notificato alla società ricorrente il 26 novembre 2021, il Comune di Genova disponeva, quale prescrizione aggiuntiva al titolo autorizzativo per la gestione dell’esercizio commerciale, l’anticipazione dell’orario di chiusura alle 23.30 di ogni venerdì, sabato, domenica e giorno prefestivo e festivo, con la sola eccezione della notte di capodanno, fino al 31 gennaio 2022. Si evidenziava, in motivazione, l’esigenza di conciliare il fenomeno della movida con “le esigenze di tutela di quiete pubblica e salute dei residenti”: avendo accertato che “la maggior presenza di assembramenti di persone ed i fenomeni incivili e molesti che ne conseguono ricomprendono, tra gli altri, il tratto antistante l’ubicazione dell’esercizio” della ricorrente e che “i rumori provocati dagli avventori fuori dal locale si protraggono sino a tarda notte”, l’amministrazione comunale riteneva di poter individuare un “concreto legame” tra l’esercizio dell’attività commerciale in questione e le problematiche di disturbo della quiete pubblica, tale da giustificare una misura cautelare in attesa dell’adozione del provvedimento definitivo di riduzione dell’orario di apertura del locale.

Il provvedimento veniva impugnato con ricorso per motivi aggiunti del 7 dicembre 2021, con i quali si deduceva:

6) Violazione e/o elusione del giudicato cautelare ex art. 21 septies, legge n. 241/1990. Eccesso di potere per sviamento della causa tipica.

7) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 21 quater della l. n. 241/1990. Carenza di motivazione per insufficienza e contraddittorietà. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto e conseguente travisamento della norma violata, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e

manifesta. Violazione del principio di proporzionalità. Annullabilità dell’intero procedimento.

8) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione dei principi del giusto

procedimento. Eccesso di potere. Travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta. Lesione della libertà costituzionale del diritto di impresa. Annullabilità dell’intero procedimento.

9) Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 9, 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 50 e 54 T.U.E.L. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione dei principi del giusto

procedimento. Incompetenza del redattore dell’ordinanza e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave

e manifesta. Violazione del principio di tipicità del provvedimento amministrativo. Lesione della libertà costituzionale del diritto di impresa. Annullabilità dell’intero procedimento.

10) Violazione e/o falsa applicazione di regolamento ex art. 5 del Regolamento di polizia annonaria del Comune di Genova. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 9 della l. n. 447/1995. Violazione dei principi del giusto procedimento. Incompetenza del redattore dell’ordinanza e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta. Violazione del principio di tipicità del provvedimento amministrativo. Lesione della libertà costituzionale del diritto di impresa. Annullabilità dell’intero procedimento.

11) Violazione e/o falsa applicazione di legge ex d.l. 201/2012 (cd. manovra salva-Italia), convertito nella legge 214/2011. Violazione /o falsa applicazione di legge ex art. 3, d.l. 223/2006 (cd. decreto Bersani), convertito nella l. 248/2006. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 2 e 11, d.lgs. 114/1998. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 41 e 97 Cost. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 1, d.l. 1/2012, convertito nella l. 27/2012. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 3 e 7, l. 241/1990. Eccesso di potere per illogicità manifesta e/o sviamento della causa tipica e/o carenza di istruttoria e/o travisamento dei

presupposti di fatto e/o difetto di motivazione e/o disparità di trattamento.

Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato e depositato il 7 gennaio 2022, l’esponente denunciato quindi ulteriori vizi di legittimità, emersi a seguito di accesso documentale:

12) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione della l. n. 447/1995 e del d.P.C.M. 1/3/1991. Carenza di motivazione per insufficienza e contraddittorietà. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto e conseguente

travisamento della norma violata, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e manifesta. Violazione del principio di proporzionalità. Annullabilità dell’intero procedimento.

