Consiglio di Stato Sez. III n. 1111 del 11 febbraio 2025
Aria.Divieto di fumo all'aperto
La potestà regolamentare degli enti locali può spaziare, sebbene nei limiti dettati dalla legge, oltre le materie contemplate espressamente, in considerazione sia della loro caratterizzazione come enti a fini generali, sia del fatto che il potere regolamentare è espressione del potere di auto-organizzazione dell’ente e sia del carattere puramente esemplificativo delle materie indicate dall'art. 7 TUEL. Le disposizioni regolamentari in materia di qualità dell'aria (con riferimento al divieto di fumo all'aperto), siccome improntate all’obiettivo di riduzione dell’inquinamento di prossimità e, su questa via, del degrado ambientale, si fondano su un concetto evoluto di vivibilità e sicurezza urbana, di cui costituiscono elementi essenziali la salubrità dell’ambiente, la qualità dell’aria e la salute del cittadino.
Pubblicato il 11/02/2025
N. 01111/2025REG.PROV.COLL.
N. 00889/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 889 del 2022, proposto dai signori -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Alfonso Celotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilio de' Cavalieri 11;
contro
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angela Bartolomeo, Giuseppe Lepore, Antonello Mandarano, Irma Marinelli, Annalisa Pelucchi e Mariarosaria Autieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio n. 15;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sezione terza) n. 2631/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 febbraio 2025 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Alfonso Celotto e Annalisa Pelucchi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Oggetto del giudizio sono il regolamento per la qualità dell’aria (“regolamento aria”) del Comune di Milano e la delibera di Consiglio comunale n. 56 del 19.11.2020 di approvazione del medesimo.
2. Con ricorso di primo grado i signori -OMISSIS- e -OMISSIS-- il primo in qualità di rivenditore di generi di monopolio e di -OMISSIS- e il secondo in qualità di fumatore residente nel Comune di Milano- impugnavano i seguenti articoli del regolamento per la qualità dell’aria:
a) art. 9 (“Fumo all'aperto”) che prevede: “1. Fatto salvo quanto già disposto dalla vigente normativa in tema di divieto di fumo, a far data dal 1 gennaio 2021, è fatto divieto di fumare negli spazi di seguito indicati: aree destinate a verde pubblico, salvo in luoghi isolati dove sia possibile il rispetto della distanza di almeno 10 metri da altre persone; aree attrezzate destinate al gioco, allo sport o alle attività ricreative dei bambini, così come disciplinato all’art. 21, comma 7 del Regolamento comunale d’uso e tutela del verde pubblico e privato; presso le fermate di attesa dei mezzi pubblici, incluse le fermate dei taxi, fino ad una distanza di 10 metri dalle relative pensiline ed infrastrutture segnaletiche; - aree cimiteriali; aree cani; strutture sportive di qualsiasi tipologia, ivi comprese le aree adibite al pubblico (ad esempio: spalti). 2. A far data dal 1 gennaio 2025 il divieto di fumo è esteso a tutte le aree pubbliche o ad uso pubblico, ivi incluse le aree stradali, salvo in luoghi isolati dove sia possibile il rispetto della distanza di almeno 10 metri da altre persone”;
b) art. 12 (“Attività di vigilanza”) che prevede: “L’Amministrazione comunale esercita le proprie funzioni di vigilanza al fine di assicurare la corretta osservanza del presente Regolamento all’interno del territorio del Comune di Milano. L’esercizio di tale attività è affidato al Corpo della Polizia Locale”;
c) art. 13 (“Sanzioni”) che prevede: “Salvo che il fatto sia previsto dalla legge come reato, alle violazioni delle disposizioni contenute nel presente Regolamento si applicano, nelle forme e con le modalità previste dalla Legge 24 novembre 1981 n.689, le sanzioni amministrative elencate nella tabella riportata nell'Allegato A, che costituisce parte integrante del presente Regolamento, e per quanto non previsto della suddetta tabella le disposizioni dell'art. 7 bis del D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267”.
