Consiglio di Stato Sez. VI n. 6 del 2 gennaio 2018
Elettrosmog.Impianti di classe 1

Secondo la previsione di cui all’allegato C al d.P.C.M. dell’8 luglio 2003, dall’insieme dei contributi da normalizzare, devono essere esclusi i segnali che danno un contributo inferiore a 1/100 della soglia limite stabilita. In altri termini, secondo la citata disciplina i segnali degli impianti di “Classe 1” vengono a risolversi nel fondo radioelettrico e, seppur presenti nello stesso sito, non si sommano, così come non si somma il fondo radioelettrico, sicché detti segnali non incrementano un dato fondo di partenza, ma sono essi stessi elementi integranti del fondo naturale di partenza. Le citate disposizioni, sulla base di un’interpretazione sistematica e teleologica della disciplina del settore, in mancanza di indici ermeneutici univoci contrari di ordine testuale, devono ritenersi applicabili anche agli impianti di nuova realizzazione e non solo a quelli esistenti, con conseguente erroneità della sentenza nella parte in cui aveva escluso l’applicabilità della disciplina agli impianti di nuova realizzazione.


Pubblicato il 02/01/2018

N. 00016/2018REG.PROV.COLL.

N. 09910/2016 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9910 del 2016, proposto da:
Cairo Network s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Mangialardi e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

contro

Comune di Sesto Fiorentino, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Franco Zucchermaglio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Amerigo Cianti in Roma, via Vito Sinisi, n. 71;
A.R.P.A.T. - Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Fabio Ciari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marcello Cecchetti in Roma, piazza Barberini, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE, SEZIONE I, n. 01590/2016, resa tra le parti e concernente: comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento di S.C.I.A. ex art. 87-bis d.lgs. n. 259/2003 per la realizzazione di un impianto di radiotrasmissione televisiva CH 59 UHF in Sesto Fiorentino, Piazzale Leonardo da Vinci;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Valentina Novara, in delega dell’avvocato Fabio Cintioli, Marcello Cecchetti in delega dell’avvocato Fabio Ciari, e Franco Zucchermaglio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per la Toscana respingeva il ricorso n. 174 del 2016, proposto dalla Cairo Network s.r.l. – in qualità di assegnataria dei diritti di uso delle frequenze 25 UHF e 59 UHF per la radiodiffusione televisiva in tecnica digitale terrestre – avverso il provvedimento n. 61924 del 9 dicembre 2015, con il quale il Comune di Sesto Fiorentino aveva comunicato alla ricorrente i motivi ostativi all’accoglimento della S.C.I.A. presentata ai sensi dell’art. 87-bis d.lgs. n. 259/2003 per la realizzazione dell’impianto di radiotrasmissione televisiva CH 59 UHF in Sesto Fiorentino, Piazzale Leonardo da Vinci, destinato a servire la Toscana, nonché avverso il parere negativo espresso dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana - A.R.P.A.T. il 18 novembre 2015 sulla «compatibilità del progetto ai limiti e valori fissati dal DPCM 8 luglio 2003».

In particolare, il T.a.r. provvedeva come segue:

(i) in reiezione del primo motivo di ricorso – con il quale era stato dedotto che l’impianto proposto, a tenue impatto elettromagnetico, era in realtà conforme ai limiti di legge, trattandosi di impianto di “Classe 1”, come tale compatibile con qualsiasi fondo elettromagnetico, e che il preesistente inquinamento del compendio era stato causato da operatori in conflitto concorrenziale con la ricorrente, cosicché non potevano essere trasferite sull’imprenditore incolpevole le conseguenze delle altrui violazioni ambientali, con conseguente violazione dei paragrafi 8.2 e 8.3 delle norme tecniche CEI 211-10 (riassunte nell’allegato C del d.P.C.M. 8 luglio 2003 e richiamate nell’art. 14, comma 8, d.-l. n. 179/2012, convertito nella legge n. 221/2012), che sancivano l’irrilevanza del contributo elettromagnetico degli impianti al di sotto della soglia di 0,6 V/m –, rilevava che:

- la normativa tecnica CEI invocata dalla ricorrente era riferita esclusivamente alla realizzazione di stazioni radio base, e non agli impianti di radio trasmissione televisiva;

- l’art. 14, comma 8, lettera d), d.-l. n. 179/2012 richiamava la norma CEI 211-10 ai fini procedurali della tecnica di calcolo previsionale dei livelli di esposizione, e non anche ai fini della fissazione della soglia massima tollerabile di esposizione alle onde elettromagnetiche e di valutazione di irrilevanza di determinati nuovi impianti nella verifica di conformità a tale soglia;

- in ogni caso, l’identificazione degli impianti ad emissione trascurabile nell’ambito di un sito inquinato doveva essere preordinata ad escluderli, a fronte di impianti a maggiore emissione, dall’onere di riduzione a conformità, e valeva quindi per le stazioni di trasmissione già presenti, ma non anche per quelle da realizzare, sicché, a fronte del persistente superamento del limite di legge, non era ammissibile la realizzazione di un nuovo impianto, ancorché a bassissimo impatto, in quanto lo stesso avrebbe comunque peggiorato la situazione del livello di esposizione all’inquinamento elettromagnetico;

- lo stesso allegato C del d.P.C.M. 8 luglio 2003, richiamato nell’impugnativa, sanciva che, dall’insieme dei contributi da normalizzare, nell’ambito delle operazioni di riduzione a conformità, andavano esclusi i segnali che davano un contributo inferiore a 1/100, riferendosi in tal modo agli impianti esistenti, e non a quelli da realizzare;

- diversamente opinando, da un lato l’Amministrazione verrebbe ad abdicare ad un’adeguata tutela della salute dal campo elettromagnetico prodotto e, dall’altro lato, si perverrebbe all’illogica conclusione di ammettere un numero indefinito di nuovi impianti di “Classe 1”, con conseguente incontrollato peggioramento dello stato di inquinamento e innalzamento dei livelli di pericolosità per la salute umana;

- infatti, i limiti fissati dall’art. 3 del d.P.C.M. 8 luglio 2003 rispondevano a inderogabili esigenze di salvaguardia della salute, costituzionalmente rilevanti (art. 32 Cost.), ed al rispetto del principio di precauzione valorizzato dall’art. 191, comma 2, TFUE, in forza del quale, a fronte di un rischio potenziale per la salute e per l’ambiente, non era richiesta l’esistenza di evidenze scientifiche consolidate sulla correlazione tra la causa, oggetto di divieto o limitazione, e gli effetti negativi che ci si prefiggeva di eliminare o ridurre;

(ii) in reiezione del secondo motivo di ricorso – con il quale era stato dedotto che il valore di attenzione applicato con gli atti impugnati (6 V/m) atteneva ad un’area esterna di ristorazione, considerata come luogo con permanenza di persone continuativa superiore alle 4 ore giornaliere, mentre tale zona, in ragione di un pregresso diniego di sanatoria edilizia, non poteva essere aperta al pubblico, con la conseguenza che il limite di esposizione appropriato era quello di 20 V/m –, rilevava che:

- l’art. 3 del d.P.C.M. 8 luglio 2003 prevedeva il valore limite di 6 V/m relativamente agli edifici adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore giornaliere e loro pertinenze esterne fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili;

- il punto di misura 5, nel quale era stato rilevato il superamento della soglia di emissione, ricadeva in zona connotata dalla presenza di tavoli e panchine, utilizzati dal vicino ristorante, e quindi evidentemente destinata alla presenza continuativa di persone;

- in ogni caso, anche accedendo alla tesi espressa dalla ricorrente nella memoria difensiva prodotta il 23 settembre 2016, secondo cui il punto di misurazione n. 5 individuerebbe un terrapieno destinato ad attività estive, vi sarebbe comunque un superamento del limite previsto dalla normativa vigente, trattandosi di pertinenza del ristorante adibita al pubblico;