Con ulteriore ordinanza dirigenziale del 31 gennaio 2022, il Comune di Genova disponeva, quale prescrizione aggiuntiva all’autorizzazione commerciale, che l’esercizio della ricorrente osservasse l’orario di chiusura fissato alle ore 1.00 di ogni sabato, domenica e giorno festivo, fino all’adozione di un provvedimento definitivo all’esito dell’istruttoria e del giudizio amministrativo pendente; quindi, con successivo atto del 18 febbraio 2022, l’orario di chiusura veniva posticipato, in via dichiaratamente sperimentale, alle ore 2.00 fino alla data del 6 marzo dello stesso anno.

Non essendo state segnalate nuove situazioni di disturbo, la chiusura alle ore 2.00 veniva infine

confermata con atto del 11 marzo 2022.

La ricorrente impugnava l’ordinanza del 31 gennaio 2022 con un terzo ricorso per motivi aggiunti, notificato e depositato il 23 marzo 2022, denunciando i seguenti vizi di legittimità:

13) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 59 c.p.a. Violazione e/o falsa applicazione ed elusione delle ordinanze cautelari del TAR Liguria nn. 5/2022 e 10/2022. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione della l. n. 447/1995 e del d.P.C.M. 1/3/1991. Carenza di motivazione per insufficienza e contraddittorietà. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto e conseguente travisamento della norma violata, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e manifesta. Violazione del principio di proporzionalità.

14) Violazione propria ed in via derivata. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7, e 21 quater della l. n.

241/1990. Violazione e/o falsa applicazione della l. n. 447/1995 e del d.P.C.M. 1/3/1991. Carenza di motivazione per insufficienza e contraddittorietà. Eccesso di potere per errore sui presupposti di

fatto e di diritto e conseguente travisamento della norma violata, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e manifesta. Violazione del principio di proporzionalità. Annullabilità dell’intero

procedimento.

15) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 14, r.d. n. 773/1931. (TULPS) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione dei principi del giusto procedimento. Eccesso di potere. Travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta. Lesione della libertà costituzionale del diritto di impresa. Annullabilità dell’intero procedimento.

16) Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 9, 10 e 14, r.d. n. 773/1931 (TULPS). Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 50 e 54 T.U.E.L. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 21 quater della l. n. 241/1990. Violazione dei principi del giusto

procedimento. Incompetenza del redattore dell’ordinanza e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave

e manifesta. Violazione del principio di tipicità del provvedimento amministrativo. Lesione della libertà costituzionale del diritto di impresa. Annullabilità dell’intero procedimento.

17) Violazione e/o falsa applicazione di regolamento ex art. 5 del Regolamento di polizia annonaria del Comune di Genova. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 9 della l. n. 447/1995. Violazione dei principi del giusto procedimento. Incompetenza del redattore dell’ordinanza e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta. Violazione del principio di tipicità del provvedimento amministrativo. Lesione della libertà costituzionale del diritto di impresa. Annullabilità dell’intero procedimento.

18) Violazione e/o falsa applicazione di legge ex d.l. 201/2012 (c.d. manovra salva-Italia), convertito nella legge 214/2011. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 3, d.l. 223/2006 (c.d. decreto Bersani), convertito nella l. 248/2006. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 2 e 11, d.lgs. 114/1998. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 41 e 97 Cost. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 1, d.l. 1/2012, convertito nella l. 27/2012. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 3 e 7, l. 241/1990. Eccesso di potere per illogicità manifesta e/o sviamento della causa tipica e/o carenza di istruttoria e/o travisamento dei

presupposti di fatto e/o difetto di motivazione e/o disparità di trattamento.

A fronte delle sopravvenute censure, il Comune contestava la fondatezza dei motivi aggiunti.

Nelle more, gli atti gravati con motivi aggiunti nel primo giudizio altresì venivano impugnati con autonomo ricorso, notificato e depositato il 7 dicembre 2021 (ed iscritto a r.g. n. 840 del 2021), nonché con due ulteriori ricorsi per motivi aggiunti.

Con sentenza 27 giugno 2022, n. 527, il giudice adito, previa riunione dei ricorsi proposti dal -OMISSIS-, li accoglieva, per l’effetto annullando i provvedimenti ab origine impugnati.

