Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4105, del 6 agosto 2013
Beni ambientali.Poteri dell’Ente Parco e del Comune in materia urbanistico-edilizia

In relazione ad attività poste in essere all’interno del Parco in difformità dal Piano, dal regolamento o dal nulla osta, i poteri ex art. 29 della legge n. 394/1991 affidati all’Organismo di gestione (Ente Parco) dell’area naturale protetta, sono concorrenti rispetto a quelli attribuiti al Comune in materia urbanistico/edilizia. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04105/2013REG.PROV.COLL.

N. 08697/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8697 del 2009, proposto dall’Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Luigi Caso, Angiola Moretti;

nei confronti di

Comune di Monterosso al Mare, Adelino Sassarini, Vittoria Sassarini, Maria Zattera;

per la riforma della sentenza del t.a.r. liguria – genova, sezione i, n. 00260/2009, resa tra le parti, concernente riduzione in pristino per movimenti di terra in zona con vincolo idrogeologico.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2013 il Cons. Gabriella De Michele e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Varone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 260/09 del 23.2.2009 (che non risulta notificata) è stato accolto il ricorso proposto dai signori Luigi Caso e Angiola Moretti avverso l’ordine di rimessa in pristino, emesso il 7.1.2008 ex art. 29 della legge n. 394/1991 per un movimento di terra effettuato in zona vincolata (Parco delle Cinque Terre), con finale realizzazione di un fabbricato ad uso residenziale, di un deposito attrezzi e di altre opere (servizio igienico, manufatto ad uso agricolo, barbecue in cemento, ringhiera metallica). Nella citata sentenza erano ritenute fondate le prospettazioni difensive riferite a difetto di istruttoria, non risultando adeguatamente valutato l’intervenuto accertamento di conformità, da parte del Comune di Monterosso, del manufatto principale (fabbricato ad uso residenziale), ritenuto esterno rispetto ai confini del Parco, essendo questi ultimi di non chiara definizione. L’incertezza di detti confini avrebbe coinvolto, quindi, anche le opere accessorie, di cui peraltro non sarebbe stata accertata l’epoca di realizzazione, che gli interessati assumevano anteriore all’istituzione del Parco stesso.

In sede di appello (n. 8697/09, notificato in data 8.10.2009), l’Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre rappresentava di avere sospeso un precedente ordine di rimessa in pristino, a seguito di accertamenti effettuati nel settembre 2005, essendo risultate pendenti procedure di sanatoria, avviate con istanze in data 18.11.2005 e 27.3.2006, ma poi concluse con diniego di nulla osta per contrasto con l’art. 21 del Piano del Parco, preclusivo di ogni nuova costruzione (tale carattere dovendo attribuirsi, in particolare, all’ampliamento con mutamento di destinazione d’uso – da agricolo a residenziale – di una precedente costruzione oggetto di sanatoria, rilasciata con provvedimento comunale n. 31 del 25.5.2004). L’istruttoria, condotta in primo grado di giudizio, avrebbe peraltro confermato che i manufatti di cui si discute ricadevano all’interno del perimetro del Parco, né del resto tale circostanza sarebbe stata contestata dai diretti interessati (considerata la richiesta di nulla osta, presentata da uno degli attuali appellati).

La sentenza gravata, pertanto, dovrebbe ritenersi frutto di travisamento dei fatti, tenuto conto anche della non trascurata considerazione – nel diniego di sanatoria e nel relativo preavviso – del permesso di costruire rilasciato dal Comune per il fabbricato agricolo, per il cui ampliamento e la cui trasformazione era stata avviata la ricordata procedura di sanatoria. Il diniego di nulla osta, in quanto mai contestato, sarebbe stato quindi valido presupposto dell’ordinanza in contestazione, mentre non avrebbe potuto consolidarsi la posizione del privato, solo perché il primo abuso (piccolo manufatto agricolo, poi ampliato e trasformato in edificio residenziale) aveva ottenuto quattro anni prima un’illegittima autorizzazione in sanatoria.

Il potere interdittivo e sanzionatorio sarebbe stato, in ogni caso “complementare al rilascio del nulla osta preventivo”, di esclusiva competenza dell’Ente Parco. Quanto alla data di effettuazione delle opere, infine, ogni onere probatorio al riguardo avrebbe dovuto considerarsi gravante sui privati interessati e non sull’Ente, fermo restando che l’area di cui trattasi era vincolata e soggetta a nulla osta anche prima dell’istituzione del Parco delle Cinque Terre.

Le parti appellate non si sono costituite in giudizio.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello meriti accoglimento.

Con ordinanza del TAR Liguria n. 52/2008 era stata disposta, infatti, una verificazione in contraddittorio, le cui conclusioni (relazione tecnica redatta in esito al sopralluogo svoltosi il 21.5.2008, alla presenza del difensore in primo grado degli attuali appellati) sanciscono l’ubicazione del “fabbricato e annesso….in zona C1 della cartografia del Piano del Parco”; detto Piano – approvato dal Consiglio Direttivo in data 17.5.2002 e adottato dalla Regione con delibera di Giunta n. 488 del 24.5.2002 – all’art. 21 escludeva la costruzione di nuovi manufatti nell’area interessata.

