Consiglio di Stato Sez. VI n. 2621 del 13 marzo 2023
Elettrosmog.Criteri di localizzazione degli impianti

L’art. 8 della L. 36/2001 permette ai Comuni di individuare siti nel territorio comunale in cui è vietata l’installazione dei predetti impianti, per la protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici, ma tale potere regolamentare incontra il limite che esso non può sostanziarsi in divieti generalizzati di installazione degli impianti in intere zone urbanistiche predefinite e, in quest’ultimo caso deve comunque salvaguardare una possibile localizzazione alternativa degli impianti, così da permettere una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni. In altre parole, il divieto di posizionare gli impianti in determinate aree deve comunque consentire la localizzazione degli impianti in aree alternative, risultando, in caso contrario, in contrasto con l’interesse pubblico alla capillare distribuzione del servizio di telecomunicazioni sul territorio. In linea generale, il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, disciplinato dal d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), costituisce un procedimento unico, nell'ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie e non solo, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale


Pubblicato il 13/03/2023

N. 02621/2023REG.PROV.COLL.

N. 02560/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2560 del 2021, proposto da
Wind Tre Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tommaso Gulli, 11;

contro

Comune di Maranello, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Bellentani, Alessia Trenti, con domicilio eletto presso lo studio Ufficio Avvocatura Unico Provincia Di Modena in Modena, viale Martiri della Liberta' Nr. 34;
Sportello Unico Attività Produttive – Suap – Unione dei Comuni Distretto Ceramico, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00003/2021, resa tra le parti, per l'annullamento e la riforma, previa sospensione

della sentenza della Prima Sezione del Tribunale Amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, Bologna, n. 3/2021 del 4 gennaio 2021, notificata a mezzo posta elettronica certificata in data 7 gennaio 2021(doc. n. 2), nel giudizio R.G. 466/2020 promosso dalla società Wind Tre S.p.A. per l'annullamento, previa sospensione: a. del provvedimento comunale prot. 244 del 19.12.2019 (doc. n.2 produzione prime Cure di seguito “PPC”), successivamente pervenuto, con cui il Comune di Maranello ha denegato la richiesta di autorizzazione ex art. 87 del D.Lgs. 259/2003, presentata per la realizzazione di un impianto di pubblica utilità WIND TRE S.p.A. nel tenimento comunale di Maranello su un'area censita catastalmente al fg. 9, mappale 620; b. del successivo provvedimento prot. n. 31260 del 20.12.2019 (doc. n.3 “PPC”), con cui il SUAP – Unione dei Comuni Distretto Ceramico, recependo il diniego comunale sub a), ha definitivamente disposto l'archiviazione della richiesta Wind Tre S.p.A.; c. di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso e/o consequenziale ivi incluso il Regolamento Comunale per l'installazione e l'attivazione di impianti di telefonia mobile, con Delibera di Consiglio Comunale n. 32 del 22/05/2007, esecutivo dal 18/06/2007, con particolare riferimento all'art. 4, comma 3 (doc. n.4 “PPC”).


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Maranello;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2023 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Sartorio e Alessia Trenti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 3 del 2021, del Tar di Bologna, recante rigetto dell’originario gravame, proposto dalla medesima società parte istante al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti: del provvedimento comunale prot. 244 del 19.12.2019con cui il Comune di Maranello ha denegato la richiesta di autorizzazione ex art. 87 del D.Lgs. 259/2003, presentata per la realizzazione di un impianto di pubblica utilità su un'area censita catalstalmente al fg. 9, mappale 620; del successivo provvedimento prot. n. 31260 del 20.12.2019, con cui il SUAP – Unione dei Comuni Distretto Ceramico, recependo il diniego comunale, ha definitivamente disposto l'archiviazione della richiesta Wind Tre S.p.A.; di ogni altro atto ad essi connesso ed in specie del Regolamento Comunale per l'installazione e l'attivazione di impianti di telefonia mobile, con Delibera di Consiglio Comunale n. 32 del 22/05/2007, esecutivo dal 18/06/2007, con particolare riferimento all'art. 4, comma 3.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava, avverso la sentenza di rigetto, i seguenti motivi di appello:

- violazione degli artt. 89 comma 1 d.lgs. 259 del 2003 e 4 comma 3 del regolamento comunale, nonché diversi profili di eccesso di potere, in quanto il diniego si basa su di una distorta applicazione della norma regolamentare, nel senso della imposizione del co siting, incompetenza del Comune a dettare tale genere di previsioni ed integrazione di elementi tecnici adeguati;

- analoghi vizi in termini di violazione dei principi di semplificazione, laddove la norma applicata sia letta nel senso di imporre la dimostrazione dell’inidoneità tecnica dell’impianto in co siting, nonché per la corretta rappresentazione dello stato dei luoghi posta a base dell’istanza;

- illegittimità del regolamento comunale per l’installazione e l’attivazione degli impianti di telefonia mobile con deliberazione di consiglio comunale n. 32 del 22/05/2007, per violazione delle garanzie partecipative, mancata applicazione degli artt.7, 8 e 10 della legge 7.8.1990 n.241;

- violazione dell’art.10 bis legge n.241/1990 per mancata e/o adeguata valutazione delle osservazioni;

- violazione della legge 22.2.2001 n.36, del d. lgs. 1.8.2003 n.259 e del d.m. n.381 del 10/9/98, difetto e di motivazione, violazione dei principi di semplificazione e non aggravamento del procedimento, in quanto il diniego non pone, a fondamento del rigetto, alcuna difformità di tipo edilizio urbanistica ovvero radioelettrica dell’impianto;

- analoghi vizi in relazione all’obiettivo di minimizzare l’esposizione all’inquinamento elettromagnetico, di competenza Arpa, ed al contenimento degli impatti visivo e ambientale delle strutture, per assenza di vincoli in zona.

La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

La domanda cautelare era oggetto di cancellazione dal ruolo.

Alla pubblica udienza del 9 marzo 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. L’esame dei vizi di appello impone una preliminare ricostruzione degli elementi rilevanti della fattispecie, con particolare riferimento ai motivi posti a fondamento degli atti impugnati.

1.1 Con preavviso di diniego prot.27963-2019 il Comune, dopo aver richiamato il giudizio in corso sull’impianto di eventuale co - siting di Vodafone, esprimeva parere contrario “alla realizzazione dell’intervento in quanto non viene rispettato quanto disposto dall’articolo quattro comma tre del vigente regolamento comunale per l’istallazione e l’attivazione di impianti di telefonia mobile che impone l’accorpamento e lottizzazione di più impianti sulla stessa struttura (co - sìting)”.

1.2 A seguito delle osservazioni presentate dall’odierna appellante, seguiva il diniego conclusivo del procedimento, basato sulla seguente motivazione: “NON PUO’ ESSERE ACCOLTA in quanto non viene rispettato quanto disposto dall’art. 4 comma 3 del vigente Regolamento Comunale per l’installazione e l’attivazione di impianti di telefonia mobile che impone l’accorpamento e l’ottimizzazione di più impianti sulla stessa struttura (co-siting)”.

2. L’appello è fondato sotto gli assorbenti profili di cui al primo ed al quarto motivo di appello.

3. Preliminarmente, va dato atto che, diversamente da quanto paventato nel preavviso di diniego, il giudizio di Vodafone si è concluso sfavorevolmente per il Comune, con la sentenza n. 1 del 2021 di questa sezione.

4. Nel merito, il diniego si basa su di una lettura e conseguente applicazione errata della norma regolamentare, intesa nel senso che la stessa imporrebbe l’accorpamento predetto. Invero, la norma - più correttamente - prevede la preferenza per il c.d. co - siting laddove possibile, con una precisazione da intendersi all’evidenza in termini tecnici: “Per gli scopi di cui al comma precedente, è obbligatorio, ove possibile, l’accorpamento di più impianti sulla stessa struttura portante (co-siting), al fine di ridurre al minimo il numero dei pali installati”.

4.1 Nulla di ciò emerge dal diniego né dagli atti del procedimento, i quali si limitano a riportare un testo ridotto della norma, privo proprio del fondamentale bilanciamento dell’”ove possibile”.

4.2 In proposito, nel procedimento in esame anche gli elementi forniti dalla Wind in sede di partecipazione procedimentale ex art. 10 bis cit. non sono stati oggetto di adeguata e doverosa valutazione, in specie a fronte del chiaro corretto dettato regolamentare dello stesso Comune, invocato in termini corretti da parte della società originaria istante.

4.3 Se per un verso la norma regolamentare appare costituire un ragionevole bilanciamento degli elementi rilevanti nella delicata materia in esame, per un alto verso è evidente come – in sede applicativa - debba essere svolta una approfondita istruttoria proprio in relazione agli elementi tecnici rilevanti al fine di verificare la necessità o meno, ovvero la fattibilità o meno, di procedere all’auspicato accorpamento.

4.4 Ciò deve avvenire sempre sulla scorta dei consolidati principi che la giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte ribadito, anche nella pronuncia resa sul citato procedimento di Vodafone avverso lo stesso Comune di Maranello odierno appellato.

Questa Sezione ha ritenuto in argomento, anche in relazione alla fattispecie concorrente evocata dal Comune, che:

- il regolamento comunale previsto dall’art. 8, comma 6, della L. n. 36 del 2001, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali etc.), ma non può imporre limiti generalizzati all’installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete del territorio nazionale (sent. 14/02/2014 n. 723);

- è consentito ai Comuni, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico, ai sensi dell’ultimo inciso del comma 6 dell’art. 8, cit., prevedendo con regolamento anche limiti di carattere generale all’installazione degli impianti, purché sia comunque garantita una possibile localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio (sent. 23/01/2015 n.306);

- di conseguenza possono ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono (in generale) la localizzazione degli impianti nell’area del centro storico (o in determinate aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole ed ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree (sent. 18/06/2015 n.3085).

L’art. 8 della L. 36/2001 permette ai Comuni di individuare siti nel territorio comunale in cui è vietata l’installazione dei predetti impianti, per la protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici, ma tale potere regolamentare incontra il limite che esso non può sostanziarsi in divieti generalizzati di installazione degli impianti in intere zone urbanistiche predefinite e, in quest’ultimo caso deve comunque salvaguardare una possibile localizzazione alternativa degli impianti, così da permettere una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni. In altre parole, il divieto di posizionare gli impianti in determinate aree deve comunque consentire la localizzazione degli impianti in aree alternative, risultando, in caso contrario, in contrasto con l’interesse pubblico alla capillare distribuzione del servizio di telecomunicazioni sul territorio (v. tra le più recenti, Cons. Stato VI sez. 03/06/2019 n.3679).

5. In linea generale, il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, disciplinato dal d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), costituisce un procedimento unico, nell'ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie e non solo, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2021, n. 3019, 22 gennaio 2021, n. 666, 21 gennaio 2020, n. 506).

5.1 Sempre in linea generale, occorre tener presente al riguardo che la normativa applicabile alla materia esprime un particolare favor per la realizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico. La normativa prevede che «Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica…sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia».

In termini procedimentali, si prevedono iter semplificati per determinate tipologie di impianti, nel senso che «Gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ovvero esercitati dallo Stato, e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti hanno carattere di pubblica utilità, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327».

6. Pertanto, alla luce dei principi in materia, operanti anche in termini ermeneutici della disciplina settoriale, la previsione regolamentare del Comune di Maranello va intesa nei termini sopra richiamati, in termini evolutivi ed applicativi dei principi già evidenziati nei precedenti di questo Consiglio.

7. Il carattere preminente della normativa, nei rilevati termini di accelerazione e semplificazione, è confermato dal testo della stessa, laddove si consente agli enti locali di dettare regole diverse ma unicamente i termini di ulteriore accelerazione.

D’altronde, altrimenti opinando sia la lettera che la ratio acceleratoria e semplificatoria della norma predetta risulterebbero del tutto frustrate.

8. Sul potere regolamentare comunale va altresì ribadito quanto segue.

8.1 In generale, la legge n. 36 del 22 febbraio 2001 («Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici») distingue le competenze dello Stato, delle Regioni e dei Comuni precisando in particolare, all’articolo 4 che «Lo Stato esercita le funzioni relative : a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in quanto valori di campo come definiti dall’art. 3, comma 1, lettera d) numero 2), in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizioni di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all’articolo 1».

Il successivo articolo 8 (rubricato «Competenze delle regioni , delle province e dei comuni») prevede, in particolare, al comma 1, che «Sono di competenza delle Regioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché delle modalità e dei criteri fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile».

Il successivo comma 2 dispone che «Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, lettere a) e c), le regioni si attengono ai principi relativi alla tutela della salute pubblica, alla compatibilità ambientale ed alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio».

Il comma 4 prevede che «Le regioni, nelle materie di cui al comma 1, definiscono le competenze che spettano alle province e ai comuni, nel rispetto di quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249».

Il comma 6, infine, dispone che «I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici».

8.2 Va anzitutto osservato che l'assimilazione delle infrastrutture di reti pubbliche di TLC alle opere di urbanizzazione primaria implica che le stesse siano in generale compatibili con ogni destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale (in ossequio al principio della necessaria capillarità della distribuzione di detti impianti); inoltre, i criteri per la localizzazione non possono essere adoperati quale misura, più o meno surrettizia, di tutela della popolazione da immissioni elettromagnetiche, che l'art. 4 legge n. 36 del 2001 riserva allo Stato (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 6 dicembre 2021, n. 8141 e sez. VI, 3 agosto 2018, n. 4794).

8.3 La giurisprudenza formatasi nella materia degli ambiti di legittima operatività dei regolamenti comunali ha chiarito che il legislatore statale, nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni dall’articolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 1981, n. 36, non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 5 dicembre 2013, n. 687).

8.4 Le opere di urbanizzazione primaria, in quanto tali, risultano in generale dunque compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale, poiché dalla disciplina di cui al d.lgs. n. 259/1993 si desume il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni.

8.5 In linea con questo orientamento è stato ribadito che alle Regioni ed ai Comuni è consentito - nell’ambito delle proprie e rispettive competenze - individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.) mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi).

8.6 Ne deriva che la scelta di individuare un’area specifica ove collocare gli impianti, anche se in base al criterio della massima distanza possibile dal centro abitato, non può ritenersi condivisibile, costituendo un limite alla localizzazione (non consentito) e non un criterio di localizzazione (consentito). A ciò deve aggiungersi che la potestà attribuita all’amministrazione comunale di individuare aree dove collocare gli impianti è condizionata dal fatto che l’esercizio di tale facoltà deve essere rivolto alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, tale da non pregiudicare, come ritenuto dalla giurisprudenza, l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI, n. 1592 del 2018).

Sulla illegittimità di una scelta amministrativa preclusiva condizionata dalla mera distanza da un sito si è pronunciata la stessa Corte costituzionale (Corte cost., 7 novembre 2003, n. 331), la quale, nel dichiarare l’illegittimità dell’art. 3 comma 12 lett. a), l. reg. Lombardia 6 marzo 2002 n. 4, ha ritenuto che: “tale disposizione, stabilendo un generale divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione entro il limite inderogabile di 75 metri di distanza dal perimetro di proprietà di asili, edifici scolastici, nonché strutture di accoglienza socio assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parchi gioco, case di cura, residenze per anziani, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze, costituisce non già un criterio di localizzazione, la cui individuazione è rimessa dall'art. 3 lett. d) n. 1, l. 22 febbraio 2001 n. 36 alla legislazione regionale, ma un divieto che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbe addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, e quindi in una limitazione alla localizzazione, non consentita dalla legge quadro, in considerazione dell'evidente nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione, attivi e passivi. Né la disposizione regionale può trovare giustificazione nel generale principio di derogabilità in melius (rispetto alla tutela dei valori ambientali), da parte delle regioni, degli standard posti dallo Stato, in quanto in presenza di una legge quadro statale che detta una disciplina esaustiva della materia, attraverso la quale si persegue un equilibrio tra esigenze plurime, necessariamente correlate le une alle altre, attinenti alla protezione ambientale, alla tutela della salute, al governo del territorio e alla diffusione sull'intero territorio nazionale della rete per le telecomunicazioni, interventi regionali di tipo aggiuntivo devono ritenersi, a differenza che in passato, incostituzionali, perché l'aggiunta si traduce in una alterazione e quindi in una violazione, dell'equilibrio tracciato dalla legge statale di principio (cfr. C. cost. n. 382 del 1999, 307 del 2003)”.

8.7 La recente modifica dell’articolo 8 della legge n. 36 del 2001 (adottata con l’articolo 38, comma 6 del decreto legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020) ha confermato tale interpretazione precisando che i comuni possono adottare un regolamento per i fini indicati “con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche di qualsiasi tipologia e in ogni caso di incidere, anche in via indiretta mediante provvedimenti contingibili urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sul valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 4”.

8.8 Va quindi ribadito, anche dopo la predetta modifica normativa, che in tema di autorizzazione alla realizzazione di stazioni radio base per la telefonia mobile, deve ritenersi illegittimo il regolamento comunale che vieti l'istallazione di tali impianti in aree diverse da quelle individuate dal Comune, comportando una limitazione alla localizzazione in aree generalizzate del territorio. La specificazione dei siti è ammessa dalla norma ma in negativo, a fini di tutela, non può quindi estendersi alla ulteriore limitazione della specificazione dei siti quali unici punti ammessi, pena una illogica inversione del criterio normativamente stabilito.

9. Quanto sin qui evidenziato costituisce la cornice ermeneutica per interpretare anche le ulteriori previsioni, quale quella in esame, dettata dal Comune di Maranello.

9.1 In generale, il regolamento previsto dall'art. 8, comma 6, l. n. 36/2001, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti stazioni radio base, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall'esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali, ecc.), ma non può imporre limiti generalizzati all'installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l'interesse pubblico alla copertura di rete nel territorio nazionale. Deve allora ritenersi consentito ai Comuni, nell'esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell'impatto elettromagnetico, ai sensi dell'ultimo inciso del comma 6 dell'art. 8, prevedendo con regolamento anche limiti di carattere generale all'installazione degli impianti, purché sia comunque garantita una localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio nazionale. Possono, quindi, ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono, in generale, la localizzazione degli impianti nell'area del centro storico (o in determinate aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole e ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree. In definitiva, ciò che risulta necessario è che la possibile interdizione di allocazione di impianti in specifiche aree del territorio comunale risponda a particolari esigenze di interesse pubblico e che, comunque, i criteri localizzativi adottati non si trasformino in limitazioni alla copertura di rete. È necessario cioè che il limite o il divieto posto dall'ente locale non impedisca la capillare distribuzione del servizio all'interno del territorio, Deve, quindi, esservi un equo contemperamento tra l'interesse urbanistico perseguito dal Comune e l'interesse alla piena ed efficiente copertura di rete.

9.2 La norma regolamentare del Comune di Maranello, oggetto della presente controversia, appare quindi coerente ai parametri sin qui richiamati laddove rettamente intesa, nel senso di dettare una regola di preferenza, l’accorpamento sino a tre impianti per palo, solo laddove possibile, da intendersi in termini tecnici; termini che devono costituire oggetto di adeguata istruttoria da parte degli uffici comunali, sulla scorta della documentazione fornita dalla parte istante.

10. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va pertanto accolto sotto gli assorbenti profili indicati e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado.

Sussistono giusti motivi, stante l’incertezza normativa in materia e l’onere di riesame nei termini predetti, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:

Andrea Pannone, Presidente FF

Giordano Lamberti, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere, Estensore

Thomas Mathà, Consigliere