Avverso tale decisione il Comune di Genova interponeva appello, affidato ad un unico motivo di impugnazione, così rubricato: “Illegittimità della sentenza impugnata per errores in iudicando: errata e/o falsa applicazione dell’art. 9 TULPS e dell’art. 7, comma 2 Legge n. 241/1990. Omessa e/o errata valutazione dell’istruttoria effettuata dall’Amministrazione. Insindacabilità dei provvedimenti adottati dal Comune appellante”.

Costituitosi in giudizio, il -OMISSIS- chiedeva il rigetto dell’appello per infondatezza delle ragioni poste a suo fondamento; riproponeva altresì, ai sensi dell’art. 101, comma 2 Cod. proc. amm., “tutti i motivi di impugnativa di primo grado afferenti alle ordinanze del 26/11/2021 e del 31/1/2022, non scrutinati dal TAR Liguria e/o dichiarati assorbiti, motivi che qui si ritrascrivono”.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 24 ottobre 2024 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con l’unico motivo di appello, il Comune di Genova impugna il capo n. 3.3 della sentenza del TAR Liguria, nella parte in cui ha ritenuto che l’atto adottato in attuazione del disposto di cui agli artt. 9 Tulps e 7, comma 2, l. n. 241 del 1990 sarebbe stato adottato in carenza dei presupposti, stante “l’assenza di profili di responsabilità del gestore del locale per gli inconvenienti cagionati dagli assembramenti di persone nella pubblica via e non all’interno del locale o nello spazio immediatamente antistante”, altresì rilevando, in relazione alla previsione del citato art. 9 Tulps “il carattere sostanzialmente sanzionatorio della misura applicata nei confronti della ricorrente”.

Rileva l’appellante, in particolare, come la misura di cui all’art. 9 Tulps prescinda da una responsabilità diretta del titolare del locale, ma abbia natura preventiva e precauzionale, inscrivendosi “nell’ambito di un intervento finalizzato al contrasto di rilevanti problematiche di tutela della salute e della vivibilità del centro storico, allo scopo di eliminare, o quantomeno ridurre, l’occasione di rumorosi assembramenti di persone in ore notturne ed altre condotte lesive della pubblica quiete, del decoro e dell’igiene urbana”.

La misura adottata nei confronti del -OMISSIS-, in particolare, non aveva alcuna valenza sanzionatoria, né tantomeno individuava il gestore del locale quale responsabile dell’inquinamento acustico rilevato, ma si limitava a dar atto che vi era, oggettivamente, “un concreto legame tra l’esercizio dell’attività commerciale e le problematiche di disturbo alla quiete pubblica e al riposo delle persone”.

Con il medesimo motivo di gravame la sentenza di primo grado viene altresì impugnata nella parte in cui, sempre al capo n. 3.3., riporta che “non è dato comprendere come gli schiamazzi prodotti dai bevitori di bevande alcoliche possano essere ricondotti, almeno per quanto concerne la fascia notturna, ai clienti del locale che stazionano nei suoi pressi.

Tanto più che la ricorrente documenta di essersi avvalsa, in forza di contratto stipulato con un istituto di vigilanza, di addetti ai servizi di controllo che avevano anche il compito di “evitare schiamazzi nelle ore notturne”.

Rileva l’appellante come le generiche conclusioni del primo giudice siano smentite in primis dalle relazioni della polizia locale, che “in conformità a quanto risultante dai verbali di SIT, hanno accertato che nell’area antistante al -OMISSIS- si riscontra regolarmente la presenza di plurimi soggetti che provocavano, in orario notturno, disturbo alla quiete e al riposto dei residenti”.

A ciò aggiungasi la previsione del vigente locale “Regolamento di Polizia Urbana”, il cui art. 32 fa obbligo ai titolari ed ai gestori degli esercizi pubblici di somministrazione “di vigilare affinché all’uscita dei locali i frequentatori evitino comportamenti dai quali possano derivare rumori nelle fasce orarie” notturne.

Il comma 5 di tale norma prevede altresì che “L’Amministrazione comunale, a seguito di ripetute violazioni, accertate, anche con provvedimento non definitivo, ai sensi dei commi precedenti, può ridurre l’orario di apertura dei singoli locali”.