2.1. I ricorrenti chiedevano l’annullamento del provvedimento, nelle parti sopra indicate, sulla base di quattro motivi di gravame:
1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 117, comma III, della Costituzione, la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 50, co. 3 [rectius 7] -ter, del d.lgs. n. 267 del 2000 (T.U.E.L.), l’eccesso di potere per sviamento e l’incompetenza assoluta del Comune ad intervenire in materia di “tutela della salute”;
2) eccesso di potere per difetto d’istruttoria, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 13, 41 e 97 della Costituzione;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione, la violazione del principio di proporzionalità, nonché, l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria, contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità manifesta;
4) la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 7 bis e 50, comma 3 [rectius 7] -ter, del d.lgs. n. 267 del 2000 (Testo Unico Enti Locali, TUEL).
3. Il T.a.r. per la Lombardia, Milano, con sentenza n. 2631 del 29 novembre 2021:
a) dichiarava inammissibile il ricorso nella parte in cui era volto a censurare la previsione dell’art. 9 che vieta il fumo nelle aree attrezzate al gioco, allo sport ed alle attività dei bambini, trattandosi di previsione di portata ricognitiva di un divieto già esistente (art. 21, comma 7, del Regolamento per l’uso e la tutela del verde pubblico e privato);
b) respingeva per il resto il ricorso, assorbendo le eccezioni di inammissibilità formulate dall’amministrazione resistente e rilevando che: b.1) non sussiste il vizio di incompetenza in quanto le impugnate disposizioni (artt. 9, 12 e 13), inerenti al divieto di fumo, sono da ricondursi nell’ambito della competenza regolamentare comunale ai sensi degli artt. 50, comma 7 ter e 7 del TUEL nonché degli artt. 5, 114 e 117 comma VI della Costituzione; b.2) il divieto in questione rappresenta una misura di contrasto al fenomeno dell’inquinamento “di prossimità” che, sostanziandosi nel divieto di fumare laddove non è possibile garantire il rispetto della distanza di almeno 10 metri da altre persone, contribuisce, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, a ridurre il degrado ambientale e il pregiudizio alla vivibilità urbana; b.3) il sistematico sforamento nel Comune di Milano del valore-limite, di matrice europea, relativo al numero massimo annuo di giorni di superamento della soglia di concentrazione media giornaliera di 50 ug/m3 di PM10, pari a 35 giorni, allegato e documentato da parte resistente, dà adeguatamente conto della gravità della situazione ambientale, senza che sia necessario verificare l’esatta collocazione che il fumo da tabacco occupa tra le fonti emissive di particolato; b.4) la discrezionalità dell’amministrazione non risulta affetta dai vizi di eccesso di potere, come sopra dedotti, atteso che la delimitazione sul piano spazio-temporale del divieto (con riferimento tanto alla distanza dei 10 metri quanto alla mancata limitazione del divieto ai soli mesi invernali), lungi dall’apparire irragionevole, denota il legittimo contemperamento dei contrapposti interessi implicati dalla vicenda per cui è causa, operato dall’amministrazione, calibrando il divieto in ragione dello scopo perseguito, ossia salvaguardare la salubrità ambientale di prossimità e, con essa, la vivibilità urbana.
4. I ricorrenti hanno interposto appello, notificato in data 2 febbraio 2022, articolando cinque autonomi motivi relativi a:
I.ERROR IN PROCEDENDO E IN JUDICANDO. ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3, 32 E 117, CO. 3 E CO. 6, COST., NONCHE’ DEGLI ARTT. 7 E 50, CO. 5 E 7 TER, DEL D.LGS. N. 267/2000 (T.U.E.L.). ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO. INCOMPETENZA DEL COMUNE A INTERVENIRE NELLA DISCIPLINA DELLA MATERIA “TUTELA DELLA SALUTE”.
II. ERROR IN PROCEDENDO E IN JUDICANDO. ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER CHIARO TRAVISAMENTO DEI FATTI. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 13, 41 E 97 COST.
III. ERROR IN PROCEDENDO E IN JUDICANDO. ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 COST. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA, CONTRADDITTORIETA’ E IRRAGIONEVOLEZZA. ILLOGICITA’ MANIFESTA.
IV. ERROR IN PROCEDENDO E IN JUDICANDO. ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7, 7 BIS E 50, CO. 3 TER, DEL D.LGS. N. 267/2000 (T.U. ENTI LOCALI).
