Cons. Stato, sez. IV n. 1902 del 14 aprile 2015 n. 1902
Ambiente in genere. Procedura di localizzazione ed approvazione di opere stradali

L'ordinanza, tra l'altro, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale Veneto sulla VIA n. 10/1999 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. s) Cost. laddove sottopone a verifica preliminare di assoggettabilità a VIA-valutazione di impatto ambientale le sole strade extraurbane secondarie di lunghezza superiore ai 5 Km, prevedendo così una normativa meno restrittiva del Codice dell'ambiente che sottopone a screening di VIA tutte le strade extraurbane senza fissare alcuna soglia dimensionale e, in conformità con la direttiva europea, impone di tener conto non solo di criteri quantitativi ma di una pluralità di caratteristiche dei progetti, della loro localizzazione e del relativo impatto potenziale (segnalazione Avv. M. CERRUTI)

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 6731 del 2010, proposto da:

 

Fabrizio Dalla Vecchia, Silvano Cesa, Orazio Cesa, Silvano Paolin, Giovanni Marcadent, Renato De Mari, Bianco Vergerio, Maria Cristina Marcadent, Francesco Zuccolotto, Giorgio Cesa, Mauro Soppelsa, Antonella Vergerio, Delfino Dolo, Antonio Dal Piva, Fabrizio Micacchioni, Stefania Dalla Vecchia, Beppino Gelisio, Renata Gallina, rappresentati e difesi dagli avv.ti Matteo Ceruti e Alessio Petretti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via degli Scipioni, n. 268/A;

 

contro

Regione Veneto, in persona del Presidente pro-tempore,
Comune di Mel, in persona del Sindaco pro-tempore,
Comune di Lentiai, in persona del Sindaco pro-tempore,
Provincia di Belluno, in persona del Presidente pro-tempore,
Veneto Strade S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, 
rappresentati e difesi dall'avv. Alfredo Biagini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Monte Zebio, n. 30; 
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n.12; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Veneto – Venezia, Sezione I, n. 2725/2010, resa tra le parti, concernente “approvazione variante agli strumenti urbanistici - dichiarazione pubblica utilità - progetto definitivo relativo alla realizzazione di una variante alla strada provinciale n. 1, all’altezza degli abitati dei comuni di Bardies (frazione di Mel) e Lentiai della provincia di Belluno”.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto, del Comune di Mel, del Comune di Lentiai, della Provincia di Belluno, di Veneto Strade S.p.A. e del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali;

Viste le memorie difensive;

Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2015 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Petretti, Biagini e l'Avvocato dello Stato Varrone;

 

1.- Il 19 luglio 2006 si teneva la conferenza di servizi per l’acquisizione dei pareri, nulla osta ed autorizzazioni necessari all’approvazione del progetto (sul quale la Commissione tecnica regionale si era già espressa positivamente con prescrizioni) relativo alla realizzazione di una variante alla strada provinciale n. 1, all’altezza degli abitati dei comuni di Bardies (frazione di Mel) e Lentiai della provincia di Belluno, cui partecipavano, oltre la Provincia, il Comune di Lentiai, il Servizio forestale regionale, Telecom Italia e Veneto Strade S.p.A. ed all’esito della quale il responsabile del procedimento comunicava che, ai fini dell’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, si sarebbe proceduto mediante sottoscrizione di un Accordo di programma, ai sensi dell’art. 7 della L.r. n. 11/04.

L’accordo veniva, in effetti, sottoscritto dalla Regione Veneto, dai Comuni di Lentiai e di Mel e da Veneto Strade S.p.A. il 17 aprile 2007 e reso esecutivo con DPGR 17 luglio 2007 n. 134.

Il signor Dalla Vecchia Fabrizio ed altri 31 proprietari di immobili situati nelle adiacenze del nuovo tracciato stradale, oggetto dell’accordo di programma, proponevano ricorso al T.A.R. Veneto (RG 2266/07), con cui denunciavano l’illegittimità dell’accordo e degli atti presupposti per violazione di legge e per eccesso di potere sotto diversi profili.

Successivamente, con nota 17.3.2008, il Rup comunicava che “in forma di autotutela” aveva provveduto a “riconvocare la conferenza di servizi al fine di reiterare l’intera procedura inerente l’accordo di programma”.

La nuova conferenza di servizi si svolgeva il 23 aprile 2008 e ad essa seguiva, nella riunione del 20 giugno 2008, la sottoscrizione di nuovo accordo di programma da parte della Regione, della Provincia di Belluno, dei Comuni di Mel e di Lentiai (successivamente ratificato dai rispettivi organi consiliari) e di Veneto Strade S.p.A.. Tale accordo veniva, quindi, reso esecutivo con DPGR 10 settembre 2008 n. 253, con cui, tra l’altro, si disponeva l’annullamento del provvedimento n. 134/07, con il quale era stato assentito il precedente accordo.

Gli stessi ricorrenti proponevano una nuova impugnazione (ricorso NRG 2341/08).

Il procedimento di approvazione del progetto definitivo si concludeva con provvedimento di Veneto Strade S.p.A. 3 aprile 2009, n 7911, dopo che, tra l’altro, si era proceduto ad esaminare e a valutare le osservazioni pervenute a seguito della pubblicazione dell’avviso del procedimento preordinato all’approvazione del progetto ed alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.

Con decreto 30 luglio 2009, infine, Veneto Strade S.p.A. disponeva l’occupazione d’urgenza delle aree destinate alla realizzazione dell’infrastruttura stradale in questione.

Anche tali ultimi provvedimenti venivano impugnati dai ricorrenti, mediante notificazione di motivi aggiunti.

2. - Con sentenza del 27.5/28.6.2010 n. 2725, il T.A.R. Veneto, I Sez., riuniva i ricorsi per connessione; dichiarava improcedibile il primo (RG n. 2267/07) per sopravvenuta carenza di interesse e rigettava il secondo e relativi motivi aggiunti (RG n. 2341/2008).