Gli accertamenti condotti nel 2005 avevano invece rilevato, nella zona in questione, la realizzazione delle opere in precedenza descritte, per le quali non risultava mai rilasciato alcun nulla osta da parte dell’Ente Parco, come prescritto dall’art. 13 della legge n. 394/1991, per qualsiasi intervento rientrante nell’area del Parco stesso.

Detto nulla osta veniva quindi richiesto a sanatoria – nel novembre 2005 e nel marzo 2006 – da uno dei diretti interessati (signor Luigi Caso), ma con finale pronuncia negativa, emessa – previo rituale preavviso, ex art. 10 bis L. n. 241/90 – con provvedimento n. 4544 del 7.6.2006; di tale provvedimento era anche comunicata al medesimo signor Caso l’immediata impugnabilità, espressamente prevista dal citato art. 13 della legge n. 394/1991, senza tuttavia che venisse proposto ricorso nei termini prescritti.

Sia nel preavviso che nell’atto di diniego, peraltro, veniva specificato come la costruzione ad uso agricolo in precedenza realizzata fosse stata oggetto di atto di sanatoria n. 31 del 25.5.2004, emesso dal Comune di Monterosso al Mare, ma senza previo nulla osta dell’Ente Parco: per quest’ultimo, pertanto l’edificio, poi ristrutturato, sarebbe stato da considerare come “nuova costruzione”.

In data 7 gennaio 2008 veniva infine emessa, ai sensi dell’art. 29 della citata legge n. 394/1991, l’ordinanza di rimessa in pristino che è oggetto della sentenza appellata: ordinanza, peraltro, reiterativa di analogo atto precedente (n. 2338 del 20.3.2006), non eseguito in attesa della pronuncia sulle istanze di sanatoria sopra ricordate e, comunque, nuovamente preceduta da comunicazione di avvio del procedimento (n. prot. 5819 del 7.7.2007), senza che in esito a detta comunicazione venissero prodotte dai diretti interessati “osservazioni o memorie”.

In base alle circostanze appena indicate, il Collegio ritiene che le argomentazioni della sentenza appellata non siano condivisibili per il seguente, duplice ordine di ragioni:

a) poichè l’istruttoria condotta dall’Ente Parco risulta accurata (anche per quanto riguarda la sussistenza di sanatoria comunale per l’originario manufatto agricolo), nonché condotta col pieno rispetto delle garanzie partecipative previste dalla legge, con corretta collocazione dei manufatti di cui trattasi all’interno del perimetro del Parco, come confermato anche in esito agli ulteriori accertamenti disposti in primo grado di giudizio;

b) poiché non risulta fornito dai diretti interessati – benchè chiamati a partecipare al procedimento, sia di rilascio del nulla osta in sanatoria, sia di emissione dell’ordine di rimessa in pristino – alcun principio di prova sulla preesistenza delle opere all’istituzione del Parco, fermo restando il carattere comunque vincolato dell’area e la necessità di specifico, non previamente ottenuto, titolo abilitativo per l’edificazione.

Non adeguatamente considerato nella medesima sentenza, inoltre, risulta il carattere ristrutturativo dell’ampliamento con mutamento di destinazione d’uso del manufatto agricolo, trasformato (in data che deve ritenersi successiva al 2004, ovvero alla sanatoria di quest’ultimo) in civile abitazione: un intervento di per sé rilevante e suscettibile di sanzione demolitoria, ove eseguito senza titolo. Correttamente, poi, l’appellante sottolinea i poteri concorrenti – rispetto a quelli attribuiti al Comune in materia urbanistico/edilizia – dell’organismo di gestione dell’area naturale protetta, ai sensi dell’art. 29 della più volte citata legge n. 394/1991, per attività poste in essere all’interno del Parco “in difformità dal Piano, dal regolamento o dal nulla osta”. Dette attività appaiono, infatti, sicuramente sussistenti nel caso di specie, per la realizzazione di manufatti che, per la parte più consistente, sono stati anche oggetto di diniego di nulla osta in sanatoria divenuto inoppugnabile, con conseguente corretta emissione dell’ordine di rimessa in pristino, corrispondente ad un autonomo potere dell’Ente di salvaguardare l’area protetta; quanto sopra, quindi, indipendentemente dall’esercizio del potere-dovere dell’Amministrazione comunale di rimuovere, in via di autotutela, un provvedimento di sanatoria emesso in assenza del nulla osta, di cui all’art. 13 della medesima legge n. 394/1991.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con gli effetti precisati in dispositivo; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ritiene di poterne disporre la compensazione per i due gradi di giudizio, tenuto conto dell’affidamento che il privato potrebbe avere tratto dal ricordato provvedimento di sanatoria n. 31/2004.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado e compensa le spese dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

Silvia La Guardia, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/08/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)