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IL CONTRIBUTO DELLA REVISIONE DELL’ORDINAMENTO COMUNALE ALL’EFFETTIVITA’ DEL RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE.

di Maurizio BALLETTA

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Nel recente dibattito in corso sulla riforma dello Stato gli ambientalisti hanno più volte espresso notazioni negative sul c.d. "federalismo ambientale". Infatti, il trasferimento dell’interesse alla tutela dell’ambiente alle regioni ed agli enti locali minori supera la "statalizzazione" che, nonostante tutto, spesso ha costituito l’ultimo baluardo protettivo di tale interesse. Va considerato che, a fronte di un'astratta affermazione della "democrazia ambientale" conseguente all’importazione nel nostro ordinamento amministrativo del principio di sussidiarietà, già presente nel diritto comunitario dell’ambiente, in sede locale gli interessi deboli sono spesso destinati a soccombere, anche in considerazione della minore capacità di resistenza delle amministrazioni di fronte alle pressioni economiche ed elettoralistiche quasi mai tendenti nella direzione di tutela dell’ambiente.

Tuttavia, proprio dalla frenetica revisione dell'ordinamento locale viene un'importantissima novità, destinata probabilmente a segnare una svolta epocale nell'evoluzione del diritto dell’ambiente italiano e nel processo di potenziamento dei poteri dei cittadini riuniti in associazioni di azione per la sua tutela.

Nella seduta del 21 gennaio 1998, il Senato della Repubblica, nel corso della discussione del disegno di legge n. 1388-/A, c.d. "disegno di legge "Napolitano", recante disposizioni in materia di autonomia ed ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142 ", ha approvato il seguente emendamento all’art. 3, presentato dal Sen. Giovanni Lubrano di Ricco:

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La portata della norma è di un'innovatività estrema.

Infatti, viene introdotta un' azione popolare suppletiva speciale in materia ambientale che legittima le associazioni ambientaliste ad agire, seppure in via sostitutiva rispetto al comune inerte, per il risarcimento del danno ambientale. Si apre così un varco profondo nel rigidissimo sistema di legittimazione previsto dall’art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, che, al massimo, attribuisce alle associazioni poteri di intervento nei giudizi di danno ambientale instaurati dallo Stato e dagli enti locali. L’emendamento, pur senza riconoscere alle associazioni di protezione ambientale una titolarità autonoma dell’azione di risarcimento del danno pubblico ambientale, le qualifica come sostituiti processuali del comune inerte. Il comune nel cui territorio si è consumato l’illecito ambientale è conseguentemente stimolato ad esercitare l’azione di risarcimento, cosciente ormai che la sua eventuale inerzia non consentirebbe più all’ "inquinatore" di evitare il risarcimento, in quanto i cittadini riuniti nell’associazione ambientalista agirebbero comunque in sua sostituzione. A ben vedere, però, la portata della norma è di ancora maggiore dirompenza, se si considerano i casi, purtroppo non infrequenti, in cui il danno ambientale consegue proprio alla realizzazione di opere pubbliche degli enti locali, e, quindi, i soggetti passivi dell’azione di risarcimento sono le stesse persone degli amministratori e dirigenti di tali enti. Così, se fino ad oggi, tali soggetti si sono ben guardati dall’agire contro se stessi - come peraltro aveva acutamente già previsto il Procuratore Generale della Corte dei Conti in un’eccezione di legittimità costituzionale sollevata subito dopo l’entrata in vigore della legge 349/86 -, in futuro, i cittadini, se l’emendamento sarà approvato anche dalla Camera dei deputati, avranno la possibilità di superare questa assurda immunità degli "inquinatori pubblici locali" attraverso l’azione sostitutiva dell’associazione di protezione ambientale riconosciuta cui aderiscono.

L’azione civile di danno pubblico ambientale si avvia così ad uscire dal regno dell’astrattezza giuridica e forse cesserà di essere quello che il Caravita nel suo manuale di diritto pubblico dell’ambiente ha definito << l’istituto del diritto ambientale più studiato e meno applicato >>.

L’innovatività della norma approvata dal Senato è ancora maggiore se si considera che l’azione sostitutiva prevista sarebbe la prima azione popolare conosciuta ammissibile dinanzi al giudice ordinario. Fin’ ora, infatti, l’azione popolare è stata considerata come strumento esperibile esclusivamente dinanzi al giudice amministrativo. A ben vedere, però, tale particolarità dell’azione proposta dall’emendamento nasce dalla stessa previsione dell’art. 18 della legge 349/86 che attribuisce la giurisdizione in tema di danno pubblico ambientale all’autorità giudiziaria ordinaria. E ciò a causa di una precisa connotazione della situazione giuridica per la cui tutela l’azione di danno pubblico ambientale è prevista. Infatti, il diritto all’ambiente, è ormai uscito dalla sua qualificazione di interesse diffuso, o di interesse collettivo radicato in capo alle associazioni, e si configura come un vero e proprio diritto soggettivo di cui è titolare ogni persona umana e del quale le associazioni di protezione ambientale riconosciute costituiscono enti esponenziali.

Bisogna anche osservare che la norma nel riferirsi alle azioni di risarcimento del danno ambientale incide anche al campo del processo penale. Infatti, l’azione civile di danno pubblico ambientale è esperibile anche in sede penale. Aprendo alle associazioni la porta la porta del processo penale, sia pure in via sostitutiva, la norma approvata dal Senato risolve, sia pure indirettamente il problema ancora molto controverso dell’ammissibilità della costituzione di parte civile delle associazioni ambientaliste. Infatti, se spesso ancora si discute dell’ammissibilità art. 74 e ss. del codice di procedura penale, sulla cui ammissibilità da parte dei comuni non si può certo discutere.

Con l’introduzione di dell’azione popolare suppletiva prevista dall’emendamento approvato dal Senato, potrebbe essere finalmente riconosciuta l’effettività del diritto all’ambiente e la certezza del risarcimento delle sue lesioni.

*Responsabile Settore Legale Delegazione WWF Campania