Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1662, del 8 aprile 2014
Rifiuti.Piano di adeguamento discarica di 1° categoria non approvato, applicabilità principio di precauzione, legittimità disposizione di chiusura

Deve rilevarsi che l’indicazione dei termini per l’ultimazione dei lavori è conseguenza dell’approvazione del piano di adeguamento, cui è ragionevolmente collegata anche la legittima prosecuzione dell’attività di discarica, così che allorquando, il piano di adeguamento non venga approvato non può ammettersi dal punto di vista logico, ancor prima di quello giuridico, la prosecuzione dell’attività di discarica e tanto meno può farsi riferimento al termine fissato dalla legge per la esecuzione dei lavori di adeguamento per farne derivare la pretesa illegittimità del termine stabilito dall’amministrazione per la cessazione dell’attività di cava, trattandosi all’evidenza di fattispecie, e di sottesi interessi pubblici, del tutto diversi e non comparabili. Non può ammettersi che il principio di precauzione possa non operare nell’ipotesi di discarica il cui piano di adeguamento non sia stato approvato e ritenuta pertanto meritevole di chiusura, ponendosi peraltro in questo caso inammissibilmente ed irragionevolmente a carico della collettività i costi ed i rischi della chiusura di un impianto non adeguabile. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01662/2014REG.PROV.COLL.

N. 01326/2010 REG.RIC.

N. 03553/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1326 del 2010, proposto da: 
SAGER S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. ti Luigi Manzi, Andrea Manzi e Gianni Zgagliardich, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

contro

PROVINCIA DI UDINE, in persona del Presidente della giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Arturo Benigni, con domicilio eletto presso l’avv. Arturo Benigni in Roma, via Luigi Settembrini, n. 9;
REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Beatrice Croppo, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Friuli in Roma, piazza Colonna, n. 355;

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3553 del 2012, proposto da: 
SAGER S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Gianni Zgagliardich, Luigi Manzi e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Manzi in Roma, via Confalonieri, n. 5;

contro

PROVINCIA DI UDINE, in persona del Presidente della giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano Aita, con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, p.za Capo di Ferro, n. 13;
REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Beatrice Croppo, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Friuli Venezia Roma, piazza Colonna n. 355;
ARPA - Agenzia Regionale Protezione Ambiente del Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1326 del 2010:

della sentenza del T.A.R. FRIULI – VENEZIA GIULIA, Sez. I, n. 301 dell’8 maggio 2009, resa tra le parti, concernente piano di adeguamento e variante di adeguamento di discarica di 1^ categoria;

quanto al ricorso n. 3553 del 2012:

della sentenza del T.A.R. FRIULI – VENEZIA GIULIA, Sez. I, n. 488 del 27 ottobre 2011, resa tra le parti, concernente non approvazione del piano di adeguamento e variante di adeguamento di

discarica di 1^ categoria;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Udine e della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Andrea Reggio d'Aci su delega dell'avv. Andrea Manzi, Arturo Benigni, anche su delega dell'avv. Massimiliano Aita, e Beatrice Croppo;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.



FATTO

I.1. Con delibera n. 157 del 28 luglio 2008 la Giunta provinciale di Udine non approvava, ai sensi dell’art. 17, comma 5, del D. Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, il piano presentato dalla Sager s.r.l. per l’adeguamento della discarica di sua proprietà nel Comune di Pavia di Udine, fraz. Risano (in catasto al foglio 20, mapp. 14, 15 e 135), disponendone contestualmente la chiusura, secondo le scadenze e con le prescrizioni contenute nel parere della Conferenza Tecnica del 30 giugno 2008.

I.2. Di tale delibera e di quella n. 150 del 21 luglio 2008 (“Disposizioni per la chiusura delle discariche presenti sul territorio provinciale), oltre che del verbale della Conferenza Tecnica del 30 giugno 2008 (avente ad oggetto “D. Lgs. 152/2006, art. 208 - D.P.G.R. 01/Pres. del 02/01/1998 – Ditta Sager s.r.l. – Procedimento per valutazione progetto di adeguamento relativo alla discarica di 1^ categoria sita nel comune di Pavia di Udine”) e del D.P.G.R. 11 agosto 2005, n. 266/Pres., come modificato dal D.P.G.R. 18 settembre 2008, n. 0409/Pres. (nella parte in cui impone la presentazione di adeguate garanzie sia in caso di approvazione che in caso di non approvazione del piano di adeguamento e laddove non distingue tra discariche adeguate e non adeguate), la Sager s.r.l. chiedeva l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli.

Dopo aver esposto il travagliato iter procedimentale e sottolineato l’atteggiamento omissivo, contraddittorio e confuso dell’amministrazione provinciale, la ricorrente formulava sette motivi di censura, con cui deduceva:

- “1) Violazione degli artt. 7 e 9, L. 241/90 e della L.R. 7/2000 – omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, violazione del diritto di partecipazione”, giacché non solo l’inaspettato provvedimento di chiusura non conteneva alcun riferimento all’art. 12, comma 1, lett. c), del D. Lgs. n. 36 del 2003 (che disciplina proprio la chiusura degli impianti di discarica, per quanto la Conferenza tecnica non era stata nemmeno convocata il 30 giugno 2008 per esprimere un parere sulla chiusura dell’impianto; d’altra parte erano pendenti presso la stessa amministrazione tre autonomi procedimenti riguardanti il piano di adeguamento, la variante di adeguamento e l’autorizzazione integrata ambientale), ma anche perchè, in ogni caso, quanto al procedimento di chiusura, erano state omesse le garanzie partecipative;

- “2) Violazione e falsa applicazione di legge: violazione degli artt- 8, 15 e 17, D. Lgs. 36/2003 e del D. Lgs. 59/2005 – Irrazionalità ed illogicità – Carenza dei presupposti – Violazione del principio di proporzionalità”, in quanto, per un verso, veniva disposta la chiusura della discarica e, per altro verso, veniva imposto il rispetto di obblighi in realtà previsti solo per le discariche adeguate e comunque comportanti un notevolissimo sacrificio economico, inconciliabile con la chiusura dell’impianto stesso;

- “3) Carenza di motivazione e/o falsa applicazione del D. L. 8 aprile 2008, n. 59 – Illegittimità derivata – Contraddittorietà della motivazione – Violazione L. 244/2007”, atteso che la disposta cessazione della discarica dal 1° ottobre 2008 non trovava alcuna adeguata giustificazione e quella desumibile dall’altra delibera, n. 150 del 21 luglio 2008, era errata, giacché la previsione dell’art. 6 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito in legge 6 giugno 2008, n. 101, riguardava solo le discariche per i rifiuti pericolosi e quelle autorizzate tra il 26 luglio 2001 e il 23 marzo 2003, tra cui non rientrava quella in esame;

- “4) Violazione di legge (art. 208 del D. Lgs. 152/2006 e D.P.G.R. 2 gennaio 2008, n. 01/Pers. – Art. 1, D. Lgs. 36/2003) – Contraddittorietà ed illogicità manifesta”, con riferimento alle ingiustificate prescrizioni tecniche di cui al punto 2) della delibera impugnata, in particolare: per quella che non ammetteva, quanto alle tipologie di rifiuti conferibili in discarica, il codice CER 02 01 04 – Rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi) – già autorizzato in precedenza; per quella che stabiliva che, in caso di mancata saturazione della discarica con i rifiuti, la capacità residua doveva essere saturata con materiale non classificato come rifiuti (ciò incidendo sul rischio di tenuta della discarica stessa); infine per quella che imponeva l’installazione di un altro piezometro, non tenendo conto che ve ne erano già tre;

- “5) Mancanza di presupposti – Travisamento – Falsa applicazione di legge (D. Lgs. 36/2003 e D.P.G.R. n. 0266/Pres.) – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Violazione dei principi generali in materia di presentazione di garanzie di legge nel nostro ordinamento”, risultando irragionevole che per le discariche inadeguate dovessero essere prestate le medesime garanzie previste per le discariche adeguate;

- “6) Violazione artt. 10 bis, 1, 3, L. 241/90 e della L.R. 7/2000 – Eccesso di potere per carente ed omessa motivazione – Violazione dei principi di economicità e trasparenza – Aggravamento del procedimento – Sviamento”, atteso che la partecipazione alla Conferenza Tecnica era stata consentita solo nella fase iniziale, con la presentazione di una sintetica illustrazione, mentre per il resto non solo non erano stati mai comunicati i presunti motivi ostativi all’accoglimento del proposto piano di adeguamento, per quanto le conclusioni della predetta Conferenza Tecnica non contenevano il necessario riferimento a tutti gli atti del procedimento ed anzi non avevano tenuto conto della corrispondenza intercorsa tra essa ricorrente; ciò senza contare che l’esame della variante di adeguamento era stato anteposto al piano di adeguamento;

- “7) Incompetenza – Violazione di legge (art. 23, legge regionale 7 settembre 1987, n. 30) – Violazione di legge (art. 97 Costituzione) – Eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità e lesione della par condicio”, giacché la Provincia di Udine, azionista di maggioranza della Exe S.p.A., che gestiva una discarica nello stesso ambito territoriale, si trovava in una macroscopica situazione di conflitto di interessi rispetto alla valutazione del piano di adeguamento della discarica gestita da Sager s.r.l., valutazione che pertanto sarebbe spettata all’amministrazione regionale;

I.4. Con motivi aggiunti la Sager s.r.l. chiedeva l’annullamento del verbale della Conferenza Tecnica del 30 giugno 2008 e della delibera della Giunta provinciale n. 187 del 1° settembre 2008 (“D. Lgs. n. 36/2003 – Ulteriori disposizioni per la chiusura delle discariche presenti sul territorio provinciale”), lamentando l’illegittimità per:

- “1A – Esercizio illegittimo e arbitrario della discrezionalità tecnica – Violazione di legge, violazione dell’art. 113 Cost., degli artt. 1, 3 e 17 L. 241/1990, dell’art. 208, comma 3, D. Lgs. 152/2006 – Violazione del Regolamento sulla pubblicità degli atti”, in quanto le condizioni poste a fondamento della chiusura dell’impianto non erano emerse direttamente dai lavori della Commissione Tecnica, ma erano state meramente dettate del responsabile del procedimento, mentre la predetta Commissione si era poi limitata a votare a maggioranza la proposta, senza alcun approfondimento e senza alcuna motivazione in ordine alle scelte operate;