V. ERROR IN PROCEDENDO E IN JUDICANDO. ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA IMPUGNATA NELLA PARTE IN CUI HA DICHIARATO LA PARZIALE INAMMISSIBILITA’ DEL RICORSO.
5. Si è costituito in giudizio il Comune di Milano che ha resistito al gravame, riproponendo l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse del ricorso di primo grado non esaminata dal T.a.r. Ha depositato, altresì, la delibera di consiglio comunale n. 4/2022 recante “Controdeduzione alle osservazioni e approvazione definitiva del documento di Piano Aria e Clima e relativi allegati” che ha sostituito deliberazione consiliare n. 79/2020 recante il “Piano Aria e Clima” sulla cui base è stato adottato il “Regolamento aria”.
6. In vista dell’udienza di trattazione entrambe le pari hanno depositato memorie di replica, insistendo nelle rispettive difese.
7. All’udienza di smaltimento del 5 febbraio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. L’appello è infondato, circostanza che consente di prescindere, in applicazione del criterio della c.d. ragione più liquida, dall’esame delle eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo, assorbite dal T.a.r. e riproposte dal Comune di Milano in grado di appello (priva di rilievo è, invece, l’asserita tardività delle stesse, eccepita dagli appellanti in memoria di replica, trattandosi di questioni rilevabili d’ufficio ex art. 35 comma 1 lett. b) c.p.a.). Sul punto, il Collegio si limita solo ad osservare che, trattandosi di un atto di portata generale e astratta, il regolamento impugnato è privo di immediata lesività nei confronti degli originari ricorrenti e odierni appellanti.
9. Con il primo motivo di appello si censura il capo della sentenza che ha respinto il primo motivo di ricorso con il quale era stata eccepita l’assoluta incompetenza del Comune ad introdurre disposizioni inerenti al divieto di fumo nell’ambito dell’adottato Regolamento per la qualità dell’aria.
I Comuni non sarebbero affatto abilitati a introdurre disposizioni inerenti al divieto di fumo poiché si tratta di materia coperta da riserva di legge e relativa alla tutela della salute che rientra nell’ambito della disciplina legislativa concorrente di Stato e Regioni.
In via subordinata, si richiede di sollevare la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 50, co. 5 e 7 ter T.U.E.L. per contrasto con gli artt. 3, 5, 97, 114 e 117, co. 3 e co. 6, Cost.
10. Il motivo è infondato.
11. L’impostazione di fondo da cui muovono gli appellanti- secondo cui il regolamento impugnato, introducendo il divieto di fumo all’aperto, avrebbe l’esclusiva finalità di tutela della salute, materia che è sottratta alla regolamentazione dell’ente locale in quanto oggetto di riserva di legge- è smentita dal dato positivo.
12. Da quest’ultimo emerge che l’obiettivo primario del regolamento è, invece, quello di rimuovere una situazione di degrado ambientale attraverso il contenimento delle immissioni inquinanti, tra cui il particolato atmosferico (PM10) derivante anche dal consumo di tabacco.