- né deponeva in senso contrario il diniego di sanatoria edilizia richiamato nel ricorso, in quanto, in primo luogo, per effetto di tale provvedimento non era interdetto l’accesso del pubblico alla predetta zona, e, in secondo luogo, la reiezione della domanda di sanatoria aveva ad oggetto le recinzioni costituite da pali in legno, pedane appoggiate al suolo, pergolati e un gazebo, cosicché la stessa non precludeva l’attività di ristorazione e la presenza di persone nell’edificio e nelle sue pertinenze, ma obbligava alla rimozione di tali manufatti;

- infondato era, altresì, il richiamo al silenzio-assenso – peraltro dedotto, irritualmente, in memoria difensiva non notificata –, in quanto, ai sensi dell’art. 87-bis d.lgs. n. 259/2003, la comunicazione del contestato parere negativo dell’A.R.P.A.T. aveva privato di effetti la S.C.I.A., precludendo la formazione di qualsiasi ipotesi di silenzio significativo;

(iii) condannava la società ricorrente a rifondere alle Amministrazioni resistenti le spese di causa.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originaria ricorrente, deducendo i seguenti motivi:

a) la violazione dell’art. 112 cod. proc. amm., non essendosi il T.a.r. pronunciato sul profilo di censura formulato nell’ambito del primo motivo del ricorso di primo grado, per cui l’inquinamento del compendio de quo non era imputabile all’originaria ricorrente, bensì ad altri operatori in competizione concorrenziale con quest’ultima;

b) la «erroneità della sentenza nelle parti in cui ha negato l’applicazione delle norme CEI 211/2010 all’impianto di Cairo Network Srl; ha ipotizzato, ove acceso, un suo contributo rilevante all’incremento dei valori di campo elettromagnetico ed ha, conseguentemente, rigettato il I motivo del ricorso introduttivo» (v. così, testualmente, la rubrica del primo motivo d’appello);

c) la «erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto applicabile il valore di attenzione di 6 V/m al punto di misura 5) e conseguentemente ha rigettato il II motivo del ricorso introduttivo».

L’appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforme, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

3. Si costituivano in giudizio sia l’A.R.P.A.T. sia il Comune di Sesto Fiorentino, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

4. All’udienza pubblica del 22 giugno 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. I motivi d’appello, tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono fondati.

5.1. Occorre premettere, in linea di fatto, che la S.C.I.A. presentata dall’originaria ricorrente il 23 marzo 2015 ai sensi dell’art. 87-bis d.lgs. n. 259/2003 e succ. mod. – che testualmente recita: «Al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di banda larga mobile, nel caso di installazione di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive, fermo restando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all'articolo 87 nonché di quanto disposto al comma 3-bis del medesimo articolo, è sufficiente la segnalazione certificata di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13. Qualora entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte dell'ente locale o un parere negativo da parte dell'organismo competente di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, la denuncia è priva di effetti» – aveva ad oggetto l’attivazione del canale 59 UHF in tecnica digitale, presso la postazione già esistente di El Towers S.p.A. in località Monte Morello, Piazzale Leonardo da Vinci.

Nella S.C.I.A. era stato precisato che l’attivazione sarebbe avvenuta senza alcuna modifica dei luoghi, essendo la postazione esistente già dotata di idonee infrastrutture e antenne, e che in nessun punto di misura nel territorio sarebbe stato possibile individuare un valore di campo elettromagnetico, prodotto dalla irradiazione del nuovo segnale, superiore a 0,6 V/m, dunque rilevante ai fini della normativa elettromagnetica ai sensi della legge n. 36/2001 e dell’allegato C al d.P.C.M. 8 luglio 2003, essendo l’impianto in questione conforme alle specifiche tecniche previste dalla norma CEI 211-2010 («Guida alla realizzazione di una stazione radio base per rispettare i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici in alta frequenza») per gli impianti di “Classe 1”.

I gravati provvedimenti si fondano sul centrale rilievo che «l’attivazione di un nuovo impianto sul sito di Monte Morello non è compatibile con una adeguata tutela della popolazione, anche se l’impianto produce un campo inferiore a 1/10 del limite applicabile» (v. così, testualmente, il parere A.R.P.A.T., recepito nel provvedimento comunale).