3. - Propongono articolato appello gli interessati, che ritengono la sentenza frutto di totale ripiegamento del giudice sulle tesi avversarie, affetta da errore manifesto in fatto e in diritto, gravemente omissiva su profili centrali delle impugnative proposte.

Resistono in giudizio le Amministrazioni appellate.

4. - Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

5. - Ritiene il Collegio che tutte le censure dedotte siano infondate per le ragioni che di seguito si espongono.

6. - Tuttavia, con motivo sub 12.3, gli appellanti sollevano questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, e allegato C4, punto 7, lett. f) della legge della Regione Veneto n. 10 del 26.3.1999, per contrasto con l’art. 1, comma 6, del DPR 12.4.1996 e con l’art. 20 del D.Lgs n.152 del 2006 (rectius, art. 23, comma 1, lett. c), e relativo allegati III - elenco B punto 7, lett. g), che impongono di sottoporre alla procedura di “verifica” di valutazione di impatto ambientale (il cd. screening) i progetti di “strade extraurbane secondarie” senza soglia di dimensioni, a differenza della norma regionale denunciata, che impone tale “screening” solo per le strade secondarie extraurbane di lunghezza superiore a 5 Km.

La questione è rilevante nel presente giudizio, perché qualora la norma regionale venisse eliminata dall’ordinamento, nella parte non conforme alla norma nazionale, effettivamente sul progetto dovrebbe procedersi, come sostengono gli appellanti, mediante la richiesta di “verifica” all'autorità competente (il c.d. “screening”), al fine di stabilire se l'impatto sull'ambiente, in relazione alle caratteristiche del progetto e alla localizzazione, comporta la necessità dello svolgimento della procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA).

Da qui discenderebbe l’illegittimità dei provvedimenti impugnati che in applicazione della norma regionale non hanno sottoposto preventivamente né l’accordo di programma, né il progetto definitivo alla suddetta verifica.

7. - La questione, oltre che rilevante, non sembra al Collegio manifestamente infondata.

Va, infatti, considerato, preliminarmente, che ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s), la tutela dell’ambiente compete alla legislazione esclusiva statale e che, sin dal 2007, la Corte Costituzionale, mutando la propria precedente giurisprudenza, ha configurato la materia ambientale come materia in senso tecnico, che concerne un bene giuridico unitario, la cui disciplina spetta esclusivamente allo Stato pur essendo salva la facoltà delle regioni “di adottare norme di tutela ambientale più elevata nell'esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell'ambiente » (sent. n. 104 del 2008, che riprende alcuni passaggi della sent. n. 378 del 2007).

Per quanto più specificamente riguarda la problematica in materia di VIA (valutazione impatto ambientale) la Corte, nell’ambito del vasto contenzioso che dall’adozione del codice dell’ambiente in poi ha interessato i rapporti tra Stato e regioni, ha affermato che « le Regioni sono tenute, per un verso, a rispettare i livelli uniformi di tutela apprestati in materia, per l'altro a mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati dal Codice dell'ambiente, nella specie quanto al procedimento di VIA » (sent. n. 186 del 2010).

7.1. - Per inciso, va detto anche che la disciplina del codice dell’ambiente (D.Lgs n.152/2006) in materia di VIA rappresenta la trasposizione sul piano interno della disciplina europea di cui alla direttiva UE 2011/92, da cui discende un preciso obbligo gravante su tutti gli Stati membri di assoggettare a VIA non solo i progetti indicati nell'allegato I, ma anche i progetti descritti nell'allegato II, qualora si rivelino idonei a generare un impatto ambientale importante, all'esito della procedura di c.d. screening.

Con riguardo alla possibilità per gli Stati di scegliere una soglia al disotto della quale non assoggettare a “screening” i progetti, la giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia ha affermato il principio in base al quale gli Stati non possono esercitare la propria discrezionalità nell'identificare criteri e soglie di esenzione a screening fondati esclusivamente sulle dimensioni dei progetti, anche se identificano dimensioni di livello particolarmente basso: è il caso, ad es., del Belgio (CGUE, sent. 24 marzo 2011, causa C-435/09), dell'Olanda (CGUE, sent. 15 ottobre 2009, causa C-255/08), dell'Irlanda (CGUE, sent. 20 novembre 2008, causa C-66/06), e della procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia (2009/2086).

Difatti, anche il modello attuativo adottato dallo Stato italiano nel Codice ambiente (cfr. allegati alla parte II del Codice, da II a IV) utilizzerebbe il criterio dimensionale ed, inoltre, prevalentemente attraverso l'individuazione di soglie dimensionali passa la definizione degli ambiti di competenza legislativa regionale (cfr. art. 42, comma 2, del D.lgo 152/2006).

7.2. - La Corte Cost. con sentenza n. 93/2013 ha affrontato un caso analogo a quello in esame, riguardante la l.r. Marche n. 3 del 2012 e relativi allegati che, limitandosi a stabilire soglie di tipo solo dimensionale, al di sotto delle quali i progetti non sono assoggettabili alla procedura di VIA e non prevedendo l'obbligo di tenere conto di tutti gli altri criteri di cui alla direttiva 2011/92/Ue, sono state dichiarate costituzionalmente illegittime per contrasto con l'obbligo comunitario gravante sugli stati membri di effettuare lo screening in materia di impatto ambientale avvalendosi di tutti gli specifici criteri di selezione dei progetti tassativamente indicati nell'allegato III della direttiva medesima, come prescritto dall'art. 4, paragrafo 3, della medesima .