13. Sotto tale profilo è sufficiente richiamare:
-la delibera consiliare n. 56 del 2020 di approvazione del regolamento ove si individuano, quale base giuridica dell’atto, gli artt. 7 e 50 comma 7 ter Tuel e si osserva che: i) il Comune di Milano, nell’ambito delle proprie competenze locali, si sta adoperando da anni con azioni volte al contenimento delle emissioni di particolato atmosferico primario e degli ossidi di azoto al fine di migliorare la qualità dell’aria respirata dai cittadini; ii) nonostante le misure locali adottate, si registrano ancora, nel periodo invernale, condizioni di perdurante accumulo e aumento delle concentrazioni degli inquinanti correlate all’instaurarsi di condizioni meteo sfavorevoli alla loro dispersione, con conseguente degrado della qualità dell’aria in città; iii) nel contesto delle azioni di miglioramento ambientale, proposte a livello locale, sta assumendo sempre più importanza l’inquinamento atmosferico di prossimità, inteso come l’insieme dei fenomeni di inquinamento dell’aria che, anche nel caso in cui non rappresentino una criticità su una area vasta, possono assumere una notevole rilevanza in termini di impatto locale; iv) è necessario e urgente intervenire attraverso ulteriori misure locali finalizzate a ridurre gli inquinanti atmosferici sia livello locale che di prossimità; v) sulla base dell’inventario INEMAR 2020 tra le fonti principali di emissioni sul territorio comunale vi sono anche “ alcune tipologie di combustioni all’aperto, quali i fuochi d’artificio e le sigarette” ;
-la relazione tecnica alla delibera ove si osserva che “Il consumo di tabacco viene citato tra le prime cinque principali fonti emissive di particolato atmosferico dall’inventario INEMAR Lombardia. Il contributo della combustione del tabacco assume un ruolo ancora più importante sull’esposizione di prossimità delle persone” e che le misure adottate mirano “alla riduzione di consumo di tabacco in città”;
- le motivazioni tecnico-scientifiche allegate alla relazione tecnica ove si legge che, nel contesto di azioni di miglioramento ambientale a livello urbano, assumono un ruolo importante le azioni volte a ridurre l’inquinamento atmosferico di prossimità che, nel caso del tabacco, causa anche l’esposizione al fumo passivo, fattore di rischio per la salute;
-l’art. 1 del regolamento ove si precisa che l’oggetto dell’intervento è la limitazione di attività che generano emissioni atmosferiche, nell’ottica di salvaguardia della qualità dell’aria, del risparmio energetico e del contenimento del degrado ambientale.
14. Viene, quindi, delineato un complesso di disposizioni- tutte finalizzate al miglioramento dell’aria e alla salvaguardia della salubrità dell’ambiente urbano- tra cui si inserisce anche la limitazione del fumo all’aperto sancito dall’art. 9 del regolamento.
15. La misura in questione non ha come finalità esclusiva- e nemmeno primaria- la tutela della salute, bensì la riduzione dell’inquinamento attraverso il contenimento delle emissioni e il controllo delle fonti inquinanti, tra cui il consumo di tabacco, in conformità con i principi comunitari di precauzione, di azione preventiva e di correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente.
16. Non è revocabile in dubbio che il degrado ambientale determinato dall’inquinamento si ripercuota in senso negativo anche sulla salute dei soggetti che in quell’ambiente vivono e che, correlativamente, il contenimento degli agenti inquinanti abbia ricadute positive sulla qualità della vita e sulla salute dei cittadini: si tratta, tuttavia, di effetti riflessi determinati della riduzione degli agenti inquinanti che è l’obiettivo primario avuto di mira dalla regolamentazione.
17. Le esternalità positive sul contesto urbano prodotte dalle misure per cui è causa non sono incompatibili con la centralità assegnata al miglioramento della vivibilità urbana e all’eliminazione del degrado ambientale, tenuto conto che nessuna misura antinquinante è estranea alla salvaguardia, oltre che dell’ambiente, anche della salute delle persone che in quell’ambiente vivono e lavorano.
18. L’analisi del contenuto del regolamento conferma, pertanto, che il fondamento normativo di esso vada rinvenuto nel combinato disposto dei commi 5 e 7 ter dell’art. 50 Tuel –ivi puntualmente richiamati- nella parte in cui legittimano l’ente locale ad adottare regolamenti per far fronte, tra l’altro, a situazioni di grave incuria e di degrado del territorio e dell’ambiente nonché di pregiudizio del decoro, della vivibilità e della sicurezza urbana.
19. Alle citate disposizioni si aggiunge l’art. 7 del medesimo testo unico che, in conformità con l’autonomia regolamentare sancita dall’art. 117 comma 6 Cost., consente agli enti locali di adottare, nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, “regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni”.
20. Come chiarito dalla giurisprudenza, la potestà regolamentare degli enti locali può spaziare, sebbene nei limiti dettati dalla legge, oltre le materie contemplate espressamente, in considerazione sia della loro caratterizzazione come enti a fini generali, sia del fatto che il potere regolamentare è espressione del potere di auto-organizzazione dell’ente e sia del carattere puramente esemplificativo delle materie indicate dalla disposizione sopra citata (Cons. Stato sez. V, n. 6137 del 2004).
