In questi giorni di crisi dell'euro è passata praticamente inosservata la notizia che la Commissione europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'UE per violazione della Direttiva del 1991 (ben 19 anni fa) sul trattamento delle acque reflue urbane: in base alla Direttiva 91/271/CEE il nostro Paese avrebbe dovuto, infatti, predisporre entro il 31 dicembre 2000 (ben 10 anni fa) sistemi adeguati per il convogliamento e il trattamento delle acque nei centri urbani con oltre 15mila abitanti.
Poiché dalle informazioni disponibili risultava che un numero elevato di città e centri urbani non era in regola con la normativa, nel 2004 l'Italia ha ricevuto una prima lettera di diffida. Una seconda e ultima lettera è stata spedita all'Italia nel febbraio 2009.
Da una successiva valutazione è risultato che circa 178 città e centri urbani italiani (tra cui: Reggio Calabria, Lamezia Terme, Caserta, Capri, Ischia, Messina, Palermo, San Remo, Albenga e Vicenza) non si erano ancora conformati alla Direttiva. Le acque reflue non trattate possono essere contaminate da batteri e virus dannosi e rappresentano pertanto un rischio per la sanità pubblica.
Inoltre, esse contengono nutrienti come l'azoto e il fosforo che possono danneggiare le acque dolci e l'ambiente marino favorendo la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita (eutrofizzazione).
Tra le città sotto accusa le "perle" del Mediterraneo, Capri e Ischia, la notissima San Remo, culla dell'italiota manifestazione canora, Albenga definita "scrigno da aprire" e Vicenza che e' stata proclamata dall'UNESCO “patrimonio mondiale dell'umanità”'. Per amor di Patria non parliamo delle altre città.
Sarebbe interessante sapere, però, i motivi di questo incredibile ritardo e, soprattutto, quali provvedimenti s’intenderanno adottare ministerialmente, per risolvere il problema ed evitare la condanna da parte della Corte di giustizia della UE, affichè i contribuenti non paghino anche per questo.
Gigi Fanizzi