La Corte costituzionale afferma che è legittima l'individuazione di soglie da parte del legislatore regionale se « lungi dal fare riferimento — ai fini dell'identificazione degli impianti esentati — al solo criterio della ridotta dimensione quantitativa dell'intervento, (...) individua nella predetta circostanza solo una delle condizioni, e non certo la più rilevante, che, congiunta alla peculiarità della tipologia degli impianti (...) e soprattutto della localizzazione degli stessi (...), contribuisce a soddisfare i requisiti imposti dal legislatore statale per l'identificazione delle deroghe da parte della Regione » .

Ne resta confermato il potere regionale (previsto dall’art. 42 del Codice) di identificare soglie di esenzione a screening, ma al riguardo la decisione indica chiaramente che tale potere può legittimamente essere esercitato se volto alla “attuazione dei principi di precauzione e di azione preventiva” e “della protezione dell'ambiente e della qualità della vita”, sanciti dalla dir. UE; tali principi comportano, in concreto, che l'esercizio del potere di prevedere normativamente soglie di esenzione dallo screening deve essere funzionale all’effettiva “riduzione dell'impatto ambientale” dei progetti esentati. In coerenza con questo quadro, le disposizioni regionali sono incostituzionali se introducono discipline meno restrittive rispetto a quella statale; sono legittime se, invece, derogano in senso restrittivo  rispetto alla norma statale o se la legge regionale non fa che richiamare una esenzione introdotta dallo stesso legislatore statale.

7.3. - Va ulteriormente aggiunto che, a seguito delle modifiche introdotte con D.lgs 16 gennaio 2006 n. 8:

-- l’art. 3 bis del D.Lvo 152/2006, intitolato “ principi di sussidiarietà e leale collaborazione” espressamente così recita al comma 2: “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purché ciò non comporti un'arbitraria discriminazione”, ma non contempla l’ipotesi contraria di norme meno restrittive;

--l’art. 23, comma 1, dichiara necessaria la VIA per i progetti di cui all'elenco B dell'Allegato III che ricadano, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (b); per i progetti di cui all'elenco B dell'Allegato III che non ricadano in aree naturali protette, ma che, sulla base degli elementi indicati nell'Allegato IV, a giudizio dell'autorità competente richiedano ugualmente lo svolgimento della procedura di valutazione d'impatto ambientale (c);

--tra i progetti elencati nell’All. III, elenco B, sono indicate “le strade extraurbane secondarie”, se si ritenga che possano avere impatto significativo sull’ambiente, senza limiti dimensionali;

--l’allegato IV specifica gli elementi di verifica per i progetti di cui all’elenco B dell’Allegato III,

raggruppati in 3 insiemi: 1)caratteristiche dei progetti; 2) localizzazione; 3) caratteristiche dell'impatto potenziale.

Nel primo di tali insiemi, figura, oltre la dimensione dei progetti, anche il cumulo con altri progetti, l'utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l'inquinamento e i disturbi ambientali, il rischio di incidenti.

Dunque, è evidente che nella sistematica del codice dell’ambiente, non è la consistenza dimensionale l’unico elemento che può determinare l’esenzione dalla procedura di verifica di valutazione di impatto ambientale, ma il giudizio rimesso all’Amministrazione si articola sulla considerazione di una pluralità di caratteristiche dei progetti, sulla loro localizzazione, escludendosi che una soglia minima di importanza del progetto possa fondare una esenzione a priori.

7.5. – Come ha affermato la Corte Cost. con la citata sentenza n. 97/2013, discende dalla direttiva 2011/92/UE il preciso obbligo comunitario, gravante tanto sul legislatore nazionale che su quello regionale, ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost. di assoggettare a VIA anche i progetti descritti nell'allegato II della direttiva, qualora si rivelino idonei a generare un impatto ambientale importante, all'esito della procedura di c.d. screening.

Tale screening deve essere effettuato avvalendosi degli specifici criteri di selezione definiti nell'allegato III della stessa direttiva e concernenti non solo la dimensione, ma anche le altre caratteristiche dei progetti (il cumulo con altri progetti, l'utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l'inquinamento ed i disturbi ambientali da essi prodotti, la loro localizzazione e il loro impatto potenziale con riferimento, tra l'altro, all'area geografica e alla densità della popolazione interessata) , che, come si è visto, sono stati recepiti dal codice dell’ambiente.

7.6 - Per tutte le ragioni esposte, ritiene, dunque, il collegio non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge della regione Veneto n. 10/1999, in relazione all’art. 23 e all’allegato III (punto 7, lett.g), nonché allegato IV, del D.Lgs n.152/2006, nella parte in cui fissa una soglia quantitativo-dimensionale al di sotto della quale è esclusa la verifica preliminare di valutazione di impatto ambientale, per contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione.

8. - La questione è, altresì, rilevante ai fini della decisione dell’appello in esame.

Sono, difatti, infondati tutti gli altri motivi di appello, che, di seguito, sinteticamente si esaminano.

8.1.- Infondate sono le censure relative alla formazione, approvazione e sottoscrizione dell’accordo di programma del 20 giugno 2008.

Secondo gli appellanti, l’omessa partecipazione di un rappresentante della Regione Veneto alle riunioni del 23 aprile e 20 giugno 2008 non sarebbe sanabile dall’assenso formulato per iscritto extra conferenza; né troverebbe applicazione, come ritenuto dal T.A.R., l’art. 14 ter, comma 7, l. 241/90, perché la conferenza di servizi finalizzata all’accordo di programma sia nella l.r. 11/2004 (art. 7, commi 3 e 4) sia nel TUEELL (art. 34) troverebbe una disciplina speciale.

L'accordo di programma, ai sensi dell'art. 34 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, è uno strumento di ordinaria applicazione per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di provincia e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti.