- “2A - Violazione e/o falsa applicazione di legge – Violazione dell’art. 17 D. Lgs. 36/2003, art. 14 Direttiva 1999/31/CE e art. 3 L. 241/1990; violazione della L.R. 15/2005 e della L.R. 32/2005 – Erroneità e/o travisamento dei presupposti – Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost. – Contraddittorietà – Violazione di legge, art. 208, comma 3 D. Lgs. 152/2006 – Violazione del Regolamento sulla pubblicità degli atti – Sviamento”, in quanto erano erronei i motivi (lett. a) e b) del verbale) che avevano giustificato la non approvazione del piano di adeguamento, non essendosi tenuto conto che l’esame doveva riguardare esclusivamente l’adeguamento dell’impianto, e che comunque era stata omessa la valutazione della documentazione prodotta, come si evinceva dall’assenza di qualsiasi riferimento ad essa;

“3A - Eccesso di potere per contraddittorietà e irrazionalità – Perplessità, incertezza e confusione dell’azione amministrativa – Violazione di legge – Violazione del D. Lgs. 152/2006 s.m.i.; Parte IV – Incompetenza – Sviamento”, in quanto proprio le nuove determinazioni assunte in materia dall’amministrazione provinciale con la delibera n. 187 del 1° settembre 2008 dimostravano la contraddittorietà ed irragionevolezza delle precedenti decisioni su cui si fondavano i provvedimenti impugnati.

I.5. L’adito tribunale, sez. I, con la sentenza n. 301 dell’8 maggio 2009, nella resistenza della Provincia di Udine e della Regione Friuli Venezia Giulia, accoglieva in parte il ricorso, annullando la delibera n. 157 del 28 luglio 2008.

Respinte le eccezioni di tardività (quanto all’impugnazione del D.P.G.R. n. 226/2005, che, quale atto generale, era da ritenersi correttamente impugnato unitamente all’atto applicativo lesivo) e di inammissibilità (per la omessa impugnazione del parere dell’ARPA, trattandosi di atto endoprocedimentale, non autonomamente lesivo), il tribunale riteneva fondato ed assorbente il sesto motivo di censura, con cui era stata dedotta la violazione delle garanzie partecipative ex art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241; per completezza i primi giudici esaminavano anche gli altri motivi di ricorso, ritenuti tutti infondati nel merito, ad eccezione del primo e del terzo motivo del ricorso principale e dei primi due motivi aggiunti, dichiarati assorbiti stante la necessaria rinnovazione dell’intero procedimento.

I.6. Con atto di appello notificato il 9 febbraio 2010 Sager s.r.l. ha chiesto la parziale riforma della predetta sentenza, alla stregua di due articolate serie di motivi di gravame.

Svolte alcune considerazioni preliminari sulla permanenza del proprio interesse a ricorrere e sull’erronea e non condivisibile impostazione adottata nella decisione impugnata quanto alla scelta dei motivi esaminati e di quelli dichiarati assorbiti (impostazione che si rifletteva negativamente sui principi di effettività e completezza della tutela), con la prima serie di motivi, sotto la rubrica “Sull’errato assorbimento del terzo motivo del ricorso introduttivo, sul difetto di motivazione sul vizio medesimo e sul mancato pronunciamento sul risarcimento”, ha denunciato “A1.1 Violazione dei principi di effettività e completezza della tutela e del connesso principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – Difetto di motivazione per erroneità ed illogicità”; “A1.2 Carenza di motivazione e/o falsa applicazione del D. Lgs. 8 aprile 2008, n. 59 – Illegittimità derivata – Contraddittorietà della motivazione – Violazione della L. 244/2007 – Terzo motivo del ricorso introduttivo” e “A1.3 Domanda risarcitoria”, sostenendo che i primi giudici avevano erroneamente apprezzato la gradazione dei motivi di doglianza sollevati con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed in particolare le censure sollevate con il primo ed il terzo motivo e le stringenti argomentazioni in fatto e in diritto che le sorreggevano (che venivano riproposti), così pervenendo ad un’ingiusta, erronea ed inattesa dichiarazione di assorbimento, che aveva determinato l’omesso doveroso esame delle macroscopiche illegittimità da cui erano affetti gli atti impugnati, incidendo anche sull’omesso esame della domanda risarcitoria, che pure veniva espressamente riproposta.

Con la seconda serie di censure [rubricata “A2 Violazione e/o falsa applicazione di legge: violazione degli artt. 8, 15 e 17, D. Lgs. 36/2003 e del D. Lgs. 59/2005 – Irrazionalità ed illogicità – Carenza dei presupposti – Violazione del principio di proporzionalità – Secondo motivo del ricorso introduttivo”, a sua volta articolato in “A2.1 Sull’eccezione preliminare – Errore di fatto – Mancanza di presupposti – Carenza di motivazione” e “A.2.2 Sul motivo”; “A3 Violazione di legge (Art. 208 del D. Lgs. 152/2006 e D.P.G.R. 2 gennaio 1998, n. 01/Pres. – Art. 1, D. Lgs. 36/2003 – Contraddittorietà e illogicità manifesta – Quarto motivo del ricorso introduttivo”; “A4 Mancanza di presupposti – Travisamento – Falsa applicazione di legge (D. Lgs. 36/2003 e D.P.G.R. n. 0266/Pres.) – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Violazione dei principi generali in materia di prestazioni di garanzie di legge nel nostro ordinamento – Quinto motivo del ricorso introduttivo”; “A5 Incompetenza – Violazione di legge (Art. 23, Legge Regionale 7 settembre 1987, n. 30) – Violazione di legge (Art. 97, Costituzione) – Eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità e lesione della par condicio – Settimo motivo del ricorso introduttivo”; “A6 Eccesso di potere per contraddittorietà e irrazionalità – Perplessità, incertezza e confusione dell’azione amministrativa – Violazione di legge. Violazione del D. Lgs. 152/2006 s.m.i., Parte IV – Incompetenza – Sviamento – Terzo motivo aggiunto”], ha dedotto l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza impugnata per aver respinto il secondo, quarto, quinto e settimo motivo del ricorso principale ed il terzo motivo aggiunto, con motivazione superficiale, lacunosa ed affatto condivisibile frutto di un approssimativo ed insufficiente apprezzamento del contenuto delle censure stesse e della documentazione versata in atti.

L’appello è stato iscritto al NRG. 1326 dell’anno 2010.

Hanno resistito al gravame la Provincia di Udine e la Regione Friuli – Venezia Giulia, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza sotto svariati profili, puntualmente illustrati nelle proprie memorie difensiva.

I.7. La Giunta provinciale di Udine con delibera n. 261 dell’8 settembre 2010 (“D. Lgs. 152/06 – D.P.G.R. 01/PRES./98 – D.Lgs. 36/03 – Non approvazione del piano di adeguamento e variante di adeguamento della discarica di 1^ categoria, sita in Comune di Pavia di Udine, in loc. Risano della Ditta Sager s.r.l. e prescrizione modalità e tempi di chiusura in applicazione dell’art. 17 – comma 5 del D. Lgs. 36/2003”), anche in esecuzione della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli - Venezia Giulia, sez. I, n. 301 dell’8 maggio 2009 ha negato nuovamente l’approvazione del piano di adeguamento della discarica della Sager s.r.l., indicandone le motivazioni e stabilendo le modalità ed i termini di chiusura dell’impianto.

I.8. Con la sentenza n. 488 del 27 ottobre 2011 il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli – Venezia Giulia, sez. I, nella resistenza della Provincia di Udine e della Regione Friuli – Venezia Giulia, ha respinto il nuovo ricorso (integrato da motivi aggiunti), proposto da Sager s.r.l. per l’annullamento della predetta delibera n. 261 dell’8 settembre 2010, nonché della lettera/parere ARPA prot. 5429-ST del 15 giugno 2010, del verbale della Conferenza Tecnica del 2 luglio 2010; della determina n. 2010/ 5684, relativa a provvedimento di diffida, delle delibere della Giunta provinciale di Udine n. 150 del 21 luglio 2008 e n. 187 del 1° settembre 2008, oltre che di ogni altro presupposto, conseguente e connesso.

Il tribunale ha infatti ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso così rubricati: “Violazione della L. 241/1990 e violazione anche dell’art. 21 septies della medesima L. 241/1990 e s.m.i. – Erroneità materiale – Carenza di presupposti e di motivazione – Violazione dei principi di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e di legalità sostanziale – Violazione del giudicato – Sviamento”; “Violazione di legge: violazione dell’art. 117 Cost.; violazione degli artt. 14 e 14 – quater, l. 241/1990 e s.m.i.; art, 5, D. Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità e del buon andamento. Sviamento di potere”; (con riferimento alla non approvazione del piano di adeguamento) “Violazione di legge – Art. 1, D. Lgs. 59/2005, art. 10, 10 bis e 14 quater, L. 241/1990, s.m.i. – art. 208, D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. – D.L. 180/2007 – Eccesso di potere per mancanza di presupposti, errata prospettazione, illogicità manifesta, contraddittorietà di comportamento – Errore di fatto e di petitum”; “Violazione di legge: D.L. 59/2008; art. 11, D. Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta – Incompetenza e nullità – Sviamento”; (sull’illegittimità dell’intero procedimento della Provincia) “Violazione di legge: art. 1, comma 1, L. 241/90, s.m.i.; artt. 15, D. Lgs. 59/2010 – Eccesso di potere per aggravamento del procedimento, violazione dei principi di buon andamento, non discriminazione, di proporzionalità, di continuità dell’azione amministrativa, di imparzialità e legalità sostanziale”; (con riferimento al Verbale della Conferenza Tecnica del 2 luglio 2010, motivi aggiunti) “Violazione di legge – violazione dell’art. 1 l. 241/90. Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione dei principi di trasparenza e buona fede – Violazione del giudicato sotto il profilo della già censurata brevità della conferenza”; “Violazione di legge – violazione dell’art. 10 L. 241/90. Eccesso di potere per erroneità, carenza di istruttoria e violazione del giudicato”; “Violazione di legge – Violazione D.L. 180/2007 e D. Lgs. 59/2005. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione”; “Violazione di legge – Violazione D. Lgs. 59/2005 e D. Lgs. 36/2003 – Violazione art. 12 quater l. 241/90. Eccesso di potere per erroneità e disparità di trattamento. Violazione della par condicio”.