5.2. Ciò posto in linea di fatto, osserva il Collegio in linea di diritto che:

- gli artt. 87 ss. d.lgs. n. 259/2003, che assoggettano alla procedura autorizzatoria semplificata l’installazione di tutte le «infrastrutture per impianti radioelettrici» e la modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti medesimi, per la loro formulazione generale e onnicomprensiva devono ritenersi applicabili a tutti gli interventi vòlti all’installazione e modifica di infrastrutture costituenti una rete di comunicazione elettronica, incluse le reti utilizzate per la diffusione dei programmi sonori e televisivi;

- in particolare, il comma 3 del citato art. 87 prevede che l’istanza di autorizzazione deve essere corredata della documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla l. 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), e relativi provvedimenti di attuazione, attraverso l’utilizzo di modelli predittivi conformi alle prescrizioni della normativa tecnica CEI;

- l’art. 14, comma 8, d.-l- n. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221), dopo aver fatto salve le disposizioni contenute nel d.P.C.M. 8 luglio 2003 – che, in attuazione della l. n. 36/2001, fissa i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generali alle frequenze ivi specificate, applicabile anche agli impianti di irradiazione di segnali digitali televisivi –, prevede che «le tecniche di misurazione e di rilevamento dei livelli di esposizione da adottare sono quelle indicate nella norma CEI 211-7 o specifiche norme emanate successivamente dal CEI».

Dal riferito quadro normativo emerge in modo chiaro e univoco che gli organi tecnici dell’amministrazione sono tenuti all’applicazione delle regole previste dalla normativa tecnica CEI 211-10 – comprese le regole che fissano i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici e i criteri di valutazione della rilevanza, o meno, di determinati nuovi impianti in funzione della verifica del rispetto di tale soglia –, a tutti gli impianti che generano campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generali alle frequenze specificate nella disciplina normativa, ivi compresi gli impianti di irradiazione di segnali digitali televisivi.

In accoglimento del correlativo motivo di censura dedotto nell’ambito del secondo motivo d’appello, deve pertanto ritenersi erronea la statuizione dell’impugnata sentenza, secondo cui l’art. 14, comma 8, lettera d), d.-l. n. 179/2012 richiamerebbe la norma CEI 211-10 ai soli «fini, procedurali, della tecnica di calcolo previsionale dei livelli di esposizione, e non anche ai fini della fissazione della soglia massima tollerabile di esposizione alle onde elettromagnetiche e di valutazione di irrilevanza di determinati nuovi impianti nella valutazione di conformità a tale soglia».

Peraltro, è pacifico tra le parti e risulta ribadito nell’impugnata sentenza, che l’impianto di Cairo Network è stato qualificato come impianto di “Classe 1” ai sensi del paragrafo 8.2 della norma CEI 211-10, poiché il contributo dell’impianto medesimo al campo elettromagnetico non superava in nessun punto il valore di 0,6 V/m, sicché gli stessi organi tecnici erano partiti dalla presupposizione dell’applicabilità, al caso di specie, della normativa tecnica CEI 211-10, sia sotto il profilo della tipologia di impianto (nella specie, irradiante segnali digitali televisivi), sia sotto quello dell’individuazione della soglia di esposizione ai campi elettromagnetici.

5.3. Quanto al contenuto della normativa tecnica CEI 211-10 che qui viene in rilievo, si osserva che il paragrafo 8.3, con riguardo agli impianti di “Classe 1”, statuisce testualmente: «Se l’impianto appartiene alla classe 1, esso è conforme ai limiti. Il procedimento è immediato, comporta l’analisi del solo impianto in esame, senza coinvolgere altri impianti. Inoltre un tale impianto è sempre conforme, indipendentemente dall’evoluzione nel tempo della situazione di campo elettromagnetico creata da altri impianti vicini».

In tale contesto, va altresì menzionata la previsione di cui all’allegato C al d.P.C.M. dell’8 luglio 2003, secondo cui, dall’insieme dei contributi da normalizzare, devono essere esclusi i segnali che danno un contributo inferiore a 1/100 della soglia limite stabilita.