Il Collegio ritiene che, a prescindere dalla questione dell’applicabilità della disciplina generale di cui alla l. 241/1990, nessuna delle norme invocate dagli appellanti impone la contestuale presenza fisica di tutti i rappresentanti degli enti interessati, i quali debbano cioè necessariamente essere presenti in tale sede, mentre è essenziale alla dinamica procedimentale delineata anche dalla norma regionale che in un’unica sede sia verificata preliminarmente la possibilità di un consenso unanime sulla proposta di accordo e sia data la possibilità di esprimersi definitivamente a tutti gli enti interessati, sia pure con modalità diversa dalla partecipazione fisica del rappresentante dell’ente.

A tale conclusione conduce la ratio della conferenza di servizi, che ha come obiettivo la semplificazione e la celerità dell’azione amministrativa in attuazione dei principi di economicità, di efficacia, di buon andamento e di ragionevolezza dell'azione amministrativa di cui all'art.1 della L. 241/1990 e dell'art. 97 Cost., per il cui raggiungimento, ad avviso del Collegio, può essere utilizzato anche lo strumento di una manifestazione di volontà fatta pervenire per iscritto.

L’assenso della Regione acquisito attraverso la nota prot. 203957 del 16.4.2008 è, pertanto, idoneo alla legittima formazione del consenso.

8.2 - Quanto alla mancata partecipazione della Provincia di Belluno all’istruttoria sulle osservazioni presentate prima del riavvio della procedura, che, dunque, si sarebbe espressa senza conoscerle, il Collegio ritiene che il rinnovo della procedura, a seguito dell’annullamento in autotutela del precedente accordo di programma sottoscritto il 17.4.2007, di cui alla nota del Rup in data 17.3.2008, prot. 1871/ls, a partire dalla proposta di nuovo accordo con la riunione del 23 aprile 2008, abbia comportato il rinnovo di tutte le fasi procedimentali, compresa la pubblicazione e la presentazione di osservazioni da parte degli interessati.

Cosicché, a parte le considerazioni formulate dal TA.R., secondo cui la partecipazione alla Conferenza deve lasciar presumere che la Provincia abbia avuto conoscenza di tutti gli atti del procedimento, non costituisce motivo di annullamento il mancato esame delle osservazioni presentate in occasione della precedente conferenza di servizi del 30.3.2007, annullata in autotutela.

8.3 - Anche la mancata partecipazione del Responsabile dell’Ufficio tecnico comunale di Lentiai alla riunione del 20 giugno 2008 non viola l’art. 7 della l.r. 11/2004, il quale prescrive la presenza dei rappresentanti degli enti interessati, e, dunque, è legittima la presenza alla riunione del solo Sindaco, il quale rappresenta istituzionalmente il Comune, senza che sia possibile distinguere, a tal fine, tra soggetti legittimati alla “partecipazione alla conferenza” e soggetti legittimati alla “sottoscrizione dell’accordo”, come vorrebbero gli appellanti.

8.4 - Viene dedotta la nullità dell’accordo di programma perché non sottoscritto dal Presidente della Regione Veneto, ma dall’Assessore regionale alle politiche della mobilità e infrastrutture, che non risulta all’uopo delegato.

Secondo il T.A.R., l’assessore regionale alle politiche della mobilità e infrastrutture ha partecipato alla conferenza in qualità di rappresentante del Presidente della Regione, al quale non è preclusa la delega dell'esercizio del proprio potere di rappresentanza ad un assessore.

Inoltre, si è trattato di delega di firma e non di competenza, ai fini della sottoscrizione dell’accordo, per cui non è configurabile un vizio di incompetenza, e, comunque, l’approvazione successiva dell’accordo stesso, effettuata dal Presidente della Regione con proprio decreto 10 settembre 2008 n. 253, avrebbe valenza di ratifica.

Il Collegio ritiene di condividere tale conclusione che privilegia l’aspetto sostanziale della partecipazione degli enti all’accordo ed al conseguimento di efficacia dello stesso, ovvero ritiene che, quand’anche difettasse la delega preventiva all’Assessore per la firma dell’accordo, il vizio dovrebbe ritenersi non invalidante ed, in ogni caso, sanato dalla successiva approvazione dell’accordo da parte del Presidente della regione, organo che ha competenza sugli strumenti urbanistici generali e sulle loro varianti, il quale in tale sede si è appropriato implicitamente anche dell’operato dell’Assessore regionale, eventualmente non delegato formalmente.

Sarebbe illogico sostenere che la Regione non abbia condiviso un atto (l’accordo di programma) che ha ratificato con decreto del suo Presidente.

9.- Con ulteriore motivo gli appellanti lamentano l’erroneità della dichiarazione di difetto di interesse alla doglianza con cui si denunciava che l’avviso pubblicato sulla stampa, ai sensi dell’art. 11 del DPR 327/01, aveva omesso di informare che il provvedimento di variante conteneva anche relativamente alle aree interessate dal progetto l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

E per tale ragione alcuni ricorrenti non hanno potuto presentare osservazioni in sede di variante urbanistica.

La sentenza ha ritenuto che tale circostanza non ha impedito agli interessati di partecipare al procedimento producendo osservazioni al tracciato.

Invero, l’art. 11 del DPR 327/01 prescrive che ai fini dell’instaurazione del contraddittorio con i proprietari espropriandi sia dato avviso personale agli stessi, ma, in alternativa, nel caso di un numero superiore a 50, siano pubblicati gli avvisi su organi di stampa o all’albo pretorio del Comune, o sul sito internet, rinviandosi al DPR 554/1999 per gli avvisi concernenti le conferenze di servizi dei lavori pubblici. Quanto al contenuto dell’avviso, l’art. 11 cit. prescrive soltanto che sia precisato “dove e con quali modalità può essere consultato il piano o il progetto” da cui discende la dichiarazione di pubblica utilità.