I.9. Anche di tale sentenza Sager s.r.l. ha chiesto la riforma, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia.

In particolare, dopo aver premesso nuove considerazioni critiche sul metodo (“riassuntivo”) utilizzato dai primi giudici nell’esame delle censure sollevate in primo grado e sull’effettivo corretto apprezzamento dei fatti e degli atti impugnati, l’appellante ha riproposto tutti i motivi di censura sollevati col ricorso introduttivo del giudizio e con l’atto di motivi aggiunti, nella loro originaria esposizione: (Sul ricorso introduttivo): “A1. Violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale – artt. 24, 111 e 113 della Costituzione e Codice del processo amministrativo – Difetto di motivazione per erroneità, contraddittorietà ed illogicità manifesta (1° motivo del ricorso introduttivo) – Erroneità ed illogicità della sentenza. Mancanza dei presupposti, sviamento, violazione del giudicato, reiterazione di provvedimento illegittimo”; “A2 Violazione di legge: violazione art. 117 Cost.; violazione degli artt. 14 e 14 – quater, L. 241/90 e s.m.i.; art. 5, D. Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione. Sviamento di potere (2° motivo del ricorso introduttivo) – Sentenza assunta in carenza e/o errata motivazione e violazione dei principi di imparzialità e trasparenza”; “A.3. Violazione di legge – Art. 1 D. Lgs. 59/2005, artt. 10, 10 – bis e 14 – quater, L. 241/1990, s.m.i. – art. 208, D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. – D.L. 180/2007 – Eccesso di potere per mancanza dei presupposti, errata prospettazione, illogicità manifesta, contraddittorietà di comportamento (3° motivo del ricorso introduttivo) – Omessa comparazione degli interessi pubblici e privati in gioco, mancata valutazione di soluzioni alternative, erroneità e travisamento dei presupposti”; “A.3.1. Violazione di legge – art. 17, comma 5 del D. Lgs. 36/2003 – Carenza di motivazione ed errata applicazione”; “A.4. Violazione di legge: art. 6, D.L. 59/2008; art. 11, D. Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta – Incompetenza e nullità – Sviamento (4° motivo del ricorso introduttivo) – Carenza di motivazione e carenza di motivazione sul punto specifico”; “A.5. Violazione di legge; art. 1, comma 1, L. 241/1990, s.m.i. – Eccesso di potere per aggravamento del procedimento, violazione dei principi di buon andamento, non discriminazione, di proporzionalità, di continuità dell’azione amministrativa, di imparzialità e legalità sostanziale (5° motivo del ricorso introduttivo) – Carenza di decisione e carenza di motivazione sul punto specifico”; (Sui motivi aggiunti) “B1 Violazione di legge – violazione dell’art. 1, L. 241/1990 e s.m.i. Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione dei principi di trasparenza e buona fede. Violazione del giudicato sotto il profilo della già censurata brevità della Conferenza (1° motivo aggiunto) – Carenza di decisione e carenza di motivazione sul punto specifico, illogicità e contraddittorietà”; “B2 Violazione di legge - Violazione dell’art. 10 L. 241/1990, s.m.i. – Eccesso di potere per erroneità, carenza di istruttoria e violazione del giudicato (2° motivo aggiunto) – Erroneità, illogicità manifesta e contraddittorietà”; “B3 Violazione di legge – Violazione D.L. 180/2007 e s.m.i. e D. Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per carenza istruttoria e carenza di motivazione sul punto specifico (3° motivo aggiunto) – Carenza di decisione e carenza di motivazione sul punto specifico); “B4 Violazione di legge – Violazione D. Lgs. 59/2005 e D. Lgs. 36/2003 e s.m.i. Violazione art. 14 quater, L. 241/1990. Eccesso di potere per erroneità e disparità di trattamento. Violazione della par condicio (4° motivo aggiunto) – Carenza di decisione ed erroneità di motivazione sul punto specifico, illogicità e contraddittorietà”.

Secondo l’appellante il tribunale avrebbe malamente apprezzato e superficialmente esaminato i motivi di censura, respingendo inopinatamente il ricorso con motivazione approssimativa, lacunosa e affatto condivisibile, oltre che evidentemente errata in punto di diritto.

L’appello è stato iscritto al NRG. 3553 dell’anno 2012.

Hanno resistito al gravame sia la Provincia di Udine che la Regione Friuli – Venezia Giulia, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza in relazione ad una pluralità di profili, puntualmente illustrati nelle rispettive memorie difensive,

I.10. Con la sentenza n. 3965 del 25 luglio 2013 questa Sezione, riuniti i ricorsi, ha ritenuto indispensabile ai fini della decisione la produzione da parte dell’ARPA – Agenzia Regionale Protezione Ambiente del Friuli – Venezia Giulia dei “…pareri resi nell’ambito della procedura relativa al piano di adeguamento della discarica”, accompagnata da “…una relazione contenente documentati chiarimenti in merito alle analisi, ai monitoraggi ed ai campionamenti effettuati sul sito interessato dalla discarica gestita dall’appellante”, fissando per la prosecuzione del giudizio l’udienza pubblica del 26 novembre 2013.

A tanto l’A.R.P.A. ha effettivamente provveduto con la nota depositata in data 23 settembre 2013, cui ha fatto seguito il deposito di un’integrazione documentale in data 17 ottobre 2013.

Anche l’appellante ha provveduto a depositare documentazione in asserita integrazione e a completamento di quella prodotta dall’ARPA del Friuli – Venezia Giulia.

Tutte le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive, insistendo nelle rispettive conclusioni.

I.11. All’udienza pubblica del 26 novembre 2013, dopo la rituale discussione, le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

II.1. Deve essere innanzitutto confermata la riunione degli appelli in discussione (NRG. 1326/2010 e 3553/2012), già disposta con la sentenza n. 3965 del 25 luglio 2013, per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva.

II.2. Prima di procedere all’esame dei singoli appelli la Sezione ritiene opportuno delineare brevemente il substrato normativo e fattuale della controversia in esame.

II.2.1. Il decreto legislativo 13 gennaio 2013, n. 36, concernente l“Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”, all’articolo 17, per quanto qui interessa (così come modificato dall’art. 6 del decreto legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008, n. 101), ha previsto le seguenti disposizioni transitorie e finali:

“1. Le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto possono continuare a ricevere, fino al 31 dicembre 2006, i rifiuti per cui sono state autorizzate.

2. Fino al 31 dicembre 2006 è consentito lo smaltimento nelle nuove discariche, in osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla Delib. 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale, pubblicata sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 253 del 13 settembre 1984, di cui all’articolo 6 decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994, nonché dalle deliberazioni regionali connesse, relativamente:

a) nelle discariche per rifiuti inerti, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di II categoria, tipo A;

b) nelle discariche per rifiuti non pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di prima categoria e di II categoria, tipo B;

c) nelle discariche per rifiuti pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di II categoria tipo C e terza categoria.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il titolare dell’autorizzazione di cui al comma 1 o, su sua delega, il gestore della discarica, presenta all’autorità competente un piano di adeguamento della discarica alle previsioni di cui al presente decreto, incluse le garanzie finanzia riedi cui all’articolo 14.

4. Con motivato provvedimento l’autorità competente approva il piano di cui al comma 3, autorizzando la prosecuzione dell’esercizio della discarica e fissando i lavori di adeguamento, le modalità di esecuzione e il termine finale per l’ultimazione degli stessi, che non può in ogni caso essere successivo al 16 luglio 2009. Nel provvedimento l’autorità competente prevede anche l’inquadramento della discarica in una delle categorie di cui all’art. 4. Le garanzie finanziarie prestate a favore dell’autorità competente concorrono alla prestazione della garanzia finanziaria.

4 – bis. Il provvedimento con cui l’autorità competente approva i piani di adeguamento, presentate ai sensi del comma 3, per le discariche di rifiuti pericolosi e per quelle autorizzate dopo la data del 16 luglio 2001 e fino al 23 marzo 2003, deve fissare un termine per l’ultimazione dei lavori di adeguamento, che non può essere successivo al 1° ottobre 2008.

4 – ter. Nel casi in cui, per le discariche di cui al comma 1, il provvedimento di approvazione del piano di adeguamento di cui al comma 4, stabilisca un termine per l’ultimazione dei lavori di adeguamento successivo al 1° ottobre 2008, tale termine si intende anticipato al 1° ottobre 2008.

5. In caso di mancata approvazione del piano di cui al comma 3, l’autorità competente prescrive modalità e tempi di chiusura della discarica, conformemente all’articolo 12, comma 1, lett. c)”.