21. Le disposizioni regolamentari impugnate, siccome improntate all’obiettivo di riduzione dell’inquinamento di prossimità e, su questa via, del degrado ambientale, si fondano su un concetto evoluto di vivibilità e sicurezza urbana, di cui costituiscono elementi essenziali la salubrità dell’ambiente, la qualità dell’aria e la salute del cittadino.
22. Tale accezione di contesto urbano si fonda su un’interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata delle funzioni dell’ente di prossimità il quale è chiamato, attraverso una regolamentazione del territorio attenta ai valori ambientali, a concorrere agli obiettivi nazionali e sovranazionali di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (la cui natura trasversale è stata ribadita, da ultimo, da Corte cost. 15/02/2024, n. 16) e di prevenzione dei cambiamenti climatici (sul punto, cfr. pag. 2 e 3 della relazione illustrativa alla delibera impugnata), conformemente ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
23. Sotto tale profilo rilevano:
-il d.lgs. 152/2006 che impone a tutti gli enti pubblici l’adozione di misure di tutela ambientale che siano informate ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente (art. 3 ter) e al principio dello sviluppo sostenibile (art. 3 quater);
- l’articolo 9 d.lgs. n. 155/2010, di recepimento della direttiva 2008/50/EC, che pone in capo a Regioni e Province autonome il compito di redigere i Piani di risanamento per l’aria. La Regione Lombardia, in occasione dell’aggiornamento 2018 del Piano Regionale degli Interventi per la Qualità dell’Aria - PRIA (DGR n. XI/449 del 2 agosto 2018, doc. n. 9 fascicolo di primo grado Comune), ha invitato formalmente i Comuni ad adottare piani o strategie per il miglioramento della qualità dell’aria;
- l’art. 43 l. 234/2012 che pone a carico anche degli enti pubblici l’adozione di “ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa dell'Unione europea”. Tra le violazioni a cui le misure contestate sono volte a porre rimedio ci sono quelle già accertate dalla sentenza della Corte di giustizia del 10 novembre 2020 che ha condannato lo Stato italiano per “Superamento sistematico e continuato dei valori limite applicabili alle microparticelle (PM10) in determinate zone e agglomerati italiani”, tra cui quello di Milano.
24. Le considerazioni sopra esposte escludono che sia ipotizzabile, come invece affermato dagli appellanti, un contrasto del regolamento sulla qualità dell’aria con la disciplina nazionale sul divieto di fumo contenuta nell’art 51 l. 3/2003: la legge statale e il regolamento comunale hanno, infatti, ambiti di regolamentazione non coincidenti poiché la prima vieta il consumo del tabacco esclusivamente nei locali chiusi in ragione della tutela della salute dei presenti, mentre il secondo limita il consumo di tabacco all’aperto per il contenimento delle emissioni inquinanti e dell’inquinamento di prossimità.
25. Per le medesime ragioni, non rileva il richiamo, contenuto nella memoria del 2 gennaio 2025, alla proposta di raccomandazione relativa agli ambienti senza fumo e senza aerosol presentata dalla Commissione europea il 18 settembre 2024 poiché, per un verso, non attiene alla problematica del contenimento dell’inquinamento ma alla tutela della salute e, per altro verso, il dibattito da essa scaturito non può certo assurgere a prova dell’erroneità dei dati sull’incidenza del consumo di tabacco sui livelli di PM10 registrati nel territorio milanese.
26. A diverse conclusioni non conduce nemmeno la giurisprudenza citata dagli appellanti per la diversità delle fattispecie concrete in essa esaminate, non afferenti a misure strutturali di lotta all’inquinamento e al degrado urbano e ambientale, ma ad interventi contingibili e urgenti in materia di igiene e sanità (segnatamente TAR Milano, sent. n. 3039 del 2014 relativa ad un’ordinanza contingibile e urgente sull’uso di sigarette elettroniche).
27. Le considerazioni sopra svolte determinano la reiezione anche dell’eccezione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 50, co. 5 e 7 ter T.U.E.L. per contrasto con gli artt. 3, 5, 97, 114 e 117, co. 3 e co. 6, Cost, già respinta dal T.a.r. e riproposta in sede di appello.