Il motivo è fondato.

Va ribadita, come da consolidata giurisprudenza, l’ampia discrezionalità che connota il potere esercitato dall’amministrazione ex art. 9 Tulps, la quale costituisce atto di concreta gestione ed appartiene, ai sensi dell’art. 107, d.lgs. n. 267 del 2000, alla competenza del dirigente che ha emanato l’autorizzazione cui essa inerisce.

Per l’effetto, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni che l’autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse e che ne integrano il contenuto, incontrando l’azione amministrativa il solo limite dell’incoerenza e della manifesta irragionevolezza; in tale contesto, peraltro, trova applicazione anche il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, quale corollario del principio di buona amministrazione, ex art. 97 Cost., alla luce del quale occorre verificare (da ultimo, Cons. Stato, III, 26 giugno 2019, n. 4403): a) l'idoneità della misura, cioè il rapporto tra il mezzo adoperato e l'obiettivo avuto di mira, sicché l'esercizio del potere è legittimo se la soluzione adottata consente di raggiungere l'obiettivo); b) la sua necessarietà, ossia l’assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo, tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo, sicché la scelta tra tutti i mezzi in astratto idonei deve cadere su quello che comporti il minor sacrificio del soggetto); c) l'adeguatezza della misura, ossia la tollerabilità della restrizione che comporta per il privato, sicché l'esercizio del potere, pur se idoneo e necessario, è legittimo soltanto se riflette una ragionevole ponderazione degli interessi in gioco.

Tali presupposti risultano rispettati nel caso in esame, l’opzione di una limitata (e per di più parziale) riduzione dell’orario di apertura degli esercizi commerciali rappresentando, per sua stessa natura, una misura di efficace contemperamento tra le esigenze commerciali dell’impresa privata e l’interesse generale al mantenimento della quiete e dell’ordine pubblici.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, 14 luglio 2020, n. 4554), la possibilità per l’amministrazione di ordinare la chiusura anticipata di un pubblico esercizio per ragioni legate alla tutela della quiete pubblica trova fondamento nell’art. 9 Tulps, a mente del quale “oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse”: invero, poiché le situazioni di conflitto con il pubblico interesse, laddove siano coinvolte delle autorizzazioni di polizia, possono anche essere territorialmente o temporalmente circoscritte (in particolare, all’area o al periodo in cui si colloca il fenomeno da eliminare), nel caso in esame la modifica dell'orario di apertura del singolo esercizio era adeguata a rimuovere l’occasione delle condotte moleste per la quiete pubblica (nella specie, i rumorosi assembramenti nelle prospicienze del detto locale), a nulla rilevando – ai fini della legittimità del provvedimento – la circostanza che i fatti lesivi dell’interesse pubblico tutelato fossero o meno imputabili all’esercente del locale o a terzi (non avendo la misura adottata carattere sanzionatorio, bensì preventivo).

Erroneamente pertanto il primo giudice ha ricondotto la questione controversa – ossia la legittimità dei provvedimenti impugnati – ad un problema di sussistenza (o meno) di profili di responsabilità del gestore dell’esercizio commerciale, “atti a giustificare la sospensione del titolo autorizzativo”: invero, non di sospensione del suddetto titolo si trattava, bensì di necessaria conformazione dello stesso alle contingenti e sopravvenute esigenze di pubblico interesse.

Le prescrizioni disposte con il provvedimento impugnato – già di competenza dell’autorità di pubblica sicurezza ed attualmente degli enti locali – andavano dunque ad integrare il contenuto dell’autorizzazione originariamente rilasciata dalla stessa, peraltro a seguito di motivazione che risulta coerente ed adeguata quanto alle ragioni dell’intervento: “in un numero quantificabile in non meno di 50 persone, erano accalcati immediatamente al di fuori del suddetto locale ed erano fonte di forte rumori rappresentati da grida e schiamazzi. Molti dei presenti stavano consumando bevande alcoliche in bicchieri di plastica. Gli avventori, erano accalcati al di fuori della porta di ingresso del pubblico esercizio ed accedevano allo stesso al fine di acquistare bevande alcoliche per poi consumarle nelle immediate adiacenze”.