II.2.2. La legge regionale 18 luglio 2005, n.15 (“Assestamento del bilancio 2005 e del bilancio pluriennale per gli anni 2005 – 2007 ai sensi dell’articolo 18 della legge regionale 16 aprile 1999, n. 7), tra gli “Interventi in materia di protezione civile, ambiente, foreste, edilizia, pianificazione, viabilità e trasporti” di cui all’art. 4, ha stabilito:

- al comma 11 che “Le discariche per rifiuti inerti autorizzate e in attività, classificate ai sensi della deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984 (Disposizioni per la prima applicazione dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 915/1982 – smaltimento dei rifiuti), come di II categoria tipo A, classificate ai sensi della deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984 (Disposizioni per la prima applicazione dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 915/1982 – smaltimento dei rifiuti), come di II categoria tipo A, che hanno completato il conferimento dei rifiuti alla data del 27 marzo 2003 sono autorizzate a procedere alla chiusura dell’impianto nel rispetto del progetto già formalmente approvato dall’ente competente; le medesime, qualora ricevano esclusivamente i rifiuti individuati con i codici 170101, 170102, 170103, 170107, 170202, 170904, 191205 e con le restrizioni ed esclusioni riportate nella tabella 3 del decreto ministeriale 13 marzo 2003 possono continuare a ricevere i rifiuti medesimi anche in assenza della barriera geologica di fondo nonché della rete di raccolta del percolato,così come previsto dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti)”;

- al comma 11 bis (inserito dalla legge regionale 23 dicembre 2005, n. 32) che “Le discariche per rifiuti urbani autorizzate e in attività, classificate ai sensi della deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984 (Disposizioni per la prima applicazione dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, concernente lo smaltimento dei rifiuti), come di I categoria, che hanno completato il conferimento dei rifiuti alla data del 27 marzo 2003 sono autorizzate a procedere alla chiusura dell’impianto nel rispetto del progetto già formalmente approvato dall’ente competente”;

- al comma 11 ter (pure inserito dalla legge regionale 23 dicembre 2005, n. 32) che “I piani di adeguamento delle altre discariche per rifiuti urbani già autorizzate e in attività, qualora il fondo e i fianchi dell’impianto siano già ricoperti di rifiuti, anche in applicazione dell’art. 17 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti), devono rispettare le previsioni di cui al decreto legislativo medesimo, ma potranno prescindere dalla barriera geologica di fondo e dei fianchi, così come descritta nel suddetto decreto legislativo 36/2003. Tali discariche potranno essere autorizzate ad ampliamenti della volumetria fino ad una misura massima del dieci per cento di quanto previsto dalle autorizzazioni in possesso di ciascun impianto”.

II.2.3. Il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, ha dato attuazione alla direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.

Tale decreto legislativo è stato abrogato, a decorrere dal 26 agosto 2010, per effetto dell’art. 4, comma 1 ter, lett. a), del D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha incorporato la disciplina relativa all’autorizzazione integrata ambientale nell’ambito del testo unico approvato con il D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Per quanto qui interessa occorre sottolineare che il predetto D. Lgs. n. 59 del 2005 prevedeva che:

- le disposizioni in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento si applicavano al rilascio, al rinnovo e al riesame dell’autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui all'allegato I al medesimo decreto, tra cui le discariche che ricevono più di 10 tonnellate al giorno o con una capacita totale di oltre 25.000 tonnellate (art. 1 comma 2 e Allegato I n. 5.4), come quella della Sager s.r.l.;

- per gli impianti nuovi o soggetti a modifiche sostanziali il rispetto del decreto garantiva le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione di impianti di smaltimento e all'esercizio della relativa attività (art. 1 comma 4);

- era rilasciata l'autorizzazione integrata ambientale ai fini dell'esercizio di nuovi impianti, della modifica sostanziale e dell'adeguamento del funzionamento degli impianti esistenti alle disposizioni contenute nel del D. Lgs. n. 59 del 2005 (art. 5 comma 1);

- l’autorizzazione integrata ambientale sostituiva le autorizzazioni di cui all'elenco riportato nell'allegato II al decreto (tra cui era ricompresa anche l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di smaltimento dei rifiuti, art. 5 comma 14);

- le domande di autorizzazione integrata ambientale, relative agli impianti esistenti, dovevano essere presentate entro il 31 gennaio 2008 all'autorità competente ovvero, qualora quest'ultima non fosse ancora individuata, alla Regione (art. 5 comma 19).

L’articolo 17 del D. Lgs. n. 59 del 2005 prevedeva che: "I procedimenti di rilascio di autorizzazioni che ricomprendono autorizzazione integrata ambientale, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono portati a termine dalla medesima autorità presso la quale sono stati avviati".

Giova aggiungere che l’art. 5, comma 4, del D. Lgs. n. 128 del 2010 prevede che “le procedure di…AIA avviate precedentemente all’entrata precedentemente all’entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento”, mentre il comma 1 dell’art. 35 stabilisce che“le Regioni, ove necessario, adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro dodici mesi dall’entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili”, ferma per le regioni a statuto speciale la previsione di richiamo ai rispettivi statuti.

II.2.4. Deve ricordarsi ancora che l’art. 20 della legge regionale n. 25 del 2005, poi abrogata dall’art. 127, comma 1, lett. a), della legge regionale n. 17 del 2010, a decorrere dal 1° gennaio 2011, stabiliva che “…in attesa del riordino della disciplina legislativa regionale in materia di gestione dei rifiuti e in sede di prima applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 costituiscono autorizzazione integrata ambientale, limitatamente alle discariche dei rifiuti di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36…i provvedimenti autorizzatori di cui all'articolo 5, commi 12 e 17, del decreto del Presidente della Giunta regionale 2 gennaio 1998, n. 01/Pres., nonché all'articolo 23, comma 1 bis, della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30 (Norme regionali relative allo smaltimento dei rifiuti), a condizione che alla Conferenza Tecnica di cui all'articolo 6 del decreto medesimo, partecipi la struttura regionale competente in materia di autorizzazione integrata ambientale".

Secondo la predetta normativa regionale costituiscono pertanto autorizzazione integrata ambientale: a) l'approvazione o il diniego del progetto e l'approvazione della costruzione dell'impianto di discarica da parte della Provincia, previa parere della Conferenza Tecnica (ex art. 5, comma 7, e art. 6 del DPGR 01/1998); b) l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto di discarica da parte della Provincia (ex art. 5, comma 12, del DPGR 01/1998).

II.2.5. In punto di fatto è pacifico che:

- la Sager s.r.l., proprietaria e gestore di una discarica di rifiuti solidi urbani speciali e speciali assimilabili di "I categoria", nel Comune di Pavia di Udine, in località Risano, a seguito dell'entrata in vigore del D. Lgs. n. 36 del 2003, presentava, ai sensi dell’art. 17, comma 3, alla Provincia di Udine in data 25 settembre 2003 un piano di adeguamento della discarica e successivamente con nota del 10 ottobre 2003 una variante di adeguamento (in relazione alla realizzazione di opere di copertura).

- all’esito di una lunga e complessa attività istruttoria avviata dall’amministrazione provinciale giusta nota n. 15818/2005 del 4 marzo 2005, che ha coinvolto anche gli uffici della Regione Friuli – Venezia Giulia e l’ARPA e che ha comportato anche la necessità da parte di Sager s.r.l. di produrre ulteriore integrazioni documentali del piano di adeguamento e della sua variante, la Conferenza Tecnica, appositamente convocata in data 30 giugno 2008 per l’esame del piano in questione, ha espresso parere negativo: a) per le criticità riscontrate circa l'impermeabilizzazione del fondo della discarica, difforme rispetto al D. Lgs. n. 36 del 2003 in quanto, da un lato, è frapposto uno strato drenante tra la geomembrana e lo strato di argilla e, dall’altro la stessa geomembrana è stata prevista come unico sistema di impermeabilizzazione; b) per non aver la Sager s.r.l completato la Sager s.r.l. la rete dei piezometri e non aver concordato con l’ARPA un piano di monitoraggio delle acque di falda (previsto dall'art. 1, co. 3 della L.R. n. 32 del 2005), così che non risultavano note le condizioni della falda acquifera sottostante alla discarica (il che non consentiva di autorizzare alcun aumento volumetrico); ciò senza contare che nella valutazione del piano di adeguamento veniva rilevato un incremento di volume pari al 18% di quello precedentemente autorizzato, superiore al limite massimo del 10% ammesso dall’art. 1 della L.R. n. 32 del 2005;

- con la delibera n. 157 del 28 luglio 2008 la Provincia di Udine ha quindi disposto la non approvazione del piano di adeguamento della discarica in questione, ordinandone la chiusura e dettando a tal fine una serie di prescrizioni, compresa la prestazione della garanzia finanziaria.

II.3. Passando all’esame dei singoli appelli, si osserva quanto segue.

II.4. L’appello iscritto al NRG. 1326 del 2010 è infondato nel merito, il che esime la Sezione dall’esaminare le eccezioni preliminari di inammissibilità sollevate, sotto diversi profili, dalla Provincia di Udine e dalla Regione Friuli.

Sempre in via preliminare il collegio disattende, per manifesta infondatezza, l’eccezione di tardività della memoria conclusionale depositata dalla difesa della provincia di Udine in data 22 ottobre 2013, sollevata dalla società appellante (cfr. pagina 1 della memoria di replica depositata in data 4 novembre 2013) soto il profilo che tale memoria non avrebbe ad oggetto la documentazione depositata dall’ARPA in adempimento della richiamata sentenza di questa Sezione n. 3965 del 2012.

II.4.1 Con la prima serie di doglianze, rubricata “Sull’errato assorbimento del terzo motivo del ricorso introduttivo, sul difetto di motivazione del vizio medesimo e sul mancato pronunciamento sul risarcimento”, la Sager s.r.l. ha lamentato che i primi giudici, esaminando con priorità il sesto motivo del ricorso introduttivo del giudizio, con conseguente assorbimento di alcune censure, tra cui quella formulata con il terzo motivo, avrebbero violato il fondamentale principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, operando un’inammissibile alterazione dell’ordine di graduazione delle censure formulate in primo grado, così vanificando l’effettività della tutela, in quanto sarebbe stato inibito qualsiasi effetto utile della stessa pronuncia di annullamento: infatti non sarebbero state esaminate censure decisive ai fini del successivo corretto obbligo dell’amministrazione di provvedere; ciò tra l’altro proprio con riferimento al terzo motivo di censura, con cui era stato eccepito il difetto di motivazione che inficiava l’impugnata delibera della giunta provincia di Udine n. 157 del 28 luglio 2008 in ordine alla fissazione della data del 1° ottobre 2008, come termine di cessazione della discarica.

Le censure, che per la loro intima connessione possono essere esaminate congiuntamente, non sono meritevoli di favorevole considerazione.