L’art. 9 del DPR 554/99 prevede, a sua volta, che a conclusione dei lavori della conferenza dei servizi sia data pubblicità alle determinazioni assunte in quella sede con il relativo verbale.

Non è prescritto un contenuto minimo a pena di nullità dell’avviso, che includa anche l’avvertenza dell’imposizione finale del vincolo.

Nel caso in esame, non vi è dubbio che sia stato pubblicato l’avviso prima della dichiarazione di pubblica utilità, raggiungendosi così lo scopo partecipativo della comunicazione di avvio del procedimento nelle forme prescritte, com’è comprovato, tra l’altro, dalla circostanza che alcuni proprietari hanno prodotto osservazioni al tracciato finalizzate alla sottrazione alla previsione d’esproprio delle rispettive proprietà.

10.- Con altro motivo i ricorrenti avevano denunciato l’eccesso di potere per travisamento dei fatti in relazione alle controdeduzioni del Rup, con nota del 9 giugno 2008, prot. 4184/ls, fatta propria dai partecipanti alla riunione del 30 giugno 2008, in risposta alla osservazione con cui si evidenziava la diversità del tracciato della strada, quale risultante dalla documentazione allegata alla nuova proposta, rispetto a quella di progetto allegata alla precedente versione dell’accordo di programma del 17 aprile 2007. Il Rup negava tale diversità.

Si tratterebbe, invece, di un tratto aggiuntivo in variante al PRG di Mel che comporta una maggiore lunghezza del tracciato rispetto al progetto definitivo di circa 400/450 metri.

La sentenza ha rigettato la censura, osservando che “oggetto di realizzazione sarà esclusivamente il tracciato stradale così come risulta dal progetto definitivo, atteso che esso soltanto (e non anche il tracciato differenziale) è supportato dal “quadro economico” e dal “computo metrico estimativo” che ne definisce i costi”.

Gli appellanti insistono nel ribadire che la variante urbanistica al PRG di Mel approvata con l’accordo di programma prevede un tratto stradale di quasi mezzo chilometro non previsto dalla planimetria del progetto definitivo e che la circostanza sarebbe ammessa dalle difese di Veneto Strade S.p.A.

Va rilevato, innanzitutto, che la variante urbanistica del comune di Mel riguarda l’adeguamento del tracciato previsto nel PRG al tracciato di progetto (leggera traslazione verso l’attuale SP1).

Il Collegio ritiene inammissibile la censura non essendo dimostrato l’interesse dei ricorrenti alla contestazione: se la variante urbanistica del PRG di Mel riguarda un più lungo tracciato stradale rispetto al progetto definitivo (allegato al precedente accordo di programma annullato) non si comprende quale danno immediato e diretto ne trarrebbero gli appellanti, non avendo essi dedotto alcunché riguardo al vincolo che ne deriverebbe a carico delle loro proprietà.

In ogni caso, se le perplessità ed illegittimità paventate riguardano i maggiori costi, rispetto a quelli preventivati in occasione della progettazione definitiva (allegata al precedente accordo), che potrebbero derivare dalla realizzazione della strada - con tracciato più lungo - come prevista nella variante urbanistica (costi che “che allo stato attuale non sono oggetto di studio, definizione, né di approvazione” – come ammettono gli appellanti a pag. 19 dell’appello), rimane fermo che solo allorché anche tale porzione dell’infrastruttura programmata diverrà oggetto di un progetto definitivo il quadro economico dell’intera opera dovrà essere aggiornato.

11.- Analoghe considerazioni valgono per l’inammissibilità e infondatezza del successivo motivo, strettamente collegato, con cui gli appellanti, sul presupposto che il tracciato da realizzare coincida con quello di cui alla TAV URB04, hanno denunciato la carenza di istruttoria in relazione agli elaborati idraulici e idrogeologici e la violazione dell’art. 5 del DPR n. 357/97 per mancata valutazione dell’incidenza ambientale con riferimento alla porzione dell’infrastruttura programmata (tratto stradale di circa mezzo chilometro) di cui si è detto.

12.- Gli appellanti si dolgono del fatto che la realizzazione del progettato intervento comporterebbe una traslazione di traffico veicolare dalla destra alla sinistra Piave, con effetti negativi sulla viabilità non tenuti in considerazione in sede di predisposizione del nuovo tracciato viario, e che la sentenza ha sottovalutato l’omissione di valutazione, dando credito alla tesi dell’“intervento puntuale” del Rup, mentre, la problematica andrebbe affrontata nel contesto della pluralità di interventi che hanno interessato il tracciato della S.P. 1.

Conformemente alle considerazioni del primo giudice, non sembrano illogiche né omissive le valutazioni del RUP in risposta alle osservazioni nn. 2 e 3, tenuto conto della dimensione del tratto stradale oggetto di variante e del diverso obiettivo dell’intervento, ovvero quello di trasferire il traffico all’esterno dei centri abitati, non già di spostarlo dalla destra alla sinistra del Piave.

13.- Riguardo all’osservazione che il RUP ha ritenuto “non pertinente”, correttamente il T.A.R. ha affermato che l'amministrazione, in occasione dell'adozione degli strumenti pianificatori, gode di un ampio potere discrezionale che la esonera in termini generali dall’onere di controdedurre in modo preciso e puntuale alle osservazioni.

Peraltro, l’onere motivazionale è stato assolto col giudizio di “non pertinenza” ed il T.A.R., in modo condivisibile, ha ritenuto la non illogicità della valutazione compiuta dal Rup, elencando in via esemplificativa il contenuto dell’osservazione.

14. - Lamentano anche in appello i ricorrenti come le loro osservazioni sarebbero state istruite da Veneto Strade S.p.a. e non dai Comuni interessati, con conseguente violazione dell’art. 7, IV comma, della LR n. 11/04.