In altri termini, secondo la citata disciplina i segnali degli impianti di “Classe 1” vengono a risolversi nel fondo radioelettrico e, seppur presenti nello stesso sito, non si sommano, così come non si somma il fondo radioelettrico, sicché detti segnali non incrementano un dato fondo di partenza, ma sono essi stessi elementi integranti del fondo naturale di partenza.

Le citate disposizioni, sulla base di un’interpretazione sistematica e teleologica della disciplina del settore, in mancanza di indici ermeneutici univoci contrari di ordine testuale, devono ritenersi applicabili anche agli impianti di nuova realizzazione e non solo a quelli esistenti, con conseguente erroneità della sentenza nella parte in cui aveva escluso l’applicabilità della disciplina agli impianti di nuova realizzazione.

5.4. Ne deriva l’erroneità dell’impugnata sentenza sotto i seguenti profili:

- in primo luogo, l’impianto dell’odierna appellante, quale impianto di “Classe 1”, deve ritenersi compatibile con qualsiasi fondo elettromagnetico, ai sensi del paragrafo 8.3. delle norme CEI 211-10, quale che sia il suo sviluppo nel tempo, non aumentandolo per definizione;

- è irrilevante che il sito fosse già inquinato (con conseguente irrilevanza del terzo motivo d’appello, relativo alle misurazioni eseguite nella zona individuata dal punto di misura n. 5, descritta come «Terrapieno zona attività estive»);

- infatti, il segnale dell’odierna appellante è compatibile anche con la pendenza di azioni di risanamento, rimanendo sempre al di sotto della soglia di rilevanza del segnale stabilita dall’allegato C del d.P.C.M. dell’8 luglio 2003;

- infine, giammai potrebbero essere accollate all’imprenditore incolpevole le conseguenze di eventuali violazioni ambientali perpetrati da altri imprenditori con i loro impianti irradianti presenti nel sito.

5.5. A ciò si aggiunge che dalla documentazione acquisita nel presente grado emerge che l’A.R.P.A.T., nelle more del giudizio (in data 28 luglio 2016), aveva rilasciato ad un’altra emittente televisiva (segnatamente, alla RAI Way S.p.A.) un parere favorevole all’accensione di un apparato trasmissivo radioelettrico nello stesso ambito caratterizzato dal risanamento elettromagnetico nel compendio oggetto di causa, rilevando che l’attivazione del segnale non avrebbe alterato il campo nei punti in cui erano stati accertati superamenti dei valori di attenzione (6 V/m).

Con ciò è rimasta smentita la motivazione posta a base dei gravati provvedimenti e dell’appellata sentenza, per cui sarebbe impossibile inserire in un ambito da risanare una nuova fonte elettrica, ancorché a bassissimo impatto, quale quello in esame, rientrante nella “Classe 1” e quindi caratterizzato da un contributo indistinguibile dal fondo elettromagnetico ai sensi del par. 8.3. della norma CEI 211-10.

Sebbene l’A.R.P.A.T., in relazione all’impianto dell’odierna appellante – a differenza da quello di RAI Way S.p.A. –, non avesse eseguito una verifica sul campo o una simulazione in ordine alla rilevanza, o meno, del contributo del segnale, la circostanza dell’irrilevanza del suo contributo deve ritenersi immanente alla qualificazione dell’impianto come di «Classe 1» (v. sopra), a prescindere dal rilievo che tale circostanza è rimasta comprovata, su un piano effettivo e fattuale, dalle risultanze della perizia prodotta dall’odierna appellante in primo grado (v. doc. 8 del relativo fascicolo), le cui conclusioni sono sorrette da un adeguato impianto istruttorio e motivazionale, pienamente condiviso dal Collegio.

5.6. Per le esposte ragioni, in accoglimento dell’appello e in riforma dell’impugnata sentenza, s’impone l’accoglimento del ricorso di primo grado, nei sensi di cui in motivazione, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

6. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 9910 del 2016), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione e annulla gli atti impugnati; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017, con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

Marco Buricelli, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Bernhard Lageder        Sergio Santoro