28. E’ proprio l’interpretazione proposta dagli appellanti-in quanto preclude all’ente locale l’adozione di misure a tutela contesto urbano e della comunità locale -a porsi in contrasto con i parametri costituzionali invocati, oltre che con il diritto sovranazionale, come confermano la già intervenuta condanna dello Stato italiano con sentenza della Corte di giustizia del 10 novembre 2020, la lettera di messa in mora inviata nel marzo 2024 dalla Commissione europea per mancata esecuzione della sopra citata sentenza e la Direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2024 relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa che introduce, a decorrere dal 2030, valori limite più stringenti rispetto a quelli attuali per gli inquinanti atmosferici.
29. Si aggiunge, ancora, che la Corte costituzionale ha, di recente, rimarcato che “la riforma del 2022 consacra direttamente nel testo della Costituzione il mandato di tutela dell'ambiente, inteso come bene unitario, comprensivo delle sue specifiche declinazioni rappresentate dalla tutela della biodiversità e degli ecosistemi, ma riconosciuto in via autonoma rispetto al paesaggio e alla salute umana, per quanto ad essi naturalmente connesso; e vincola così, esplicitamente, tutte le pubbliche autorità ad attivarsi in vista della sua efficace difesa” e che la “tutela dell'ambiente - nell'interesse, ancora, dei singoli e della collettività nel momento presente, nonché di chi ancora non è nato - assurge ora a limite esplicito alla stessa libertà di iniziativa economica, il cui svolgimento non può "recare danno" - oltre che alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, come recitava il testo previgente dell'art. 41, secondo comma, Cost. - alla salute e all'ambiente” (Corte cost., 13/06/2024, n. 105).
30. Il regolamento impugnato si pone sulla scia dei principi sopra richiamati, essendo la tutela dell’ambiente in ogni sua declinazione, ivi compresa quella “urbana”, un compito demandato a tutti gli enti di cui si compone la Repubblica ex art. 5 Cost., secondo i già ricordati principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
31. Il motivo deve, quindi, essere respinto.
32. Con il secondo motivo di appello gli appellanti impugnano il capo della sentenza che ha respinto il secondo motivo di ricorso, con il quale era stato dedotto il palese difetto di istruttoria che ha caratterizzato l’adozione dell’art. 9 del regolamento.
La sentenza sarebbe viziata per omessa considerazione delle seguenti circostanze decisive:
1) la risalenza nel tempo dei dati in forza dei quali il Comune di Milano ha adottato le misure contenute nell’art. 9 poiché si fa riferimento all’ultimo inventario INEMAR elaborato da ARPA Lombardia, riguardante le emissioni nell’anno 2017;
2) il consumo di tabacco (differentemente da quanto riportato negli atti preparatori del regolamento), non rientra tra le principali fonti emissive del particolato atmosferico PM10.
33. Il motivo è infondato.
34. Quanto al profilo sub 1) le misure messe in capo dal Comune di Milano con il regolamento impugnato si fondano sui dati dell’Inventario Emissioni in Atmosfera Regione Lombardia (INEMAR), la cui gestione e periodico aggiornamento competono all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente – Regione Lombardia (ARPA-Lombardia), ai sensi dell’articolo 4, comma 4, della l.r. 24/2006 (Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente).
35. Poiché l’aggiornamento degli inventari avviene con cadenza triennale, ai sensi dell’articolo 22, comma 3, d.lgs 155/2010 (“Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa”), al momento dell’adozione del regolamento (anno 2020) l’inventario INEMAR basato sui dati del 2017 era il più aggiornato.