Vanno invece respinte le difese riproposte, ai sensi e per gli effetti dell’art. 101, comma 2 Cod. proc. amm., dall’appellato -OMISSIS-

Quanto al primo atto motivi aggiunti al ricorso r.g.n. 483 del 2021 e ricorso autonomo r.g.n. 840 del 2021, entrambi riferiti all'ordinanza del 26 novembre 2021 (censura sub “C”), l’appellato deduce l’assenza dei presupposti legittimanti l’omesso avviso di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241 del 1990, facendo difetto il presupposto delle esigenze di celerità (essendo fondata la detta ordinanza su verbali e segnalazioni di metà giugno 2021, risalenti cioè a sei mesi prima).

Va al riguardo dato atto che effettivamente, come eccepito dal Comune, le ragioni d’urgenza in realtà erano evidenti (quasi si potrebbe dire in re ipsa) nella dichiarata necessità di far fronte al progressivo deteriorarsi delle condizioni di quiete pubblica (laddove tale situazione ambientale non risulta contestata da alcuno in giudizio), ancor più in ragione della crisi pandemica da Covid-19 allora in corso.

Neppure sono fondate le censure (sub “D”) relative alla dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 10 e 14 r.d. n. 773 del 1931, nonché degli artt. 50 e 54 Tuel, stante la presunta incompetenza del funzionario che aveva sottoscritto il provvedimento (e, comunque, del Comune steso) ad adottarlo, laddove anche a norma del d.l. n. 14 del 2017 le competenze del Sindaco sarebbero chiamate in causa solo a fronte di gravi episodi di degrado o di decoro della vivibilità urbana, nonché di gravi pericoli che minaccino l’incolumità pubblica, tali non essendo però i fatti attualmente controversi, per lo più fronteggiabili con la predisposizione di servizi di polizia, peraltro di competenza delle autorità di pubblica sicurezza (Prefetto e Questore).

Deduce l’appellato che in ogni caso, anche qualora si volesse ammettere la competenza dei Comuni a sospendere o revocare, per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza dei cittadini, le autorizzazioni commerciali da loro stessi rilasciate, ciò sarebbe ammissibile soltanto previa richiesta in tal senso dell’autorità prefettizia (nella specie inesistente).

In ogni caso, non risulterebbe essere stata svolta alcuna concreta attività istruttoria al fine di valutare l’effettiva utilità dell’adozione di un provvedimento restrittivo dell’orario di chiusura di un esercizio pubblico per scongiurare il pericolo di fenomeni incivili e molesti in strada, né i provvedimenti adottati presenterebbero il carattere di contingibilità ed urgenza proprio delle ordinanze sindacali extra ordinem.

Come già rilevato in ordine all’unico motivo di appello, i provvedimenti impugnati in primo grado sono stati adottati ai sensi dell’art. 9 Tulps, di talché a nulla rilevano le contestazioni relative alla dedotta carenza dei presupposti per l’adozione di altre tipologie di provvedimenti.

Per questa ragione neppure è conferente l’obiezione che il Comune di Genova non avrebbe potuto applicare direttamente il principio dell’art. 10 Tulps, a mente del quale “Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata”: nel caso di specie non era stata infatti né revocata, né sospesa l’autorizzazione allo svolgimento dell’esercizio commerciale di cui trattasi, avendo l’autorità comunale disposto una rimodulazione degli orari di apertura e chiusura ex art. 9 Tulps.

Neppure è fondata la dedotta (sub “E”) violazione del regolamento (art. 5) di Polizia annonaria del Comune di Genova, nonché dell’art. 9 l. n. 447 del 1995, stante l’incompetenza dei dirigenti comunali ad adottare i relativi provvedimenti in luogo del Sindaco.

Deve infatti ribadirsi che, venendo le prescrizioni di cui agli artt. 8-13 Tulps ad integrare il contenuto dell’autorizzazione, la loro adozione rientri nei poteri dei dirigenti degli enti locali, giusta l’ampiezza della previsione di cui all’art. 107 Tuel (“Funzioni e responsabilità della dirigenza”); come già osservato in ordine al primo motivo di appello, le prescrizioni in questione vengono ad integrare il contenuto dell’autorizzazione, conseguentemente rientrando tra nel novero delle attribuzioni dei dirigenti degli enti locali.

Né la circostanza che l’art. 54 comma 3 Tuel attribuisca al Sindaco una specifica competenza in materia di orari di esercizi commerciali e pubblici esercizi, non fa però venir meno il generale ed ordinario potere di determinazione delle prescrizioni relative alle singole autorizzazioni di polizia, ivi compresa la fissazione dell’orario di attività (in applicazione dell’art. 9 Tulps) che, come già detto, fa capo ai dirigenti quali titolari dell’ordinaria competenza gestionale ex art. 107 Tuel.

Quanto poi alla dedotta (sub “F”) violazione della normativa in materia di regolamentazione delle attività commerciali, che avrebbe introdotto in materia “un regime di totale deregulation degli

orari delle attività commerciali, rendendo possibile l’apertura 24 ore al giorno tutti i giorni dell’anno, domeniche e festività incluse”, parte appellata deduce che tale regime osterebbe alla possibilità, per l’amministrazione, di limitare discrezionalmente l’orario di apertura e chiusura degli esercizi commerciali; i provvedimenti impugnati risulterebbero inoltre illegittimi “per violazione della normativa nazionale ed europea in materia di concorrenza, nonché per eccesso di potere per disparità di trattamento e/o violazione del principio di proporzionalità e buon andamento costituzionalmente garantiti ex art. 97 Cost.”.

Non considera però l’appellata come tali principi generali ben possano subire limitazioni, secondo la normativa eurounitaria, a fronte di “motivi imperativi di interesse generale”, tra i quali pacificamente rientrano – giusta l’elaborazione giurisprudenziale in materia – le motivate ragioni di ordine pubblico, sicurezza pubblica e di protezione dell’ambiente urbano.

Con le censure già dedotte con “Secondo atto di motivi aggiunti al ricorso R.G.R. n. 483/2021 e primo atto di motivi aggiunti al ricorso R.G.R. n. 840/2021 riferiti all'ordinanza del 26/11/2021”, a sua volta si lamenta, in buona sostanza, che “Nell’ordinanza, quindi, si vuole pretestuosamente addossare la responsabilità degli assembramenti delle persone e dei relativi comportamenti al gestore del locale -OMISSIS-, ma nessun valido elemento probatorio viene fornito al fine di mettere inequivocabilmente in relazione causale il comportamento dell’uno con quello degli altri”, laddove la lettura degli atti posti a fondamento dell’ordinanza impugnata (prot. -OMISSIS-U) ne proverebbe l’illegittimità, per contraddittorietà e per difetto di istruttoria.

In primis, deduce l’appellato, la scheda degli accertamenti effettuati e dei servizi di pattuglia mirati sui luoghi, non consentirebbe di riscontrare particolari e continuativi fenomeni di rumorosità né di lesione al decoro urbano ricollegabili all’esercizio di -OMISSIS-; né dalle relazioni di servizio, parimenti citate dall’amministrazione comunale, emergerebbe una situazione di pericolo per la pubblica quiete e per la salute, in qualche modo riconducibile o provocato dall’esercizio commerciale.

Anche le dichiarazioni spontanee di alcuni residenti in zona, assunte a verbale dagli operatori di Polizia municipale, non consentirebbero di fondare alcuno specifico rilievo in danno dell’appellato, il cui esercizio commerciale tra l’altro neppure effettua vendita di bevande da asporto.

Neppure sarebbe fondata la “presunzione, secondo cui il -OMISSIS- Pub sarebbe l’unico locale presente ed aperto nell’area in esame, in quanto, al contrario, le fotografie prodotte dalla ricorrente mostrano che vi sono molteplici taverne, trattorie e dehors”.

Infine, le relazioni fonometriche prot. n. 6566 del 13 ottobre 2021 e n. 7834 del 4 dicembre 2021 sarebbero carenti di tutti i requisiti minimi richiesti da una relazione acustica, analiticamente indicati dall’appellato.

I rilievi che precedono muovono però da un presupposto errato, ossia che il provvedimento di modifica dell’orario di apertura/chiusura dell’esercizio commerciale fosse fondato sulla presunta responsabilità del gestore del medesimo per i fatti ingeneranti vulnus alla quiete pubblica, laddove la misura adottata ex art. 9 Tulps prescinde completamente da tale requisito.

In ogni caso, la procedura di accertamento (descritta nei verbali di sopralluogo – la cui valenza legale di atto pubblico non è oggetto di contestazione) della fonte di produzione dei rumori e della sua localizzazione nel locale “-OMISSIS-” (recte, nei suoi avventori) risulta sufficientemente dettagliata e precisa, ai fini della motivazione del provvedimento adottato.

Quanto alle censure in precedenza dedotte con il terzo atto di motivi aggiunti al ricorso r.g. n. 483/2021 e con il secondo atto di motivi aggiunti al ricorso r.g. n. 840/2021, entrambi riferiti

all'ordinanza del 31 gennaio 2022, lamenta l’appellato che, nonostante le ordinanze cautelari del TAR Liguria dessero per presupposto che la limitazione dell’orario sino all’una valesse soltanto fino al termine di efficacia dell’ordinanza prot. -OMISSIS-U (quindi sino al 31 gennaio 2022 e non oltre), l’amministrazione comunale, con l’ordinanza prot. -OMISSIS-.U aveva protratto la limitazione sino all’una, seppur con riferimento alla mattina di ogni sabato, domenica e giorno festivo.

In realtà, va rilevato come i provvedimenti cautelari del primo giudice – lungi dal potersi sostituire all’amministrazione nell’individuazione degli orari di apertura e chiusura al pubblico – “stabiliva” (recte, salvaguardava) l’orario dell’una sino al 31 gennaio 2022 dal momento che questo era il termine di efficacia individuato (in via provvisoria ex art. 7, comma 2, l. n. 241 del 1990) dal Comune nell’ordinanza impugnata; né il TAR avrebbe comunque potuto pronunciarsi sulla disciplina del predetto orario anche in ordine al periodo successivo al venir meno dell’efficacia del provvedimento impugnato, stante il principio per cui “In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati” (art. 34, comma 2, Cod proc. amm.).

In ogni caso, l’argomento di parte appellata presuppone, logicamente, l’esistenza di un “giudicato cautelare” vincolante tra le parti, presupposto che non ha però fondamento giuridico (ex multis, Cons. Stato, III, 28 giugno 2019, n. 4461).

Quanto poi alle difese contenute nel quarto motivo aggiunto (in primo grado), il -OMISSIS- di Genova s.n.c. lamenta la mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, dovendosi ritenere insussistenti le richiamate ragioni di celerità, anche in ragione del fatto che il provvedimento ab origine impugnato si fondava su verbali e segnalazioni risalenti a metà giugno 2021, ossia quasi sei mesi prima dell’adozione dell’ordinanza.

Sul punto, basta ricordare quanto già esposto in precedenza, circa l’immanente ed intrinseca urgenza dell’intervento, a fronte del perdurare di esigenze di tutela della quiete pubblica.

Analogamente dicasi per le dedotte questioni di incompetenza del funzionario che aveva adottato l’atto (quinto motivo aggiunto), di violazione dell’art. 5 del Regolamento di Polizia Annonaria del Comune di Genova (sesto motivo aggiunto) e di violazione e/o falsa applicazione della normativa in materia di regolamentazione delle attività commerciali (settimo motivo aggiunto), tutte ripetitive di questioni già esaminate in precedenza, alle quali per brevità si rinvia.

Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello proposto dal Comune di Genova va dunque accolto, mentre devono essere respinte le censure riproposte ex art. 101 comma 2 Cod. proc. amm. dal -OMISSIS-

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere interamente compensate tra le parti, in ragione della complessità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per effetto respingendo, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso originariamente proposto dal -OMISSIS-

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità dei soggetti interessati, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere, Estensore

Stefano Fantini, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Marina Perrelli, Consigliere