II.4.1.1. Quanto all’ordine di trattazione delle censure non vi è ragione di discostarsi dal consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale ad avviso del quale, se, per un verso, il principio dispositivo postula che il ricorrente abbia il potere di scegliere le domande da proporre ed anche la possibilità di indicare l’ordine con il quale ritiene che i motivi, all’interno della domanda, debbano essere esaminati, potendo dichiarare l’interesse all’accoglimento di alcuni di essi solo in via subordinata, per l’ipotesi in cui altri non vengano accolti, d’altra parte, in assenza di tale graduazione, rientra nel potere del giudice amministrativo, in ragione del particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato all’esercizio della funzione pubblica, decidere l’ordine di trattazione delle censure sulla base della loro consistenza oggettiva e del rapporto tra le stesse esistente sul piano logico – giuridico (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2012, n. 82).

Nessun appunto può pertanto essere mosso alla sentenza impugnata per aver ritenuto fondato ed assorbente il sesto motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, esaminandolo con priorità rispetto agli altri.

Infatti nel ricorso introduttivo del giudizio non vi era indicazione circa uno specifico interesse della Sager s.r.l. all’esame dei motivi di censura sollevati secondo preteso (inesistente) ordine di graduazione; non può pertanto dubitarsi che l’accoglimento di quella censura, imperniata sulla violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, non avesse un effetto pienamente satisfattivo delle ragioni della ricorrente, imponendo all’amministrazione l’obbligo di comunicare preventivamente tutte le ragioni ostative all’approvazione del piano di adeguamento (e quelle che giustificavano la chiusura della discarica e la sua decorrenza), così instaurando un pieno contraddittorio tra le parti su tutte le ragioni delle scelte operate nel caso concreto dall’amministrazione procedente.

Correttamente i primi giudici hanno pertanto ritenuta assorbita la censura sollevata con il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed altrettanto correttamente hanno omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria, atteso che, da un lato, nel ricorso introduttivo si faceva riserva di proporre successivamente istanza risarcitoria, dall’altro, la stessa sussistenza del fatto ingiusto e del danno risarcibile non poteva che conseguire eventualmente al corretto riesercizio del potere, all’esito del quale del resto non poteva escludersi un effetto positivo per le ragioni della ricorrente.

II.4.1.2. In ogni caso la censura formulata con il predetto terzo motivo era ed è anche infondata.

In sostanza la Sager s.r.l. ha lamentato che sarebbe stata del tutto ingiustificata la data del 1° ottobre 2008 fissata dall’amministrazione provinciale di Udine per la cessazione della discarica, atteso che quest’ultima, diversamente da quanto ritenuto da quell’amministrazione, non rientrava nelle previsioni di cui ai commi 4 bis e ter dell’art. 17 del D. Lgs. n. 36 del 2003, essendo stata autorizzata ben prima del 16 luglio 2001: conseguentemente per essa non poteva trovare applicazione quel termine del 1° ottobre 2008 (che peraltro si riferiva alla ultimazione dei lavori di adeguamento e che era stato comunque legislativamente prorogato al 16 luglio 2009).

Tale tesi tuttavia si fonda su un evidente equivoco interpretativo delle disposizioni contenute nel ricordato articolo 17 del D. Lgs. n. 36 del 2003.

Infatti quest’ultimo stabiliva, in particolare al primo comma, che tutte le discariche autorizzate alla data della sua entrata in vigore potevano continuare a ricevere fino al 31 dicembre 2008 i rifiuti per cui erano state autorizzate (comma 1), fissando al terzo comma, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso, l’obbligo per i titolari o i gestori degli impianti autorizzati di presentazione di un piano di adeguamento della discarica alle nuove previsioni del decreto legislativo.

Ciò posto deve rilevarsi che l’indicazione dei termini per la ultimazione dei lavori è conseguenza dell’approvazione del piano di adeguamento, cui è ragionevolmente collegata anche la legittima prosecuzione dell’attività di discarica, così che allorquando, come nel caso di specie, il piano di adeguamento non venga approvato non può ammettersi dal punto di vista logico, ancor prima di quello giuridico, la prosecuzione dell’attività di discarica e tanto meno può farsi riferimento al termine fissato dalla legge per la esecuzione dei lavori di adeguamento per farne derivare la pretesa illegittimità del termine stabilito dall’amministrazione per la cessazione dell’attività di cava, trattandosi all’evidenza di fattispecie (e di sottesi interessi pubblici) del tutto diversi e non comparabili).

Tale conclusione, ad avviso della Sezione, assorbe, rendendolo infondato, anche l’ulteriore profilo di censura riferito alla presunta violazione dell’articolo 1, comma 184 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall’articolo 1, comma 166, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, atteso che la proroga del termine ultimo per il conferimento dei rifiuti al 31 dicembre 2008 può trovare applicazione solo per quelle discariche la cui autorizzazione sia valida ed efficace, cosa che non ricorre nel caso in esame, in cui l’autorizzazione della Sager s.r.l. era scaduta prima della convocazione della Commissione Tecnico del 30 giugno 2008 e non ne era stato richiesto il rinnovo.

II.4.2. Anche la seconda serie di censure è priva di fondamento.

II.4.2.1. Possono essere esaminati congiuntamente il motivo sub “A2. Violazione e/o falsa applicazione di legge: violazione degli articolo 8, 15 e 17 del D. Lgs. 36/2003 e del D. Lgs. 59/2005 – Irrazionalità ed illogicità – Carenza dei presupposti – Violazione del principio di proporzionalità – secondo motivo del ricorso introduttivo” e quello sub “A4. Mancanza dei presupposti – Travisamento – Falsa applicazione di legge (D. Lgs. 36/2003 e D.P.G.R. n. 0266/Pres.) – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Violazione dei principi generali in materia di prestazione di garanzie di legge nel nostro ordinamento – Quinto motivo del ricorso introduttivo”, con cui sono stati riproposti rispettivamente il secondo ed il quinto motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

In particolare:

- l’insufficiente apprezzamento ed il conseguente erroneo rigetto del secondo motivo, con cui era stata lamentata la illegittimità della determinazione assunta dall’amministrazione provinciale che, pur negando l’approvazione del piano di adeguamento, aveva imposto ai fini della chiusura il rispetto delle disposizioni previste per le discariche adeguate, senza consentire il recupero degli oneri aggiuntivi tramite il prezzo di smaltimento, in palese di violazione del principio di proporzionalità, emergeva, oltre che dalla laconica e generica motivazione di rigetto, dalla stessa lettura della sentenza in cui era fatto riferimento solo agli articoli 8, 15 e 17 del D. Lgs. n. 59 del 2005 e non anche agli stessi articoli del D. Lgs. n. 36 del 2003;

- quanto al quinto motivo, con cui era stata lamentata l’erronea applicazione delle garanzie finanziarie anche alla fattispecie in esame relativa ad una discarica non adeguabile, il suo rigetto era stato incomprensibilmente fondato sul richiamo alla motivazione che aveva (erroneamente) supportato la infondatezza del secondo motivo.

Le doglianze non sono meritevoli di favorevole considerazione.

Come hanno correttamente affermato i primi giudici, dalla stessa previsione normativa che consente la possibilità di presentare il piano di adeguamento della discarica in questione alle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 36 del 2003, deriva ragionevolmente che la chiusura della stessa, quale effetto della mancata approvazione del piano, sia assoggettata alle disposizioni dello stesso decreto, ivi comprese quelle relative alla prestazioni delle garanzie che, ai sensi dell’articolo 14.

Non può trovare ingresso pertanto la suggestiva censura di irragionevolezza della delibera impugnata laddove comporta l’applicazione delle migliori tecniche disponibili previste dal D. Lgs. n. 59 del 2005 per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (e quindi per il concreto esercizio degli impianti di discarica) all’ipotesi di cessazione della discarica, tanto più che ciò è pienamente conforme al principio di precauzione, cui è ispirata la normativa in questione.

Né può dirsi violato il principio di proporzionalità, invocato dall’appellante, atteso che ai fini della corretta valutazione di quest’ultimo (ed in particolare degli oneri economici che graverebbero sull’appellante) non può tenersi conto unicamente, come prospettato dall’interessata, del periodo intercorrente tra la data del provvedimento di cessazione e quella di effettiva cessazione dell’esercizio della discarica, quanto piuttosto di quello più ampio dell’intera validità dell’autorizzazione ovvero quanto meno di quello occorso nel caso si specie per la stessa valutazione da parte dell’amministrazione procedente del piano di adeguamento.

Il che, sotto altro concorrente profilo, dà conto della correttezza della decisione impugnata anche nella parte in cui ha respinto il quinto motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, del tutto ultroneo e non pertinente essendo il richiamo dell’appellante al Regolamento regionale per la determinazione delle garanzie da prestare per le discariche adeguate, tra cui non rientra quella oggetto di controversia; d’altra parte, diversamente da quanto prospettato dall’appellante, non può ammettersi che il principio di precauzione possa non operare nell’ipotesi di discarica il cui piano di adeguamento non sia stato approvato e ritenuta pertanto meritevole di chiusura, ponendosi peraltro in questo caso inammissibilmente ed irragionevolmente a carico della collettività i costi ed i rischi della chiusura di un impianto non adeguabile (così che non possono essere invocati al riguardo i principi costituzionali di cui all’articolo 41 e 53).

II.4.2.2. Alla stregua dei consolidati indirizzi giurisprudenziali, secondo cui le scelte discrezionali, comprese quelle di natura squisitamente tecniche, operate dalla pubblica amministrazione, impingendo nel merito dell’azione amministrativa, sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano macroscopicamente - ictu oculi – irragionevoli, illogiche, irrazionali ovvero viziate da un palese travisamento dei fatti, deve essere respinto anche il motivo di gravame sub “A3. Violazione di legge (art. 208 del D. Lgs. 152/2006 e D.P.G.R. 2 gennaio 1998, n. 01/Pres. – Art. 1, D. Lgs. 36/2003) – Contraddittorietà ed illogicità manifesta – Quarto motivo del ricorso introduttivo”, corretta essendo sul punto la decisione dei primi giudici.

Del resto è appena il caso di rilevare, per un verso, che le doglianze dell’appellante, nella parte in cui deducono l’ingiustizia della sentenza impugnata per non aver esplicitato i motivi della non illogicità, non contraddittorietà e non illegittimità delle prescrizioni tecniche imposte dall’amministrazione provinciale con il provvedimento di chiusura della discarica, si fondano su di un’inammissibile inversione dell’onere della prova, spettando invero alla ricorrente (e cioè proprio alla Sager s.r.l.), provare tali asseriti caratteri di quelle prescrizioni, prova che non è stata giammai fornita (neppure a livello di mero indizio), per quanto tali presunti caratteri costituiscono frutto di valutazioni assolutamente personali, prive di qualsiasi riscontro obiettivo, risolvendosi pertanto in un mero inammissibile dissenso rispetto alle scelte dell’amministrazione.

II.4.2.3 Con il motivo di gravame sub “A5. Incompetenza – Violazione di legge (art. 23, Legge regionale 7 settembre 1987, n. 30) – Violazione di legge (Art. 97, Costituzione) – Eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità e lesione della par condicio – Settimo motivo del ricorso introduttivo”, l’appellante ha contestato la correttezza della sentenza impugnato per non aver riscontrato l’illegittimità degli atti impugnati, affetti, a suo avviso, da incompetenza, atteso che la Provincia di Udine, in quanto socio di maggioranza di una società, Exe S.p.A., proprietaria in una discarica concorrente con quelle private, non avrebbe potuto adottare gli atti stessi, versando in una macroscopica situazione di conflitto di interessi che non era minimamente esclusa dalla previsione di cui all’articolo 23 della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30.

Le suggestive argomentazioni non meritano favorevole considerazione.

E’ sufficiente osservare che la società Sager s.r.l. non provato, né ha addotto alcun indizio, di un’effettiva situazione di conflitto tra gli interessi di Exe S.p.A. e la discarica oggetto di controversia, tali da far ritenere anche solo astrattamente possibile un possibile operato non parziale dell’amministrazione provinciale, limitandosi per contro a prospettare, in realtà in modo assolutamente generico, che la sola qualità di socio di maggioranza della società Exe S.p.A. sarebbe di per sé sufficiente a far dubitare della correttezza dell’operato della Provincia di Udine, obbligandola a rimettere ogni decisione sul piano di adeguamento alla Regione.

Sennonché deve rilevarsi che proprio gli invocati principi di legalità, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrazione invocati dall’appellante impongono che le deroghe a norme di attribuzione di compiti, poteri o funzioni ad organi ed uffici siano espressamente previste e siano di stretta interpretazione, così che, come espressamente previsto dalla legge regionale, solo per i provvedimenti autorizzatori che riguardano la Exe S.p.A. in quanto tale sussiste la competenza della Regione Friuli, competenza che invece non può essere ammessa, in forza di un’inammissibile interpretazione estensiva, per tutti i provvedimenti concernenti l’autorizzazione al funzionamento delle discariche (e non solo per quelli sfavorevoli che hanno colpito l’appellante).

II.4.2.4. Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante è da respingere anche l’ultimo motivo di gravame, con cui denunciando “A6. Eccesso di potere per contraddittorietà e irrazionalità. Perplessità, incertezza e confusione dell’azione amministrativa – Violazione di legge – Violazione del D. Lgs. 152/2006 s.m.i. Parte IV – Incompetenza – Sviamento . – Terzo motivo aggiunto”, in quanto correttamente i primi giudici hanno dichiarato inammissibile la censura svolta nei confronti della delibera della Giunta provinciale n. 187 del 1° settembre 2008, trattandosi di atto generale, rispetto al quale non era stato indicato in che modo esso potesse essere considerato quale atto presupposto degli atti impugnati (con particolare riguardo alla delibera della Giunta provinciale n. 157 del 28 luglio 2008).

Al riguardo è sufficiente rilevare che l’appellante, lungi dal contestare efficacemente la motivazione addotta dai primi giudici, si è limitata a prospettare in modo del tutto generico, ipotetico ed eventuale gli effetti dell’eventuale annullamento della delibera in questione, senza dar conto in concreto degli effetti di quella deliberazione sugli atti impugnati.

II.5. Passando all’esame del secondo appello, iscritto al NRG. 3552 del 2012, la Sezione è dell’avviso che anch’esso sia infondato nel merito, potendo pertanto prescindersi anche in questo caso dalle eccezioni preliminare di inammissibilità ed improcedibilità sollevate dalle amministrazioni appellate, non meritando la sentenza impugnata alcuna delle critiche che le sono state mosse (neppure in relazione alla equivoca, generica e comunque inammissibile contestazione delle modalità “riassuntiva” di decisione dei primi giudici).

II.5.1. Con il primo motivo di gravame la Sager s.r.l., deducendo “Violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale – artt. 24, 111 e 113 della Costituzione e Codice del processo amministrativo – Difetto di motivazione per erroneità, contraddittorietà ed illogicità manifesta (1° motivo del ricorso introduttivo) – Erroneità ed illogicità della sentenza. Mancanza di presupposti, sviamento, violazione del giudicato, reiterazione di provvedimento illegittimo”, ha riproposto la censura formulata con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, a suo avviso erroneamente apprezzata ed inammissibilmente respinta dai primi giudici, malgrado i provvedimenti impugnati fossero affetti da un macroscopico vizio di violazione o elusione del giudicato.

In particolare, secondo l’appellante, la delibera della Giunta provinciale di Udine n. 261 dell’8 settembre 2010, con cui era stato nuovamente disposta la non approvazione del piano di adeguamento della discarica di sua proprietà, disponendosene la chiusura con le modalità e nei tempi indicati, si fondava sulle risultanze della Commissione Tecnica del 1° luglio 2009 e sul parere dell’ARPA prot. n. 80600/10 del 21 giugno 2010 (assunto sulla base delle decisioni della Commissione Tecnica del 1° luglio 2009), atti che però erano stati annullati con la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli – Venezia Giulia, sez. I, n. 274 del 30 aprile 2010, passata in giudicato, e che pertanto non potevano essere surrettiziamente utilizzati, inammissibile essendo la distinzione a tal fine propugnata dai primi giudici tra annullamento giuridico dei predetti e rilevanza degli stessi come fatto istruttorio.

La doglianza è infondata.

Come si ricava dalla motivazione della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli – Venezia Giulia, sez. I, n. 274 del 30 aprile 2010, l’annullamento della precedente delibera della Giunta provinciale di Udine n. 212 del 31 luglio 2009 (di non approvazione del piano di adeguamento della discarica all’esito della rinnovazione del procedimento in esecuzione della sentenza dello stesso tribunale amministrativo, sez. I, n. 301 dell’8 maggio 2009) e del verbale della Conferenza Tecnica del 1° luglio 2009 è stato determinato dalla dichiarata fondatezza delle censure di difetto di motivazione e di istruttoria “perché la mancata esplicita trattazione in sede di conferenza tecnica delle argomentazioni svolte dalla ricorrente impedisce di fatto di comprendere il filo logico che ha portato la conferenza tecnica ad allinearsi acriticamente e senza neppure motivare sulla posizione espressa dal rappresentante della Provincia che era, a sua volta, basata su un’enunciazione di fatto che avrebbe anch’essa necessariamente richiesto una dimostrazione di come le confutazioni tecniche svolte dalla ditta ricorrente non venivano ritenute in grado di spostare le conclusioni già prese alla luce della effettiva ed attuale situazione della discarica. In questo modo il procedimento in contraddittorio richiesto dall’art. 10 bis è stato di fatto svuotato di qualunque pregnanza, rendendolo un mero simulacro formale di contraddittorio su un argomento di tale complessità da richiedere invece una particolare e approfondita valutazione di ogni soluzione tecnica proposta, di cui andava dimostrata l’effettiva considerazione, dandone specifico motivazionale. E’ appena il caso di segnalare anche la sintomatica eccessiva brevità dei tempi in cui è stata raggiunta una decisione procedimentale, che affligge sia l’atto provinciale che la decisione della conferenza tecnica, è indice sostanziale del vizio sopraenunciato, senza contare che, dal verbale della conferenza tecnica, non si evince neppure che vi sia stata effettiva discussione in ordine alle osservazioni e alle richieste della ditta e alla loro ritenuta non accoglibilità”.

Il vizio riscontrato era ed è pertanto di natura effettivamente formale, nel senso che esso ha inficiato soltanto il procedimento di formazione del giudizio della Commissione Tecnica, ma non ha riguardato l’attività istruttoria sul cui presupposto la predetta Commissione era stata chiamata a pronunciarsi: è così spiegata la condivisibile distinzione operata dai primi giudici, secondo cui l’annullamento del verbale della riunione della Commissione Tecnica del 1° luglio 2009 (e delle relative conclusioni) non comportava l’inutilizzabilità del materiale istruttorio confluito in quella sede, giacché l’effetto della pronuncia di annullamento consiste solo nell’obbligo dell’amministrazione di far emergere con chiarezza le motivazioni delle scelte effettuate, dando conto puntualmente delle osservazioni e delle controdeduzioni della parte istante.

Analogo ragionamento deve essere svolto nei confronti del parere dell’ARPA, il cui contenuto non è minimamente travolto dall’annullamento della delibera dell’amministrazione provinciale, di cui costituisce presupposto.

II.5.2. Con il secondo motivo di gravame l’appellante ha denunciato “A2 Violazione di legge: violazione art. 117 Cost.; violazione degli artt. 14 e 14 – quater, L. 241/1990 e s.m.i.; art. 5, D. Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione. Sviamento di potere (2° motivo del ricorso introduttivo) – Sentenza assunta in carenza e/o errata motivazione e violazione dei principi di imparzialità e trasparenza”, riproponendo in sostanza la identica censura sollevata con il secondo motivo di censura del ricorso introduttivo del giudizio e rilevando, in particolare, che era stata ingiustificatamente disattesa la specifica richiesta di convocazione di una Conferenza dei Servizi (che attiene ai servizi essenziali delle prestazioni ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione) per la valutazione del proposto piano di adeguamento, non essendo considerabile a questa equivalente la Commissione Tecnica, inidonea, per composizione e per le concrete modalità di formazione delle decisioni, ad assicurare i fondamentali principi di imparzialità e buon andamento; ciò tanto più che l’amministrazione provinciale non era titolare dei poteri di indirizzo generale in materia, illegittimamente esercitati con le delibere n. 150 del 2008 n. 187 del 2008.

L’articolata censura non può essere accolta.

E’ pacifico che la procedura di adeguamento della discarica in questione è stata avviata con la presentazione in data 25 settembre 2003 del piano di adeguamento, così che a tale fattispecie devono trovare applicazione le disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 59 del 2005 e nella legge regionale 18 febbraio 2005, n. 25, il cui articolo 20 (“Autorizzazione integrata ambientale”) stabilisce che “Nelle more del completamento delle procedure per il trasferimento di funzioni amministrative al sistema delle autonomie locali, ai sensi della legge regionale 15 maggio 2001, n. 15…, nonché in attesa del riordino della disciplina legislativa regionale in materia di gestione dei rifiuti e in sede di prima applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59…, costituiscono autorizzazione integrata ambientale, limitatamente alle discariche dei rifiuti di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36…, i provvedimenti autorizza tori di cui all’articolo 5, commi 12 e 17, del D.P.G.R. 2 gennaio 1998, n. 01/Pres., nonché all’art. 23, comma 1 bis, della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30…, a condizione che alla Conferenza Tecnica di cui all’articolo 6 del decreto medesimo, partecipi la struttura regionale competente in materia di autorizzazione integrata ambientale”.

Ciò trova conferma nella previsione del comma 4 dell’articolo 5 del D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, a mente del quale “le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all’entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento”.

Sulla scorta di tali disposizioni è priva di fondamento la tesi dell’illegittimità del procedimento in quanto fondato sull’intervento della Commissione Tecnica invece che della Conferenza dei servizi, di cui sarebbe stata omessa la richiesta comunicazione: anche a voler prescindere dalla pur di per sé decisiva considerazione che l’intervento della prima è espressamente prevista, mentre non si fa alcun cenno alla seconda, non può sottacersi che quest’ultima è prevista nell’ipotesi di un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo (art. 14, comma 1, L. n. 241 del 1990) ovvero quando l’amministrazione deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati (art. 14, comma 2), situazioni tutte che non ricorrono nel caso di specie.

D’altra parte la tesi secondo cui la Conferenza dei servizi offrirebbe maggiori garanzie rispetto alla Commissione Tecnica è frutto di una convinzione assolutamente personale, priva di qualsiasi supporto normativo e fattuale (anche con riferimento alla sua composizione, come evidenziato dall’appellata amministrazione provinciale), sostanziandosi in un’inammissibile sindacato sulle scelte operate dal legislatore regionale.

Sotto tale profilo non è possibile neppure apprezzare positivamente il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 20 della legge regionale n. 25 del 2005, anche in ragione della natura temporanea e transitoria delle disposizioni in esso contenute.

Apodittica e comunque priva di qualsiasi fondamento è la tesi della pretesa mancanza in capo all’amministrazione provinciale di emettere atti di indirizzo nella materia de qua, tale potere trovando positivo fondamento nell’art. 23 della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30 (“Norme regionali relative allo smaltimento dei rifiuti”), non costituendo poi causa di illegittimità dei provvedimenti impugnati la mera circostanza che nel corso del procedimento siano state emanate direttive che hanno influito sul loro contenuto.

II.5.3. Con il terzo mezzo di gravame l’appellante ha lamentato “A3 – Violazione di legge – Art. 1, D. Lgs. 59/2005, artt. 10 – bis e 14 – quater, L. 241/1990, s.m.i. – art. 208, D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. – D.L. 180/2007 – Eccesso di potere per mancanza dei presupposti, errata prospettazione, illogicità manifesta, contraddittorietà di comportamento (3° motivo del ricorso introduttivo) – Omessa comparazione degli interessi pubblici e privati in gioco – Mancata valutazione di soluzioni alternative, erroneità e travisamento dei presupposti”, sostenendo in sintesi che i primi giudici non avrebbero riscontrato l’omesso doveroso esame delle osservazioni presentate.

Anche tale doglianza non può essere accolta.

Ai fini della legittimità di un provvedimento amministrativo non è necessario che la motivazione contenga un’analitica confutazione delle osservazioni e controdeduzioni svolte dalla parte interessata (Cons. Stato, sez. III, 23 maggio 2011, n. 3106), essendo invece sufficiente che dalla motivazione si evinca che l’amministrazione abbia effettivamente tenuto conto nel loro complesso di quelle osservazioni e controdeduzioni per la corretta formazione della propria volontà o del proprio giudizio (Cons. Stato, sez. VI, 3 luglio2012, n. 3803).

Nel caso in esame dalla lettura della motivazione della delibera provinciale e dallo stesso tenore letterale del verbale del 2 luglio 2010 della Commissione Tecnica (che non contengono al riguardo nessuna formula di stile) non si evincono elementi gravi, precisi e concordanti cui ricollegare il dedotto omesso esame delle osservazioni svolte dalla Sages s.r.l., ciò non potendo conseguire, come prospetta invece l’appellante, dal mancato accoglimento delle stesse; d’altra parte non può sottacersi che tali osservazioni si connotano per costituire delle vere e proprie argomentazioni di natura tecnica diverse ed opposte da quelle formulate dall’amministrazione e dalla Commissione Tecnica, costituendo esse inammissibili strumenti di contestazione della discrezionalità tecnica dell’amministrazione, come tale notoriamente insindacabile tranne i casi di macroscopica irragionevolezza, irrazionalità, illogicità o l’obiettivo travisamento dei fatti, che non riscontrano nel caso di specie (non potendo ciò consistere nella diversa opinione della parte interessata).

Né dalla lettura degli atti impugnati emerge in maniera macroscopica il presunto vizio in cui sarebbero incorsi gli uffici dell’amministrazione e la stessa Commissione Tecnica nell’esaminare la variante di adeguamento piuttosto che il piano di adeguamento, atteso che in essi si fa effettivo riferimento alla situazione della discarica in quanto tale, senza alcuna distinzione fra l’una e l’altro (e senza contare che dal punto di vista logico, oltre che per evidenti ragioni di semplificazione dell’azione amministrativa nonché di efficienza ed efficacia delle decisioni non può dubitarsi della correttezza della loro valutazione contestuale).

Priva di qualsiasi rilievo ai fini della legittimità delle conclusioni raggiunte nella Conferenza Tecnica è anche la circostanza che i lavori di quest’ultima sarebbero durato soltanto quaranta minuti, trattandosi di un mero fatto, privo di qualsiasi valenza giuridica, ovvero, a tutto voler concedere, di indizio che non è accompagnato da altri elementi di prova; né è fonte di illegittimità l’omessa convocazione della Conferenza dei Servizi, al riguardo rinviandosi alle osservazioni svolte nel paragrafo precedente.

II.5.4. E’infondato il successivo motivo di gravame (“Ulteriore motivo di appello – A.3.1. Violazione di legge – art. 17, comma 5, del D. Lgs. 36/2003 – Carenza di motivazione ed errata applicazione”, con il quale la società appellante ha stigmatizzato la statuizione dei primi giudici che hanno fatto derivare dalla mancata approvazione del piano di adeguamento la correttezza della disposta chiusura della discarica, trattandosi di decisione che, a suo avviso, doveva conseguire ad un diverso autonomo procedimento in presenza dello specifico presupposto del grave danno ambientale, che non sussisteva nel caso di specie.

E’ sufficiente rilevare al riguardo che la correttezza delle conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici deriva senza alcuna possibilità di dubbio dal contenuto del quinto comma dell’art. 17 del decreto legislativo n. 36 del 2003, secondo cui “In caso di mancata approvazione del piano di cui al comma 3), l’autorità competente prescrive modalità e tempi di chiusura della discarica, conformemente all’articolo 12, comma 1, lett. c).”.

II.5.5. Con il motivo rubricato “A4 Violazione di legge: art 6, D.L. 59/2008; art. 11, D. Lgs. 59/2005 e s.m.i. – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta – Incompetenza e nullità – Sviamento (4° motivo del ricorso introduttivo) – Carenza di decisione e carenza di motivazione sul punto specifico”, la Sages s.r.l. ha lamentato che i primi giudici avrebbero omesso di pronunciarsi sulla illegittimità della delibera provinciale impugnata relativamente alla pretesa inammissibilità del pozzo spia, la cui previsione era contenuta nel precedente verbale della Commissione Tecnica del 30 giugno 2008, denunciando poi la inammissibile commistione operata dall’amministrazione provinciale di Udine tra il procedimento relativo alla valutazione del piano di adeguamento della discarica e quello concernente la diffida per il posizionamento di un pozzo spia e sottolineando nuovamente l’illegittimità della prevista chiusura della discarica alla data del 1° ottobre 2008.

La doglianza è priva di fondamento giuridico.

Sotto un primo profilo assorbente rilievo deve rilevarsi che il verbale della Commissione Tecnica del 30 giugno 2008 nei cui confronti sono state appuntate le censure dell’appellante è privo di qualsiasi rilievo ai fini della decisione della controversia in esame, atteso che l’atto lesivo della posizione giuridica dell’appellante è da rinvenirsi esclusivamente nel verbale della Commissione Tecnica del 2 luglio 2010 e della conseguente delibera dell’amministrazione provinciale n. 261 dell’8 settembre 2010.

In ogni caso non sussiste la pretesa commistione tra procedimento di valutazione del piano di adeguamento e la diffida per il collocamento di un pozzo spia, quest’ultima essendo in realtà una prescrizione di natura tecnica indispensabile per il monitoraggio dello stato della discarica ai fini della compiuta e corretta valutazione del piano di adeguamento, così che è del tutto irrilevante il dissenso su tale prescrizione della società appellante.

Per quanto attiene poi le considerazioni svolte dall’appellante sulla illegittimità della chiusura della discarica a partire dal 1° ottobre e sull’applicabilità delle disposizioni contenute nei commi 4 bis e ter dell’art. 17 del D. Lgs. n. 36 del 2003, si rinvia a quanto già precisato nel paragrafo II.4.1.2.

II.5.6. Ugualmente privo di consistenza giuridico è il motivo di gravame rubricato “A5 Violazione di legge: art. 1, comma 1, L. 241/1990, s.m.i. – Eccesso di potere per aggravamento del procedimento, violazione dei principi di buon andamento, non discriminazione, di proporzionalità, di continuità dell’azione amministrativa, di imparzialità e legalità sostanziale (5° motivo del ricorso introduttivo) – Carenza di decisione e carenza di motivazione sul punto specifico”.

La Sager s.r.l. ha in tal modo riproposto sotto un diverso profilo (procedimentale) tutti i motivi di doglianza separatamente sollevati, rilevando in sintesi che il concreto snodarsi del procedimento, la sua pretesa ingiustificata durata, l’omesso accoglimento della richiesta di convocazione di un’apposita conferenza dei servizi, i ripetuti interventi dell’amministrazione provinciale con atti di indirizzo in materia di discarica, avrebbero inficiato la decisione finale, rendendo peraltro oltremodo difficile, se non impossibile, la effettiva comprensione dei motivi ostativi alla approvazione del piano di adeguamento e la formulazione di efficaci osservazioni e controdeduzioni.

La Sezione, richiamato innanzitutto quanto già osservato in precedenza in ordine all’inesistenza dell’obbligo di convocazione di una apposita conferenza di servizio su cui insiste nuovamente la parte appellante, evidenzia che la indiscutibile complessità del procedimento, ricavabile dalle articolate premesse della delibera impugnata, e la sua stessa lunga durata non costituiscono affatto di per sé elementi sintomatici dell’illegittimità, sub specie di eccesso di potere, da cui sarebbe affetta la contestata decisione di non approvazione del piano di adeguamento, essendo del resto emerso dalle censure già esaminate, e respinte, la sostanziale correttezza dell’operato dell’amministrazione, anche sotto il profilo dell’adeguata ed approfondita attività istruttoria; così che in definitiva le censure articolate dall’appellante si configurano ancora una volta come un mero inammissibile dissenso verso l’operato dell’amministrazione, del tutto inidoneo a sorreggere il chiesto sindacato giurisdizionale di legittimità, irrilevante essendo anche il richiamo alle determinazioni assunte in pretesi casi analoghi da altre amministrazioni provinciali.

II.5.7. Con il motivo rubricato “B1 – Violazione di legge – violazione dell’art. 1, L. 241/1990 e s.m.i.. Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione dei principi di trasparenza e buona fede. Violazione del giudicato sotto il profilo della già censurata brevità della Conferenza (1° motivo aggiunto). Carenza di decisione e carenza di motivazione sul punto specifico, illogicità e contraddittorietà”, la società appellante ha nuovamente sottolineato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati ed in particolare delle conclusioni raggiunte dalla Commissione Tecnica nella riunione del 2 luglio 2010, in ragione del breve lasso di tempo (quaranta minuti) in cui sono stati esauriti i lavori.

Al riguardo la Sezione è dell’avviso che non vi sia ragione per discostarsi dalle osservazioni già svolte nel paragrafo II.5.3., anche con riguardo all’insussistenza dell’obbligo di analitica confutazione di tutti i singoli profili in cui sono state articolare le osservazioni e le controdeduzioni; d’altra parte non può sottacersi che la sinteticità del contenuto del verbale della Commissione Tecnica neppure costituisce di per sé elemento sintomatico e tanto meno prova di carenza di istruttoria o di difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati.

II.5.8. Non è ugualmente meritevole di favorevole apprezzamento il motivo di gravame “B3 Violazione di legge – Violazione dell’art. 10, L. 241/1990, s.m.i.. Eccesso di potere per erroneità, carenza di istruttoria e violazione del giudicato (2° motivo aggiunto). Erroneità, illogicità manifesta e contraddittorietà”.

Infatti, anche in tal caso, la tesi dell’appellante, secondo cui, come si ricaverebbe dallo stesso contenuto del verbale della Commissione Tecnica del 2 luglio 2010, non vi sarebbe stata alcuna effettiva valutazione delle osservazioni e delle controdeduzioni presentate, in quanto le stesse sarebbero state interpretate e riassunte unilateralmente, così che non vi sarebbe stata alcuna seria ed effettiva valutazione del piano di adeguamento in esame, sono frutto di considerazioni soggettive che si atteggiano, come già rilevato in precedenza, a mero inammissibile dissenso rispetto alle conclusioni raggiunte dall’amministrazioni, senza tuttavia riuscire a dimostrare l’eventuale effettivo errore in cui quest’ultima sarebbe incorsa.

Per completezza giova aggiungere che, come già precisato nel corso del precedente paragrafo II.4.2.1., non è del resto neppure irragionevole la scelta dell’amministrazione di applicare le migliori tecniche disponibili previste dal D. Lgs. 59 del 2005 per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale all’ipotesi della cessazione dell’esercizio della discarica, ciò essendo conforme al principio di precauzione, cui è ispirata tutta la normativa in materia.

II.5.9. Analoghe considerazioni militano a supporto del rigetto del motivo di gravame rubricato “B3 Violazione di legge – Violazione D.L. 180/2007 e s.m.i. e D. Lgs. 59/2005 e s.m.i. Eccesso di potere per carenza istruttoria e carenza di motivazione (3° motivo aggiunto). Carenza di decisione e carenza di motivazione sul punto specifico”.

L’appellante, in maniera suggestiva, sostiene che la Commissione Tecnica non avrebbe tenuto conto dell’ultimazione nel 2009 degli interventi previsti nel piano di adeguamento ai sensi del D.L. 30 ottobre 2007, n. 180 (recante “Differimento termini in materia di autorizzazione integrata ambientale e norme transitorie”), convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2007, n. 243, invocando in particolare la disposizione contenuta nel comma 1 bis dell’art. 2 e sottolineando l’omesso esame da parte della Commissione Tecnica dell’osservazione concernente proprio il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.

Sennonché anche tale vizio non sussiste, essendo frutto dell’equivoca interpretazione della norma invocata, atteso che correttamente i primi giudici hanno rilevato che la questione relativa al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (che concerne l’esercizio della discarica) era ed è logicamente e giuridicamente successiva alla verifica della sua compatibilità ambientale e nel caso di specie proprio all’approvazione del piano di adeguamento della discarica (che è stata negata).

Del resto la Commissione Tecnica ha rilevato una sostanziale insufficienza del monitoraggio dell’area di monitoraggio (con riferimento ai piezometri esistenti ed alla stessa collocazione di un ulteriore pieziometro nella discarica, richiesto dall’ARPA, ma che non risulta effettivamente posizionato), il che ha impedito l’approvazione del piano di adeguamento, non potendo ammettersi una approvazione con la prescrizione di monitoraggio come previsto per alcune discariche di inerti (come richiesto dalla Sager s.r.l.), perché, come si legge nel verbale del 2 luglio 2010 “…l’accostamento è del tutto improprio in quanto i progetti di adeguamento delle discariche per inerti approvati prevedono una netta separazione tra i vecchi lotti coltivati ed i nuovi lotti realizzati conformemente al 36 [i desti, D. LGs. n. 36 del 2003] – cosa non possibile per Sager – ed il possibile inquinamento derivante da discariche per inerti non è paragonabile con quello potenzialmente generato da una discarica di rifiuti”.

In tale ottica, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, il richiamo contenuto nel verbale del 2 luglio 2010 della Commissione Tecnica alla tutela giurisdizionale amministrativa esperita dalla Sager s.r.l. non è sintomo di una decisione predeterminata (e quindi dell’omesso esame delle controdeduzioni e delle osservazioni presentate), quanto piuttosto la constatazione della volontà della predetta società nell’insistere nelle proprie convinzioni circa l’adeguatezza del piano che l’amministrazione aveva già escluso (sia pur con determinazioni ritenute illegittime esclusivamente sotto il profilo formale).

D’altra parte non può non evidenziarsi che la Sager s.r.l. non ha minimamente provato che le misure asseritamente realizzate nel corso del 2009 rispondessero alle migliori tecniche disponibili in materia di discarica (che, peraltro, sono quelle previste dal D. Lgs. n. 36 del 2003), integranti il presupposto di operatività del comma 1 bis dell’art. 2 del ricordato d.l. n. 180 del 2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 243 del 2007 (tanto più che non è implausibile ritenere che proprio la carenza di adeguato monitoraggio abbia potuto impedito la valutazione di tale presupposto da parte della Commissione Tecnica).

II.5.10. Quanto infine all’ultimo motivo di gravame (“B4 Violazione di legge – violazione D. Lgs. 59/2005 e D. Lgs. 36/2003 e s.m.i.. Violazione art. 14 – quater, L. 241/1990. Eccesso di potere per erroneità e disparità di trattamento. Violazione della par condicio (4° motivo aggiunto). Carenza di motivazione ed erroneità di motivazione sul punto specifico, illogicità e contraddittorietà”), la Sezione deve osservare, per un verso, che la doglianza è inammissibile nella misura in cui prospetta un vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento per presunti casi analoghi, asseritamente decisi in modo diversa, in altre zone del paese e nella stessa regione Friuli, mancando intuitivamente la perfetta identicità dei presupposti dei fatti cui solo può essere ancorata una simile censura, e, per altro verso, che del tutto correttamente i primi giudici hanno ritenuto sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità tutte le questioni di natura tecniche concernenti la valutazioni del piano di adeguamento, rientrando esse nella discrezionalità tecnica; in tale ultimo ambito deve farsi rientrare anche la equivoca e perplessa censura concernente la pretesa omessa valutazione di pretese soluzioni equivalenti.

II.6. In conclusione gli appelli, già riuniti, devono essere respinti.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui due ricorsi proposti dalla Sager s.r.l. rispettivamente allibrati al nrg. 1326/2010 e al nrg. 3553/2012, così provvede:

- conferma la loro riunione, già disposta con la sentenza n. 3965 del 25 luglio 2013;

- respinge gli appelli;

- condanna l’appellante al pagamento in favore della Provincia di Udine e della Regione Friuli – Venezia Giulia delle spese del presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in €. 12.000,00 (dodicimila) - €. 6.000,00 (seimila) per ciascuna delle parti appellate - oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente FF

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)