36. La documentazione prodotta in giudizio dal Comune conferma la correttezza dei dati INEMAR e, di conseguenza, l’adeguatezza del mezzo istruttorio che non richiedeva alcun ulteriore aggiornamento, atteso che:
a) i valori di emissione di PM10 per la città di Milano, complessivi e specifici per singola attività, sono stati rettificati da ARPA Lombardia, ma tale revisione non ha alterato quanto in precedenza emerso in ordine al contributo inquinante della combustione di tabacco. Nella versione finale di INEMAR 2017, il contributo emissivo di PM10 dovuto alla combustione di tabacco è quantificato in 46,7 tonnellate/anno che equivale ad un contributo percentuale pari al 7%, rispetto ad un totale urbano di 671,9 tonnellate/anno di PM10 (doc. n. 7 produzione di primo grado Comune);
b) sebbene sia stato rispettato, negli ultimi anni, il valore limite sulla concentrazione media annua di PM10 nella città di Milano, il valore relativo al numero massimo annuo di giorni di superamento della soglia di concentrazione media giornaliera di 50 ug/m3 di PM10, pari a 35 giorni, non è mai stato rispettato fin da quando il PM10 è stato misurato a Milano, come evidenziato dal comune (doc. 7 e 8 produzione primo grado Comune).
Il richiamo al numero massimo annuo di giorni di superamento, lungi dall’integrare in via postuma la motivazione posta alla base della scelta regolatoria, come sostenuto dagli appellanti, si limita a illustrare- anche alla luce delle deduzioni dei ricorrenti che sostengono l’irragionevolezza della misura per mancato superamento della concentrazione media annua di PM10- le criticità afferenti al superamento dei valori-soglia, di matrice europea, già emerse nel corso dell’istruttoria e la ragionevolezza della misura, attesa la necessità di rispettare i valori limite delle concentrazioni di PM10, PM2.5 e NO2 di cui alla direttiva2008/50/EC nel più breve tempo possibile (relazione illustrativa e delibera n. 56 del 2020);
37. Quanto al profilo sub 2), la “Combustione di tabacco (sigarette e sigari)” è indicata nella banca dati INEMAR nel macrosettore 11, “Altre sorgenti di Emissione ed Assorbimenti”, collocandosi al quarto posto per contributo emissivo di inquinante PM10 con una percentuale del 7%, dopo il traffico stradale (45%), le pizzerie con forno a legna (19%) e i processi produttivi (8%).
38. L’appellante contesta l’indicata percentuale, ma non il collocamento del consumo di tabacco tra le fonti inquinanti del macrosettore: il consumo di tabacco costituisce, in ogni caso, una fonte di emissione PM10, la cui riduzione è l’obiettivo primario del regolamento.
39. Per tali ragioni, anche il secondo motivo di appello deve essere respinto.
40. Con il terzo motivo di appello gli appellanti censurano il capo della sentenza che ha respinto terzo motivo di ricorso, con cui avevano eccepito l’irragionevolezza, la contraddittorietà e l’illogicità delle disposizioni introdotte, nonché la violazione del principio di proporzionalità.
Deducono che le prescrizioni del regolamento sono in contrasto con l’art. 13 Cost. e l’art. 41 Cost. in quanto limitano la libertà personale e l’attività economica imprenditoriale. Esse sarebbero, inoltre, irragionevoli sotto il profilo spaziale (distanza di dieci metri dalle altre persone) e temporale (perché non limitate al solo periodo invernale), oltre che sproporzionate, come confermato dalla fascia di gravità della sanzione irrogata (che è la più bassa).
41. Le censure sono prive di pregio.
42. Come correttamente osservato dal T.a.r., gli appellati affermano, ma non provano, la lesione della libertà individuale e di quella di iniziativa imprenditoriale ad opera delle misure adottate.
43. Tale lesione risulta, peraltro, smentita dagli stessi ricorrenti laddove lamentano l’illogicità e l’irragionevolezza delle prescrizioni in quanto “è sufficiente allontanarsi 10 metri, laddove vi siano altre persone, per poter liberamente fumare” (pag. 33 dell’appello), confermando che la limitazione contestata non si traduce in una preclusione al consumo e, conseguentemente, alla rivendita del tabacco.
44. Le misure in questione attuano un equo bilanciamento tra le libertà costituzionali invocate e l’interesse, di pari rilievo costituzionale, alla tutela dell’ambiente, anche nell’interesse delle future generazioni ai sensi dell’art. 9 Cost., garantendo, al contempo, il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali ai sensi dell’art. 117, comma 1, Cost.