Come osserva il T.A.R., il responsabile unico del procedimento ha predisposto le controdeduzioni alle osservazioni presentate dagli interessati (cfr. la nota 9.6.2008), che sono state fatte proprie dai rappresentanti degli enti, ivi compresi, i Comuni di Lentiai e di Mel, nella riunione del 20 giugno 2008.

Lo scopo della conferenza di servizi è, d’altra parte, quello di semplificare e accelerare l’attività amministrativa e ciò comporta che l’attività svolta dal Rup venga fatta propria dai partecipanti alla conferenza.

15. - L’infondatezza della successiva censura con cui i ricorrenti contestano la violazione degli artt. 13 segg. della LR n. 27/03 per mancata sottoposizione al parere della CTR del progetto definitivo dell’opera, variato rispetto a quello originario esaminato da quell’organo nella seduta del 22 settembre 2005, è stata affermata nella sentenza impugnata sotto un duplice profilo: innanzitutto, perché la variante di cui è causa, inerendo ad una strada provinciale, non va sottoposta al parere della CTR (cfr. l’art. 14, I comma, lett. “a” della LR n. 27/03); poi, perché le apportate modifiche non risultano aver comportato un incremento dei costi preventivati superiori al 20% (cfr. la successiva lett. “b” della norma innanzi citata).

Sul punto gli appellanti lamentano che la sentenza abbia omesso di dare risposta alla doglianza secondo cui, trattandosi di varianti progettuali sostanziali, necessitavano di un vaglio da parte di competenti uffici regionali, anche al di fuori della CTR.

Il motivo non può essere condiviso: il progetto è di mero interesse provinciale, per cui non andava sottoposto al parere della CTR LLPP ai sensi dell’art. 14 della l. r 27/2003, né al parere di altri uffici regionali.

16.- Con il dodicesimo motivo i ricorrenti censurano sotto vari aspetti la mancata sottoposizione dell’opera a valutazione di impatto ambientale.

16.1 - Sotto un primo profilo, denunciano un fenomeno elusivo delle norme sulla VIA, per non essersi considerato il criterio del “cumulo progettuale”, ai sensi del disposto dell’art.4, n. 2 e all. III della direttiva 85/337/CEE, in quanto la dimensione del progetto non può apprezzarsi isolatamente, ma in integrazione con i numerosi interventi già realizzati, e gli altri previsti quali oggetto di future varianti al PRG, attraverso i quali si realizza, in realtà, un nuovo asse viario che attraversa la Valbelluna.

In applicazione di tale criterio, l’intervento si porrebbe in violazione della l.r. n. 10/99, perché si tratterebbe di strada extraurbana di lunghezza superiore a 5 Km, ricadente in parte in area sensibile individuata all’All. “D”, ricompresa nell’All. C3 che assoggetta i progetti a VIA. Per la parte non ricadente in area sensibile, l’opera sarebbe invece ricompresa nell’all. C4, che elenca i progetti assoggettati alla procedura di verifica (c.d. screening) di cui all’art. 7 della l.r. 10/1999.

La censura non ha fondamento sotto il profilo denunciato.

Invero, non si riscontra la denunciata “elusione” derivante dal fatto che il progetto di “variante Bardies-Lentiai”costituirebbe il semplice stralcio di un ben più complesso adeguamento funzionale della S.P. n.1 della “Sinistra Piave”, di lunghezza ben superiore ai 5 Km.

La strada di cui si parla è lunga poco più di 3 Km e non si tratta della realizzazione di una parte di un più ampio progetto viario: l’intervento, pur inserendosi in un più vasto “disegno” a lungo termine di modifica dell’asse viario che attraversa la Valbelluna (che ha interessato pregresse realizzazioni nel corso degli ultimi anni), ha carattere funzionale autonomo, in quanto mira ad inserire un “by pass” idoneo a far fluire il traffico, attualmente intersecante i centri abitati coinvolti, al di fuori degli stessi, senza che sia previsto alcun lotto o prolungamento della strada di cui trattasi, da realizzare in un prossimo futuro, tanto da potersi ipotizzare lo spezzettamento in via elusiva di un unico progetto (cfr. la relazione URB01: proposta di variante urbanistica-relazione illustrativa).

16.2 - Considerato il progetto nella sua effettiva consistenza (che, come si è detto al punto precedente, non riguarda un più generale assetto viario attraverso la Valbelluna), va escluso che lo stesso possa qualificarsi, come vorrebbero gli appellanti, “finalizzato e complementare alla viabilità autostradale”.

Pertanto, va dichiarato infondato anche il motivo di appello con cui si denuncia l’incompetenza regionale a valutare la sottoponibilità a VIA del progetto (motivo di appello sub 12.4).

17.- Inammissibile per genericità il motivo di appello sub 12.5, con cui si lamenta l’inadeguatezza allo scopo dello studio di fattibilità ambientale del progetto preliminare e della valutazione di incidenza ambientale allegata al progetto definitivo, senza però indicare le ragioni per cui difetterebbero i contenuti prescritti dal Regolamento statale.

18.- Sostengono gli appellanti che l’approvazione delle varianti ai piani regolatori dei due Comuni coinvolti (Mel e Lentiai) avrebbe dovuto essere preceduta dalla VAS (valutazione ambientale strategica) ai sensi degli artt. 6 e 7 del DLgs n. 152/06.

Condivisibile sul punto è la motivazione di rigetto della censura da parte del T.A.R., che ha ritenuto non applicabile la disciplina alla fattispecie, facendo leva sul testo degli artt. 6 e 7 del DLgs n. 152/06, introdotto dall’art. 1, III comma, del DLgs 16 gennaio 2008 n. 4, il quale ha previsto ai primi due commi che “le regioni adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro dodici mesi dall'entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili”.

Poiché la Regione Veneto era dotata di una normativa in materia ambientale (LR n. 10/99), la riforma avrebbe trovato applicazione soltanto alla scadenza del termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del DLgs n. 4/08, e cioè in data 13 febbraio 2009.

Né relativamente al progetto in questione potrebbe trovare applicazione l’art. 14 della LR 26 giugno 2008 n. 4, recante “disposizioni transitorie in materia di Valutazione ambientale strategica (VAS)”, atteso che tale norma ha espressamente previsto che i procedimenti già avviati alla data di entrata in vigore della stessa legge dovevano essere conclusi con le procedure di cui alle vigenti disposizioni regionali in materia (I comma, lett. “c”).

19.- Come affermato dal T.A.R., dall’infondatezza delle censure con cui si è affermato che la variante urbanistica avrebbe dovuto essere sottoposta a VAS ed il progetto dell’infrastruttura stradale necessariamente a VIA deriva anche l’infondatezza della censura con cui i ricorrenti assumono l’illegittimità della procedura di valutazione di incidenza ex art. 5 del DPR n. 357/97 condotta autonomamente.

20.- Anche il motivo di appello con cui si lamenta la violazione dell’art. 5 del DPR n. 357/97 in relazione all’asserito omesso esame ed approvazione della VINCA da parte dell’autorità competente è stato correttamente rigettato sulla constatazione della sufficienza che nell’accordo di programma sottoscritto il 20 giugno 2008 si dà atto dell’acquisita valutazione di incidenza ambientale sui SIC e sulle ZPS e della dichiarazione del dott. Caviola “in merito alla non significatività degli effetti causati dalla realizzazione degli interventi oggetto della variante urbanistica al PRG sui siti Natura 2000”.

L’accordo di programma - e con esso la VINCA - è stato approvato con DPGR 10.9.2008 n. 253.

21.- Infondato è il motivo con cui gli appellanti contestano l’illogicità e contraddittorietà manifesta dello studio di incidenza ambientale, alla luce del confronto intervenuto con l’Ufficio Natura 2000 della Regione Veneto (motivo sub16, 17 e 18).

Si tratta di considerazioni contenute nella relazione di incidenza ambientale circa la necessità di definizione di misure di “minimizzazione”, che non intaccano però l’esito positivo della valutazione complessiva, la quale evidenzia opportunamente le prioritarie finalità di tutela della pubblica incolumità e della salute che si intendono perseguire con la realizzazione del by pass della zona abitata (ridurre l’inquinamento e l’incidentalità nel centro abitato).

Quanto alle censure rivolte avverso l’idoneità delle misure indicate, si tratta di censure di merito che non evidenziano manifeste illogicità.

22.- Per quanto riguarda la dedotta violazione dell’art. 146 del DLgs n. 42/04 e del DPCM 12.12.2005 in relazione al nulla osta paesaggistico rilasciato nonostante l’asserita mancanza della “relazione paesaggistica”, il Collegio condivide la sentenza appellata che ha ritenuto l’infondatezza del motivo, dando atto anche che i ricorrenti affermano infine di aver rinvenuto, a seguito di un accesso, una relazione paesaggistica relativa al progetto, salvo contestarne la valenza giuridica in quanto priva di data e di timbro di protocollo. Difatti, la “relazione paesaggistica” con i contenuti indicati dal DPCM 12.12.2005, era obbligatoria per le istanze di autorizzazione presentate a decorrere dal 31 luglio 2006, mentre il predetto DPCM, attuativo dell’art. 146, III comma del DLgs n. 42/04, è entrato in vigore 180 giorni dopo la sua pubblicazione nella GU, avvenuta il 31 gennaio 2006. La Soprintendenza si è, invece, pronunciata con nota prot. 0015928 del 31.7.2006 su istanza presentata anteriormente.

23. - La sentenza appellata va confermata anche nella parte in cui ha rigettato i motivi aggiunti proposti avverso l’approvazione del progetto definitivo (provvedimento di Veneto Strade 9711/09 del 3.4.2009) e i decreti di occupazione d’urgenza.

Invero, non è condivisibile l’ipotesi prospettata dai ricorrenti che varianti, modifiche e aggiornamenti configurano un nuovo progetto definitivo, che andava sottoposto prima della approvazione alla valutazione della CTR e all’acquisizione di pareri di vari uffici regionali, statali e locali, mentre invece si è fondata l’approvazione sui pareri acquisiti nella conferenza di servizi del 19.7.2006.

Si è detto, innanzitutto, che il progetto in questione, inerendo ad una strada provinciale, non va sottoposto al parere della CTR, giusta l’art. 14, I comma, lett. “a” della LR n. 27/03.

Inoltre, il progetto definitivo è il medesimo progetto originario per geometria e consistenza del tratto stradale (di cui già all’accordo di programma del 9.2.2004 tra i comuni interessati, la Regione e la Società Veneto strade S.p.A.), pur con l’adeguamento approvato dalla Conferenza di servizi del 19 luglio 2006, che presenta rispetto al precedente (sottoposto, peraltro anche alla CTR nel 2005) l’inserimento di una curva in luogo di rotatoria, come consentito dal D.M. 5 novembre 2001.

L’iter approvativo ha visto l’acquisizione dei pareri nella conferenza di servizi del 19.7.2006 e, successivamente, la sottoscrizione dell’accordo di programma del 17.4.2007, ratificato dai consigli comunali di Lentiai e Mel relativo alla realizzazione di variante agli strumenti urbanistici.

Le vicende successive al ricorso giurisdizionale proposto dagli odierni appellanti e l’annullamento in autotutela del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 134 del 17 luglio 2007, con nota prot. 1871/ls del 17.3.2008, la reiterazione della conferenza di servizi per rinnovare la procedura inerente l’accordo di programma, non hanno inciso sul contenuto del progetto, che rimane pertanto quello su cui furono acquisiti i pareri nella precedente conferenza di servizi, le cui illegittimità sono state sanate nel nuovo iter rinnovato, conclusosi con la seduta del 20 giugno 2008.

23.1 - Si lamenta la tardiva comunicazione dell’avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo: tuttavia risulta che alcuni dei ricorrenti hanno, comunque, prodotto osservazioni, che sono state puntualmente valutate e controdedotte (relazione del RUP di Veneto Strade S.p.A dell’1.4.2009).

24.- Lamentano ancora gli appellanti che il progettato intervento difetterebbe di copertura finanziaria.

Il mezzo è stato dichiarato inammissibile, perché la mancata copertura finanziaria di un’opera pubblica non è vizio deducibile dal privato, se non qualora si traduca in mancato pagamento del corrispettivo dovuto in suo favore (C.d.S., IV, 9 giugno 2008 n. 2771).

Il collegio, pur ritenendo ammissibile la censura, ne rileva l’infondatezza.

L’opera troverà copertura nei finanziamenti provenienti dalla Regione e dalla Provincia di Belluno.

Nella DGRV n. 3754 del 9.12.2009 (in BUR n. 2 del 5 gennaio 2010), infatti, si legge che l’Accordo di Programma del 9.02.2004, sottoscritto tra la Regione Veneto, la Provincia di Belluno, i Comuni di Lentiai, di Mel e Veneto Strade S.p.A. per la realizzazione “della variante agli abitati di Lentiai e Bardies tra le progressive km 25+700 e 28+400” prevedeva un impegno complessivo pari ad € 6.700.000,00 di cui € 5.400.000,00 a carico della Regione ed € 1.300.000,00 a carico della Provincia di Belluno. Rendendosi necessario reperire fondi aggiuntivi, gli stessi enti hanno ritenuto opportuno operare una redistribuzione delle somme a disposizione per la realizzazione degli interventi complessivamente previsti lungo la S.P. 1. e a tale scopo è stato sottoscritto in data 31.03.2009 l'accordo di programma.

Dunque, la censura è infondata.

25.- Gli appellanti contestano l’inadeguatezza e l’incongruità delle controdeduzioni fornite dall’amministrazione procedente alle osservazioni presentate.

Atteso che le risposte del RUP alle osservazioni dei ricorrenti attengono al merito di questioni tecniche, le stesse appaiono insindacabili in sede di legittimità, non essendo manifestamente irragionevoli o erronee in fatto.

Quanto al rilievo che sarebbe però censurabile l’omessa pronuncia sui vari profili dedotti con le osservazioni e che l’attività di controdeduzione sia stata demandata al funzionario della società privata Veneto Strade S.p.A., si rileva che le osservazioni non sono un vero e proprio mezzo di gravame ma una semplice forma di collaborazione procedimentale, per cui è legittimo il provvedimento che abbia esaminato con motivazione anche particolarmente succinta le deduzioni dei privati interessati (Cons. Stato, sez. IV, 29/12/2014, n. 6386; 11 ottobre 2007 n. 5357, 18 maggio 2007 n. 2577; 16 febbraio 2005 n. 479).

26.- Anche le censure mosse con il quarto motivo aggiunto, con cui si contestava la classificazione tecnica della strada in virtù di una presunta diversa funzione “futura” dell’infrastruttura in esame (che andrebbe vista nel contesto di un asse viario ben più importante), vanno rigettate alla luce delle argomentazioni già svolte con le quali si è evidenziato che il tratto viario previsto in progetto ha una sua autonomia funzionale.

Peraltro, alcune delle censure, quali l’omessa valutazione dei volumi di traffico attuali e previsti e la violazione del DM 6792/01, devono ritenersi censure inammissibili perché attengono al merito.

27. - Le censure sub 5. dei motivi aggiunti, che riguardano la mancata sottoposizione a VIA o verifica (screening) di VIA prima dell’approvazione del progetto definitivo, vanno considerate alla luce delle argomentazioni già svolte ai punti 7 e 7.1 e della sollevata questione di costituzionalità che investe la norma della l.r.

28.- I motivi di appello sub 6. ripropongono le censure svolte con i motivi da 14 a 18 del ricorso principale, che sono state rigettate.

29. - Infondato è il motivo con cui si lamenta che la valutazione di incidenza ambientale di cui al DPR 357/1997 sarebbe stata rinnovata senza essere sottoposta ad ulteriore esame da parte della CTR, espressasi soltanto sull’originaria versione.

Si è già detto che il progetto definitivo approvato non essendo “di interesse regionale”, non doveva essere sottoposto al parere della CTR.

30.- Con l’ultimo motivo di appello si censura la sentenza per aver ritenuto non applicabile la disciplina del DPCM 12.12.2005 alle istanze di autorizzazione paesaggistica presentate prima del 31 luglio 2006.

Non può che ribadirsi la correttezza della decisione, essendo obbligatoria la relazione paesaggistica con i contenuti indicati dal DPCM 12.12.2005 solo per le istanze di autorizzazione presentate dopo l’entrata in vigore del detto DPCM, attuativo dell’art. 146, III comma, del DLgs n. 42/04, ovvero180 giorni dopo la sua pubblicazione nella GU del 31 gennaio 2006.

31. - In conclusione, respinti tutti gli esaminati motivi di appello, appare evidente la rilevanza della prospettata questione di costituzionalità, che come sopra evidenziato appare anche non manifestamente infondata.

Il giudizio deve, di conseguenza, essere sospeso in attesa della definizione del relativo giudizio da parte della Corte Costituzionale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 l. 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge della regione Veneto n. 10/1999, in relazione all’art. 23 e all. IV (punto 7, lett.g) del D.Lgs n.152/2006, nei sensi indicati in motivazione, per contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione.

Dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale del Veneto, nonché comunicata al Presidente del Consiglio regionale del Veneto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio, Presidente

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/04/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)