Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3833, del 15 luglio 2013
Rifiuti.Disponibilità dell’area e rimozione rifiuti tossici

Il presupposto della disponibilità dell’area per essere suscettibile in astratto di radicare l’onere di rimozione dei rifiuti, va considerato alla luce dei principi affermati dalla costante giurisprudenza che ha ritenuto illegittimi gli ordini di smaltimento dei rifiuti abbandonati in un fondo, che siano indiscriminatamente rivolti al proprietario (o detentore) del fondo stesso in ragione della sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’amministrazione procedente, sulla base di una istruttoria completa e di una esauriente motivazione, quand’anche fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d’esperienza, dell’imputabilità soggettiva della condotta. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03833/2013REG.PROV.COLL.

N. 02288/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2288 del 2001, proposto da: 
Comune di Firenze, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Claudio Visciola e Maria Athena Lorizio, con domicilio eletto presso Maria Athena Lorizio in Roma, via Dora, n. 1;

contro

Provincia di Firenze, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Lina Cardona, con domicilio eletto presso Giulio Pizzuti in Roma, via Ottorino Lazzarini n. 19; Regione Toscana in persona del Presidente p.t., non costituita, Agenzia Regionale Protezione Ambientale Toscana (Arpat) in persona del legale rappresentante non costituita, Circoscrizione Aeroportuale di Firenze in persona del legale rappresentante non costituita,, Ministero Trasporti e Navigazione in persona del Ministro p.t., non costituita -Direzione Aerop.Firenze Peretola in persona del legale rappresentante non costituita, Saf Societa' Aeroporto Fiorentino in persona del legale rappresentante non costituita; Ministero dei Trasporti e della Navigazione in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'avvocato Giuseppe Albenzio dell’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; Societa N.I.T. - Nuove Iniziative Toscane S.r.l. in npersona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Grassi e Avilio Presutti, con domicilio eletto presso Avilio Presutti in Roma, piazza S.Salvatore in Lauro, n. 10;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE II n. 01917/2000, resa tra le parti, concernente smaltimento rifiuti tossici



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2013 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati Lorizio,Mosca per Cardona e Grassi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.Con due separati atti di compravendita del 5 marzo 1985 e del 6 giugno 1986, le società Immobiliare Rosa e Immobiliare Viola (alle quali la società Nuove Iniziative Toscane è subentrata) acquistavano la proprietà di un’area sita nelle adiacenze dell’aeroporto di Firenze - Peretola.

I terreni, acquistati per l’impiego a fini edificatori, rimanevano inutilizzati in considerazione delle vicende urbanistiche che interessavano il Comune di Firenze.

Con decreto n. 125 del 7 settembre 1994, il Ministero dei Trasporti e della Navigazione approvava il progetto dei lavori di prolungamento della pista di volo dell’aeroporto Firenze-Peretola e dichiarava tali lavori di preminente interesse nazionale, di pubblica utilità ed urgenza.

Con decreto n. 7039/96 la società Astra Ferrandina s.p.a., incaricata dei lavori di prolungamento della pista di volo dell'aeroporto, veniva autorizzata all’accesso nei terreni in questione; tanto veniva comunicato alla Società Nuove Iniziative Toscane s.r.l. dalla stessa Astra Ferrandina S.p.a.

Il Prefetto della Provincia di Firenze, con decreto 1° aprile 1996, autorizzava l’occupazione d’urgenza, da parte della società Astra Ferrandina S.p.a. per la durata di anni due, delle aree interessate alla realizzazione del prolungamento della pista dell’aeroporto.

Durante le operazioni di scavo necessarie ai lavori di prolungamento della pista, venivano rinvenuti sulle aree in questione materiali individuati come rifiuti speciali, che venivano rimossi e stoccati provvisoriamente nell'area aeroportuale.

I lavori venivano terminati e il nuovo tratto della pista è divenuto funzionante.

Con Ordinanza n. 5072 dell’8 luglio 1997 il Sindaco di Firenze ordinava alla Società Nuove Iniziative Toscane s.r.l. di provvedere, entro il termine di 40 giorni, alla presentazione di un progetto per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi sistemati nello stoccaggio provvisorio all'interno dell'area aeroportuale, nonché di trasmettere il progetto medesimo alla Regione Toscana, alla Provincia di Firenze, al dipartimento provinciale A.R.P.A.T. di Firenze e all'Assessorato all'ambiente del Comune di Firenze per l'approvazione dello stesso secondo le normative vigenti.

Lo stesso 8 luglio 1997, con precedente ordinanza n. 5071, il Sindaco aveva ordinato identiche attività al Ministero dei Trasporti e Navigazione, direzione aeroportuale di Firenze-Peretola, nella qualità di "gestore dell’intervento e dell’area nella quale viene effettuato lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti".

2.Avverso l'ordinanza sindacale n. 5072 dell’8 luglio 1997 e l'ordinanza n. 5071 in pari data la Società Nuove Iniziative Toscane s.r.l. proponeva ricorso (registro ricorsi n. 3122/1997) al T.A.R. per la Toscana lamentando vari motivi di censura.

Con separato ricorso (registro ricorsi n. 3562/1997) proponeva altresì ricorso al T.A.R. il Ministero dei Trasporti e della Navigazione e la Circoscrizione Aeroportuale di Firenze avverso l’ordinanza sindacale n. 5071/1997.

Con sentenza n. 1917 del 12 settembre 2000, il T.A.R. Toscana, dopo averli riuniti, accoglieva entrambi i ricorsi.

Avverso la suddetta pronuncia il Comune di Firenze ha proposto appello lamentando l’erroneità della sentenza sotto diversi profili.

Si è costituita in giudizio la Società Nuove Iniziative Toscane s.r.l. che ha chiesto il rigetto dell’appello presentato dal Comune di Firenze in quanto infondato, con la conseguente conferma della sentenza n. 1917/2000 del T.A.R. Toscana.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Circoscrizione Aeroportuale di Firenze, che hanno chiesto di rigettare l’appello proposto perché infondato.

Si è costituita, infine, in giudizio la Provincia di Firenze che, in adesione alla posizione del Comune di Firenze, ha chiesto l’accoglimento dell’appello proposto e la conseguente riforma della sentenza del T.A.R. Toscana n. 1917/2000.

La causa è stata chiamata in decisione all’udienza pubblica del 21 maggio 2013.

3.L’appello è infondato e va respinto.

Si ritiene opportuno esaminare, preliminarmente, il quinto motivo di censura con cui l’appellante lamenta il mancato esame, da parte dei giudici di primo grado, dell’eccezione di improcedibilità del ricorso n. 3562/1997 proposto dal Ministero dei Trasporti, per la mancata impugnazione della successiva ordinanza sindacale n. 1258 del 14 febbraio 1998, con la quale il Comune aveva imposto alla stessa amministrazione statale di provvedere allo smaltimento dei rifiuti tossici stoccati nell’area aeroportuale, sulla base del progetto già da esso presentato in data 6 novembre 1997 e secondo le precisazioni di cui al parere A.R.P.A.T. del 27 gennaio 1998.

Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, il T.A.R. si è espressamente pronunciato al riguardo evidenziando, nel respingere la censura, che nel presentare il progetto, l’amministrazione ha fatto esplicito riferimento alla volontà di proporre ricorso giurisdizionale a propria tutela e alle “condizioni di diritto ivi contenute”.

La presentazione del progetto di smaltimento non ha fatto venire meno, quindi l’interesse del Ministero, essendosi appunto riservato di proporre ricorso giurisdizionale, con le motivazioni di diritto, per le quali l’ente non riteneva di essere tenuto agli obblighi imposti autoritativamente. Da ciò nessun comportamento acquiescente dell’appellato, interessato invece ad ottenere che la controversia fosse oggetto di esame nel merito, avendo pieno titolo a godere della necessaria tutela giurisdizionale.

Nel merito, è utile esaminare congiuntamente i primi tre motivi di censura avanzati dall’appellante perché intimamente connessi tra loro.

In particolare con il primo motivo l’appellante lamenta violazione dei principi sull’efficacia delle norme nel tempo, nonché violazione e mancata applicazione del d.lgs. n. 22/1997, insufficiente e contraddittoria motivazione, errata e/o travisata valutazione dei fatti sotto diversi profili.

Con il secondo motivo di censura l’appellante lamenta l’erronea applicazione dello stesso d.lgs. n. 22/1997 in quanto il T.A.R. lo avrebbe preso in considerazione “unicamente per contemplare” l’art. 14, che disciplina una ipotesi (l’abbandono di rifiuti) diversa da quella in trattazione che avrebbe ad oggetto, invece, lo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi.

Con il terzo motivo l’appellante lamenta ancora la violazione del d.lgs. n. 22/1997 e dei principi posti a tutela della salute pubblica, nonché la mancata applicazione dell’art. 10 del citato decreto che dispone che “gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore … e dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti”.

Il Comune sostiene, in concreto, che nel caso di specie troverebbe applicazione il d.lgs. n. 22/1997 (decreto Ronchi), in quanto le ordinanze sindacali impugnate n. 5071 e n. 5072 dell’8 luglio 1997 avrebbero ad oggetto l’accumulo dei rifiuti nell’area adibita a stoccaggio provvisorio, accumulo esistente al momento dell’entrata in vigore del decreto Ronchi.

Secondo l’appellante, non vi sarebbe alcun dubbio che nella fattispecie il Ministero dei Trasporti e la società N.I.T. debbano essere i legittimi destinatari dell’ordinanza n. 5071 in quanto detentori dei rifiuti tossici.

Orbene, nel caso di specie il rinvenimento dei rifiuti è avvenuto in data 21 maggio 1996, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 22/1997, pubblicato sul supplemento ordinario alla G.U. n. 38 del 15.2.1997, per cui all’epoca era effettivamente vigente il D.P.R. n. 915 del 1982, che agli artt. 8, 9, 12 e 13 vietava lo scarico incontrollato dei rifiuti in aree pubbliche e a uso pubblico e prevedeva che il Sindaco, per esigenze igieniche o ambientali, ne disponeva lo sgombero, a carico però dei soggetti che li avevano smaltiti abusivamente unitamente ai proprietari se consenzienti.

Relativamente a questi ultimi, la responsabilità e le conseguenti sanzioni erano quindi necessariamente legate alla presenza, sul piano soggettivo, del dolo o della colpa, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza formatasi al riguardo.

Tuttavia il T.A.R. ha evidenziato che anche il d.lgs. n. 22/1997 ha codificato tale principio giurisprudenziale e che “pertanto anche nella (dal Collegio denegata) ipotesi, di applicabilità del detto decreto legislativo al caso in controversia, il ricorso risulterebbe egualmente fondato, non avendo il Comune di Firenze – come già rilevato – neppure apoditticamente sostenuto una responsabilità della società N.I.T. nei fatti da sanzionarsi, ai sensi della normativa sulla tutela ambientale, ed avendo il medesimo Comune illegittimamente fondato l’obbligo imposto alla società N.I.T. sulla sola qualità di soggetto proprietario del terreno”. Tali considerazioni sono “sufficienti ad escludere – in base all’art. 3, comma 32, della L. n. 549/1995 (espressamente invocato dalle parti ricorrenti) ed al D.P.R. n. 915/1982 nella detta norma richiamato – che il Ministero dei Trasporti e della navigazione, utilizzatore del terreno già di proprietà della società N.I.T., per i lavori di prolungamento della pista aeroportuale, possa essere ritenuto obbligato agli adempimenti previsti dal procedimento di bonifica, in quanto esso non può essere ritenuto responsabile, a titolo di dolo o colpa della discarica abusiva”.

Il Ministero, subentrato nella detenzione dell’area occupata, ha provveduto poi a denunciare agli organi competenti il rinvenimento dei rifiuti, certamente da esso non prodotti, con esclusione così di qualsiasi sua responsabilità solidale, come previsto dalla legge n. 549/1995 citata.

In sintesi, alla base dei provvedimenti originariamente impugnati, con i quali è stata ordinata la rimozione immediata dei rifiuti, vi sarebbe la asserita responsabilità degli appellati in ordine alla produzione dei rifiuti stessi e la disponibilità, sia pure in momenti successivi, dell’area in questione in capo agli stessi, in vista della sua riqualificazione.

Il presupposto della disponibilità dell’area, per essere suscettibile in astratto di radicare in capo agli appellati l’onere di rimozione dei rifiuti va, però, considerato alla luce dei principi affermati dalla costante giurisprudenza che ha ritenuto illegittimi gli ordini di smaltimento dei rifiuti abbandonati in un fondo, che siano indiscriminatamente rivolti al proprietario (o detentore) del fondo stesso in ragione della sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’amministrazione procedente, sulla base di una istruttoria completa e di una esauriente motivazione (quand’anche fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d’esperienza), dell’imputabilità soggettiva della condotta (Consiglio di Stato, sez. V., 16 luglio 2010, n. 4614).

Come già evidenziato, nessuna responsabilità può essere addebitata in modo certo agli appellati che, al contrario, appaiono del tutto estranei rispetto alle attività che hanno determinato l’inquinamento del sito, come risulta evidente dall’esame degli atti di causa.

Il Comune appellante non disconosce - e ciò è stato giustamente reputato essenziale dal T.A.R. - che il Ministero, appena resosene edotto, aveva rappresentato l’esistenza nel sito di rifiuti speciali e chiesto all’amministrazione comunale di farsene carico, anche perché vi era notizia che l’area in questione era stata interessata in tempi lontani da un vistoso fenomeno di abbandono di rifiuti.

In seguito il Ministero, dopo avere acquisito la disponibilità dell’area, nell’avviare le proprie attività si è limitato a trasferire in sito idoneo ed in via provvisoria i rifiuti (che già si trovavano quindi, nel precedente sito), nell’ambito delle operazioni di pulizia del compendio preordinate alla sua sistemazione a servizio dell’aeroporto.

Non vi sono elementi, quindi, per fare risalire alla N.I.T. s.r.l. o al Ministero dei Trasporti, la responsabilità per l’abbandono e lo sversamento dei rifiuti in questione.

Il Collegio non si può esimere dall’osservare, inoltre, che la stessa linea difensiva comunale, con il suo contraddittorio atteggiamento, sia nell’individuazione della normativa di riferimento da porre a base delle ordinanze in contestazione, che dei destinatari degli obblighi connessi, evidenzia la difficoltà di legittimare i propri provvedimenti.

In definitiva, le risultanze disponibili non permettono di ascrivere agli appellati un “abbandono” o “deposito incontrollato” di rifiuti sul suolo e conseguentemente, la violazione del disposto del D.P.R. n. 915 del 1982 o dell’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 22 del 5.2.1997.

Né può essere addebitato agli appellati alcuna dolosa o colposa cooperazione nella violazione da altri commessa, quale elemento soggettivo che una giurisprudenza ormai consolidata esige (come già ricordato dal primo Giudice) affinché la P.A. possa, in virtù del comma 3 dello stesso articolo 14, chiamare il proprietario, titolare di altro diritto reale o personale di godimento o semplice possessore dell’area, a “procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi”.

Alla luce dei motivi esposti, risulta infondato anche il quarto motivo di censura, con il quale l’appellante lamenta l’errata valutazione dei fatti e la carenza di motivazione, perchè la sentenza di primo grado non avrebbe addebitato alcuna responsabilità alla società N.I.T. per l’accumulo dei rifiuti tossici e pericolosi all’interno della sua proprietà. Parimenti apodittica è l’affermazione che la società N.I.T. s.r.l. non avrebbe controllato e gestito con la necessaria diligenza il proprio bene, nulla potendo essa avverso comportamenti dolosi e lesivi operati da terzi.

Conclusivamente l’appello è infondato e va respinto.

Attesa la natura interpretativa delle problematiche trattate sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’attuale grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente FF

Manfredo Atzeni, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)