45. Esse, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, non appaiono né irragionevoli né sproporzionate, atteso che:
a) l’obbligo di distanziamento, oltre ad essere fondato su dati tecnico-scientifici in ordine alla rilevabilità del particolato fino a 9 metri di distanza da una sigaretta accesa (doc. n. 1 – motivazioni tecnico-scientifiche allegate alla relazione tecnica), costituisce una misura non manifestamente sproporzionata poiché non vieta ma disincentiva il consumo dell’agente inquinante, salvaguardando la libertà del fumatore e, al contempo, perseguendo l’obiettivo di riduzione delle emissioni secondo il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni ambientali;
b) la previsione del 2025 quale decorrenza del divieto di fumo su aree pubbliche o aperte al pubblico del territorio milanese è ragionevole in quanto conforme agli obiettivi di abbassamento dei livelli di PM10 previsti al 2025 dal Piano Aria e Clima di cui alla delibera n. 79 del 2020, come osservato dal Comune (doc. n. 2 produzione primo grado Comune). Il piano in questione, è stato, inoltre, sostituito con delibera n. 4/2022, tenendo conto dei nuovi valori di qualità dell’aria stabiliti dalle Linee Guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), pubblicati in data 22 settembre 2021, più stringenti rispetto ai precedenti (doc. 2 produzione appello Comune);
c) la tesi dei ricorrenti, secondo cui il divieto di fumo dovrebbe essere circoscritto ai periodi invernali, oltre a non essere supportata da alcun supporto scientifico, impinge la sfera dell’opinabilità della scelta regolatoria, sottratta al sindacato giurisdizionale;
d) a nulla rileva la cornice edittale della sanzione prevista in caso di violazione poiché sottende valutazioni di varia natura (grado di offensività della violazione, tipologia di condotta e categoria soggettiva del trasgressore) e non può costituire una misura del grado di inquinamento dell’attività sanzionata.
46. Merita, pertanto, condivisione quanto osservato dal giudice di primo grado in ordine alla ragionevolezza e proporzionalità del divieto di fumare laddove non è possibile garantire il rispetto della distanza di almeno 10 metri da altre persone, in quanto esso contribuisce a ridurre il degrado ambientale e il pregiudizio alla vivibilità urbana, ravvisato dall’amministrazione nell’ambito territoriale di propria competenza.
47. Anche il terzo motivo di appello deve, quindi, essere respinto.
48. Con il quarto motivo di appello gli appellanti censurano il capo della sentenza che ha respinto l’ultimo motivo di ricorso con cui è stata eccepita l’illegittimità del regolamento anche nella parte in cui ha introdotto le previsioni degli artt. 12 (Attività di vigilanza) e 13 (Sanzioni) perché prevedono l’irrogazione di una sanzione in relazione alla mancata osservanza di un divieto che il Comune non aveva alcuna competenza a introdurre.
49. L’infondatezza del motivo discende da quanto osservato in sede di esame del primo motivo di appello con riguardo alla competenza del Comune di Milano ad adottare il regolamento in questione ai sensi degli artt. 7 e 50 commi 5 e 7 ter TUEL.
50. Il motivo deve, quindi, essere respinto.
51. Con il quinto motivo di appello i ricorrenti contestano la sentenza nella parte in cui ha dichiarato la parziale inammissibilità del ricorso, in relazione alla previsione del divieto di fumo ex art. 9 del regolamento nelle aree attrezzate destinate al gioco, allo sport e alle attività ricreative dei bambini.
52. La censura, peraltro solo genericamente dedotta, è infondata.
53. Il divieto di fumo nelle aree attrezzate destinate al gioco, allo sport o alle attività ricreative dei bambini, disposto con il regolamento impugnato, è meramente ricognitivo dell’analoga previsione contenuta nell’art. 21, comma 7 del Regolamento d’uso e tutela del verde pubblico e privato, adottato con la delibera consiliare n. 37/2017, sicché correttamente il giudice di primo grado ha statuito l’inammissibilità in parte qua del ricorso per difetto di interesse.
54. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
55. Sussistono giustificati motivi, in ragione della novità e complessità della questione, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2025, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:
Giordano Lamberti, Presidente FF
Davide Ponte, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere